Progressive

Intervista After Lapse

Di Susanna Zandonà - 9 Dicembre 2022 - 0:20
Intervista After Lapse

In occasione dell’ uscita del loro album d’esordio “Face The Storm” fuori oggi – 9 Dicembre – abbiamo incontrato gli spagnoli “After Lapse” per fare una luuuuunghissima chiacchierata sulla loro ultima fatica.

È un vero piacere per me includere la vostra straordinaria band tra le pagine virtuali di Truemetal.
Grazie per avermi prestato un po’ del vostro prezioso tempo e congratulazioni per il vostro disco di debutto “Face the Storm“, che aggiunge un nuovo interessante risvolto al prog metal “tradizionale”. Davvero illuminante da ascoltare! Si potrebbe quasi dire un fulmine a ciel sereno…

Pablo: Grazie mille per averci ospitato e per le tue gentili parole! Sono felicissimo che l’album vi sia piaciuto e spero che piaccia anche a tutti gli altri!

Inizierò con una domanda per rompere il ghiaccio (o la bufera). Alcuni di voi sono stati ex membri della band progressive spagnola Delyriüm, come mai avete sentito il bisogno di formare una nuova band? Ha a che vedere con qualche dissesto interno o volevate semplicemente cambiare scenario?

Pablo: Credo che le due cose siano strettamente collegate. È arrivato un momento in cui nei Delyriüm abbiamo sentito il bisogno di rinnovare le nostre energie e di ritrovare quella “scintilla” che alcuni dei membri avevano perso durante tutti gli anni di attività della band.
Sai, avere una band “sana” e in cui tutti spingono nella stessa direzione è una cosa davvero difficile, quindi quando abbiamo deciso di porre fine ai Delyriüm e di iniziare un nuovo progetto. Sapevamo che dovevamo essere determinati al 100% e desiderosi di portare le cose a un altro livello. Ed è quello che stiamo cercando di fare con gli After Lapse!

“After Lapse” o “dopo il decadimento”… nome davvero peculiare: da dove è saltato fuori?

Pablo: Ricordo che stavo facendo un brain-storming con un mio caro amico mentre giocavamo a Rocket League! (ride)
Stavamo cercando un nome figo per la band e c’era solo una cosa che sapevo dovesse essere e cioè “chiaro e semplice”.
Ricordo quanto sia stato difficile per noi spiegare alla gente come si scriveva “Delyriüm” (credo che oggi nessuno sappia scriverlo correttamente, ma voi l’avete fatto!) e, in fin dei conti, vuoi che la gente conosca la tua band il più possibile, quindi avere un nome chiaro mi sembrava obbligatorio.

Face the Storm sembra essere una sorta di “concept album” che tratta in modo introspettivo la totalità dei sentimenti umani, ma pare anche esternare una vostra visione personale… potete dirmi qualcosa di più su come è nata l’idea del viaggio attraverso la tempesta?

Pablo: Anche se in effetti non ho concepito Face The Storm come un vero e proprio album concettuale, è vero che – a livello di testi – c’è una sorta di “leitmotiv” lungo tutto il disco.
Non c’è dubbio che gli ultimi anni siano stati folli per tutti con il covid e la guerra, ma oltre a tutta la follia e il caos che sembrano circondare il mondo ultimamente, l’intero processo di scrittura e registrazione dell’album è stato una vera odissea per noi.
Ad esempio, quando abbiamo iniziato il progetto, c’era anche Arturo Rodríguez (ex membro dei Delyriüm e chitarrista di altissimo livello umano), ma dopo qualche tempo ha dovuto lasciare la band per problemi di salute. È stato un periodo molto difficile per tutti noi!
Poi ci sono stati i cambi di formazione, quando la band ha iniziato a evolversi e a crescere, ad esempio. Se devi registrare un album affrontando tutti questi problemi, hai due opzioni: puoi arrenderti o “affrontare la tempesta” e continuare a lavorare a testa china.
Ed è quello che abbiamo fatto alla fine! Naturalmente nell’album c’è molto che riflette questa sensazione di superare gli ostacoli e continuare a lottare, a partire dal titolo stesso.

Sicuramente anche il periodo di confinamento che tutti abbiamo dovuto sperimentare a causa del Covid-19 avrà in un qualche modo influito sulla realizzazione…

Pablo: come ho detto prima, era ovviamente uno dei fattori che ci circondava mentre scrivevamo e registravamo l’album. Ricordo che all’inizio non potevamo nemmeno riunirci per una sessione fotografica perché eravamo bloccati! È stato pazzesco…
Credo che nessuno fosse davvero preparato a quello che abbiamo dovuto affrontare. E noi siamo “solo musicisti”. Voglio dire, tutti noi abbiamo amici che lavorano come medici, infermieri… e queste persone sono quelle che hanno potuto davvero capire quanto sia stata dura l’intera faccenda. Naturalmente, questo incubo svanirà lentamente e con il tempo, ma sono sicuro che alcune cose siano cambiate per sempre. Per esempio 3 anni fa ci si stupiva di vedere qualcuno che camminava per strada indossando una mascherina, mentre oggi è qualcosa a cui siamo avvezzi.

A questo proposito, come avete affrontato quei mesi? Avete continuato a lavorare individualmente?

Pablo: Beh, per quanto possa sembrare strano e distaccato, credo di aver tratto il massimo da quei mesi. È una cosa di cui ho anche parlato con altri amici musicisti.
Come ti dicevo, non facciamo parte del personale sanitario e abbiamo vissuto quel periodo in un’ ottica differente.
Improvvisamente abbiamo avuto tutto il tempo del mondo per suonare a casa, studiare, scrivere nuova musica, avviare nuovi progetti…
Ricordo che iniziai a fare “concerti live” su Twitch e a girare video per YouTube allo scopo di distrarmi. Certo, non è come andare in tour o suonare dal vivo, ma è servito a qualcosa.
In effetti effetti ora mi manca tutto quel tempo libero (ride).
La musica è sempre stata un grande aiuto per me, non solo durante i periodi di crisi.
Ma, soprattutto all’epoca, quando avevamo più tempo a disposizione durante il periodo di fermo, ricordo di aver scoperto alcuni nuovi gruppi interessanti e di essermi potuto immergere nella loro musica molto più a fondo di quanto potrei fare oggi che siamo tornati alla nostra routine quotidiana.

Domanda rivolta a tutti i membri della band:  almeno una volta nella vita avrete dovuto affrontare una “tempesta personale” e sono sicura che la musica abbia giocato un ruolo fondamentale nel superarla! Me ne volete parlare?

Pablo: Posso farti un esempio preciso! Ho avuto un cane per tanto tempo e qualche anno fa è morto.
Per quanto possa sembrare divertente, ricordo di aver ascoltato “In Loving Memory” degli Alter Bridge e di aver avvertito dentro di me che il testo parlasse di un animale domestico!
Non mi importava che la canzone potesse parlare di tutt’altro, ma per me, in quel momento della mia vita, parlava del mio cane e mi confortava.
Questo è il bello della musica e dei testi: non importa di cosa stia parlando la canzone, ci sarà sempre qualcuno là fuori che potrà interpretarli e sentirsi confortato da essi.
Mi auguro davvero che anche la nostra musica possa raggiungere questo obiettivo!

Javier: Il mio interesse per la musica è nato molto tardi. A 17 anni avevo perso ogni interesse per lo studio e frequentavo le persone sbagliate. Quella gente pensava solo a ubriacarsi e a mettersi nei guai. Ricordo un giorno in cui saltai le lezioni con un amico che viveva vicino a me e mi mostrò la sua chitarra. Mi piacque così tanto che, dopo quel giorno, cercai di andare a trovarlo ogni giorno per suonare con lui. Decisi di comprare un basso, in modo tale da avere diversi strumenti e passai ore e ore, giorno e notte, cercando di imparare a orecchio tutte le canzoni in cui mi imbattevo.
Avevo trovato qualcosa che mi riusciva bene e che in qualche modo mi permetteva di esprimere quello che provavo.
Suonare era la cosa che mi interessava di più, così mi sono separato da quelle cattive compagnie che frequentavo e ho ricominciato a studiare per diventare insegnante di musica.

Roberto: La musica è sempre stata una parte importante della mia vita, anche prima di imparare a suonare la batteria.
Ogni volta che ho perso una persona cara o ho avuto problemi sul lavoro, la musica mi ha sempre aiutato a rimettermi in carreggiata e a guardare il lato positivo delle cose.
Avere l’opportunità di creare musica in generale e poter aiutare con la nostra musica persone che stanno “affrontando una tempesta” è qualcosa di travolgente che non riesco a spiegare.
E mi sento estremamente fortunato a poterlo fare con i miei compagni degli After Lapse.

Dunque se doveste aiutare una persona che sta affrontando una “tempesta personale” senza vederne l’uscita, quale sarebbe il vostro consiglio?

Pablo: Vai avanti! La vita è solo una fantastica e meravigliosa figlia di p*****a e sicuramente ti prenderà a calci nelle p***e molte volte.
Ma ricordati sempre che nessuna tempesta dura per sempre e che arriveranno sicuramente giorni migliori, per quanto possa sembrare smielato. Inoltre, sappiate che il duro lavoro paga SEMPRE.

Gran consiglio! Non vi sembra che in questo momento storico siamo tutti “un po’ sfortunati”? Credete nell’esistenza del karma o del destino?

Pablo: O forse siamo solo più consapevoli che mai di ciò che sta accadendo là fuori…
Voglio dire, è ovvio che il mondo è sottosopra, ma siamo davvero peggiori, per esempio, dei nostri nonni di allora?
Per come la vedo io, non si può fare molto per cambiare le cose su larga scala, ma si può fare del proprio meglio per migliorare le cose per sé e per chi ci circonda.
Sono certo che se tutti noi lo tenessimo a mente, il mondo intero sarebbe un posto molto più bello e la nostra fortuna cambierebbe in meglio.

Ascoltando il vostro album mi sembra evidente la potenza e il gusto sinfonico della vostra musica, c’è sicuramente un sacco di ricerca e di sforzi congiunti dietro a tutto questo! Mi complimento in primo luogo con te, Pablo, sei davvero un maestro alle tastiere. L’incredibile teamwork, dalle armonie di chitarra alla melodia alla voce, fino alle ritmiche sempre impeccabili possono solo completare l’opera. È qualcosa di veramente unico! Da dove siete partiti per creare le vostre canzoni? Come inizia il vostro processo creativo?

Pablo: Grazie mille! Mi piacerebbe dirti che c’è un processo ben definito e un’idea chiara quando inizio a scrivere una nuova canzone, ma temo di non essere quel tipo di persona.
Ammiro molto i musicisti con queste capacità, che sono in grado di concepire e scrivere musica in modo molto più ponderato di me.
Per me, si tratta solo di un’accozzaglia e di un caos fino a quando, dopo ore di lavoro, non viene fuori qualcosa di buono! (ride)
Di solito mi siedo al pianoforte e inizio a suonare quello che mi va. Poi, a volte, dopo aver suonato un po’, mi viene una buona idea e sento che vale la pena registrarla su Cubase.
Da quel momento in poi, si tratta solo di svilupparla nella direzione che si ritiene necessaria per la canzone.
Una cosa che ho cercato di fare con questo primo album, però, è di non complicare troppo le cose.
Ricordo che ai tempi dei Delyriüm scrivevamo “musica per musicisti”, cercando di sorprendere la gente con “la velocità con cui riuscivamo a suonare” e così via, invece di concentrarci sulla creazione di canzoni buone e semplici che la gente volesse ascoltare più e più volte.
Non fraintendetemi, ci sono molte parti in “Face The Storm” che possono soddisfare quelle “richieste” che, come tutti sanno, vengono sempre richieste a una band prog-metal, ma abbiamo sempre cercato di rendere le canzoni orecchiabili e facili da ascoltare.

