Recensione: Miasmatic Deathless Chamber

Di Daniele D'Adamo - 26 Settembre 2025 - 12:00
Miasmatic Deathless Chamber
76

Miasmatic Deathless Chamber” è la terza uscita dei Demiurgon. Terza uscita che, nell’immaginario collettivo, corrisponde alla cartina al tornasole delle qualità tecnico/artistiche di una band. Un po’ come un esame di maturità, insomma, per comprendere il reale potenziale del maturando.

Il disco in esame dura soltanto trentacinque minuti ma, come la Storia del metal insegna, non si tratta di un parametro per forza indicativo della bontà del disco stesso. Ragionamento che, nel caso dei Nostri, non ha alcuna interferenza nell’economia globale del prodotto poiché esso è rappresenta una delle forme più devastanti di death metal. Genere che viene interpretato alla perfezione in ogni suo dettame per un sound apocalittico, moderno, indicativo di uno stile che non ha altro da dire che… death metal.

Il combo emiliano, infatti, rifugge ogni tipo di inquinamento musicale da parte di altre tipologie che circolano nell’ambito del metal estremo. Il death proposto è nella sua forma più autentica, scevra come detto da contaminazioni varie o spunti evoluzionistici che distraggono dall’obiettivo primario. Il quale è quello di raggiungere la massima intensità sonora senza sbavature o mancanza di concentrazione. Obiettivo che si può affermare sia stato raggiunto, giacché l’LP è un mostruoso concentrato di energia allo stato puro, incanalato alla perfezione sui binari dell’intelligibilità.

Benché “Miasmatic Deathless Chamber” sia assimilabile a un furibondo attacco termonucleare alle membrane timpaniche di chi ascolta, la pulizia del suono è impressionante. Frutto della grande perizia del quintetto, capace di sfondare qualsiasi resistenza organica con la precisione di un bisturi. Un talento ma soprattutto una preparazione tecnica assestata ai massimi livelli raggiungibili da un essere umano.

Stefano Borciani fa davvero paura, con il suo terrificante growling che percorre, però, le complesse linee vocali senza dimenticare la loro comprensibilità. Che dire, poi, dei due chitarristi? Emanuele Otani e Dani Benincasa mostrano una letale capacità di costruire riff che non presentano un attimo di tregua, triturando in tal modo tutto e tutti; senza dimenticare gli assoli, affilati come lame giusto per contribuire alla distruzione definitiva del cervello.

Semplicemente agghiacciate la quantità di watt erogati da una sezione ritmica comprendente i tuoni provenienti dal basso di Riccardo Benedini e la batteria di Riccardo Valenti. Il drumming, anch’esso pulito e percepibile in ogni suo passaggio, rivela la bravura di Valenti nello scatenare il finimondo con un tanto portentoso quanto complicato assalto alla ragione caratterizzato dall’esplosione di innumerevoli schegge di blast-beats.

Il controllo del proprio costrutto in ogni sua componente, da parte della band italiana, è probabilmente il pregio maggiore del platter. Difficile davvero, pensare di andare ancora più forte senza andare ad autodistruggersi sulla granitica parete del wall of sound generato dalla compagine medesima. Tutto è lindo e pulito come un tavolo autoptico, insomma, malgrado le sette canzoni che compongono il full-length tendano a voler annichilire la mente, a volerla inghiottire per sputarla in un pozzo senza fondo nel quale regna il Terrore.

Canzoni che, essendo solo sette, appunto, seguendo la strada maestra indicata dal quintetto modenese formano un agglomerato dall’altissimo peso specifico. Un buco nero dalla gravità infinita che attrae e fagocita i deboli di cuore. C’è da osservare che, almeno a parere di chi scrive, esse risultano difficili da memorizzare in virtù di un’uniformità artistica che assieme pregio (tanto) e difetto (poco).

In ogni caso il verdetto è uno solo: grazie al tema sviluppato da “Miasmatic Deathless Chamber“, i Demiurgon si possono considerare promossi, e bene, all’esame di Stato.

Daniele “dani66” D’Adamo

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