Heavy

Più veloci della luce – Biografia dialogata dei fratelli Gallagher (quelli bravi)

Di Dwight Fry - 23 Giugno 2020 - 15:11
Più veloci della luce – Biografia dialogata dei fratelli Gallagher (quelli bravi)

“La carriera dei Raven ha inizio nel 1974 dalle parti di Newcastle, in Inghilterra.
Il glam, l’hard rock e il progressive stanno sparando le ultime cartucce prima che il punk giunga a offuscarli, e la NWOBHM è ancora di là da venire.
Motore e anima della band sono i fratelli Gallagher, John e Mark, i quali…”

 

«E dai, no. Non la solita introduzione biografica. Che palle.»
«Va beh, devo pur dirle due parole sulla storia del gruppo, no?»
«No. Andiamo al sodo: dimmi per quale motivo dovrei ascoltare, nel 2020, un gruppo di vecchi.»
«Non sono così vecchi. Hanno la stessa età di Metallica e Iron Maiden, più o meno.»
«Dei giovincelli…»
«Loro li ascolti?»
«Che c’entra, Metallica e Iron Maiden sono essenziali.»
«Anche i Raven, tutto sommato. Se senti i loro primi due album, e subito dopo “Kill ‘em all”, ti accorgi dell’influenza che hanno esercitato sul thrash delle origini, a livello di velocità e anche concettualmente. L’idea era quella di andare più veloci, sempre. Lars Ulrich li amava, e li fece conoscere a Hetfield
«Non è che se un gruppo piace a Ulrich allora è buono per forza, eh.»
«Ulrich è un grande esperto di metallo inglese, ci si può fidare. Con Geoff Burton ha anche creato una compilation sulla NWOBHM.»
«I Raven ci sono?»
«Certo.»

«Ma che genere suonavano, esattamente? Speed metal?»
«Sì. Misto a un rock ‘n’ roll sparato a mille. C’erano già stati dei gruppi che avevano accelerato parecchio i ritmi, ma non con quella furia. Lo speed metal è roba loro e dei Jaguar: se pure non l’hanno inventato, di sicuro lo hanno formalizzato. I Raven però usavano il termine “athletic rock”.»
«E che significa?»
«Niente, ma rende l’idea: un rock veloce, scattante. Brani come ‘Faster than the speed of light’ o ‘Hung, Drawn and Quartered’ in realtà erano speed metal puro, solo che loro non potevano saperlo visto che il genere neppure esisteva. Nessuno aveva coniato il termine.»
«Tu come li hai conosciuti?»
«Con un Greatest Hits di metà anni ’90. “Mind over metal”, comprato su Sweet Music.»
«Cos’è Sweet Music?»
«Lascia stare, tanto non esiste più. Al tempo i “best of” erano il modo migliore per imparare a conoscere una band, costavano poco e si trovavano ovunque. I Raven mi piacquero subito, per cui decisi di approfondirne la discografia.»

«Cosa ti piacque? Cioè, cosa ti colpì?»
«Le ritmiche. Le canzoni in sé. Le linee vocali di John Gallagher, completamente schizzate. A qualcuno non garba perché usa spesso il falsetto.»
«Tipo King Diamond
«Sì, ma sono due falsetti diversi. Quello di John è isterico, da pazzo, quello del Re è più sottile e inquietante. Comunque John ha un modo di cantare unico ed è un ottimo bassista. Erano bravi tutti e tre, con gli strumenti. Mark era solo passabile come solista ma eccellente come chitarrista ritmico. E in quanto a esuberanza, lui e i suoi compari battevano tutti.»
«Che intendi con “esuberanza”?»
«Che erano dei matti! All’epoca nessuno suonava come loro, a parte i Jaguar, che però stavano ancora a registrare demo quando i Raven esordirono. I Vardis erano più rock ‘n’ roll, i Venom più pesanti e cattivi ma molto meno dinamici, anche per limiti tecnici. Poi si sa, i Venom fanno storia a sé. Diciamo che i Raven erano i più matti. Nei volumetti della Giunti c’è Signorelli che, quando parla di loro, scrive: “sembra impossibile siano solo in tre a fare tutto quel macello”.»

