Recensione: Crucifixion of Orchids

Di Daniele D'Adamo - 10 Agosto 2025 - 12:00
Crucifixion of Orchids
Band: Acceptance
Etichetta: Road To Masochist
Genere: Sludge 
Anno: 2025
Nazione:
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75

Gli Acceptance, che debuttano con il full-length “Crucifixion of Orchids“, sono in realtà una prosecuzione dei Fatalist, attivi dal 2018 sino al 2024, anno di passaggio al nuovo moniker. E anche al nuovo stile: dal black metal allo sludge.

Un altro passaggio, quindi, che tuttavia non avviene in maniera definitiva, netta, tranciante così come accade con il nome. Il black esiste ancora, eccome, sviluppato nella sua forma atmosferica e intersecato, avvolto nello sludge metal in modo da formare un’unica entità. Per uno stile che sa ancora di incompiuto ma senza che ciò infici in qualche modo la qualità tecnico-artistica dell’LP.

Crucifixion of Orchids“, cioè, è una specie di meticcio, ove coesistono due specie, in cui una di essa è prevalente. Per questo, malgrado il processo di trasformazione fra i due generi anzidetti sia ancora in ballo, la sua personalità non si può mettere in dubbio. Gli Acceptance, quindi, sono riusciti a elaborare una struttura musicale solida, dalle membrature robuste, il cui disegno rimanda inequivocabilmente alla filosofia artistica della formazione stessa.

Disegno dai tratti marcati, ben definiti, che orlano un sound a tratti devastante, a tratti più riflessivo. Costantemente trainato dalla splendida interpretazione canora di M.T che, con le sue harsh vocals ricchissime di carattere, lega assieme tutti gli elementi costitutivi del disco, evitandone lo sfilacciamento. Le linee vocali sono precise, riconoscibili con facilità, e disegnano sentimenti profondi declinanti verso la tristezza se non addirittura la disperazione.

In tal modo “Crucifixion of Orchids” si presenta come un lavoro compatto, coeso, coerente con i suoi dettami genetici sebbene la sua foggia musicale sia ancora da plasmare per assumere una fisionomia definitiva. Che, se si guarda alle canzoni, può essere benissimo quella di “Paradise“, suite finale di undici minuti e passa, in cui il combo inglese viene fotografato così com’è adesso. Ritmo che cambia continuamente, passando dai blast-beats agli slow-tempo ove finalmente si ode con chiarezza il suono impastato, fangoso della chitarra di C.C a rammentare uno dei segni caratteriali distintivi dello sludge metal. Il quale esplode letteralmente proprio in occasione dei rallentamenti delle battute, manifestando un’anima cupa, tetra, in cui regna l’oscurità senza lasciarsi mancare, però, qualche momento di melodiosità grazie alla sei corde solista.

Sono forse questi gli istanti più interessanti del platter, poiché è qui che si percepisce l’evoluzione musicale del quartetto di Leeds. Il quale decelera dagli antichi ritmi per abbracciare una visionarietà ossianica, che pare vivere osservando le pareti di una caverna sotterranea. Quando tutto appare senza via di uscita, emotivamente parlando, ecco che compare M.T a riprendere il filo del discorso per accompagnare chi ascolta verso una nuova meta.

Una bravura notevole, quindi, è insita negli Acceptance, in grado di reggere il discorso per quanto riguarda il sound che hanno profuso nel platter. Non solo a livello di sound, però. Anche le song mostrano un deciso temperamento figlio, ovviamente, dello stile del platter medesimo, tant’è che si memorizzano con facilità ma non con rapidità, beninteso. La loro durata è ben sopra la media per cui consentono di sviluppare appieno i concetti che i loro creatori intendono inserire nell’opera. Anch’esse, nondimeno, presentano una situazione di transizione dal black allo sludge metal, manifestando in ogni caso un’interessante visionarietà che conduce a intravedere, in lontananza, mondi nei quali regnano le emozioni e le esternazioni più profonde dell’animo umano.

Crucifixion of Orchids” è sicuramente complesso da affrontare così su due piedi, con superficialità. Al contrario, va masticato, deglutito e quindi digerito per comprenderne i motivi-cardine che ne hanno suggerito la generazione. Gli Acceptance, così, hanno dimostrato di essere un ensemble che può dare tanto, in termini di tempeste di lampi lisergici. Del resto non sono certo di primo pelo, e si sente.

Daniele “dani66” D’Adamo

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