Death

Intervista Death (Chuck Schuldiner) 1991

Di Stefano Ricetti - 20 Dicembre 2022 - 9:29
Intervista Death (Chuck Schuldiner) 1991

Intervista a Chuck Schuldiner, leader dei Death, tratta dalla rivista H/M numero 124, anno 1991. Il periodo è quello appena successivo all’uscita di “Human”, quarto e decisivo album della formazione americana.

Buona lettura

Steven Rich

 

 

In fin dei conti, non ci è sembrato che Chuck Schuldiner sia poi questo burbero e scostante attaccabrighe. Non sembra esistere ragione per tutte le voci che si sono sparse sul suo conto: è un tipo che ha carattere, ma per certi molluschi anche questo può essere considerato un difetto. Amelia “Cher” Borzi all’analisi…

 

 

Di lui si dice che abbia un caratteraccio, che sia una persona con la quale è difficile parlare e tanto più impossibile convivere; ma non è stato così per noi, o per lo meno per quanto riguarda questa nostra intervista. Chuck Schuldiner, fondatore originale e leader storico dei Death, avrà forse dei modi bruschi ed assai poco com­plimentosi, ma ciò che maggiormente ed unicamente lo contraddistingue è l’estrema onestà e sincerità, spesso tagliente, con cui affronta i problemi ed ogni situazione, nella band e nella vita. Accusato di cieco perfezionismo e dura intransigenza, Chuck risponde con una sola parola: professionalità, un concetto che molti pseudo-musicisti sembrano spesso dimenticare o, peggio ancora, assolutamente ignorare (qui in Italia ne sappiamo qualcosa!).

Si è liberato dei vecchi compagni, ed ha messo su una band di prim’ordine, prendendo a prestito validissimi elementi da gruppi quali Sadus e Cynic. Con il loro ultimo lavoro, “Human”, i Death raggiungono livelli tecnico-compositivi di notevole rispetto, rendendosi protagonisti di un sound di gran lunga più curato e progressivo rispetto a quanto ascoltato nei lavori precedenti. Un’evoluzione musicale atta ad oltrepassare gli aridi e restrittivi confini del Death Metal; nella volontà di sperimentare e ricercare sonorità ed atmosfere nuove, che siano in grado di far maturare ed evolvere un genere che, nell’attuale stato di cose, non sembra aver più molto da dire né da insegnare.

Una ricerca musicale che, molto probabilmente, non verrà troppo gradita né apprezzata da quelli che erano i vecchi fans della band, ma che è comunque testimone infallibile delle migliorate ed accresciute doti tecniche del quartetto proveniente dalla Florida; oltre ad essere, aspetto di non

secondaria importanza ed attenzione, chiara promessa di una originalità e creatività di cui, in questi ultimi tempi, ci sentiamo oltremodo assetati. Ecco quindi una piacevole chiacchierata con un Chuck Schuldiner rilassato ed assai disponibile; un musicista ed un uomo al quale non importa accusare nessuno né tantomeno giustificare il suo comportamento, ma semplicemente spiegare il perché del proprio modo di fare e vedere le cose.

 

Come si compone, al momento, la line-up?

C.S. – La nuova line-up, quella di “Human”, vede Sean Reinert alle percussioni, Steve DiGiorgio al basso e Paul Masdival alla chitarra. Steve ha lavorato, in precedenza, con i Sadus, mentre sia Paul che Sean provengono dai Cynic di Miami. Sono molto contento di questi miei nuovi compagni; sono molto bravi e finalmente potrò ottenere con loro ciò che, in passato ha sempre costituito un grosso problema.

Questa formazione è definitiva, o pensi di stabilizzarla in seguito?

C.S. Non so dirti con sicurezza come andranno le cose; per il momento va tutto molto bene così, e per ciò che riguarda il futuro, quando avremo terminato il prossimo tour e quando si dovrà pensare a registrare il nuovo album, beh, soltanto allora vedrò di pormi la questione.

I Death sono un tuo progetto o preferisci vengano considerati una vera band?

C.S. – No, i Death sono una vera band. Non ci sono soltanto io, ma anche altre persone ed ognuno di noi riveste un ruolo estremamente importante in seno al gruppo. Concerti, registrazioni: tutto viene discusso e deciso insieme.

 

 

A cosa credi sia dovuta l’instabilità che ha sempre caratterizzato la formazione di questa band?

