Recensione: An Insatiable Violence

Di Daniele D'Adamo - 19 Giugno 2025 - 16:00
An Insatiable Violence
Band: Cryptopsy
Genere: Death 
Anno: 2025
Nazione:
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75

Superati i trent’anni di carriera, i Cryptopsy tornano sulla scena internazionale del metal estremo con il loro nuovo full-length, “An Insatiable Violence“; seguito di “As Gomorrah Burns”, uscito nel 2023, a dimostrazione di una voglia di scrivere musica che pare non finire mai, anzi. Con il passare del tempo il combo canadese ha infatti via via affinato la propria competenza tecnica, addivenendo una delle formazioni di più alto livello tecnico, appunto, a livello globale. Il tutto, grazie alla profusione di un technical death metal che ha raggiunto gli attuali limiti umani per ciò che concerne la massima espressione di violenza sonora.

Technical death metal cugino primo del brutal death metal con la relativa questione, sempre attuale, per definire con esattezza, semmai ce ne fosse bisogno, quale sia la foggia artistica preponderante di un sound spaventoso nella sua terrificante nonché totale aggressione alle membrane timpaniche dei coraggiosi ascoltatori.

Certo, il perfetto growling Matt McGachy potrebbe far ritenere “As Gomorrah Burns” ancorato al secondo dei sottogeneri sopra citati. Tuttavia, la perizia con cui il combo di Montréal affronta la propria battaglia è incredibilmente elevata, tanto che è davvero difficile trovare qualche act che riesca a raggiungere un tale stadio di evoluzione nel filone del già menzionato technical death metal. Flo Mounier, giusto per citare il primo che si nota, percuote il suo strumento con una furia devastatrice incredibile, raggiungendo terrificanti valori del numero di battiti che si ripetono nell’arco di un minuto (per esempio, “Dead Eyes Replete“). Sfondando senza pietà la barriera dei blast-beats pervenendo entro uno stato mentale di totale allucinazione, ideale per innescare immaginari viaggi lisergici in cui la temperatura diventa quella della superficie solare.

Non solo lui, ovviamente. Per restare nel campo della sezione ritmica, Olivier Pinard manovra il suo basso con un’autorevolezza sbalorditiva, supportando l’immane lavoro svolto dalla chitarra di Christian Donaldson. Da paura reale, concreta, essa, quando i riff si schiacciano, si comprimono per via di una distorsione ai limiti delle possibilità tecnologiche, straziata da un uso esagerato del palm-muting (“Our Great Deception“). Impressionanti anche gli assoli, che si animano alla stregua di saette colme di elettricità che si conficcano nei fianchi (“The Art of Emptiness“).

Benché sia stato cannibalizzato fra i vari membri, il sound dei Nostri va assorbito nella sua completezza. Allora, diventa davvero complicato resistere a un attacco fonico di questa intensità. Ci sono dei rallentamenti, questo sì, studiati apposta per fare riprendere fiato ai fan, ma quando la velocità diverge verso quella della luce, lo schianto dei neuroni cerebrali innesca uno stato di trance, ipnotico, un cui la realtà pare sfuggire di mano. Realtà che rappresenta il tema principale del disco, riflessione della società odierna filtrata attraverso le prospettive trasgressive e anticonformiste di J.G. Ballard e David Cronenberg.

In mezzo a una caterva di note e assoli sparati con il fulmicotone, emerge timida un po’ di melodia, specificamente nell’opener-track “The Nimis Adoriation“. Brano che dimostra la capacità del quartetto del Quebec di sapersi districarsi per bene anche quando si tratta di cucire un tappeto armonico sul quale, ovviamente, scatenare sempre e comunque la furia degli elementi.

Una volta di più i Cryptopsy certificano che la loro bravura è ubicata ai vertici del metal oltranzista mondiale. La ricerca della perfezione degli intrecci sonori, grazie nondimeno a una produzione incredibilmente irreprensibile, ha raggiunto il confine attuale cui può spingersi l’Uomo. Tuttavia, ciò pare rendere più difficile del solito riuscire a concentrarsi sull’arte di scrivere buone song. “An Insatiable Violence” fa sicuramente fede al suo nome, ma così facendo si dimentica un po’ che un grande LP è composto da altrettante grandi canzoni. Le quali, perlomeno a parere di chi scrive, sono rinchiuse in una prigione dorata da cui riescono solo a metter fuori il naso, per mostrare, anche, la loro anima meramente artistica.

Un po’ meno ingegnosità e più cuore, insomma.

Daniele “dani66” D’Adamo

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