Hard Rock Rock

Recensione libro: L.A.M.F. – La leggenda di Johnny Thunders (New York Dolls, The Heartbreakers)

Di Stefano Ricetti - 29 Aprile 2024 - 8:10
Recensione libro: L.A.M.F. – La leggenda di Johnny Thunders (New York Dolls, The Heartbreakers)

L.A.M.F.

La leggenda di Johnny Thunders

Unofficial & Unauthorized

di Andrea Valentini

I Cicloni

324 pagine

Formato: 16×23

ISBN: 978-88-94859-80-5

25,00 €

Tsunami Edizioni

 

 

Johnny era già una leggenda anche da vivo: non aveva bisogno di morire da solo, in un posto sconosciuto, per diventarlo

Phyllis  Stein, compagna di Jerry Nolan (batterista delle New York Dolls e degli Heartbreakers)   

 

Per gustarsi appieno ogni passaggio di L.A.M.F. La Leggenda di Johnny Thunders (Unofficial & Unauthorized) by Tsunami Edizioni val la pena partire… dalla fine!

Ossia dalla postfazione, ricadente a pagina 303 del libro e intitolata ‘You Can’t Put Your Arms Round a Memory’, ove Andrea Valentini si “sfoga” dopo aver finalmente concluso un lavoro lungo tre anni, quelli necessari a porre la parola fine al tomo oggetto della recensione. È sacrosanto venire a sapere quanto si sia fatto un mazzo così l’autore pur di realizzare un lavoro – aggiungo di ottima fattura – su Johnny Thunders.

Egli ha collezionato una sequenza di due di picche lunga così, roba da far impallidire anche il più scaltro dei bari da saloon. È inimmaginabile, per un profano, realizzare quanto sia difficile ottenere informazioni da terzi, soprattutto nel momento in cui si fa riferimento a situazioni avvenute decenni e decenni fa. Il fatto di non essere americano, poi, non aiuta, alimentando il sospetto anche perché nella credenza generale – che rimane ancorata agli anni Sessanta, probabilmente – uno che scrive un libro ci guadagna (???) e quindi l’interlocutore spesso si attende un ritorno che non sia la sola visibilità. Per il resto delle situazioni kafkiane nel quale è rimasto annodato Valentini basti leggere il capitolo sopraccitato sino in fondo.

All’autore, alla luce di quanto esplicitato poc’anzi va quindi tutta la solidarietà dei lettori amanti dell’hard rock e dei suoi protagonisti, perché è grazie alla sua perseveranza e resilienza se un lavoro come L.A.M.F. – Like a Motherfucker – ha potuto prendere forma e venire realizzato con la cura maniacale di qualsivoglia dettaglio.

Johnny Thunders andava assolutamente raccontato, a 360°, così come ha fatto Valentini. Uno dei grandi, affascinanti perdenti del firmamento musicale meritava una vetrina in grado di esporne gioie e dolori. L’ennesimo enorme talento musicale buttato nella spazzatura per molti, un eroe ante litteram per altri, meno prosaicamente un drogato marcio che se l’è cercata secondo i più cinici. John Anthony Genzale Jr. di chiare origini – anche – italiane, rinominato Johnny Thunders, classe ’52, colui il quale ovunque fosse attirava l’attenzione di tutti, dopo la tutt’altro che sfavillante parabola delle New York Dolls – benché iconicissima nella sua sublime decadenza – porta a termine il disco della vita con gli Heartbreakers, poi si imbarca in una carriera solista altalenante e finisce la propria corsa, insieme con i suoi inseparabili demoni, in una squallida pensione di New Orleans. A soli trentotto anni.

Questa, in quattro righe, la testimonianza del suo passaggio sul globo terraqueo.

Un bell’uomo Genzale: gentile, galante e sexy ma che nel giro di poco tempo lascia il posto a quello minato dagli stupefacenti, paranoico, con sbalzi d’umore frequenti, instabile e manesco nei confronti della propria fidanzata, anch’ essa tossicodipendente. È l’inizio di una parabola tristissima, nella quale fra le varie situazioni al limite vomita in faccia a dei giornalisti adoranti che sono ad attenderlo in aeroporto.

Qualche altra perla sparsa per inquadrare il clima che lo circondava:

 

Una volta Cindy Lang, una modella che era anche la ragazza di Alice Cooper, aveva seguito le New York Dolls a Cleveland. Noi eravamo per strada, facevamo il giro dei bar e lei continuava a rincorrere Johnny, ma continuava a perdere le scarpe – indossava degli stupidi tacchi alti – e urlava tutto il tempo: ”Johnny! Johnny! Ehi Johnny, aspettami!”. Lui neppure si voltò per vedere cosa le stesse succedendo. Disse solo: “Taci, troia!”.

                                                          Stiv Bators (frontman dei Lords Of The New Church)

 

Johnny allora stava iniziando a farsi di eroina, forse era proprio all’inizio. Non so bene quando avesse cominciato, ma dopo cinque minuti che ero in casa sua mi aveva già offerto una striscia.  Era la prima volta che sniffavo eroina in vita mia e pensai: “Io sono più intelligente degli altri, posso divertirmi, prenderla ogni tanto. Non diventerò dipendente. A me non succederà mai!”. Sì, certo, come no! Ah,ah,ah!

Philippe Marcade (cantante dei Senders)

 

“Catch Them While They’re Still Alive”

Slogan con il quale venivano pubblicizzati gli Heartbrereakers… non serve aggiungere molto altro

 

In mezzo a questo guazzabuglio vi sono, intrecciate a doppio filo con quelle legate a Thunders, anche le varie vicende afferenti lo stuolo di galantuomini e gentili donzelle che attorniavano il cantante e chitarrista nato nel Queens, quindi spazio a Sylvain Sylvain, Jerry Nolan, Richard Hell, David Johansen, Arthur Kane, Billy Rath, Walter Lure, Leee Black Childers, Phyllis  Stein e tutta quella pletora di personaggi che facilmente si possono associare a delle combriccole rock’n’roll piuttosto effervescenti (eufemismo).

Chicca fra le chicche il capitolo finale, quello dedicato alle interviste, quindi alle notizie e alle testimonianze di prima mano, mai così preziose come in questo caso, a siglare la vera marcia in più  del tomo griffato Tsunami:  fra le nove presenti val la pena citare quella al nipote Danny Bracken, alla biografa ufficiale Nina Antonia e a Joe Mazzari, uno che ha aperto i concerti per Thunders nelle sue molteplici declinazioni in svariate occasioni.

 

Un inciso personale: l’ultima volta che sono stato a New York, in un negozio del Greenwich Village, fra le tante scelte che potevo operare in fase di acquisto – follie escluse, basti sapere che l’Lp originale di Don’t Break The Oath dei Mercyful Fate era esposto sulla parete interna del locale a 85 Dollari! – ho optato per i 33 giri di KissDressed To Kill’ originale e New York Dolls omonimo, ristampa, sempre in vinile. Sarò pure un nostalgico romantico sentimentalista ma far propri gli album di qualsiasi gruppo al mondo all’interno della città di nascita della stessa band possiede un sapore peculiare. E molto probabilmente, da qualche parte nel cielo della Big City, Johnny Thunders guidò la mia mano e il mio portafogli. La sua leggenda non morirà mai, probabilmente, come scritto da Andrea Valentini.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti