TrueMetal.it presenta: ‘From The Depths’ Vol 09
Nuovo numero dedicato all’underground: dieci recensioni curate dai redattori di TrueMetal.it, che non smette di andare alla ricerca di nuove band che vogliono farsi sentire a gran voce. Buona lettura.
Bretus – ‘Siom Tetra’
Nati e cresciuti nella ridente e soleggiata Calabria, i Bretus, giunti con ‘Aion Tetra’ alla prova del quarto album, offrono un doom che, ovviamente, contrasta con l’idea di lidi dorati e mari trasparenti. Doom classico, senza grilli per la testa (orchestrazioni, ecc.), ben fatto nella sua semplice e lineare fedeltà ai dettami che identificano il genere stesso. Un genere che, al contrario di tanti, viene affrontato senza esagerazioni emotive. Niente abissali e strazianti riff che deprimono anche il più ottimista degli ascoltatori. Niente funerali. Niente tumulazioni o inumazioni. Al contrario, un sound semplice e lineare, pulito, robusto, possente. Il che non deve far pensare a una povertà di mezzi realizzativi, anzi. Lo stile dei Nostri, carnoso e polposo, entra in profondità nelle carni senza camuffarsi un qualcosa che possa allontanarsi da una linea chiara e decisa, che è quella del suono del combo medesimo. Sonorità che, come contrappeso, non appaiono tuttavia ideali per generare le mirabolanti visioni derivanti dai temi trattati: i raggelanti racconti cosmici di H.P. Lovecraft. Anche i rari inserimenti di effetti e/o inserti strumentali (per esempio, l’incipit di ‘Priests of Chaos‘), non riescono a produrre particolari effetti allucinogeni. Anche, se, in fondo le canzoni del platter un tocco lisergico ce l’hanno. Le quali song, per inciso, formano un insieme compatto, granitico, coeso, ben impostato, cui manca, però – almeno a parere di chi scrive – la punta di diamante per far sì che il combo di Catanzaro possa emergere dal profondo underground in cui vivono cieche, orride, creature striscianti…
VOTO: 65/100 (Daniele “dani66“ D’Adamo)
https://www.facebook.com/BretusDoom/
Label: Ordo MCM Records
Tracklist:
The Third Mystic Eye
Priests of Chaos
Prisoner of the Night
Aion Tetra
Deep Space Voodoo
Mark of Evil
Cosmic Crow
Fields of Mars
City of Frost
Lineup:
Zagarus – Voce
Ghenes – Chitarra, effetti
Janos – Basso
Striges – Batteria
NecroticGoreBeast – ‘NecroticGoreBeast’
Dalle abissali profondità dell’underground canadese eruttano i NecroticGoreBeast, alle prese con il loro debut-album, omonimo. Fautori di un terrificante brutal death metal, propongono dieci canzoni terremotanti, dall’inaudita violenza sonora. Sostenuto dall’inhale suinico di John Mayer, le cui linee sonore sono assolutamente incomprensibili, il combo di Montréal maciulla chili su chili di carne umana; triturata dal furibondo, convulso riffing di Michael Chamberland. Secco, tagliente, d’ispirazione thrashy invece che obbediente al solito ronzio zanzaresco. Devastante la sezione ritmica composta Alexandre Brochu al basso e JP Bouchard alla batteria, i quali mostrano, anche, un livello tecnico sopra le righe. Del resto è così: il miglior brutal, almeno a parere di chi scrive, è quello che esige una padronanza strumentale pari a quella del technical death metal. E, in effetti, tale professionalità si riverbera nelle song, perfette nella loro esecuzione nonché nella ricerca di soluzioni diverse dal solito pesta-duro-e-basta. Al contrario, i Nostri cercano di metterci qualcosa di proprio anche nel songwriting, sì da evitare il rischio che i brani si somiglino troppo gli uni agli altri. Certo, lo stile è quello che è per cui, nella sua incrollabile fede ai dettami del genere, c’è poco da rilevare, in termini d’innovazione. Tuttavia, ‘NecroticGoreBeast’ dà l’idea di un disco completo, maturo, meditato, più che sufficiente in tutti i suoi aspetti per passare mezz’ora a evitare i lanci di frattaglie operati dall’ensemble nordamericano.