Ora che citi i Delyriüm mi sovviene spontanea un’ altra domanda che mi è venuta ascoltando il nuovo album. Trovo singolare la decisione di non usare più lo spagnolo nelle parti cantate, come invece facevate prima. Si tratta del desiderio di rivolgersi a un pubblico più ampio o di una mera scelta stilistica?

Pablo: Direi che è più una scelta stilistica. Non ho quasi mai ascoltato gruppi che cantano in spagnolo in vita mia, quindi usare l’inglese nelle nostre canzoni mi è sempre sembrata una scelta naturale. Ho sempre amato la versatilità che la lingua inglese offre quando si tratta di scrivere testi.
E naturalmente, se questo ti permette di arrivare a un pubblico più vasto, quindi è sicuramente una situazione vantaggiosa per tutti! (ride)

Domanda rivolta a tutti i membri della band: qual è l’attrezzatura che non può mancare nei vostri live?

Pablo: Anche se ho dovuto adattarmi a tutti i tipi di situazioni in uno spettacolo dal vivo e suonare con/senza qualsiasi attrezzatura disponibile, mi sento super comodo con il mio KORG Kronos.
È un po’ troppo pesante e tutti nella band lo odiano quando dobbiamo trasportarlo (credetemi, anche la mia schiena lo odia), ma le sensazioni che si provano quando lo si suona rendono tutto il dolore degno di nota!

Javier: Ho diversi bassi, ma il mio Warwick Thumb Bass è il mio compagno inseparabile.
Non importa dove devo suonare con lui, è sempre all’altezza!
L’ho personalizzato per renderlo un po’ più comodo, perché è troppo pesante, ma suona così bene che lo terrò sempre con me.

Roberto: Da molti anni cerco di basare il mio modo di suonare sull’uso della doppia cassa.
Non si tratta di usarla in modo folle, ma di farlo solo quando la canzone ne ha bisogno, cercando sempre di essere creativo nel mio fraseggio.
Mi sono anche reso conto che la maggior parte delle volte less is more e ho portato questo pensiero anche nella mia batteria.

Tra le vostre influenze avete citato gli Angra e i Kamelot… ma anche le band di prog classico come i Dream Theater o gli Haken, i Pain of Salvation e così via! Quindi si tratterebbe di una discreta miscela di tecnica e sentimento trasposta (come mi facevi giustamente notare prima). Da dove nasce l’incontro tra questi due generi?

Pablo: In fin dei conti, credo che tutto dipenda dalle band che hai ascoltato per tutta la vita.
Per fortuna siamo cinque ragazzi e ognuno ha i suoi gruppi preferiti, che inevitabilmente influiscono sul modo di suonare e di concepire le canzoni di ciascuno.
Così, quando si mettono nel frullatore tutte le band che amiamo e si preme il pulsante, si ottiene un buon insieme di generi e influenze.
Tuttavia, una cosa che abbiamo cercato di fare fin dall’inizio è stata quella di trovare il nostro suono come band e non di suonare come un miscuglio di altre band. Credo che con “Face The Storm” ci siamo riusciti e questo è davvero positivo. Naturalmente continueremo a cercarlo nei prossimi album.

E ci siete riusciti perfettamente. Vi ringrazio molto per aver risposto alla mia infinita quantità di domande e vi auguro il meglio! Affrontate sempre la tempesta con onore e amore per la musica.

Pablo: Grazie mille per il tempo e le domande! Mi sono divertito molto a rispondere… abbi cura di te!

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