Recensione: Subnormal Dives

“Subnormal Dives” è il terzo full-length dei russi ByoNoiseGenerator, un lavoro che si presenta come un autentico vortice schizoprenico: fuori controllo, ostico e di difficile assimilazione.
Immaginate di mescolare brutal death, mathcore, technical death, grindcore, free jazz e fusion, quest’ultima intesa come vero e proprio collante tra tutti questi elementi e avrete un’idea approssimativa della follia sonora che vi aspetta.
Una cosa è certa: nel già variegato catalogo della Transcending Obscurity Records questo album spicca in maniera netta, distinguendosi non solo dalle proposte abituali dell’ottima etichetta indiana, ma anche dalla scena contemporanea nel suo complesso.
Pensate a band come Sutrah, Lunar Chamber o Astral Tomb, ma con una dose ancora maggiore di contaminazioni fusion, spesso dal flavour lounge, notturno e contemplativo, sempre sorretto da tecnicismi precisi e impeccabili esecuzioni, ma che viaggiano su livello differenti.
Personalmente, ho trovato “Subnormal Dives” un lavoro con troppa carne al fuoco. Gli spunti sono validi e alcuni momenti risultano notevoli: le sezioni più spiccatamente jazzate e quelle dal taglio grindcore-oriented sono tra le più efficaci, capaci di fondere caos e logica in modo interessante. Tuttavia, la componente mathcore finisce per appesantire il tutto, generando un effetto disturbante e, a tratti, respingente, caotico al limite del fastidio.
Se le parti free jazz, usate qui come arrangiamento, potevano fungere da ponte verso il lato più distopico e dissonante del disco, l’accostamento con l’anima math-core finisce per creare uno stridore costante. Il risultato è un ascolto senza un vero filo conduttore, puro esercizio di stile che, per quanto denso e ricco di idee, non riesce a trasmettere quella coerenza e quel senso di completezza che un album dovrebbe avere.
Un lavoro complesso e, in più punti, inconcludente. Peccato, perché se queste idee fossero state “spacchettate” e sviluppate in progetti o brani distinti, ci troveremmo di fronte a moltissimi momenti validi, testimonianza di un talento compositivo indubbio. Così com’è, invece, “Subnormal Dives” resta un’opera affascinante sulla carta, ma irrisolta nella sostanza, un esperimento estremo che piacerà soprattutto a chi cerca la sfida nell’ascolto e non teme di perdersi in un labirinto sonoro senza via d’uscita. Per quanto mi riguarda, mi scuso coi ragazzi della band, ma io non lo ho capito e non sono riuscito ad apprezzarlo.