«Ah, erano in tre?»
«Sempre stati in tre, dalla pubblicazione dei primi singoli in poi. John al microfono e al basso, Mark alla chitarra. All’inizio non trovavano un batterista all’altezza, poi si sono imbattuti in Rob “Wacko” Hunter e con lui hanno registrato sei album. È sempre stato un gruppo molto affiatato, dal 1980 hanno cambiato solo due membri e solo per cause di forza maggiore.»

«E come mai non sono diventati famosi?»
«Boh. Dal vivo erano trascinanti come pochi, il loro primo live si chiama “At the Inferno” e ci sarà un motivo. Poi per me i primi tre album in studio (“Rock until you drop”, “Wiped out” e “All for one”) sono pressappoco all’altezza dei primi tre degli Iron Maiden
«Addirittura!»

 

 

«Sì. Entrambi i gruppi innovarono fortemente il genere ma in modi diversi. A livello di energia i Raven non temevano il confronto con Harris e compagni. Non lo penso solo io: Dee Snider dei Twisted Sister sostiene che a inizio anni ’80 la band da battere non fossero gli Iron Maiden o i  Def Leppard, bensì i Raven. “Perché erano avanti a tutti”. Parole sue. Il problema è che i Raven spaccavano dal vivo ma in studio non godevano di una produzione all’altezza. Giusto “All for one” ha una resa decente ma niente a che vedere con quella di “The number of the beast”. Poi fecero la cazzata di provare a conquistare il pubblico statunitense, come molti altri gruppi inglesi, e niente. Non lo conquistarono. Forse è questo che li ha fregati.»
«Cioè?»
«Pubblicarono due album, “Stay hard” e “The pack is back”, dal suono americano, quello che andava di moda all’epoca. Parecchio melodico, glam e ruffiano. “Stay hard” non è malaccio, nel suo genere, ma “The pack is back” è proprio floscio. Sul palco iniziarono ad agghindarsi da giocatori di football. Non so se furono mal consigliati da Zazula ma so con certezza che le pressioni maggiori le subirono dall’etichetta dell’epoca, la Atlantic.»

«Chi è Zazula?»
«Il loro manager. Era anche il boss della Megaforce, l’etichetta che scoprì i Metallica. In qualche modo i loro destini si sono incrociati spesso. Indovina di spalla a quale gruppo, Ulrich e soci, suonarono nel loro primissimo tour?»
«Raven?»


«Esatto. Invece i Raven suonarono di spalla a Ozzy, a inizio carriera. Al madman piacevano, aveva ascoltato in radio ‘Don’t need your money’ e si era convinto a portarseli dietro. Nel 2014 i Metallica avrebbero reso il favore ai Raven, scegliendoli come gruppo spalla per la data di San Paolo, in Brasile. Immagina quanto dovevano essere emozionati, quei tre, a suonare davanti a 70.000 persone. Loro che di solito suonano nei piccoli club.»


«Non se li fila più nessuno, quindi.»
«Beh, non il grande pubblico, ma i fan ce li hanno ovunque. In Giappone sono molto famosi. In Europa girano parecchio. Partecipano anche ai festival, solo che li piazzano in orari strani.»
«Tipo Anvil
«Sì, ma gli Anvil hanno avuto il ritorno di fiamma per via del film, i Raven no. Però anche loro hanno realizzato un DVD nel quale raccontano la loro storia. Io non l’ho mai visto, è in inglese e senza sottotitoli, ma in una recensione ho letto che nel booklet c’è un avviso: “with 0% Hollywood’s shit“. Niente stronzate hollywoodiane, insomma. Niente teatrini.»

«Tu li hai mai visti dal vivo?»
«No. In Italia sono venuti di spalla ai Saxon, sul finire del 2018, e qualche giorno dopo nei reportage delle webzine era tutto un fiorire di elogi. Mi spiace soltanto che la gente vada a vederli per sentire i classici dei primi tre album, quando invece hanno composto bei lavori anche dopo.»
«Quindi non si sono sciolti dopo il flop americano?»
«Ma figurati. Non hanno sfondato, però la passione per la musica non li ha mai abbandonati. A cavallo tra anni ’80 e anni ’90 hanno registrato “Life’s a bitch”, “Nothing Exceeds like Excess” e “Architect of fear”. È in questo periodo che il vecchio batterista ha mollato le bacchette e al suo posto hanno preso Joe Hasselvander, che è pure il batterista dei Pentagram

 

«Il vecchio batterista che fine ha fatto?»
«Si è dato al jazz. Lavora con gente importante, come produttore ha pure vinto un Grammy, nel 2011.»
«E quegli album che citavi? Come sono?»
«Belli. Non all’altezza dei primi tre, intendiamoci, quelli restano il top, però meritano. Tra l’altro “Architect of fear” è più vicino al thrash, il che è paradossale: l’album uscì nel 1991, lo stesso anno in cui i Metallica si tiravano fuori dal thrash e quasi lo ammazzavano.»
«Gira e rigira, sempre di loro si finisce a parlare…»
«Te l’ho detto, i loro destini si sono incrociati più di una volta. Poi oh, i Metallica hanno scritto la storia del metal, tra il 1983 e il 1991, è normale che uno li citi spesso. Ovviamente l’album dei Raven se lo filarono in pochissimi, stavano tutti lì a “s-metallizzarsi” e l’arrivo dei gruppi di Seattle peggiorò la situazione.»
«Nirvana, Pearl Jam… quella roba lì?»
«Quella roba lì. Che io ascoltavo pure, tra l’altro, ma non è mai scattata la scintilla. Figurati la delusione quando, nel ’94, i Raven pubblicarono un album cupo e alternativo come “Glow”. John Gallagher insiste nel dire che andrebbe rivalutato, io l’ho riascoltato recentemente e ti dico che è una palla. Bella e buona. Loro non c’entravano niente con quelle sonorità. Per fortuna hanno pubblicato un discreto album old school, in seguito: “One for all”. E poi si sono fermati per una decina d’anni.»

«Dieci anni è un sacco di tempo.»
«Che ci vuoi fare: a Mark Gallagher è caduto addosso un muro, con frattura di entrambe le gambe.»
«Minchia…»
«Eh. Era andato in un cantiere a trovare un amico. È crollato ‘sto muro e ha rischiato di perdere le gambe. Si è parlato di amputazione. Invece poi si è ripreso, anche se ci ha messo anni. I primi concerti, dopo il ritorno in pista, li ha tenuti stando su una sedia a rotelle. Ogni tot doveva fermarsi perché gli antidolorifici gli causavano abbastanza nausea da innaffiare palco e prime file. È andato avanti ugualmente. John lo ha definito “un testardo figlio di puttana”, in un’intervista che ho letto in rete.»
«Ma adesso sta bene? Voglio dire, ce la fa a reggere un concerto?»
«Altroché! È in sovrappeso ma corre di qua e di là per il palco. Considerando quello che ha passato, è già tanto. Da allora hanno registrato gli ultimi due album, “Walk Through Fire” ed “ExtermiNation”

«Tu ce li hai?»
«In CD, sì. C’è parecchio mestiere, però si difendono. L’unico problema è che pure i Raven si sono messi a inzeppare di canzoni gli album, con 14-15 pezzi ogni santa volta. Troppi filler. Pochi anni fa hanno realizzato anche il DVD del quale ti accennavo, e un altro live. Ah, e un album di cover: “Party killers”
«Che tipo di cover?»
«Roba anni ’70, però meno banale del solito. Dei Queen, per esempio, hanno coverizzato ‘Ogre battle’, che non è esattamente la prima canzone che ti viene in mente quando si parla dei Queen. Poi David Bowie, Nazareth, Thin Lizzy, Deep Purple… tutti gruppi di serie A.»

«Ma si può ascoltare in giro?»
«Macché. Neppure su YouTube o Spotify. Lo hanno pubblicato per finanziare la registrazione di “ExtermiNation”, con Kickstarter. Io non vado dietro a queste cose ma non mi dispiacerebbe se lo ristampassero e lo allegassero al nuovo album, come bonus CD.»
«Perché, devono pubblicare un nuovo album?»
«Sì. Ora alla batteria c’è Mike Heller, purtroppo sembra che Hasselvander non stia benissimo.»
«Quel Mike Heller? Il batterista dei Fear Factory
«Proprio lui.»

