Dillinger Escape Plan + Chimaira + Ephel Duath – 09/07/04 – report

Di Alberto Fittarelli - 30 Luglio 2004 - 11:54
Dillinger Escape Plan + Chimaira + Ephel Duath – 09/07/04 – report

Data
del concerto: 09 luglio 2004

Evento:
Sherwood Festival

Articolo di Giorgio
Vicentini

Fotografie
di Veronica Mariani

Innanzitutto
premetto di non essere un vero conoscitore dei gruppi presenti
all’appuntamento, ovviamente sapevo che genere musicale proponessero o che
status avessero, soltanto che i miei ascolti personali erano limitati a semplici
sprazzi. Uniche basi erano l’album “Re-Phormula” degli Ephel
Duath
, ed il miniCD con il genio Mike Patton alla voce per i Dillinger
Escape Plan
; mentre ignoravo del tutto le fatiche discografiche dei Chimaira.

Primi
a salire sul palco, ancora sotto la luce del sole appena calante, sono gli
italiani Ephel Duath agghindati a festa con tanto di camice e pantaloni
neri eleganti e cravatta argentata brillante per bassista e chitarrista; unico a
non rispettare la regola è il singer Luciano George Lorusso che, solo
per la faccia da pazzo e gli occhi sbarrati con cui si presenta sul palco,
cattura la mia simpatia.



La musica: prova davvero convincente, pezzi tecnici ed eclettici con
partiture jazzistiche, tratti dall’ultimo lavoro Painter’s Palette,
che mi hanno lasciato un po’ disorientato perché non li avevo mai ascoltati
prima. Molto professionale il duo basso-chitarra, preciso ed affiatato,
coadiuvato dal batterista Davide Piovesan perfettamente a suo agio
all’interno delle partiture complesse messe in scena. Ritengo doveroso fare un
discorso a parte per Luciano George Lorusso animale da palco per
antonomasia: con un’aria da “alterato”, in continuo movimento e alla
ricerca della giusta energia per se stesso e per il pubblico, e che non manca di
esibirsi in qualche intermezzo parlato volutamente ironico per cercare di
risvegliare l’interesse un po’ assopito della folla.



Se la presenza scenica mi è
“garbata” molto, divertente, di colore ed adatta a sdrammatizzare la
mancanza di energia di un pubblico non ancora numeroso data l’ora; ho gradito
un po’ meno quella vocale che non ho trovato convincente ed in linea con
l’energia: uno scream particolare, un po’ “ovattato” che segna il passo
in certi frangenti e che non ha tutto l’impeto necessario per uscire rispetto
al resto degli strumenti. Non so se imputare questa carenza ad una non ottimale
impostazione del suono o a una reale mancanza vocale.

Ringalluzzito
dalla prova convincete dei ns. connazionali, attendo l’arrivo dei Chimaira,
verso i quali nutrivo qualche dubbio sapendo il tipo di show e di proposta
musicale ai quali sarei andato incontro, pur non conoscendo il loro album
d’esordio, ma intuendo il tutto dalla risma dalla quale provengono.

Che
il giovane pubblico fosse lì per loro, oltre che per i Dillinger, è
innegabile. In pochissimo tempo la platea si riempie di gente e l’aria che si
respira è quella di un riscaldamento pre-performance.



Si
parte con un’intro pseudo inquietante e minacciosa che apre la strada al
quintetto di Cleveland che non perde tanto tempo ed inizia l’assalto.
L’energia sale al massimo ed il pubblico si scatena subito, canta e strilla i
pezzi pompatissimi degli americani.

Suono potentissimo, pieno e distorto, show spettacolare
e di grosso effetto scenico studiato ed ormai collaudato alla perfezione;
insomma, un gruppo compatto come un macigno che cura molto il fatto di dare al
suo pubblico quello che chiede.



Musicalmente,
non penso siano nulla di più che un gruppo che alza il volume al massimo e
cerca di rompere la schiena ai presenti con pezzi carichi di adrenalina ma un
po’ troppo simili tra loro: tutti basati su accordature basse e corpose, che
preparano il campo a riffoni poderosi quasi sempre stoppati, per poi sfogare la
rabbia in breaks cadenzati che sanno tanto di Sepultura. Giudico la prova
positiva perché non ci sono state sbavature tecniche di sorta, lo show è stato
interpretato con intensità e dove non arrivava la musica dal sapore di già
sentito (Korn docet), sopperiva la capacità scenica.

Dopo
due concerti così, arriva il piatto forte, il main event.

Pochi
istanti di souncheck per i Dillinger Escape Plan e qualcosa sembra non
funzionare. Il dubbio tra la folla sale e tra una battuta ironica e qualche
“rumor” rubacchiato, arriva la notizia da uno degli organizzatori: problemi
tecnici e inizio della performance slittato di circa 15 minuti con una qualità
sonora che non sarà quella prevista in virtù di problemi al mixer principale.
Passano i minuti che sembrano il preludio ad un “concerto bidone” quando
ecco giungere LA PROPOSTA:


“volete che i Dillinger Escape Plan suonino lo stesso?”


pioggia di sì…


“… allora fate spazio davanti al palco perché suoneranno in mezzo al
pubblico”.

Ovazione
e tripudio!!!

Tra l’incredulità, la gente inizia a fare largo
ponendosi in cerchio ed in pochi attimi tutta la strumentazione arriva sul
cemento e con essa il gruppo, che improvvisa un soundcheck; di contorno un
pubblico eccitato dal quale non cercano di sottrarsi mettendo transenne



Inizia lo show ed è un massacro assoluto senza
controllo e senza freno con la band che attacca con i suoi pezzi stile grind
tiratissimi e violenti pescati dal nuovo album e da quelli precedenti. Il combo
sembra una scheggia impazzita con il vigoroso cantante Greg Puciato che si getta sulla folla, corre avanti ed
indietro lungo il palco improvvisato; strilla rabbioso con la sua voce al
vetriolo sprizzando energia da ogni singolo muscolo del suo corpo (non pochi tra
l’altro), gasando i presenti, lanciandosi su di loro mentre pogano e porgendo
loro per qualche secondo il microfono per farli urlare e cantare i pezzi.

Il resto della band di certo non sta ferma: uno dei due
chitarristi sembra in preda ad una crisi epilettica, salta come un ossesso
salendo e scendendo da un baule porta strumentazione con la chitarra, che sembra
più un’arma che uno strumento musicale.


Chiaramente gli schemi consueti del concerto tipo, sono
completamenti saltati anche per il pubblico che man mano si assiepa anche sul
palco, ormai sgombro, per seguire dall’alto la band che dà le spalle ad esso.
Musica, schizofrenica, insensata in certi momenti, come il grind impone, e
fomentata dalla totale dedizione al pubblico dimostrata dalla band che non
accusa più di tanto la mancanza dell’impianto completo.


In conclusione è stato un concerto davvero divertente,
godibilissimo e sorprendente, con un epilogo gustoso da clima di “civile
anarchia”, che mi ha fatto conoscere ed innamorare dell’attitudine di una
band davvero eccezionale per capacità espressive e dedizione ai fans.

Onore
e rispetto assoluto per i Dillinger Escape Plan.