Hard Rock

Intervista Michael Schenker

Di Davide Sciaky - 12 Ottobre 2025 - 18:06
Intervista Michael Schenker

In occasione dell’uscita di “Don’t Sell Your Soul” abbiamo raggiunto Michael Schenker.
Pochi chitarristi possono vantare un’influenza trasversale su tutto il mondo del Rock e del Metal come Schenker, ma il chitarrista tedesco poco si cura di quello che gli succede intorno e, come ci ha raccontato, ha un unico interesse: la pura espressione di sé attraverso la sua musica.

Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao Michael, benvenuto su TrueMetal.it. Ti ho visto qualche mese fa quando hai suonato qui a Milano per il tuo tour My Years With UFO, che ho trovato un’occasione davvero bella per permettere ai fan di ascoltarti suonare quella musica. Come ti senti a rivisitare quelle canzoni dopo tanti anni da quando le hai scritte e registrate originariamente con la band? Alcune di questi pezzi li hai suonati per tutta la tua carriera, tantissime volte: ti diverti ancora a suonarli?

Sì, questo tour è strettamente legato agli UFO. È il 50° anniversario, è il momento giusto per farlo. È tutta musica mia. L’album [di canzoni ri-registrate uscito in corrispondenza del tour N.D.R.] avrebbe potuto chiamarsi “My Songs with UFO” e “My Years with UFO”. Sono tutte canzoni che ho scritto quando ero adolescente, fino all’età di 23 anni, in quel breve periodo tra il ’72 e il ’78. Erano gli anni della mia formazione. È stato un periodo di rapida crescita, durato sei anni. Con ogni album, la mia crescita è andata avanti. E quando ho finito, ho registrato “Strangers in the Night“. Quello è stato il primo capitolo della mia crescita. E queste sono, ovviamente, le canzoni più popolari perché sono state scritte durante la mia adolescenza, quando ero proprio in quella fase di crescita e sviluppo. Per qualsiasi artista o band, quelli sono sempre gli anni migliori, i più emozionanti, quando tutti sono ancora giovani e ascoltano e crescono insieme al tuo sviluppo e, se diventano fan, quei brani rimarranno profondamente radicati nei loro cuori. Quindi è molto divertente suonare questa musica, proprio per questo motivo. Ho praticamente dedicato tutti i miei anni all’espressione di me stesso [self-expression]. Non ripeto molto di ciò che ho fatto in passato. E quindi non ho mai dato un’eccessiva esposizione a nessuna fase particolare della mia carriera. A quello ci ha pensato Phil Mogg. Ha portato in tour gli UFO con le mie canzoni per molti anni. Ora è il mio turno: lo faccio per il 50° anniversario ed è divertente.

Mi fa piacere sentirlo. Ricordo che qualche tempo fa hai detto che saresti stato disponibile a organizzare una reunion dei membri ancora in vita della lineup di “Strangers in the Night”. Mi chiedevo se da allora avessi avuto contatti con Phil Mogg o Andy Parker e avessi parlato di questa possibilità.

No, ci sentiamo di tanto in tanto ma sta diventando tutto molto difficile e, sai, Phil ha problemi di salute o comunque si sta riprendendo dai suoi problemi. E non ho idea di cosa stia facendo Andy. E quindi, con Pete Way e Paul Raymond che non ci sono più, io vado avanti con le mie cose e lascio che il futuro faccia il suo corso. Qualunque cosa succederà in futuro, succederà. Non ho idea di cosa mi aspetti. Faccio solo quello che sento di voler fare, che è quello che sto facendo ora.

Per questo tour, sei stato affiancato da Eric Grönwall, che canta anche nel tuo nuovo album, “Don’t Sell Your Soul”. Come hai scoperto Eric?

Quando stavamo cercando dei cantanti per My Years, o My Songs, with UFO, qualcuno mi ha fatto il suo nome e l’ho ascoltato. Sono rimasto molto colpito dalla sua cover di “18 e qualcosa”, una canzone degli Skid Row [“18 and Life” N.D.R.]. Mi ha davvero impressionato. Così gli abbiamo chiesto di partecipare a “My Years with UFO”. Ha cantato “Mother Mary” con alla chitarra Slash e me. E poi, quando è arrivato il momento di finalizzare l’album, “Don’t Sell Your Soul“, abbiamo chiesto a Eric se poteva cantare alcune canzoni. Alla fine ne ha fatte sei e ha commentato dicendo: “Questo è il mio tipo di rock and roll!”. Quindi è stato anche meglio perché si vede che era felice di cantare quelle canzoni.

Negli album precedenti c’era Ronnie Romero: mi chiedevo se scrivi la musica in modo diverso a seconda del cantante che avrai o se è il contrario, prima scrivi la musica e poi trovi il cantante adatto alla musica.

La musica viene sempre prima di tutto, perché, sai, non succede nulla se prima non scrivo la musica. Non permetto a nessuno di portare un risultato già pronto, perché questa è la pura espressione di Michael Schenker, come faccio da 50 anni. Questa è la mia visione ed è ciò che voglio mantenere al primo posto. Quindi tutto inizia sempre con la voce, con l’eccezione di un paio di canzoni per cui ho scritto i testi, cosa che capita una volta ogni tanto, ma non molto spesso. Ma quando succede, in questo caso, entrambe le canzoni sono state scritte più o meno contemporaneamente, “Don’t Sell Your Soul” l’ho scritta senza chitarra, la struttura iniziale, poi mi è venuta un’idea. E lo stesso con “It’s You“. Entrambe sono nate scrivendo il riff e il testo allo stesso tempo. Sono due canzoni personali. “Don’t Sell Your Soul” parla dei miei anni formativi con gli UFO, della mia visione e della mia determinazione a rimanere fedele alla mia espressione personale, alla mia espressione pura, senza lasciarmi accecare dal denaro e perdere la mia direzione. “It’s You” parla di mia moglie, di come l’ho conosciuta, volevo scrivere una canzone su questo tema. Entrambe le canzoni sono nate con la chitarra in mano mentre pensavo alle parole da scrivere. Ma le altre canzoni che scrivo, di solito… metto giù la mia musica e poi la mattina dopo vengo in studio e Michael Foss mi dice: “Ecco, Michael, questo è quello che ho fatto ieri sera dopo che te ne sei andato”. Io lo ascolto e dico: “Wow, è fantastico”, oppure dico: “Non è un granché. Forse potremmo provare qualcosa di diverso”.

E per le poche canzoni per cui scrivi i testi, come funziona? Cerchi di tradurre in parole il tipo di sensazioni che trasmette quella musica?

No, non c’entra niente. [Ride] È solo che, sai, mi viene un’idea all’improvviso, un’idea che ha un significato, tipo: “Oh, forse dovrei cantare di come mi sono evoluto nella mia vita e trasmettere il messaggio di seguire il proprio cuore. Segui ciò che ti rende felice, piuttosto che, se sai già cosa ti rende felice, lasciarti distrarre dal denaro e perdere quella felicità finendo in una situazione infelice solo per via dei soldi”. E poi scopri di essere uno schiavo e di essere ammanettato in una situazione da cui non puoi più liberarti. Quindi questo può essere un tipo di messaggio. Questo mi è venuto mentre suonavo la chitarra e ho semplicemente messo tutto insieme. E così viene fuori un’idea e a quel punto la realizzi.

Una cosa che mi piace molto di questo album è che è davvero energico, molto fresco. Immagino che forse non sia così facile da ottenere per qualcuno che fa musica da tanto tempo come te. Trovi più difficile scrivere musica rispetto al passato o è sempre facile come lo era allora?

È sempre come al solito, ma ovviamente il tempo cambia. E, innanzitutto, se ti attieni all’espressione di te stesso non c’è mai un giusto o uno sbagliato. L’espressione di sé è semplicemente fedele a sé stessa. Ma ciò che cambia è il mondo che mi circonda. E a volte il mondo che mi circonda è in sintonia con ciò che sto facendo e allora la mia musica sembra più fresca, forse perché all’improvviso le persone iniziano ad ascoltarlo, o fan più di vecchia data iniziano ad ascoltarlo. Quindi [la musica] sembra una novità, suona diversa. Sai, se prendi una vecchia auto d’epoca, diciamo, 10 anni dopo, potrebbe sembrare una vecchia auto d’epoca che non interesserà a nessuno. Ma se la riporti in primo piano 50 anni dopo, ha un effetto diverso perché il mondo che la circonda è cambiato. Quindi è lo stesso con tutto.

Mi sorge spontanea una domanda: ripensando alla musica più vecchia, ti capita mai di pensare che forse avresti dovuto scrivere qualcosa di diverso, anche se in quel momento era fedele alla tua visione?

No, perché è sempre espressione di sé. Quell’espressione è vera in quel momento e quindi non c’è momento migliore. Vive in quel momento e in nessun’altro. E poi io vado avanti e mi dedico alla prossima espressione di me stesso.

Questo album, “Don’t Sell Your Soul”, viene pubblicato come album del Michael Schenker Group. Guardando agli ultimi 10 anni, hai pubblicato album come Michael Schenker, Michael Schenker Fest, Michael Schenker’s Temple of Rock. Qual è la differenza tra tutti questi nomi che usi per i tuoi album?

L’occasione, ovviamente, perché se ho quattro cantanti nella band, gli diamo un titolo in modo che la gente possa riferirsi ad esso tra 20 o 50 anni. Oh, quello era il Michael Schenker Fest. Michael Schenker Fest significa Graham Bonnet, Gary Barden, bla, bla, bla. Michael Schenker? Ok, cosa fa Michael Schenker quando fa solo Michael Schenker? Forse musica strumentale, strumentali acustici. Ma questa volta, questo album… e comunque è sempre Michael Schenker Group, indipendentemente da tutto, perché Michael Schenker ha bisogno di un gruppo! [Ride] Quindi, sai, devi avere persone che suonino con te, ma il gruppo potrebbe essere sempre, o è stato in passato, composto da persone diverse a seconda delle circostanze. Ad alcune persone vengono offerti ingaggi da qualcun altro, hanno bisogno di guadagnare soldi o altro. Dipende sempre dalle circostanze. Ma il fatto è che, se faccio un disco, non mi siedo lì e suono la batteria. L’ho già fatto. Con “The Odd Trio” ho sperimentato. È stato divertente ma non è qualcosa che faccio spesso. Quindi ho bisogno di una band e devo darle un nome. Potrei chiamarla Michael Schenker, ma dato che ho fatto tante cose in passato, penso che sia meglio avere nomi diversi a seconda di quello che faccio al momento. Quindi, se dico Temple of Rock, allora sappiamo che si tratta di Herman Rarebell e Francis Buchholz degli Scorpions, Dougie White dei Rainbow e Yngwie. Se faccio il Michael Schenker Fest, sono quei quattro cantanti del Michael Schenker Group, del periodo MSG, no? E quindi, se faccio canzoni degli UFO, è My Years with UFO. E se faccio canzoni degli Scorpions, dall’album “Lovedrive” e “Lonesome Crow“… è così, bisogna dare dei titoli in modo che da riuscire a identificare cosa succede in un disco.

Mi chiedevo, forse mi hai già dato una risposta in parte, se c’è qualche canzone di questo album a cui sei particolarmente affezionato, che ha un significato speciale per te. Visto che hai detto che “It’s You” parla di tua moglie, immagino che quella possa essere una canzone speciale per te.

Sì. Beh, in generale, scrivo album come se fossero dei libri, sai, nel senso che non mi concentro molto sulle singole canzoni. Per me, tutto ciò che metto nell’album è come un libro con diversi avvenimenti e cerco di bilanciare tra momenti più drammatici e cose felici e questo e quello. Quindi cerchi semplicemente di rendere l’album piacevole e ogni canzone ha dei dettagli e delle cose che, sai, sembrano spuntare dal nulla, sono divertenti da ascoltare e poi scompaiono di nuovo. E questo succede in tutto l’album. Quindi di solito le persone, i miei fan, penso che ascoltino più l’album che le singole canzoni. Ma anche le diverse cose che succedono in una canzone, e questo succede in ogni canzone. Quindi non mi concentro su una canzone e dico: “Beh, questa era una canzone fantastica”. Per me è più che altro, sai, sono una persona attenta ai dettagli. Sono un chitarrista solista e ci sono molte cose che devo ascoltare. A volte scopro cose che prima non sentivo su altri strumenti, sai, ma che sono legate al mio modo di suonare la chitarra, che è la mia priorità numero uno. Sai, si tratta più dei dettagli e dell’atmosfera che viene creata in ogni… in tutto l’album dall’introduzione e nella prosecuzione fino alla fine.

Quando guardo alle influenze di molti guitar hero, molti dei chitarristi che sono venuti dopo di te, sei quasi sempre citato al punto che è davvero difficile immaginare cosa potrebbero essere oggi il Metal e l’Hard Rock senza di te. Mi chiedevo se qualcuno di questi musicisti più giovani che sono venuti dopo di te ti abbia a sua volta influenzat,o in qualche modo.

Devo dare la priorità al non ascoltare nessuno, perché la mia visione è pura espressione di me stesso e il cervello è come una spugna e assorbe tutto ciò che sente. Quindi cerco, per fare un buon lavoro con la mia visione, che è il campo a cui mi dedico, di stare lontano il più possibile da altre influenze musicali per fare un buon lavoro. Quindi quando la gente ascolta quello che faccio può sentire che quella è la mia pura espressione di me stesso. Ma poi, quando aggiungo altri musicisti e Michael Foss aggiunge il suo modo di cantare e quant’altro, allora quella parte non è più pura espressione di me stesso, ovviamente. Ma io posso solo occuparmi della mia parte di pura espressione di me stesso. [Ride] Ed è quello che si sente nella musica che è, ovviamente, accompagnata dall’influenza di altre persone, da come sono state influenzate e da ciò che aggiungono alla musica. Quindi è solo la mia parte che è pura espressione di me stesso. E comunque, per mantenere viva la mia visione, devo assicurarmi di stare il più lontano possibile dall’influenza degli altri. Naturalmente, sono stato influenzato o ispirato quando avevo, sai, 11, 12, 13, 14, 15 anni. Ho imparato e tratto ispirazione da Jimmy Page, Jeff Beck, Johnny Winter e Rory Gallagher. E da tutti quei musicisti e chitarristi della fine degli anni ’60, che – quando li ho scoperti – mi hanno aiutato o mi hanno mostrato cosa mi piaceva. È così che definisco l’ispirazione: qualcuno che fa qualcosa che amo fare. Ma tu ricevi una sorta di impulso, lo senti e poi – con la mia visione di voler fare qualcosa di originale – lo usi come motore, come un trampolino di lancio. E poi vai avanti da solo. Altre persone possono sentire qualcosa e rimanere bloccate lì e farlo per il resto della loro vita e copiare costantemente altre persone. Ma quella è la loro visione, sai, e quindi la mia visione è quella che ho descritto.

Giusto. E questo mi porta alla domanda: che tipo di musica ascolti? Se ascolti musica, ovviamente, immagino che non ascolti musica contemporanea, per non essere influenzato. Ma ascolti musica più vecchia?

No, non ascolto musica.

Proprio niente.

Esatto, assolutamente niente.

Cambiando argomento, immagino che nel corso della vita ciò che ci motiva possa cambiare, in particolare quando si suona per tanti anni. Ovviamente, ascoltando questo album e dopo averti visto suonare dal vivo di recente, posso dire con certezza che ami farlo. Ma cos’è che ti dà quella spinta oggi, dopo più di 50 anni? È la stessa motivazione che avevi agli inizi?

Sì, è quello che sono. L’ho scelto perché mi rende felice. E questa è la differenza. Sai, se non fai qualcosa che ti rende felice e continui a fare sempre la stessa cosa, senza avere una motivazione sincera, solo per lavoro e per soldi, alla fine ti stancherai. Diventa stagnante e noioso per quella persona e non può sentirsi davvero felice. Io ho scelto qualcosa che mi rende felice, ovvero scrivere musica, suonare e esprimermi. E l’espressione di sé è infinita. Posso sempre trovare qualcos’altro, posso sempre trovare una combinazione di note diverse o cose diverse che metto insieme e che non sono state create da altri. Perché se chiunque può fare quello che faccio io, è solo questione di fare quella scelta, di prendere quella decisione. Questa è la differenza. Molte persone non hanno fiducia in sé stesse e pensano: “Oh, se suono per seguire quello che mi interessa magari non ne varrà la pena. Non guadagnerò soldi. Non piacerà a nessuno, bla, bla, bla, bla”. Ma io non la penso così. Mi dico semplicemente: l’espressione di sé è pura. Non è né buona né cattiva. Semplicemente è.
Se alla gente piace quello che fai, questo ti rende felice, quindi è un valore aggiunto.

Immagino che il corollario di questo discorso sia che continuerai a suonare finché sarai fisicamente in grado di farlo, il ritiro non è davvero un’opzione per te.

Sì, suonerò il più a lungo possibile perché mi piace quello che faccio.

Smettere è qualcosa che non ti è mai passato per la mente, immagino.

No, perché dovrei? Insomma, se ti piace essere felice non vorrai mai smettere di esserlo, a meno che qualcuno non te lo impedisca. Non sei tu a fare quella scelta. Ma se per qualche motivo qualcuno o qualcosa mi impedisse di continuare, non potrei farci niente.