VOTO 70/100 (Daniele “dani66“ D’Adamo)
https://www.facebook.com/Necroticgorebeast
Label: Comatose Music
Tracklist:
Prostate Deflowering Primate
Autoerotic Rectal Prolapse
Flesh Eating Ejaculation
Sterilized Infant Fleshdoll
Leprosy Induced Through Sodomy
Ripped Entrails Baptism
Hacksaw Masturbation
Gagging on Feces
Boiling Epidermis Ingurgitation
Half-Body Self Amputation
Lineup:
John Mayer – Voce
Michael Chamberland – Chitarra
Alexandre Brochu – Basso
JP Bouchard – Batteria
Ospiti (voce):
Jack Christensen
Alex-Antoine Chamberlain
Diogo Santana
Psychological Spasms Cacophony – ‘Chaos Motion’
I Chaos Motion sono una band francese, di ascendenza messicana, spuntata dai sotterranei di Strasburgo per mostrare al Mondo quale sia una migliori delle sfaccettature, cioè la loro, del technical death metal. Almeno, a loro dire. In effetti, ascoltando ‘Psychological Spasms Cacophony’, il debut-album, si percepisce immediatamente di avere a che fare con dei musicisti dalla tecnica strumentale ampia ed estesa. In grado di affrontare qualsiasi genere venga loro in mente, come – oltre al technical death metal – il brutal death metal e il jazz. Vietatissima la melodia, il disco sta in piedi grazie a una selva inestricabile di dissonanze e accidenti musicali. Stare in piedi per modo di dire, poiché Guillermo Gonzalez e i suoi due compagni danno l’idea di andarsene ciascuno per conto proprio. Pure a impegnarsi allo spasmo, non si riesce nemmeno lontanamente a percepire un filo conduttore che leghi assieme le canzoni del full-length, totalmente avulse da qualsiasi logica e rispondenti al 100% al detto “ciascuno per sé”. Ovviamente si tratta sempre di un’opinione, questa, ma davvero risulta impossibile comprendere sia la struttura di ogni singola canzone, sia il suo inserimento nel contesto del platter. Circostanze che, almeno a parere di chi scrive, mancano entrambe nel modus operandi di un terzetto che, tragicamente, dà l’idea di suonare completamente a caso, improvvisando continuamente, cioè. Anche se così non fosse, ‘Psychological Spasms Cacophony’ sarebbe sempre altamente insufficiente, com’è, poiché il metal, anche nelle forme più rarefatte dal punto di vista esecutivo, deve avere una sua logica, un richiamo alla forma-canzone del rock. Qualcosa di lineare. Il che non è, qui. Nel modo più assoluto.
VOTO: 40/100 (Daniele “dani66“ D’Adamo)
https://www.facebook.com/chaosmotionband
Label: Transcending Obscurity Records
Tracklist:
Intro
The Sound of Specter
Perturbation of a Spin
Unscrupulousness Resolution
Vital Vision Void
Inner Chaos
Psychotic Spasm
Absorption Disastrous
Sempiternal Self-Dissolution
Outro
Lineup:
Guillermo Gonzalez – Voce, chitarra
Alexis Tedde – Chitarra
Juan Pablo Munoz – Batteria
Astralium – ‘Land Of Eternal Dreams’
Gli Astralium, band symphonic metal italiana, nascono nel 2014 in Sicilia da un’idea di Giuseppe e Roberta Pappalardo, rispettivamente bassista e vocalist nonché padre e figlia, ai quali si sono aggiunti Emanuele Alessandro alla chitarra e Salvo Grasso alla batteria.
A distanza di cinque anni dalla loro costituzione, il 23 agosto 2019 hanno pubblicato il loro primo album dal titolo ‘Land Of Eternal Dreams’ via Rockshots Records.
Il debutto discografico si distingue per una buona maturità delle composizioni e delle tecniche, in cui spicca la voce da soprano di Roberta, che ha un preciso controllo tra purezza, graffiato e colore.
Band di alto livello nelle linee e nelle armonie, non è scontata e non è ripetitiva, uscendo dello stereotipo classico del symphonic metal che, tra l’altro in Italia, sta vedendo nascere e crescere fior fiore di gruppi. Infatti quello degli Astralium è un symphonic che attinge anche dal power e dal prog e che stimola l’orecchio a dei suoni avvincenti e non sempre familiari.
Troviamo, tra i tredici brani, alcune perle come la ballad ‘Breath of my soul’ e ‘Wisper in the silence’ diretta e incisiva nel suo drumming potente, in entrambe si evince la parte emozionale della band, quella più intima e che fa pensare che non sarà solo il primo lavoro così ben strutturato.
Da considerare anche il contributo nell’album di alcuni ospiti che lo impreziosiscono come Jo Lombardo degli Ancestral, Andy Martongelli degli Arthemis, Stefano Calvagno e Davide Bruno dei Metatrone.
Menzione a parte per il singolo e lyric video ‘Rising Waves from the Ocean’ che ha visto la partecipazione di Tommy Johansson dei Sabaton come special guest alla voce.
Un album che si ritiene da non perdere, per appassionati e non.
Voto 80/100 (Monica Atzei)
www.facebook.com/astraliumband
Rockshots Records (2019) (Italia)
Tracklist
Remembrance
The Journey
Rising Waves From The Ocean
My Life Is My Eternity
Whisper In The Silence
Hope Is Gone
Breath of My Soul
A Dream’s Elegy
Seven Seas, Seven Winds
Ethereal Voices From The Forest
The World of Unknown
Hidden Conspiracy
Lineup
Roberta Pappalardo – vocals & backing vocals
Salvo Grasso – drums & Male vocals
Giuseppe Pappalardo – bass& backing vocals
Emanuele Alessandro – guitars
Breethoven – ‘Bree Che Dire’
Quando pensi di averle viste e ascoltate tutte, ecco che arrivano i Breethoven a cambiare le carte in tavola. Il folle progetto veneto sostiene di suonare un porno gore sinfonico (sì, avete capito bene) e qui ci offre il suo debutto. ‘Bree Che Dire’ è un piccolo ep, stampato in un’esigua quantità di copie su dei mini cd, che è appunto roba per pochi e per persone che tutto fanno nella loro esistenza tranne che prendersi sul serio. Nei dieci minuti a loro disposizione la band destruttura, dissacra e padroneggia piuttosto bene il genere rendendolo un vero e proprio calcolato delirio. Nonostante la produzione amatoriale, ci sono ottime potenzialità in questa manciata di brani: il pianoforte unito a un tappeto cacofonico in prevalenza grind/brutal inaspettatamente funziona e ci si figura i quattro veneti vestiti da Orso Yoghi sul palco dell’Obscene Extreme in compagnia di unicorni svolazzanti, piadine speck e bree e anche Breetney Spears. Non avendo un batterista fisso si è un po’ calcata la mano con la drum machine e in certi frangenti si sente fin troppo, pur senza inficiare un risultato che, tra lezioni di pilates, pubblicità ben oltre il regresso e tanta sana ignoranza, tutto sommato funziona e strappa all’ascoltatore ben più di un sorriso. Alcuni storceranno come sempre il naso, alcuni butteranno il cd fuori dalla finestra, alcuni scenderanno in giardino a bastonare le galline della nonna con una clava e anche una calva; restare indifferenti ai Breethoven è però praticamente impossibile, ve lo garantiamo! Nell’attesa di avere tra le mani un vero e proprio debutto discografico, vi consigliamo comunque l’ascolto di questo ep, che lascia intravedere un buon futuro per questi quattro cialtroni che, alla fine della fiera, appaiono anche più seri di certi proclami.
VOTO: 65/100 (Gianluca Fontanesi)
https://www.facebook.com/BreethovenSymphonicPorngrindMetalBand
Label: Autoprodotto
Tracklist:
Breentroduction
Cappuccino e Breeoche
Briscola al Baretto
Bree or not to Bree
Sonata in Bree Minor
Balivo Breeator
Line Up:
Riccardo “Viz” Vizzino – voce e testi
Manuel “Skizo” Lucchini – chitarre, drum machine, mix e master
Antonella “Antosberla” Fiani – tastiere e orchestre
Ivano “Ivo” Lo Iacono – basso e basso fretless
Damnatus – ‘Quando Nessuno Ti Aspetta Nel Mondo …’
Dalla provincia di Alessandria, la one man band Damnatus getta il secondo album in pasto all’oscurità. Intitolato ‘Quando Nessuno Ti Aspetta Nel Mondo …’ e perfettamente in linea con i tratti depressivi che contraddistingono le cupe atmosfere create dal fondatore Oikos, ci troviamo di fronte a un lavoro più maturo rispetto al precedente ‘Un Niente’ datato 2017, senza però che il sound venga snaturato. Il depressive black metal in analisi risulta toccare con dedizione quei tasti che contribuiscono a tingere di nero tutto ciò che sta attorno a quell’ascoltatore consapevole di apprestarsi a muovere i suoi passi lungo un sentiero inesorabile, lento e spesso protratto attraverso tracce che superano un minutaggio tradizionale.
Ciò che questo secondo album marchiato Damnatus riesce a fare è precisamente ciò che ci siamo sempre aspettati di trovare in una black metal band italiana, ma che raramente abbiamo avuto la fortuna di trovare, una volta addentrati nell’ascolto. Atmosferico come un fitto banco di nebbia e vuoto come l’animo scavato dall’odio verso un mondo che può benissimo fare a meno di te, uno degli aspetti che eleva l’album e gli conferisce uno spessore tale da renderlo meritevole di finire nella vostra collezione è proprio il cantato in lingua italiana. Quella di Oikos è una voce che grida a squarciagola nel buio e con un latrato quasi animalesco ci trascina per un percorso impervio, dove la maggior parte delle parole è chiaramente distinguibile ed enfatizza così la negatività stilistica di un lavoro volutamente misantropico. Al momento disponibile anche in versione digitale, il mio consiglio è quello di dirigervi sulla pagina Bandcamp del progetto Damnatus e portarvi a casa una copia fisica (in CD), giusto perché anche l’artwork stesso è profondamente diabolico e racchiude in sé tutto il dolore di un’esistenza ormai abbandonata a quel concetto di solitudine che viene sfogato nei quasi quaranta minuti di acredine e di ripugnante intolleranza alla vita.
VOTO: 75/100 (Alessandro Marrone)
Label: Maa Production
Tracklist:
Bellezza
La Nube Che Lasciò La Luna
Gli Occhi Del Dolore
Alle Prime Ore Del Mattino…
Quando Nessuno Ti Aspetta Nel Mondo
Lineup:
Oikos – Everything
Nocturnal Departure – ‘Cathartic Black Rituals’
Debutto discografico di notevole spessore per il trio canadese dei Nocturnal Departure. Il solito black metal – potrebbero azzardare in molti – ma sarebbe un madornale errore dal quale intendo mettervi in guardia. ‘Cathartic Black Rituals’, questo il titolo del disco d’esordio, è l’opera dell’anima tormentata del frontman Funeror (voce e chitarra), il quale riesce nella difficile impresa di trasformare in musica quello che a un primissimo ascolto sembra essere un compatto album black dimenticato nel periodo più florido del genere, perlomeno per quanto riguardava uno stile al culmine di una propria espressività spirituale, dove ogni considerazione commerciale era lontana anni luce da quelle che (per forza di cose) hanno invaso oggi anche il ramo più anticonformista del metal estremo.
Lungo tutti e quaranta i minuti dell’album, è come scoprire un tomo maledetto mai ascoltato prima, capace di impregnare un fortissimo sentore old school che trova forti reminiscenze nei primi Darkthrone, senza per questo motivo apparire come una copia o come uno sforzo nell’assomigliare a una delle band storiche del genere. Ogni canzone gode di vita propria, eppure è legata tramite un cordone ombelicale al disegno principale di un disco che ascolto dopo ascolto riesce nell’acquisire un’identità sempre più definita. Violento, veloce, grezzo, sofferto e capace di entrarti dentro, come un disco black non riusciva a fare da troppo tempo. Lontano da categorizzazioni temporali e molto probabilmente un’opera che resterà ineguagliabile per il valore intrinseco che racchiude in sé. Se così non fosse, sappiate che i Nocturnal Departure diventeranno definitivamente di diritto una delle band più promettenti dei prossimi anni, ma per il momento godiamoci questo piccolo capolavoro che riesce a farci tornare al principio di ogni cosa.
