Thrash

Recensione libro: Bloody Roots di Max Cavalera (Sepultura)

Di Stefano Ricetti - 23 Giugno 2015 - 12:30
Recensione libro: Bloody Roots di Max Cavalera (Sepultura)

Max Cavalera con Joel McIver

BLOODY ROOTS

L’autobiografia – Dai Sepultura ai Soulfly

I Cicloni 21

256 pagine + 16 a colori – 16×23

ISBN 978-88-96131-75-6

20,00 Euro

Tsunami Edizioni

 

L’autobiografia di Massimiliano Cavalera, detto Max, conosciuto nell’universo del Metallo per essere il fondatore dei Sepultura – la band che secondo alcuni era arrivata a un pelo dal raccogliere lo scettro lasciato vacante dai Metallica – ma anche dei Soulfly e dei Cavalera Conspiracy si è rivelata lettura piacevole anche per chi non stravede per nessuna delle band sopraccitate. La peculiarità di Bloody Roots è proprio questa: riuscire a farsi accettare e accendere l’entusiasmo del lettore di trattati musicali al di là di quel profondo solco che identifica i die hard fan dai semplici appassionati di un genere. La traduzione operata da Stefania Renzetti evidentemente ha aiutato uno scritto fluido già di suo, ove il protagonista si mette a nudo totalmente – o quantomeno finché la giurisprudenza glielo permette senza conseguenze – raccontando per filo e per segno i vari cambi di stato della propria esistenza. Passato da un’infanzia nella bambagia si è trovato, insieme con il fratello Iggor, compagno di mille battaglie, a diventare adulto di colpo e per forza, farsi mille domande sulla religione e cominciare un cammino totalmente inedito, per un aspirante musicista proveniente dal Brasile, un paese ben noto per altre cose e, soprattutto qualche decennio fa, praticamente alieno al concetto di musica dura, men che meno nella sua declinazione estrema.

La forza innovativa di album epocali quali Arise, Chaos A.D. e Roots dei Sepultura hanno portato il successo, quello vero, ma anche gli strascichi che esso provoca. Alcuni lutti mai del tutto metabolizzati per intero hanno contribuito a minare l’equilibrio del buon Massimiliano che si è dato all’abuso di antidolorifici senza farsi mancare, fra una pippata e l’altra di coca, dosi industriali di alcool. Le 256 pagine griffate dalla ormai proverbiale qualità Tsunami Edizioni si lasciano divorare grazie al buon ritmo impresso dalla premiata ditta Cavalera&McIver – quest’ultimo ormai specializzato nella stesura di lavori hard’n’heavy cartacei, basti citare le sue opere riguardanti Slayer, Black Sabbath e Metallica – e dalla potenza goliardica fornita da parecchi aneddoti, snocciolati senza enfasi e in modo fottutamente naturale. Pleonastica la prefazione di Dave Grohl

Alcune perle: Max si è permesso, in momenti di euforia chimico-alcoolica di vomitare addosso a Eddie Vedder, rompere in faccia a un malcapitato una bottiglia – e poi chiedere alla stessa persona, il giorno dopo, come mai fosse in quelle condizioni… – far arrabbiare Lemmy, farsi una dormita in un cimitero e tanto altro ancora. Interessante scoprire le motivazioni dietro a molte scelte operate in carriera, che vengono elargite senza economia di sorta, così come la genesi o qualche inedito legato a carichi da 90 sotto forma di canzone quali Inner Self, Dead Embryonic Cells, Refuse/Resist, Territory, Kaiowas, Roots Bloody Roots e soprattutto Itsári, allestita in collaborazione con la tribù degli Xavantes.              

Bloody Roots è privo di voli pindarici, men che meno a livello letterario ma si fa apprezzare per la tanta tanta umanità profusa dal protagonista: un uomo, non una irritante rockstar, che in un angolo del proprio cuore soffre sempre tantissimo per lo split dalla Sua band, i Sepultura

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti    

 

 

Bloody Roots 555dab111ee7a