C.S. – Il problema è che troppa gente pensa che far parte di una band significhi soltanto divertimento e fama. Ora, contrariamente a quanto è accaduto in passato, ho la possibilità di lavorare con dei veri musicisti, dei professionisti. Per creare della buona musica, per dar vita ad un gruppo degno di questo nome, è importante che, tra i membri della band, si instauri un buon feeling, dell’amicizia; ma ancoro più importante è che ognuno sia in grado di dimostrarsi un serio musicista, un professionista capace ed affidabile.

Ma tu hai davvero questo caratteraccio di cui tanto si parla o, più semplicemente, non sei mai riuscito ad entrare in sintonia con chi, di volta in volta, è venuto a far parte dei Death?

C.S. – Non è una questione di carattere più o meno forte, più o meno aggressivo. Nessuno la penserà sempre e comunque alla tua stessa maniera, ed inoltre credo sia estremamente importante discutere, confrontarsi e magari anche litigare con gli altri. Ma il fatto è che per me la musica è sempre stata l’interesse principale, il mio scopo ultimo, e non ho mai voluto sottostare e sacrificare il mio lavoro per le megalomanie o gli stupidi desideri di gente idiota.

 

Death, Human, 1991 

 

In questo nuovo album, “Human”, ritieni ci siano molte differenze stilistiche rispetto a “Spiritual Healing”?

C.S. – Non vorrei ripetermi ulteriormente ma la differenza fondamentale è proprio nella nuova line-up, nelle grosse capacità tecnico-compositive dei nuovi membri e nella loro professionalità. Abbiamo cercato di dar vita a un suono maggiormente pulito, più tecnico e progressivo rispetto al passato. Personalmente mi ritengo molto soddisfatto del lavoro svolto dal nuovo batterista, tanto per darti un’idea!

Un album che potremmo definire più lento, o più aggressivo?

C.S. – Diciamo che questo è un prodotto ben più organizzato e meditato di quanto non sia mai accaduto per i lavori precedenti. Certo aggressività e durezza ha lasciato il posto a sonorità più curate e tecnicamente ricercate e migliorate. Non vorrei sembrare monotono e retorico, ma credo sia in assoluto il mio migliore LP realizzato dei Death almeno fino ad ora!

Chi ha prodotto “Human”?

C.S. – Scott Burns…

L’indaffaratissimo Scott Burns…

C.S. – Sì, hai ragione! Scott è una persona che si dà molto da fare ed è sempre impegnatissimo, ma lavorare con lui è stata una bellissima esperienza.

Possiamo definire “Human” un concept-album, o i brani in esso contenuti rappresentano tutti degli episodi singoli e separati?

C.S. – No, non si tratta di un concept album, per quanto le tematiche affrontate nei vari pezzi trattino tutte dello stesso problema di base. Sono quadri della realtà che ci circonda, che ognuno di noi vive quotidianamente; i problemi, i piccoli e grandi drammi politici, economici e sociali con i quali siamo tutti costretti a convivere un po’ in ogni paese, in ogni stato.

Parlami della copertina dell’album.

C.S. – Rappresenta un po’ lo specchio di ciò che attende il mondo e l’umanità se la minaccia continuerà a pendere sulle nostre teste e sulle nostre vite. E’ un’immagine forte, a tratti terrificante, ma vuole essere un monito, un’accusa, ma anche una spinta a cercare e a riuscire a metter fine a questa assurda situazione.

Qual è il significato del titolo?

C.S. – Credo si possa sintetizzare nel fatto che, per me, “Human” – umano – rappresenta il contrario di “demon”; ciò per mostrare che questo nuovo album viene da una persona, da un uomo e non da una marionetta di un rock’n’ roll show. E’ un LP che parla di realtà umane, ed a farlo è un uomo; è importante che la gente non dimentichi tutto questo.

Ne avete tratto un video?

C.S. – Sì, lo vedrete presto. Ti dico soltanto che è stata un’esperienza che abbiamo affrontato molto seriamente, e lo stesso brano scelto è estremamente heavy, aggressivo e potente; sono convinto ci rappresenti ottimamente.

Puoi almeno anticiparmene la trama?

C.S. – Più che la trama posso dirti che l’elemento principale dell’intero video è nella capacità della band di mostrare e comunicare, attraverso le immagini, la propria carica potenziale, la propria dura forza musicale. Era questo il nostro scopo principale; speriamo di esserci riusciti.

