Recensione: You Can’t Kill My Rock ‘N Roll

Di federico venditti - 23 Settembre 2018 - 18:15
You Can’t Kill My Rock ‘N Roll
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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78

I riflettori del Sunset Strip si sono spenti da un pezzo, ma due band hanno tenuto alto il nome dello sleaze glam rock negli ultimi venti anni. Negli USA i Buckcherry con la loro formula di grezzo hard rock filtrato da iniezioni di glam alla Kiss e Guns n’ Roses e poi in Europa gli svedesi Hardcore Superstar, con le loro bordate di hard rock che negli anni si è indurito sempre di più, non perdendo però l’indole festaiola e godereccia che li contraddistingue dal debutto.
 

L’undicesimo capitolo in studio della band scandinava è “You Can’t Kill My Rock ‘N Roll”, un disco di onesto e puro hard rock, come suggerisce l’emblematico titolo. Album condito da spruzzate punk e metal nella migliore tradizione del combo svedese ormai dai tempi del disco omonimo del 2005. La band di Goteborg accende i motori e parte a razzo con AD/HD, un pezzo tirato e per certi versi atipico nelle sonorità moderne, ma che getta subito benzina sugli altoparlanti del vostro stereo. Electric Rider ha un riff che più Motley Crue non si può, un giro rock ‘n’ roll bastardo che vi farà muovere il piede a tempo, cantando insieme a Jocke Berg il ritornello.
 

Gli Hardcore Superstar non reinventano di certo la ruota con questo album, ma non ci aspettiamo da loro stravolgimenti ad una formula che fino ad ora ha funzionato, noi da loro ci aspettiamo solo tanta energia e cori da club fumosi e malfamati. Detto questo rispetto ai tempi di “Bad Sneakers and a Pina Colada” il gruppo ha aggiunto una letale dose di metal nella loro ricetta di hard rock, come dimostrato in Hit Me Where It Hurts, dove si sente il testosterone di questi ragazzoni che proprio non hanno voglia di rallentare la loro folle corsa e chi se ne frega se ormai l’edonismo degli anni Ottanta è bello che finito.
 

Non tutto il disco è di buona fattura, infatti in alcuni momenti si sente una certa ripetitività di fondo che però è anche giustificata dal tipo di musica suonata. La title track sembra un po’ stanca nel vano tentativo di risultare per forza un anthem da stadio (il ritornello ricorda Bed of Nails di Alice Cooper) fallendo. Per fortuna ci pensa la metallica The Others (sembra di ascoltare gli Skid Row) a ristabilire la rotta del veliero pirata capitanato dai quattro svedesi verso lidi più sicuri e se non fate del sano headbanging durante il mid tempo a metà brano molto probabilmente siete morti e non lo sapete. Il finale del disco procede su standard più che discreti con una menzione particolare per la sudicia e suadente Medicine Man.
 

Insomma tirando le somme un disco che pur se non fa gridare al miracolo è un album di onesto e sano rock ‘n’ roll devoto alla scuola dei vari Motley Crue,Ratt, Skid Row ecc.. Gli Hardcore Superstar rimangono un fulgido esempio di band senza troppi fronzoli che va dritta al punto.

Nessuno potrà uccidere il loro Rock ‘N Roll, questo è certo!

 

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