Live Report: Goatwhore, Toxic Holocaust e Skeletonwitch ad Arcene (BG)

Di Angelo D'Acunto - 21 Dicembre 2009 - 17:46
Live Report: Goatwhore, Toxic Holocaust e Skeletonwitch ad Arcene (BG)

Tre gruppi, quaranta minuti circa di show a disposizione per ciascuno e un
totale di due ore di concerto. Non male come numeri se contiamo che le band in
questione hanno in comune una resa dal vivo a dir poco devastante. Un po’ meno
soddisfacente invece la presenza di pubblico all’interno del Soundtrack di Arcene,
teatro dell’unica calata italica dell’Unholy Trinity, tour dove a mettere
insieme le forze sono nomi del calibro di Goatwhore,
Toxic Holocaust e Skeletonwitch e che, come vedremo, sono riusciti a
fornire uno spettacolo di tutto rispetto, anche se per pochi, pochissimi presenti.

In prima posizione ci sono gli Skeletonwitch, band black/thrash statunitense
formatasi nel 2003 e con ben tre studio album all’attivo. L’attitudine (quella
live, perlomeno) dei cinque dell’Ohio è più devota verso il thrash, con un
impatto “in your face” di grande effetto. Sugli scudi soprattutto il singer
Chance Garnett, autore di una prova decisamente maiuscola a livello vocale,
nonché bravo a tenere il palco, sforzandosi anche di “dare una svegliata” alle
prime file dormienti. E proviene proprio dal pubblico la prima nota negativa
della serata, il quale riserva alla band un’accoglienza piuttosto tiepida,
limitandosi comunque a dare qualche segno di vita fra un pezzo e l’altro,
dimostrando anche di apprezzare appieno lo show messo in atto da Garnett e soci.
Buona parte dei pezzi proposti per l’occasione vengono tratti dall’ultimo
Breathing The Fire (uscito ad ottobre 2009), brani eseguiti sì con attitudine

grezza e diretta, ma anche privi di una qualsivoglia sbavatura, grazie anche
ad una resa sonora di tutto rispetto e ad una precisione millimetrica dei
restanti componenti del gruppo, guidati in primis dal drummer Derrick Nau, vero
e proprio treno in corsa e motore principale dell’intera sezione ritmica.

Sicuramente fra i più attesi della serata, i Toxic Holocaust non hanno di
certo tradito le aspettative del pubblico, questa volta più numeroso (anche se
non su cifre esagerate, purtroppo) e che risponde come si deve agli attacchi
frontali di Joel Grind e soci, mettendo anche in seria difficoltà gli addetti
alla sicurezza, i quali non si aspettavano certamente una reazione così violenta
da parte dei pochi presenti. Anche in questo caso i suoni sono pressoché
perfetti, e aiutano non poco lo scorrere dei pochi minuti a disposizione. Tempo
piuttosto esiguo in cui il combo dell’Oregon investe tutti i presenti con colpi
precisi e letali che movimentano a dovere la situazione sotto il palco. Poche
sbavature e pezzi che dal vivono rendono in maniera piuttosto efficiente, con
una setlist votata al presente con le varie Wild Dogs,
Gravelord,
Nuke The Cross e l’ottima War Is Hell (tutti pezzi tratti dall’ultimo
An
Overdose Of Death…
), senza comunque dimenticare i dischi precedenti, come nel
caso dell’azzeccatissimo inserimento in scaletta di 666 (da Evil Never Dies).

Chiusura affidata invece ai Goatwhore, ai quali tocca la stessa sorte
degli Skeletonwitch, ovvero quella di ritrovarsi a suonare di fronte ad 
un pubblico poco reattivo (esclusa la primissima fila), quasi indifferente e
che, come da previsione, ha concentrato gran parte delle proprie attenzioni nei
confronti dei precedenti Toxic Holocaust. Ma questo non ferma comunque la
band statunitense, che affronta il palco con buone dosi di grinta e
professionalità. Spettacolo garantito anche in questo caso, quindi, dove a farsi
valere è soprattutto una setlist che raccoglie, a parere di chi scrive, il
meglio del repertorio della band (ovvero le ultime due release). Convincono in
pieno in primis i pezzi tratti dall’ultimo (e ottimo) Carving Out The Eyes
Of God
, dal quale vengono tratte le varie The All-Destroying,
Apocalyptic Havoc e In Legions, I Am Wars Of
Wrath
, brani che in altre occasioni riuscirebbero tranquillamente a
mietere un bel po’ di vittime sotto al palco, ma che in questo caso, pena
soprattutto di un’inspiegabile freddezza dei pochi presenti, riescono solo a
guadagnarsi gli applausi di rito fra un’esecuzione e l’altra. Prova in ogni caso
più che convincente quella di
Sammy Duet e soci, che pone fine ad
uno show devoto al metal nella sua forma più grezza e violenta, rappresentata da
tre ottime realtà del panorama estremo statunitense, capaci di dare il massimo
sul palco nonostante la poca affluenza di pubblico registrata a fine serata.

Angelo D’Acunto