Verrete in tour anche in Europa?

C.S. – Sì, verremo sicuramente. Siamo ancora in fase di progettazione, ma credo che ci saremo senz’altro.

L’ultima volta ci furono un po’ di problemi…

C.S. – Sì, ricordo. Faremo in modo di superare certi ostacoli.

Perché gli allora Death suonarono senza te?

C.S. – Perché sono degli idioti! (risata generale!!!, n.d.a.). Il fatto è che per loro non era importante discutere o affrontare i problemi e le questioni che si erano create in quel particolare momento, volevano unicamente dare una dimostrazione di forza. Volevano dimostrare di poter vivere staccandosi dal mio nome, ma non hanno fatto altro che peggiorare la situazione e tirarsi addosso – da soli! – palate di merda!

Hai dei rimpianti per quanto è accaduto in passato?

C.S. – No, io non parlerei esattamente di rimpianti; però devo ammettere che ora, dopo molto tempo, si è venuta a creare quella che, a mio avviso, è la situazione migliore in cui un musicista possa trovarsi a lavorare. Con questa nuova band ciò che unisce i membri del gruppo è, per la prima volta, un buon rapporto d’amicizia ed un considerevole livello di professionalità. Ed inoltre ci siamo finalmente affidati ad una buona organizzazione manageriale. Saprai meglio di me quanto possa essere duro e pericoloso avventurarsi nel mondo del music-business; e ciò soprattutto se il tuo campo e la tua aspirazione è quella di fare il musicista e non quella dell’uomo d’affari.

Cosa pensi del ritorno del trend satanico nel Death Metal, grazie a band quali Nocturnus, Deicide, Morbid Angel o Immolation, tanto per fare degli esempi?

C.S. – A me sembra che tutta questa gente dimostri una grande e grave immaturità nelle loro idee e nella visione della vita di cui discutono nelle loro liriche. Non riesco proprio a capire di cosa intendano parlare e, soprattutto, se si rendono conto di essere anacronistici, oltre che totalmente inconsistenti ed inutili ai fini di quelli che sono i veri problemi dell’uomo e della sua esistenza.  Parlano del Diavolo, di Dio, della Chiesa, ma non comprendono la portata di un concetto quale “religione”‘ e di cosa veramente sia la religione. Essa è l’uomo: credere nell’uomo, capire la realtà e lo vita e ricercare quella che è la sua vera forza, ricchezza e dignità. Lasciamo stare i diavoli, le croci che bruciano ed altre stronzate del genere, è molto meglio…

 

 

Non temi di essere confuso con questo movimento?

C.S. – No, io non credo che possa accadere una cosa simile. Non ho mai avuto a che fare con questioni di questo tipo e non ho nessuna intenzione di cominciare proprio ora. Assolutamente no.

Quali band credi riusciranno a sopravvivere all’attuale ondata di nuovi nomi nel Death Metal?

C.S. – Ah! Davvero poche! In questi ultimi tempi c’è stato un infame proliferare di gruppi e gruppetti nel panorama Death Metal mondiale; tutti perfettamente uguali e tutti “saggiamente” impegnati nella grande arte del copiarsi l’un l’altro. Seguono sempre lo stesso schema, fisso, arido e senza alcuna possibilità di variare minimamente qualcosa. Hanno paura di avventurarsi e di ricercare suoni e tecniche diverse; temono l’originalità o forse più probabilmente, temono di mostrare le loro ben scarse capacità in sede tecnico-compositiva. Continuando su questo filone, il Death Metal non porterà da nessuna parte, riuscirà unicamente ad impoverirsi gradualmente per poi finire con l’estinguersi su sé stesso.

E del grind-core cosa ne pensi? Ti piace?

C.S. – No, assolutamente. Ho un diverso concetto di musica.

Dimmi, allora, del cross-over…

C.S. – Beh sì, direi che mi piace. E’ in grado di creare e comunicare una buona energia, un buon feeling. Sì, non è male.

Se dovessi descrivere con una sola parola il tuo nuovo album, quale sceglieresti?

C.S. – REVENGE – VENDETTA!!! Sicuramente!

Ok Chuck, credo sia tutto. Ci vediamo in Italia?

C.S. Senz’altro, aspettateci…

 

Amelia Borzi

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti