Live Report: Uli Jon Roth a Trofarello (TO)

Di Fabio Vellata - 8 Novembre 2010 - 22:24
Live Report: Uli Jon Roth a Trofarello (TO)

Complice il maltempo e lo scialbo programma notturno del fine settimana bergamasco, sabato 29 ottobre scorso è stata l’occasione ideale per una trasferta in cerca di buona musica live in compagnia. Il Peocio, circolo ricreativo dell’hinterland torinese, offriva una grande serata a base di blues e hard rock in compagnia di due guest d’eccezione: Uli Jon Roth, famoso e stimato ex chitarrista degli Scorpions negli anni ’70 e Nathaniel Peterson, gigantesco e simpaticissimo bassista/cantante noto per la sua militanza nei Savoy Brown e per un lungo curriculum da turnista con artisti di rilevanza internazionale come Keith Richards e Peter Green.
Dopo un viaggio di un paio d’ore abbondanti, funestato da pioggia incessante, giungiamo al locale e appena entrati veniamo immediatamente travolti da un’atmosfera da pub underground anni ’60: pareti e soffitto decorati col colori sgargianti e motivi psichedelici, chitarre appese un po’ dappertutto, filmati live di Doors, Hendrix e Deep Purple proiettati incessantemente e addirittura mezza Fiat Cinquecento incastonata in una parete (!).

Foto e live report a cura di Stefano Burini

Nathaniel Peterson

L’esibizione di Nathaniel Peterson parte intorno alle ore 23 all’insegna di un classico del blues portato al successo nel 1969 da B.B. King: “The Thrill Is Gone”: la voce di Nate è calda, potente e passionale, il primo nome che affiora alla memoria è quello di Buddy Guy; l’esecuzione è di alto livello, con il chitarrista Fulvio Feliciano a fare idealmente le veci del pirotecnico Gary Moore più che quelle del più asciutto King e i suoni si rivelano immediatamente più che soddisfacenti.
Lo spettacolo procede con il rock leggero e scanzonato di “Don’t Let The Love Fade Away”, in verità forse un po’ spompa rispetto a quanto fosse lecito aspettarsi, mentre la successiva “Angelina” appaga finalmente il bisogno di blues con un lentone vecchia maniera elettrificato come solo Stevie Ray Vaughan o Gary Moore erano/sono in grado di fare.
Il tiro micidiale che i grandi bluesman sono in grado di conferire ad ogni singolo riff, ad ogni passaggio è un qualcosa probabilmente di genetico e che è estremamente difficile da spiegare a parole per chi non mastica il genere, mi limiterò, a tal proposito, a citare ciò che un mio amico, musicista, mi disse ai tempi delle mie prime incursioni nel genere: “questi suonano hard blues ma hanno un tiro pazzesco, pestano più loro di tanti gruppi death/black metal”.
I pezzi successivi si assestano di nuovo su binari hard rock blues, con un esecuzione sempre di alto livello a base di lunghi assoli e stop & go assassini, tra i titoli che sono riuscito a carpire segnalerei “Feel Like Cryin’” e un’ottima cover di Willie Dixon (probabilmente “Wang Dang Doodle”).

Uli Jon Roth

Con l’entrata in scena di Uli Jon Roth, accompagnato nell’occasione da Luca Poma (Violet Eclipse) alla chitarra, Michele Locatelli (AntiClockWise) al basso e Pino Liberti alla batteria, il voltaggio aumenta ulteriormente e fin dall’apertura dell’iniziale “All Along The Watchtower”, immancabile tributo di Uli all’idolo di sempre Jimi Hendrix, il guitar player tedesco dimostra di essere un assoluto fuoriclasse.
Uli Jon Roth, per chi non ha avesse mai avuto occasione di vederlo live, è una potenza assoluta, carismatico e imprevedibile, in grado di dirigire la scaletta e la band con la mano ferma di un navigato direttore d’orchestra, dilatando i tempi o accelerando in maniera apparentemente incontrollata a proprio piacimento, grazie alla totale padronanza dello strumento e all’esperienza accumulata in anni di militanza sui palchi di tutto il mondo. Gli assoli che su disco durano qualche decina di secondi, live si trasformano in veri e propri spettacoli dentro allo spettacolo, mutevoli secondo l’ispirazione di un Roth più che mai “In Trance” e, a questo proposito, la rivisitazione del leggendario solo di Jimi non fa eccezione.
Il tributo al grande maestro continua con la splendida “Little Wing” ed è veramente difficile tentare di rendere a parole la tensione e il dinamismo che Uli e la band, molto pronta e puntuale nell’arduo compito di seguire gli umori del main man, riescono a trasmettere. Il brano successivo, “Firewind”, si palesa come un ‘incursione in territori prossimi a quelli del power metal, a dimostrazione della notevole influenza del guitar player tedesco sui numi tutelari del genere e del grande eclettismo con cui egli passa con disarmante semplicità da sfuriate neoclassiche millenote ad aperture psichedeliche tanto inattese quanto riuscite.
E’ ora la volta di uno dei maggiori cavalli di battaglia del Roth solista, “Hiroshima”, altro pezzo dal flavour fortemente metallico; il bridge centrale è assolutamente perfetto nella sua leggiadria e raffinatezza e fa da apripista ad un altro assolo magico che lambisce territori progressivi.
Il trittico successivo è tutto dedicato ai trascorsi di Roth negli Scorpions: apre le danze la classica “Dark Lady” mentre su “I’ve Got To Be Free” e “In Trance” per l’occasione è Piero, vocalist della Sky Academy (di cui faremo menzione più avanti) a fare, benissimo, le veci di Klaus Meine, ingaggiando un duello serratissimo con la chitarra di Uli.
Nel finale di concerto c’è anche tempo per vedere entrambe le star della serata, Peterson e Roth, sul palco insieme per un ennesimo tributo congiunto all’artista che probabilmente più di tutti ha ispirato entrambi, Jimi Hendrix, con una “Red House” semplicemente da brividi.
Ormai è notte fonda e la strada per casa sembra più che mai lunga e interminabile al solo pensarla, tuttavia prima di lasciare il locale c’è tempo per foto, strette di mano e qualche battuta scambiata con entrambi i disponibilissimi artisti e con le rispettive band di supporto.


 

 


Sky Academy

Nel post concerto è stato molto interessante fermarsi a parlare con Michele e Luca, accompagnatori per l’occasione, e farsi narrare le peripezie di un week end in trasferta che li ha visti attraversare il nord Italia in compagnia di Uli Jon Roth, il venerdì ad Udine e il sabato in Piemonte, nel pomeriggio ad Asti per una lezione di Sky Guitar alla School Of Rock e il sabato sera a Trofarello per il concerto vero e proprio. La Sky Academy è un progetto recente di Uli Roth, la cui prima lezione risale a qualche anno addietro e si è tenuta all’MI di Los Angeles, completamente a sue spese. L’obiettivo delle lezioni di chitarra (anzi, di Sky Guitar), come quella tenuta ad Asti nel pomeriggio, narrato attraverso le parole dei due turnisti che vi hanno assistito, non è quello di dare dritte “tecniche” ai musicisti, quanto piuttosto quello di permetter loro di impadronirsi di particolari tecniche di meditazione e respirazione che mirano a mettere l’artista in condizione di rendere al meglio negli eventi live e di “estraniarlo” da quelle che sono le sue occupazioni quotidiane, facendogli recuperare quella forma mentis creativa e irrazionale tipica del bambino. Tale condizione nell’adulto risulta difficile da mettere in atto a causa della sua continua spinta a razionalizzare e a non perdere il contatto con quella che è la realtà contingente e l’unico momento nel quale la mente dell’adulto è maggiormente predisposta in tal senso si verifica negli istanti prima del sonno. Con i suoi insegnamenti, Roth, mira a trasmettere all’artista delle metodologie (che poi vengano assorbite al punto da divenire degli automatismi) per consentirgli di entrare più facilmente in questo stato mentale libero e creativo. Forse, raccontata in questo modo, potrebbe far storcere il naso a qualche lettore un po’ più scettico verso questo genere di argomenti che parrebbero sfiorare l’ascetismo e il new age, tuttavia da spettatore, e chi ha assistito ad un concerto di Uli Jon Roth (o chi ci ha suonato e si è trovato dopo 5-6 minuti di assolo a cercare di riportarlo sulla terra per concludere il pezzo) potrà confermarlo. Devo ammettere che vederlo suonare in uno stato praticamente di trance (non a caso) come nemmeno “l’alieno” Steve Vai e vederlo spaziare con totale libertà e disinvoltura tra mille stili, suoni e colori rende perfettamente l’idea di ciò che lui voglia trasmettere.

In conclusione, una grande serata all’insegna della Musica con la M maiuscola e in compagnia di due personaggi tanto originali quanto assolutamente meritevoli della loro fama. Per visionare ulteriori video e foto dell’evento è possibile accedere al myspace di Michele Locatelli, sul quale il bassista ha caricato molto materiale.

Stefano Burini