VOTO: 77/100 (Alessandro Marrone)
Label: Death Kvlt Productions
Tracklist:
The Incantation (Intro)
Dismal Existense
Ritualistic Vomit
Astral Transcendence
Mental Abyss
Ethereal Enlightenment
Cathartic Black Rituals
Monolithic Decay
Morbid Existence
Insidious Strangulation
Lineup:
Illartha – Bass
Kryptys – Drums
Funeror – Vocals, Guitars
Devil Rolling Dice – ‘The Catastrophic Sequence’
‘The Catastrophic Sequence’ è l’esordio discografico dei Devil Rolling Dice, band nata in Grecia in quel del 2007.
Al combo il coraggio, di certo, non è mancato, essendosi prodotto da solo un lavoro complesso che va oltre l’ora di ascolto, con brani di lunga durata ad andamento progressivo alternati ad altri di minutaggio più contenuto e di stampo più diretto.
La base del loro sound è un Thrash non troppo estremo, carico di pesantezza e di disperazione più che di ferocia, con interposte trame cupe e slanci epici ed enfatici.
Si ascolta una buona ricercatezza del ‘fine’ che fortunamente non sfocia nel ‘complicato’, con tessiture melodiche di buona enfasi.
Risaltano però alcuni lati negativi: il primo è la voce che, pur riuscendo a dare la giusta interpretazione, è limitata nei suoi registri, comportando un po’ di piattezza, soprattutto nei brani più lunghi. Nulla che non si possa rimediare nel futuro con tanto esercizio e voglia di fare; anche se è da nove anni che Dimitris Stathopoulos si occupa del canto, ma questo non vuol dire che non possa migliorare. D’altronde, nonostante il già lungo periodo di attività, l’esordio discografico è arrivato solo adesso.
Altro problema è l’eccessiva lunghezza dell’opera: se i Devil Rolling Dice rinunciavano ad un paio di brani, tra i quali la strumentale ‘Birth Suffering Death’, che dice veramente poco e risulta, alla fine, solo l’esecuzione di una buona serie di esercizi tecnici, l’album sarebbe risultato più scorrevole e di maggiore impatto.
La maggior parte degli episodi sono comunque più che positivi (eccezion fatta per il limite della voce, come sopra detto): l’arrabbiata ‘The Prestige’, con il suo buon lavoro di chitarre in sincrono, l’emozionante ‘Cold and Fire’, che alterna ritmiche cadenzate ad altre più slanciate, l’articolata ‘Mr Torso’ e la granitica ‘Snake n Ladders’ ad esempio.
Insomma ‘The Catastrophic Sequence’ è più che discreto, anche se poteva essere più affinato. Mostra, soprattutto, una band con alte potenzialità. Una smussata qua, un’aggiustata là ed il prossimo lavoro sarà una conferma.
VOTO: 68/100 (Andrea Bacigalupo)
https://www.facebook.com/DevilRollingDiceBand/
Label: autoprodotto
Tracklist:
Prison Dead
The Prestige
Cold and Fire
Eyes in the Dark
Time and Regrets
Mr Torso
Snake n Ladders
Birth Suffering Death
Judas Paradox
Lineup:
Costas Spanos – Bass
Kimon Stathopoulos – Drums
Dimitris Stathopoulos – Guitars, Vocals
Dimitris Napas – Guitars
Nuclear Revenge – ‘Let the Tyrants Rise’
Quando ho cominciato ad ascoltare ‘Let the Tyrants Rise’, album di debutto degli Spagnoli Nuclear Revenge, ho dovuto verificare la data di uscita più di una volta. Sì, perché il lavoro della band iberica rimanda completamente agli albori, quando il Thrash e le tematiche Black erano ancora una cosa sola, mentre invece è uscito quest’anno via Evil Spell Records.
Come gli album di quel periodo, tipo i primi lavori di Slayer, Possessed, Kreator e Sodom per citarne alcuni, ‘Let the Tyrants Rise’ è un esempio di ferocia demoniaca, una tirata unica blasfema e grondante zolfo.
In poco più di trentasei minuti i Nuclear Revenge non si fermano mai, sparano a zero senza porsi problemi e non gliene frega niente di fare qualcosa di ampiamente già fatto. Nessuna sperimentazione, tutto è diretto e coinciso: l’album sprigiona energia, passione e sangue a fiumi. Se fosse uscito all’epoca di ‘Show No Mercy’ lo si sarebbe notato tra i tanti.
Anche l’atteggiamento è tipico di quegli anni: un makeup luciferino sul palco, pseudonimi terrificati ed una cover allucinante (in tutti i sensi, non mi sarebbe piaciuta neanche all’epoca).
‘Let the Tyrants Rise’ è composto da undici canzoni, tutte sullo stesso livello e con poche differenze, a parte il rutto con il quale inizia ‘Last Beer’ a metà disco.
Tanta velocità smodata, riff ridondanti, qualche cavalcata marziale, effetti che ti fanno sentire all’inferno … tutto secondo un manuale già scritto, ma fatto bene.
I brani migliori? ‘Victims of the Black Flame’, ‘On My Cold Grave’ e ‘Lucifer’s Slave’, a mio parere, perché più articolati e dinamici degli altri, ma è proprio questione di poco.
Si differenzia leggermente l’ultima ‘From Aethernity to Conquest’ per la sua lunga trama iniziale, epica e cadenzata, come dire: ‘facciamo questo ma sappiamo fare anche quello’ mettendo un positivo dubbio sul futuro della band.
I Nuclear Revenge suonano bene, la produzione è buona. La completa mancanza di originalità è superata da una buona scrittura, che rende il lavoro consigliabile a tutti, veterani e non.
Giudizio più che sufficiente dunque. Aspettiamo il prossimo lavoro.
VOTO: 65/100 (Andrea Bacigalupo)
https://www.facebook.com/NuclearRevenge/
Label: Evil Spell Records
Tracklist:
We, the Bastards
Ancient Rites
Nuclear Revenge
Victims of the Black Flame
Cursed Are Our Marks
Last Beer
On My Cold Grave
Lucifer’s Slave
Cross the Gate
Burn the Holy Cross
From Aethernity to Conquest
Lineup:
Speedhammer – Drums
Cryptic Molestor – Vocals/Guitar
Pestilence Breeder – Guitar
Skullreaper – Bass
Persecutor – ‘Rebirth’
I Persecutor sono nati in Danimarca nel 2011 con il nome di Bloodilines; nel 2013 hanno modificato il loro monicker in Desecrator. Successivamente, nel 2016, forse perché troppo inflazionato, lo hanno nuovamente cambiato in Persecutor, ma anche questo è un nome utilizzato da un bel numero di band.
La mancanza di fantasia purtroppo non si limita al nome; anche il sound è un Thrash Metal sentito e risentito, che unisce alle trame Old-School una ritmica pesante, cupa e ansiogena.
Il loro album di debutto, dal nome ‘Rebirth’ è uscito quest’anno, prodotto in autonomia.
Sei pezzi più intro danno una buona idea della band: feroce, dura, energica, con buoni slanci melodici, caratteristiche che vanno sommate ad una voce incazzata e profonda, di non enorme qualità ma comunque discreta, a delle ritmiche serrate e a degli assoli di buona qualità.
Quel che scarseggia è la variabilità: ci sono pezzi, come la lunga intro ‘Rebirth’, ‘Old School Thrash Metal’ e ‘4 More Beers’, che fanno una buona impressione ma, in generale, per quanto suonato e prodotto bene, l’album non decolla, dopo pochi brani l’attenzione si perde, anche se quest’ultimo dura solo poco più di mezz’ora.
In poche parole l’album ha il difetto che si riscontra in tante uscite di questo ultimo periodo: manca la variabilità. Peccato perché la potenzialità dei Persecutor è comunque molto alta ed è evidente. A parere del sottoscritto un paio di brani di spicco avrebbero contribuito a valorizzare gli altri.
Diciamo che come primo lavoro può accontentare, ma se il combo vuole emergere deve maturare e rischiare di più, ponendo una maggiore attenzione alle dinamiche.
VOTO: 60/100 (Andrea Bacigalupo)
https://www.facebook.com/PersecutorDK/
Label: Evil Spell Records
Tracklist:
Rebirth
Birth
Old School Thrash Metal
King of the World
Schemes
4 More Beers
Worthless
A King Is Born
World at War
Lineup:
Christian Andrés Almanza – Bass, Vocals
Benjamin Stage – Guitars
Christopher Hejgaard – Drums
Stefan Sørensen – Guitars