Thrash

Heavy Fucking Metal Pillar: recensione Slayer (Reign in Blood)

Di Stefano Ricetti - 30 Gennaio 2020 - 8:50
Heavy Fucking Metal Pillar: recensione Slayer (Reign in Blood)

Di seguito la recensione di Reign in Blood, ENORME terzo album degli Slayer, così come uscita originariamente all’interno delle pagine di Rockerilla numero 76 del dicembre 1986, a firma Adriano Bosone. Una precisazione: avendo negli anni ampiamente scandagliato gli scritti di Beppe Riva, si è pensato, da ora in poi, di rinominare la rubrica con il più generico “Heavy Fucking Metal Pillar”, solamente per il fatto che sulle colonne di quella mitica rivista apparvero disamine di grandi album a firma di altri valevoli soggetti, ai quali nel tempo verrà dato il giusto spazio su queste stesse pagine web a sfondo nero.      

Buona lettura,

Steven Rich

 

SLAYER

«Reign in Blood»

Def Jam Recordings

1986

 

Speed thrash total death! Mai tale definizione, forse talvolta usata a sproposito, ha trovato una corrispondenza tanto perfetta! Mai era stato raggiunto un matrimonio così abominevole tra ritmi da cardiopalma e testi orrorifici e nefandi.

Lo speed thrash, lo sappiamo, è nato in California e gli esponenti più in vista di questo genere, Metallica ed Exodus, già ci avevano regalato quanto di meglio potesse offrire una musica così estremista.

Gli Slayer di Kerry King e Tom Araya sono però un fenomeno a parte poiché, se esiste l’estremo nell’estremo, se è possibile portare musica e testi a un parossismo abnorme ai limiti della pazzia urlante e della paranoia demente, bene, loro ce l’hanno fatta!

L’attesissimo Reign In Blood, dall’eloquente titolo, già dalla copertina ci invita in una raccapricciante dimensione, in una sterminata caverna popolata di figure immerse in un oceano di sangue, alcune cornute, altre con tiare di papi, altre ancora orrendamente mutilate penzolanti dalle pareti, mentre in mezzo a questo incubo blasfemo un capro viene solennemente portato da personaggi che sembrano usciti dai peggiori deliri di Edgar Allan Poe…

Dopo una tale introduzione, è con una certa riluttante curiosità morbosa che lascio cadere la puntina sui solchi dando così il via ad una allucinante cavalcate sulle ali infuocate di “Angel Of Death”, tra le chitarre isteriche di Hanneman e King ed il drumming preciso e violentissimo di Dave Lombardo. La voce sadica e malevola di Tom Araya ci accompagna negli orrori di Auschwitz descrivendo immagini, flash, brani di una crudezza da togliere il sonno anche ai più scafati thrasher. Poi, quasi senza accorgerci, scivoliamo con “Piece By Piece” in un terrore senza nome dal quale non è possibile uscire se non “pezzo a pezzo”…

Brani brevissimi ma di un’intensità da reazione nucleare, eccoci ora immersi in “Necrophobic” dove la velocità, già stratosferica, aumenta ancora insieme all’orrore delle immagini via via più spaventose evocate dai quattro esecrabili.

E’ impossibile anche solo tirare il fiato una volta entrati in questo abominio sonoro ed anche “Altar Of Sacrifice” scorre veloce e mostruoso nelle descrizione di un sacrificio a Satana. Le chitarre si rincorrono a velocità impossibili su un tappeto sonoro forse un po’ troppo uniforme ma creando atmosfere indiavolate che non lasciano tempo a riflessioni.

Jesus Saves” arriva a chiudere la prima facciata con un breve rallentamento all’insegna di un rabbioso attacco al cristianesimo e alle sue illusorie promesse.

Criminally Insane” apre la side B con rinnovata ferocia e si consuma, come i brani precedenti della durata media di due minuti, forse troppo rapidamente, seguita da una “Reborn” dal fraseggio tanto rapido da costringere Tom Araya a veri e propri contorsionismi al limite del mayhem sonoro.

Non c’è tregua né pietà nell’animo dei quattro aguzzini californiani che incalzano già con “Epidemic” in un nuovo micidiale assalto a base di sangue e orrore. Gli ultimi due brani dell’album sono forse le cose migliori. “Postmortem”, dall’incedere ritmico lugubre e dal moto cadenzato viene a sottolineare tematiche inquietanti. I fraseggi delle chitarre di Hanneman e King si rincorrono instancabili a tesser nuove trame maledette, dove voce e batteria possono correre fino al delirio…

Ma ecco che, accompagnati da fulmini e diluvio, siamo già proiettati nel clima infuocato di “Raining Blood” che viene a chiudere il 33 giri con una perla di tecnica e violenza aggressiva , che riconferma gli Slayer come maestri del genere:

Piovendo sangue da un cielo lacerato

Sanguinando il suo orrore

Creando la mia struttura

Ora io regnerò nel sangue!

Al di là qualche riserva sulla troppa uniformità delle track di Reign In Blood gli Slayer hanno indubbiamente impartito una nuova grande lezione di speed thrash scatenando sopra le nostre povere teste non una pioggia, ma un reale uragano di sangue e musica da scuotere anche le fondamenta dell’inferno.

L’LP reca sulla copertina un adesivo per avvertire che il contenuto potrebbe risultare “sgradito” a qualche ascoltatore. Ma scoprendo Reign In Blood ci si accorge subito che si tratta, senza dubbio, di un eufemismo…

Adriano Bosone        

 

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

Kerry King (Slayer) così come apparso su Rockerilla n.76

 

Elenco – con link incorporato – delle puntate precedenti:

 

CIRITH UNGOL

DEATH SS

HEAVY LOAD

MANOWAR

SAXON

JUDAS PRIEST

IRON MAIDEN

METALLICA

MOTORHEAD

MOTLEY CRUE

VIRGIN STEELE

RIOT

RUNNING WILD

WARLORD

SWORD

MERCYFUL FATE