Recensione: Year Zero Madness

Di Matteo Bovio - 25 Luglio 2004 - 0:00
Year Zero Madness
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Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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68

Di prodotti semplici, immediati, orientati a sound “sorpassati”, ce ne sono una valanga; certo che trovarsene in mano uno in più non è mai un male, soprattutto se ben suonato come questo Year Zero Madness. Death metal influenzato da un Thrash molto diretto e minimale. Tonnellate di palm-muting accattivanti usciranno dalle vostre casse, sezionati in 9 tracce, per un totale di 22 minuti circa.

Ma il gruppo ogni tanto si ferma e cerca di aggrapparsi anche al fattore melodico, utile a spezzare l’incedere monocorde di certi riff. Non mancano poi le sparate ad alta velocità, come in “Bad Taste“, nè tantomeno l’attitudine da headbangers puri come in “Lord Of The Flies“. Insomma, una serie di episodi mostrano le diverse facce di questo progetto, che non ha nessun problema a spaziare attraverso vari settori (mantenendosi pur sempre entro determinate coordinate stilistiche); capita in qualche circostanza che venga meno l’elemento di continuità, ed è forse questo il punto su cui i Cold Corrosion inciampano più spesso. Ma nel complesso gli episodi dimostrano una buona vivacità compositiva.

Molto bella ad esempio “Mesa Verde“, uno dei pochi episodi nel quale compare una doppia linea di chitarra; trattasi in realtà di una strumentale (fatta eccezione per gli stralci di film che si sovrappongono alla parte musicale) e pure molto semplice, ma nella sua “banalità” mantiene l’occhio costantemente puntato sul mordente.
Notevole anche la thrashosissima title-track, che mantiene inalterata la semplicità di song-writing del lavoro. Poggia quasi interamente su un paio di riff, più che sufficienti a mettere in piedi un brano fresco e accattivante.

Insomma, un lavoro molto lineare e semplice, che ha dalla sua la consapevolezza di essere tale. I Cold Corrosion non si perdono in inutili giri, vanno dritti dove hanno puntato e non si soffermano a rimarcare troppo passaggi già sfruttati. Ne escono delle tracce molto dirette, nè troppo brevi nè, in particolare, troppo lunghe, calibrate alla perfezione visto il basso grado di complessità delle strutture. Preso in toto il demo mette in luce un’attitudine gradibilissima, e una capacità compositiva buona, che richiede solo un passo in più per poter essere trasposta su un vero e proprio album (anche se in giro ci sono una marea di lavori molto meno ispirati di questo…). Una prova divertente e poco impegnativa, ottima colonna sonora per le più sane bevute.
Matteo Bovio

Line up
Fernando – chitarre
Gianpaolo – basso / voce
Paolo – batteria

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