 ——> 

«Beh, su “Genexus” è stato molto bravo.»
«Spero lo sia anche su “Metal City”. Si chiamerà così, il prossimo album dei Raven. Esce a settembre.»
«Il titolo promette bene.»
«Sogno una title track con un ritornello che dica “Take me down to the metal city Where the look is black and the boys ain’t pretty”, ma temo di pretendere troppo.»
«Solitamente di cosa parlano i loro testi?»
«Di tutto. Vita di strada, ribellione, problemi sociali, guerra, religione, sfruttamento delle masse. Tutto in stile anni ’80. Tra i solchi di “Nothing Exceeds like Excess” se la presero in particolare col dogmatismo religioso, non solo cristiano. Credo siano stati i primi, nel metal, a condannare il terrorismo islamico in un pezzo come ‘Die for Allah’. Era il 1988. L’anno prima c’era stato un gruppo statunitense, i Fearless Iranians from Hell, che aveva intitolato allo stesso modo l’album di debutto, ma suonavano una specie di harcore/crossover e nel loro caso l’Islam veniva esaltato, anche se in modo parodistico.»

«Il prossimo album dei Raven lo comprerai?»
«Sicuramente. Forse non subito, ma lo prenderò. Mi accontenterei di un album all’altezza degli ultimi due, magari con 4-5 pezzi in meno, anche se John parla di ritorno al passato. Ai tempi di “Wiped out”, addirittura. Il loro secondo lavoro.»
«Ti dispiacerebbe?»
«Figurati! Quello è un grande album. Il punto è proprio questo: uno ci prova ma è quasi impossibile avvicinarsi alla qualità dei tempi d’oro.»
«E i Cirith Ungol? Loro ci sono riusciti.»

«Vero. Però loro hanno dimostrato di essere in stato di grazia, come se il tempo passato a far niente li avesse aiutati in qualche modo a conservare intatta la vena creativa, il talento esecutivo. Parliamo di situazioni di partenza differenti. Poi chissà, mai dire mai. Sarebbe bello se Mark e John riscuotessero lo stesso successo.»
«Ti stanno proprio simpatici, eh?»
«Non è simpatia, è stima. I primi tre album dei Raven, più il “Live at the Inferno”, sono parte integrante della storia dell’heavy metal e tra le cose migliori della NWOBHM. Se uno non li ha mai ascoltati, allora non conosce le basi della nostra musica. In seguito hanno pubblicato altri tre album molto buoni e quattro discreti. Sono in giro dall’80; non si sono sciolti e poi riformati per destare clamore; non hanno annunciato ultimi tour per prendere in giro i fan. Sono coetanei degli Iron Maiden eppure scrivono ancora pezzi veloci, aggressivi, da pogo. Registrano sempre in presa diretta, suonano tutti e tre in studio senza il metronomo, dal vivo niente basi o trigger. Sono musicisti autentici, persone schiette, e si divertono un sacco. Ci arrivassi io, a quell’età, con un entusiasmo del genere.»
«E l’entusiasmo basta, per scrivere un buon album?»
«No. Ma è il miglior punto di partenza possibile.»

Dwight Fry


DISCOGRAFIA ESSENZIALE:

Rock Until You Drop (studio album, 1981)
Wiped Out (studio album, 1982)
All for One (studio album, 1983)
Live at the Inferno (live album, 1984)
Stay Hard (studio album, 1985)
The Pack Is Back (studio album, 1986)
Life’s a Bitch (studio album, 1987)
Nothing Exceeds like Excess (studio album, 1988)
Architect of Fear (studio album, 1991)
Glow (studio album, 1994)
Destroy All Monsters (Live album, 1995)
Everything Louder (studio album, 1997)
One for All (studio album, 1999)
Walk Through Fire (studio album, 2010)
Rock Until You Drop – A Long Days Journey (DVD, 2013 )
Party Killers (cover album, 2015)
ExtermiNation (studio album, 2015)
Screaming Murder Death from Above: Live in Aalborg (live album, 2019)
Metal City (studio album, 2020)

10 BRANI DA CUI PARTIRE: