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Recensione libro: Ronnie James Dio, Rainbow In The Dark, l’Autobiografia

Di Stefano Ricetti - 24 Dicembre 2021 - 9:20
Recensione libro: Ronnie James Dio, Rainbow In The Dark, l’Autobiografia

RAINBOW IN THE DARK – L’Autobiografia

Ronnie James Dio

con Mick Wall e Wendy Dio

I Cicloni 41

272 pagine + inserto a colori – 16×23

ISBN 978-88-94859-52-2

€ 21.00

Tsunami Edizioni

 

Per arrivare là in cima, o quantomeno molto vicino alla vetta, bisogna farsi un mazzo così. Anche se ti chiami Ronald James Padovano (Portsmouth, 10 luglio 1942 – Houston, 16 maggio 2010). Colui il quale divenne uno dei più grandi cantanti del firmamento heavy metal, con il nome di battaglia di Ronnie James Dio, che per strane ragioni che nemmeno lui stesso riuscì a spiegare fino in fondo si trovò con il cognome modificato in Padavona, venne tirato su con i metodi degli italiani di un tempo, che fossero essi emigrati o meno: severità, lavoro, dignità, rigore e poche ciance. Questo tipo di educazione contribuì a forgiarne il carattere, anche se il buon Ronnie seppe sempre farsi rispettare, nonostante non avesse un fisico prestante e nemmeno una statura degna di nota. Era alto 1 metro e 63.

Egli era focalizzato nella musica. Un sogno che voleva portare sino in fondo e infatti ci riuscì, rendendo realtà il fatto di trovare il proprio nome fuori da un Madison Square Garden di New York sold out. Rainbow In The Dark, un libro di 272 pagine più un inserto a colori di sedici narra le gesta di Dio dalla nascita sino al giugno del 1986. Come ben si sa la sua storia durò in realtà molto di più: con la sua band, i Dio, pubblicò ancora una manciata di album, poi si riunì ai Black Sabbath nelle loro varie incarnazioni per dare alla luce Dehumanizer e The Devil You Know. Purtroppo nel 2010 Ronnie ci lasciò per sempre e la sua biografia, che aveva iniziato a redigere, rimase incompiuta. La sua seconda moglie e manager Wendy, con l’aiuto di Mick Wall, un conosciuto cronista inglese amico, per onorarne la memoria e la storia qualche tempo fa decise di riprendere in mano quel  lavoro e portarlo a compimento riuscendo così a chiudere quantomeno una buona parte della parabola artistica di suo marito. Il prodotto di quel connubio fu appunto Rainbow In The Dark – The Autobiography che, grazie a Tsunami Edizioni e alla traduzione di Luca Fassina da qualche settimana è disponibile nella sua versione italiana.

Il tomo si lascia leggere volentieri, va dato atto che pare davvero di ascoltare Ronnie, un Signore d’alri tempi,  mentre racconta delle sue vicissitudini, con quel garbo che lo ha sempre contraddistinto. Come tutte le autobiografie, sconta il fatto di glissare o addirittura non citare del tutto situazioni spigolose, come ad esempio il divorzio da Loretta Berardi, la sua prima moglie, avvenuto nel 1978, l’adozione del figlio Dan e gli scherzi ai quali venne sottoposto quando militava nei Rainbow, per via della sua scarsa statura.

Per il resto Rainbow in The Dark scorre come un treno, passa al setaccio gli inizi, i momenti con gli Elf, quelli con i Rainbow, gli alti e i bassi nei Black Sabbath e quelli nei Dio, la creatura alla quale era più legato. Si scopre, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di come Ritchie Blackmore e Tony Iommi avessero due caratterini mica da ridere. Il libro sa anche dispensare a piene mani le tipiche perle on the road che ci si attende da un lavoro di questo tipo. Solo per enumerarne tre: il locale denominato “Wankers”, le pisciate in libertà sulle gambe di un’altra persona, poi improbabili novelli Peter Pan che, issati sopra il palco con delle funi, cercano di defecare sulla testa del batterista (Cozy Powell, nella circostanza, il fortunato beneficiario) e poi svengono, per aria, dallo sforzo profuso, senza produrre nulla di sostanzioso.  Padavona non si risparmia altresì nemmeno sui rendiconti contabili, divulgando cifre e facendo nomi e cognomi delle persone ingrate, con la palma d’oro assegnata a Vivian Campbell, che stacca nettamente il resto degli ex al suo servizio.

Da incorniciare il capitolo 16, “We Rock”, all’interno del quale Dio svuota il cassetto della propria memoria per tracciare le linee guida di come ci si debba muovere nel music business e nei meandri dell’industria discografica.

Tornando al concetto espresso a inizio recensione, Ronnie si fece un mazzo così per emergere. Come da lui stesso scritto nel libro colse il successo e la meritata visibilità quando era già un dinosauro, a livello anagrafico. Egli fece la fame, patì il freddo, ingoiò rospi, guidò per centinaia e centinai di chilometri per cogliere un’occasione, rischiando sempre del suo e per portare avanti i propri progetti ipotecò la casa per ben due volte.

Lungo le 272 pagine scoprirete anche chi era “Zio” Johnny Dio ma soprattutto la natura della sfida al vertice fra Lord Windsmear e Paul Boomer, destinata a cambiare le sorti della storia del pianeta terraqueo. Si fa per dire…

 

Dicono che il successo abbia molti padri, ma che il fallimento sia orfano. Dopo Holy Diver avrei scoperto quanta verità ci fosse in questo proverbio.

Ronald James Padavona [pagina 237]

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti