Heavy

Intervista Festival di Certaldo 1983 e molto altro… (Enrico “HFR – Henry Fast Rocker” Dell’Omo )

Di Stefano Ricetti - 5 Settembre 2005 - 15:22
Intervista Festival di Certaldo 1983 e molto altro… (Enrico “HFR – Henry Fast Rocker” Dell’Omo )

Chiacchierata-fiume con Enrico “Henry Fast Rocker” / “HFR” Dell’Omo, organizzatore del primo festival italiano di heavy metal tenutosi a Certaldo il 21 maggio 1983, che vi intratterrà su aneddoti, fanzine, programmi radio, messaggi occulti e molto molto altro.

In poche parole un’ulteriore “piena” di metallo a 360 gradi da non perdere.

Come sempre, in questi casi, vi consiglio di leggere l’intervista “fuori linea”, di salvarvela o comunque di ritagliarvi il tempo necessario (non poco) per arrivare fino in fondo!

Grazie per l’attenzione.

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

“Siorre” e “Siorri”, non vi è mai capitato di nutrire una stima smisurata per un personaggio che non conoscete ma che solo per quello che ha fatto rappresenta una sorta di idolo per voi?

Sto esagerando un po’ e forse più di un po’, lo ammetto, ma a me è successo. Si tratta di Enrico Dell’Omo, personaggio poliedrico nell’ambiente HM, organizzatore del primo, mitico e inimitabile festival italiano di HM: quel “Rock in a Hard Place” del 21 maggio 1983 a Certaldo in provincia di Firenze. Concerto al quale presero parte Death SS, Vanexa, Strana Officina, Raff, Steel Crown, Monolith, Revenge, Rollerball e Shining Blade. Le nostre strade, dopo ventidue anni, si sono finalmente incrociate, grazie al commento di un nostro utente a un mio scritto su Truemetal che ha fatto partire il “tutto”. Ma ora bando alle ciance e via all’intervista.

 

 

Enrico, sei anche conosciuto come HFR (Henry Fast Rocker), hai avuto una vita, musicalmente parlando, un po’ travagliata ma interessante: organizzazione di concerti, lavoro presso delle radio, creazione di fanzine HM fino ad arrivare alla produzione di gruppi heavy metal… So di chiederti molto ma cerca di descrivere brevemente il tuo cammino in modo che i lettori si possano poi orientare all’interno delle domande successive .

Mi scuso, ma non potrò essere breve; poi capirete perché. È per me un onore essere intervistato dal portale HM italiano più importante ma, soprattutto, un piacere vedermi porgere le domande dal personaggio più autentico che mi sia mai capitato d’incontrare sulle strade del Metal. Per questo vorrei iniziare la mia chiacchierata salutando per primi i “the TrueMetal fan” tra i quali, poiché numerosi, spero che ci sia ancora qualcuno che si ricordi di me. Ma, per tutti gli altri… permettete che io mi ri-presenti, il mio nome è Fast Rocker. Henry… Fast Rocker e vengo da lontano!

Le strade della vita sono a volte lunghe e parallele per cui alcune persone, benché vicinissime, non s’incontreranno mai! Altre volte queste strade si incrociano presto in un punto per poi, altrettanto velocemente, separarsi, come una immensa “X”, dove ognuno procede per i fatti suoi. C’è anche un terzo caso: esistenze che per lungo tempo procedono affiancate, senza mai sospettare di dirigersi nella stessa direzione (convergenze… parallele) ma che prima o poi finiranno per toccarsi a X, per poi tornare ad essere parallele etc., con interscambio di idee e di amicizia. Questo è avvenuto tra me e Steven Rich.

Dico di venire da lontano perché oltre al 1º festival Metal, ne avevo già organizzato un altro, nel decennio precedente – forse nel 1972-‘73 che, se non il primo dei festival “POP” (così si chiamavano negli anni ’70), certamente fu uno dei primissimi del genere Hard-Rock and Progressive in Italia. Avevo solo 17 anni e anche lì ero solo: qualche compagno di scuola e un paio di amici rocker… senza soldi. Garybaldi (vedi BLUE CHEER tribute), Balletto di Bronzo (credo l’unico mito dell’Hard italiano con fan e un “Live in Japan”!), Panna Fredda e, forse, anche Il Rovescio della Medaglia , fra i duri; e tra i progressive Le Orme , questi, alcuni dei nomi di più alto richiamo dell’evento.

Nel 1977 il programma radio HM: “Shooting Sparks”, quasi certamente il primo in Italia, per l’emittente storica Controradio Firenze . Nel 1983, oltre al festival di Certaldo, divenni Manager dei ROLLERBALL (Heavy band fiorentina) con i quali incidemmo un 12” EP, di cui curai, personalmente, la produzione del suono.

Nel 2005, sono tornato sulle scene, dopo una lunghissima pausa di riflessione e ora scrivo su di un sito Metal dal nome Verorock. Comunque dico di venire da lontano anche per un’altra ragione…


Nella foto: HFR nel 1972

E’ inutile negarlo: ritengo l’organizzazione del festival di Certaldo l’highlight della tua carriera. Sei d’accordo? Spiega per favore i retroscena, i presupposti, lo svolgimento e l’epilogo di quella fantastica e irripetibile giornata di maggio ‘83.

Non del tutto, il mio exploit più gratificante e significativo, furono le trasmissioni radio dal ‘77 fino agli inizi del 1985, dove ebbi la conferma che un pubblico Metal esisteva ed era anche numeroso. Per me fu fantastico! Tutto il movimento della Firenze Rock City, che nacque di lì a poco, e portò prima alla creazione di un HM fan mail club , poi, alla fanzine Metal City Rocker e, dunque, al Certaldo Fest, si sviluppò nell’ordine e in conseguenza delle trasmissioni. Se non ci fosse stato il mio entusiasmo tangibile da dietro un microfono, forse non ci sarebbe stato nulla.

Dalla radio si accesero le polveri: con il pubblico che mi sosteneva creai il fan club che costituiva una specie di ponte tra il Movement toscano ed il resto d’Italia, da qui si seppe che esisteva una fanzine e ne nacquero altre, quasi in contemporanea. Godzilla HM a Napoli e Fireball HM a Padova, queste tre sono state le prime in Italia con un fitto scambio di idee, notizie e musica reciproci, comunque, anche se di poco, la nostra fu la prima.

Qual è stata la “molla” che ti ha fatto venire in mente di organizzare un festival HM di band italiane?

Intanto, siccome ero diventato il manager dei Rollerball ed ero in contatto con altri gruppi dell’hinterland fiorentino tramite la radio, e poiché nessuno riusciva a suonare… perché tutti i locali e le organizzazioni preferivano Punk e New Wave , mi ero presto accorto che, di quel passo, se aspettavamo l’aiuto di qualcuno che ci desse supporto… saremmo stati freschi! Così mi venne l’idea di creare un raduno per dare la possibilità a più gente possibile di suonare. La cosa che HFR stava organizzando un evento del genere, da ruscello che era, si diffuse in poco tempo in tutto l’Underground, fino a diventare un fiume in piena: cominciai a ricevere promo, con richiesta di partecipazione, da ogni parte d’Italia (persino Punk e New Wave!). Quando cominciai a realizzare che la cosa, oramai, andava assumendo proporzioni nazionali, mi rivolsi per alcuni consigli a Beppe Riva, con il quale ero già in contatto da anni, avendo collaborato con qualche breve recensione sul suo Rockerilla ; la partecipazione al festival della compagine Metal dei gruppi marchigiani: Death SS e Revenge , la si deve, in qualche modo, a lui.

Comunque ti ripeto che, nonostante il “ Rock In A Hard Place HM Fest ” abbia avuto una vasta risonanza, durata oltre vent’anni anni e costituisce motivo di grande orgoglio, per me fu solo un epigono di quello che era successo prima. Le mie trasmissioni radio erano diffuse anche oltre la Toscana e lasciarono un ricordo di un’epoca pionieristica ancora più viva del festival, anche se ad un livello un po’ più ristretto.

Se non erro hai organizzato quell’evento e poi nulla più di quella portata… Come mai? Ti era “bastato”?

Domanda arguta Steven!

Con la pubblicazione della notizia su Rockerilla la cosa divenne ancora più grande e per me quasi ingestibile. Poi, come sai, quello che era stato programmato e pattuito con i gestori del teatro Tenda di Firenze (più di 4000 posti) fu disdetto, unilateralmente, quattro giorni prima della manifestazione e in quel tempo ristrettissimo mi toccò, in modo rocambolesco, darmi da fare per trovare un altro locale. Solo per miracolo spuntò fuori il Tenda di Certaldo (2000 posti, o poco più); quell’esperienza mi aveva distrutto! Inoltre, il festival organizzato negli anni ’70 fu più tranquillo e lineare e mi diede meno problemi; ma in quello degli eighties ci fu una lotta all’ultimo sangue, tra band, per assicurarsi un posto; fra l’altro i gruppi (ma non solo…) mi tenevano impegnato al telefono per oltre sei ore continuative, dico sei, al giorno per più di due mesi. Spesi, all’epoca, quasi un milione di lire solo per le chiamate! Devo ricordare che la manifestazione fu tutta a mio solo e completo carico. Nonostante queste furono le ragioni principali che mi spinsero ad abbandonare la musica per una decina d’anni e tutto l’ambiente per un… ventennio, però, con il tempo sono riuscito a giustificare quel comportamento e a capire che era tanto ristretto lo spazio lasciato ai gruppi per esprimersi, che era inevitabile che si giungesse a qualche eccesso. Il Metal era relegato alla catena e una volta liberato, cominciò a mordere a destra e a sinistra, tutto e tutti…. compreso se stesso!

I contatti con le band come te li eri procurati?

Rollerball e Strana Officina facevano già parte del mio entourage (come i Sabotage , dei fratelli Caroli , allora giovanissimi, e altri gruppi); Death SS , come ti ho già detto, me li caldeggiò Beppe, tutti gli altri mi raggiunsero attraverso la radio (allora Radio Antenna 3 Toscana ), o tramite il classico tam-tam del ‘di bocca in bocca’ e, infine, per via dell’annuncio comparso sul magazine Rockerilla, che allora era già molto conosciuto anche tra i Metal-Kid: in pratica io dovetti soltanto scegliere, con l’unica condizione del gruppo di Paul Chain voluta da Riva. Su questo fatto, però, non c’è da credere che fossi stato obbligato ma, moralmente, sentivo un debito di riconoscenza con il giornalista che non potevo disattendere.

 

 

Hai scelto tu unilateralmente il bill e il running order?

Sono un tiranno… molto democratico… e, per il running order, vidi di sentire prima tutti, compreso Riva, e poi scelsi secondo la fama già acquisita dai musicisti (ma, anche lì, che lotta per contemperare le escandescenze delle band!); per il bill posso dirti che, chi più chi meno, tutti eccetto i Death SS e i Raff furono mie scoperte.

Adesso, uno a uno, lascia un tuo commento, un tuo ricordo o un tuo aneddoto per ogni band partecipante.

DEATH SS – (Sorry!) Mi ripugnava il look e l’iconografia del gruppo, per cui non ho mai fatto caso a cosa suonassero. Ti confesso però che benché Paul Chain , dietro il backstage e spogliato del suo violaceo e triste simulacro, fosse diverso: molto simpatico e un po’ meno tetro, in tutta la sua performance non ascoltai nemmeno una nota o, forse, l’ascoltai con tale disinteresse che il mio inconscio non registrò nulla e rimase un libro bianco; pensavo addirittura che non fosse HM (che il grande Beppe Riva mi perdoni!). Questo è uno dei casi in cui il look può avere effetti… devastanti, o il suo esatto contrario: l’abito fa il monaco. Infatti credo che sia stata una delle band di quel festival che più successo registrò in seguito. Quindi il mio va preso come un non-giudizio e non un giudizio negativo sulla musica dei Death Esse-esse!


Nella foto: Paul Chain quella notte!

VANEXA – Tutti simpatici e spontanei, mi inviarono, mi sembra in anteprima, il loro disco, che avrei gradito… produrre io (l’avrei inciso un po’ meno secco, però). Comunque le composizioni erano eccellenti e dal vivo la band procedette come una scheggia, con canzoni che si snodarono calde e solari. Siccome avevo notato che nel loro LP c’era una canzone intitolata : “ Metal City Rocker ” (come la nostra fanzine), chiesi al cantante: “Vi siete ispirati a noi?”. Ma non aspettai nemmeno che aprisse bocca e andai via, perché già sapevo la risposta; lo vidi con la coda dell’occhio… che parlava da solo!

Oggi posso dirlo tranquillamente, questa era una band immensa con cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Particolare feeling si instaurò con il chitarrista Roberto Merlone e con il bassista Sergio Pagnacco .


Nella foto: Vanexa…Metal City Rocker!

STRANA OFFICINA – Ruggenti, prepotenti, sicuri, instancabili, tecnicamente espertissimi, furono il gruppo che più coinvolse il pubblico, con uno show, senza alcun dubbio, all’altezza di altre band straniere, ben più famose, di quegli anni ’80. Sembrava che fossero nati e vissuti su di un palco (gli ACCEPT , con la loro ritrovata sicurezza, all’ultimo Gods Of Metal, me li hanno ricordati molto da vicino). Fabio Cappanera , che già in vita era una leggenda, senz’altro, risultò il re dei guitar-hero della manifestazione: al solo passaggio nel backstage tutti lo guardavano con ammirazione e rispetto. Aggiungo che Bud , al di là dei notevoli meriti vocali e di carisma, credo che fosse la persona più saggia e concreta che abbia mai incontrato: fu lui che, quando tutto precipitò (Il festival di Firenze fu annullato perché i proprietari del Tenda avevano deciso, unilateralmente, di restaurare il locale, senza avvertire preventivamente), mi suggerì di rivolgermi al Tenda di Certaldo, quando tutti gli altri si fecero prendere dal pessimismo e dallo sconforto.

Come esibizione devo dire che ci fu un momento, quando nessuno se l’aspettava, che i kid delle prime file, al colmo dell’isteria, estrassero un’enorme bandiera inglese che stesero sulle proprie teste, come una vela di un vascello. Fu il momento topico della serata, uno di quegli eventi che ti fanno accapponare la pelle, solo a ripensarci, per quante simbologie erano concentrate in quel gesto. Fu tale l’apoteosi che i musicisti non volevano più abbandonare la scena. Cercai di far intervenire Beppe Riva… senza successo. Suonarono più del doppio del tempo loro destinato e mi toccò quasi di sfumarli. Comunque ora non riprovo più quell’atteggiamento e sono contento di aver dato una buona occasione per dimostrare cosa valessero e di esprimersi a quella grande band… specialmente ai membri che di lì a qualche anno ci avrebbero tragicamente lasciato (R.I.P.)…


Nella foto: Strana Officina… Hail to England!

RAFF – Scanzonati e scavezzacollo, erano reduci da alcuni concerti, come supporter, a grandi nomi della NWOBHM in giro per l’Italia, cosa che gli diede una grossa fama: giunsero ad essere proclamati gruppo italiano più famoso dal noto sondaggio proposto da Rockerilla (avanti anche ai Vanadium ). Autentici esponenti dell’Athletic-Rock, tutti ossa e spirito, sprizzavano una freschezza e una simpatia uniche: pantaloni di pelle gialla, con ginocchiere blu, e altri variopinti capi di vestiario, con il loro Metal’s full appeal, diedero un tocco spumeggiante al festival tra salti e canzoni “di riffe e di raffe”. I fuochi d’artificio mancavano ma, con loro, era come se ci fossero stati! Anche della formazione a tre rimasi favorevolmente stupito; sicuramente una di quelle band di cui, me ne auguravo un grosso successo, anche internazionale. Era come se SLADE, SWEET, RAVEN e MOTORHEAD si fossero dati l’appuntamento alla stessa ora e sullo stesso palco, per un “Right here and right now!” Questa allegra “metal militia” approdò in seguito al traguardo dell’incisione discografica nel 1985 con il mini Lp SPQR , come giustamente riporta il libro Italian Metal Legion di Gianni della Cioppa.

STEEL CROWN – All’inizio il loro sound, almeno ascoltando il demo-tape che mi inviarono, sembrava un po’ troppo vicino all’ IRON MAIDEN style ma dal vivo risultarono molto migliori. E poi quel cantante, Yako De Bonis (purtroppo, anch’egli ora R.I.P.), che parlava a tutti e con tutti scherzava, sembrava l’emblema del Festival stesso. Voleva comunicare del fermento e del brivido che c’era nell’aria in quegli anni (specialmente a Trieste, città di provenienza sua e del gruppo); ogni tanto sparava una di quelle frasi che rimanevano proverbiali: sul Punk, sul Metal, sulle case discografiche e sulle belle ragazze. Un vero poeta ‘on the road’. Peccato che sia scomparso, perché era quel tipo di persone che migliorano con gli anni e che, per la loro straripante vitalità e verve, ne hanno di cose da raccontare nelle loro canzoni! Il suo gruppo, tra l’altro, lasciò il ricordo di band maledetta; massiccia e granitica on stage. Credo che loro e gli Halloween di Udine (insieme ai quali scesero a Certaldo), già lasciavano presagire il futuro dell’invasione delle selvagge Dark/Thrash band friulane attuali… A proposito di Halloween, ricordo perfettamente di aver parlato molto con il loro bassista-cantante Ronnie “Evil Angel” , personaggio emergente dell’HM tricolore.


Nella foto: Steel Crown

MONOLITH – Il demo che mi inviarono, e che ancora conservo insieme ad altri, mi sembrò pieno di eccellenti ed evocative composizioni, eseguite con uno stile alquanto personale. Credo che la loro opera meriterebbe di essere riscoperta e rivalutata; anche se mi risulta che furono gli unici di Certaldo che non riuscirono ad ottenere un contratto.

REVENGE – Giunsero al Teatro Tenda, insieme ai Death SS , con un furgone carico di croci, teschi finti, e altri strani orpelli, fra la curiosità di tutti. Pestarono duro, con sicurezza e con bella grinta; mi colpirono molto le armature, mezze futuristiche e mezze da antichi romani, da loro indossate “a pelle” che suggerivano impressioni quasi Glam. Ricordo Red Crotalo , il bassista, che nelle pause ci spiegava la differenza tra i crotali normali ed il terribile e velenosissimo Red!. Naturalmente, seguii più loro che i Death SS.


Nella foto: Revenge

ROLLERBALL – Se non avessi creduto in questo gruppo non l’avrei nemmeno prodotto e tanto meno gli avrei fatto da manager. Fu la prima band HM italiana di cui sentii parlare dalla fine del 1979 (dalle scritte che lasciavano in ogni parte sui muri della città). Su di loro e la loro prima incisione vorrei fare un discorso a parte, dopo, se me lo consenti. Comunque quella volta, sullo scenario, mi convinsero come non mai. L’originalità era la loro arma migliore. Ricordo come fosse ora, e rimase registrata su alcuni nastri del festival, la frase dei corrispondenti di Fireball HM che, nel clamore e distanti l’uno dall’altro alla fine dell’esibizione del gruppo, si urlavano tra di loro con evidente soddisfazione: “Ooh… Oooohhh! ottimi questi èh!”.

SHINING BLADE – Non ho mai visto una band tanto silenziosa dietro le quinte, eppure tanto convinta di quel che stava facendo. Fu il gruppo che, in assoluto, mi diede meno problemi organizzativi. Ricordo che erano pugliesi e mi impressionarono molto; credo che se c’è una band famosa che me li ricorda, anche per il look, questi sono i grandissimi WHITE LION di Vito Bratta. Veri Signori del Metal… con delle composizioni de lux e sofferte, insospettabili in un gruppo italiano e, soprattutto, all’epoca. Giunsero molto vicino al successo internazionale, producendo un eccellente LP per una discografica canadese; davvero grandissimi!

Pochi mesi dopo Certaldo ci fu il secondo festival HM italiano a Gazoldo degli Ippoliti (Mn) chiamato Heavy Metal Day. Fosti contattato dall’organizzazione per magari dare qualche suggerimento oppure anche per te fu il classico fulmine a ciel sereno?

No… no, sapevo tutto e mi chiesero anche qualche consiglio sulle band da proporre, specialmente quando pensavano che io potessi conoscerle; e qualche piccolo dettaglio sull’organizzazione. Inoltre, ero costantemente in contatto con molti dei ragazzi che poi vi suonarono.

Tra le varie cose fondasti la prima (o una fra le prime) fanzine italiane: Metal City Rocker. In un’epoca che vede sempre più il sopravvento di internet pensi che ci potrebbe ancora essere posto per una fanzine fatta bene oppure si tratta di un periodo editoriale definitivamente chiuso?

Stai tranquillo, MCR, fu la prima!

L’Underground non ama occhi indiscreti e quindi non nasce mai tramite Internet; poiché i due concetti sono incompatibili, in Rete può solo essere rappresentato. Siccome c’è stato e ancora c’è il fenomeno dei gruppi Thrash, che hanno rinnovato e rifondato il Metal su nuovi parametri e, conseguentemente, esiste una rinnovata febbre Underground, penso che questo sia un momento favorevolissimo per proporre nuove fanzine; naturalmente non fossilizzandosi solo sui gruppi di quella corrente che dovrebbero servire, invece, unicamente da trainer per i giovanissimi. Quindi ritengo, sicuramente, che ancora ci sia spazio per il fenomeno. Penso che una fanzine cartacea, se fatta bene è meglio, ma anche se fatta male è sempre qualcosa di positivo: denota entusiasmo, voglia di fare e creatività. Anche i Siti Metal dovrebbero incoraggiarle. Si tratta, pur sempre, di un apporto positivo alla causa che, nel tempo, acquista un valore documentale immenso. Se nascono nuove fanzine rifiorisce anche l’HM. Le riviste cartacee e le pagine web consacrate, sono i generali, loro la vera truppa e i veri guerrieri, senza di essi non si vince nessuna guerra! Io personalmente, anche se avessi grandi capitali, non inizierei mai con una rivista patinata ma cercherei prima il contatto sul campo…


Nella foto: Immagini da Antenna 3 + Metal City Rocker 1984

Sai suonare qualche strumento?

Si, la chitarra classica e ho strimpellato il piano. Sono contento della domanda perché tengo a sostenere il concetto che lo studio degli strumenti, più un po’ di pratica, collaborano a far apprezzare più profondamente la musica. Credo proprio che, nel mio caso, mi abbia aiutato molto. I musicisti mancati, spesso, lo sono solo a metà, non essendo soddisfatti delle loro composizioni, o non ritenendo di suonare alla perfezione, trasfondono tutta la loro arte…. nell’ascolto.

Creasti anche il Gangland HM fan club. Parlami di quell’esperienza.

Fu una delle più belle, perché conobbi tanta gente, fuori dal clamore della musica ascoltata di radio e festival. Come ti ho già detto, mi servì molto per allargare l’orbita per far conoscere al resto d’Italia quello che avveniva a Firenze. Associarsi al “ Gangland ” comportava anche l’invio della fanzine. I soci erano tutti molto preparati, amabili, entusiasti del fenomeno che stava (ri)nascendo, e anche molto attivi; in tutti avevo notato una difficoltà a relazionarsi con gente dagli stessi interessi; è proprio per questo volersi ritrovare tra Kid che il club nacque. Poi c’era un grande scambio di materiale fra i soci: uscirono fuori registrazioni, di concerti e gruppi eccezionali, mai viste e sentite prima; ognuno compilava la sua home-list per gli altri, chiedendo solo il rimborso spese per l’invio. Di quell’esperienza conservo, ancora oggi, un centinaio fra le lettere più significative (e poetiche nella loro ingenuità!).

Secondo te quando è nata la musica heavy metal?

In qualche modo, la domanda precedente si ricollega a quanto vado a dirti adesso e a quello di cui ti ho accennato in privato: cioè che, sorprendentemente ed al di là di quello che potrebbe apparire, questa musica, per me, affonda le sue radici in un terreno lontanissimo nel tempo, ben al di là di ogni immaginazione. Stai a sentire!

Con i fan del “ Gangland ” esisteva una fitta corrispondenza telefonica ed epistolare e con alcuni mi sentivo quasi ogni giorno. Fu quella volta con Pierpaolo Ciabatti , un simpatico e intelligente socio di Genova al telefono, che ebbi come una specie di illuminazione, anzi una vera e propria folgorazione, qualcosa che ricorda molto da vicino “il morso di un cobra!”. Quel ragazzino mi suggerì una cosa che poi mi diede da pensare per anni. Nel momento che mi chiamò, stavo ascoltando musica, naturalmente Heavy. Come eravamo soliti fare, spesso, ci scambiavamo le impressioni sulle band e sul genere. A un certo punto, lui, ebbe modo di dirmi: “… e poi, se ci fai caso, a volte, questa musica ti procura una sensazione strana, come una specie di rapimento, che non so spiegarmi, specialmente nei crescendo e negli assolo… comunque per me è piacevolissimo!”.

Giuro che, proprio un paio di minuti prima, con la cornetta del telefono fra spalla e orecchio, avevo messo sul piatto dello stereo: “Hardware” dei KROKUS (band svizzera, per me grandiosa), e Pierpaolo mi stava dicendo quelle cose proprio sul finale di “Easy Rocker”, brano che andavo ascoltando distrattamente. Bene, sarà stato un caso ma alzai le antennine e quel rapimento lo provai, anzi lo riprovai proprio in quel attimo, con i classici brividi sulla schiena! Si, aveva maledettamente ragione Ciabatti e io mi sentivo come morso da un rettile e provai quasi una sensazione divina, sulle note spazzavento delle chitarre di Tommy Keifer e Fernando Fon Arb !

Preciso che tutto questo lo avevo già provato, saltuariamente, in passato ma da quella volta cominciai a starci più attento e, soprattutto, razionalizzai che non ero il solo ad aver provato quelle sensazioni! Ho trascorso tanti anni lontano dalle scene ufficiali, ma in quel periodo non me ne sono restato inattivo. Ho fatto degli studi sul tema, sulla musica in generale e le sue relazioni con le religioni antiche, ricollegando il tutto a quella specie di “morso” e… ci crederanno i fratellini di TrueMetal, se dico che ho scoperto che della gente, oltre 2700 anni fa, faceva le stesse cose che oggi si fanno in un concerto Heavy-Metal? L’unica differenza consisteva nel fatto che quel che veniva eseguito allora era un vero e proprio rituale sacro dove gli adepti, con l’equivalente dell’epoca dell’amplificazione e mediante quella cosa tanto importante per noi metallic che risponde al nome di “assolo” (si, già esisteva!), si procuravano lo stesso “morso” di cui sto parlando ora!

Nell’ascolto della musica HM odierna si rinnova, dunque, un antico rito, con modalità quasi identiche al passato (*) . Per averne un’idea occorre pensare ai migliori momenti di quei concerti in cui le band chiedono il sustain al pubblico quando, tra i “ botta e risposta ” del cantante e gli altri strumentisti, si inizia a percepire un inebriamento collettivo che conduce ad una sorta di estasi (chi si ricorda della famosa frase di Beppe Riva quando recensì, “Fire Down Under” dei RIOT su Rockerilla e si espresse in questo modo: “Estasi Titanica! ”?). Tutto è sintetizzato in quelle due parole.

 

Nella foto: Marcello Dubla e Beppe Riva a Certaldo

(Il terzo e il quarto partendo da sinistra)

 

Il fenomeno dei duetti con il pubblico avviene anche in altri generi musicali però nell’Heavy è notevolmente diverso, molto più intenso: per via dei temi inquietanti trattati, dell’amplificazione esasperata e, soprattutto, degli assolo trascinanti. Si, di un’estasi arcaica e complessa si tratta. E questo spiegherebbe l’attaccamento costante che i fan mostrerebbero verso questa musica per tutta la vita (a differenza di quello che avviene negli altri stili); e anche quel senso di appartenenza, come il sentirsi quasi degli “eletti”, riscontrabile nella maggior parte degli ascoltatori dell’HM. Non so fino a che punto e quanto possa essere compreso qui, ma di più non posso aggiungere, anche perché avrei bisogno del supporto della musica suonata per ricreare l’atmosfera; inoltre dovrei scendere in particolari, tecnici e storici, troppo complicati. Comunque, in questa sede, mi basta aver dato l’input per iniziare a pensare che chiunque capisce profondamente questi suoni, in fondo…. viene da lontano! spero che un domani mi sia dato l’onore di poter spiegare, di più e meglio, una certa trascendenza che aleggia intorno al fenomeno, magari da una radio. È da molto tempo, infatti, che sto tentando di ritornare alla carica, ‘on the air’ e, prima o poi, averrà!

(*Nota. Il primo ad avere un’intuizione del genere fu lo scrittore Hermann HESSE, nel suo “The Steppenwolf ”… curioso che il nome di quel libro fu ripreso proprio da una delle prime formazioni di musica Hard sul finire dei ’60… no? All’intuizione di Hermann Hesse, su cui ho lavorato ed approfondito, ho fornito prove).

Cosa pensi dei messaggi negativi che molto spesso (purtroppo) vengono veicolati tramite la musica heavy metal?

Come sai, molti anni fa, un mio ascoltatore morì mentre sentiva della musica Heavy (si parlò di incidente ma, per le modalità in cui avvenne il fatto, si pensò subito a un suicidio). Benché nei miei programmi non avessi mai potuto dire o fare qualcosa che, razionalmente, potesse spingere ad un tale gesto, da allora ci vado cauto con qualsiasi cosa che possa, anche lontanamente, essere scambiata per un messaggio negativo.

Quando si sente dire che innovazione nell’HM non ce n’è più e che gli splendidi anni ’80 sono finiti per sempre cosa ti viene in mente?

Gli Angra (con André Matos) – Tobias Sammet (di “Avantasia”) – i Cildren Of Bodom – i Pantera (dopo il cambio, con la loro lurida psychedelia nera, da fogne e paludi più che da spazi cosmici) – i Metallica (di “Load”… che, inutilmente, in molti si sono accaniti a definire traditori… quando, invece, hanno dato nuova linfa al Metal boccheggiante del periodo, proprio con quel lavoro) – gli Honeymoon Suite (tutti) – Brazen Abbot (di Bad Religion) – Dimmu Borgir – gli italiani Vicious Mary

Se ti dico che l’ascolto di “Holy Land” degli Angra mi ha catapultato in un dream di oltre sei mesi in cui non pensavo altro che a loro ed alla scoperta dell’America, descritta secondo una bi-fronte e grandiosa prospettiva: dal punto di vista dei “Conquistadores” e degli indiani… conquistati, e ai brividi che mi procuravano le loro sonorità nuovissime per l’HM! Sognavo un giorno di vederli su di un palco, tutti con stupendi copricapo piumati… da capi-tribù e con quelle fantastiche percussioni. Insomma, magari buttiamo pure l’acqua sporca ma, per favore, non gettiamo via anche il bellissimo bambino!

Questa musica ha energie e capacità innovative insospettate, rimane sempre uguale e non è mai simile a se stessa (*) , vi è un filo ideale, percettibile solo dagli appassionati, che la unisce; ogni decade che passa lo dimostra. Finché ci sarà cuore e passione… ci saranno ancora molti altri anni ’70 e ’80, di là da venire!

( * Nota . Spero che questo, una volta per tutte, serva a ricordare ai sostenitori del Progressive, quanto sia falsa la credenza che questa musica non abbia la capacità di rinnovarsi. A costoro dico che la propensione all’innovazione nella musica dura è molto più sottile e spontanea che in qualsiasi altro genere. Solo quando una decade è trascorsa se ne percepiscono i cambi che, nessuno, scientemente potrà negare. Invoco costoro, per una volta, di ascoltarla senza pregiudizi. Insomma quando ci si renderà conto e si vorrà ammettere che questo è l’autentico cuore del Rock, intorno al quale tutto ruota?)

Hai curato la produzione del primo disco a 12” dei Rollerball e hai anche fatto da loro manager per un periodo. Racconta quell’esperienza. PS: che fine hanno fatto i Rollerball?

Erano degli autentici geniotti ma pigri ed un po’ assetati di successo… cosa che, dopo il favorevolissimo loro esordio con me, li spinse ad accettare un contratto con gente estranea all’ambiente (Ernesto De’ Pascale, per esempio, come manager), che li fecero allontanare, progressivamente dal Metal per dirigersi anche verso il commerciale. Entrarono nell’orbita di Vasco Rossi e registrarono anche un disco di prova, dove suonava il basso con loro nientemeno che Bob Callero (L. Battisti ed altri) il turnista più richiesto d’Italia. In realtà, credo, che furono presi in giro e dopo un doppio 12” (nel quale una ottima song di grossa presa, sullo stile di “Jump” dei VAN HALEN , a riprova della loro superba vena compositiva) sparirono dalla mia vista. Eppure, se avessero tirato fuori un 33” prettamente Metal, dopo la loro opera prima (e… lo avremmo fatto!) magari riaggiustando un po’ il tiro… sono sicuro che avrebbero sfondato alla grande. I ragazzi del Fan Club osannavano il disco, ce ne fu persino uno che mi scrisse: “Un’opera del genere dovrebbero conservarla nella Galleria degli Uffizi!”, c’era una palpabile attesa nel pubblico che loro purtroppo disattesero.

Alcuni dati su di loro. Avevano una capacità sbalorditiva di ricercare nuove sonorità e di comporre nella maniera più semplice immaginabile: per es., la loro più famosa “ Wild Town ”, mid- tempo ipnotico con parti lente, era basilarmente costruita sui tre accordi del Blues- R&R (Mi, La, Si) ma nessuno l’avrebbe detto mai. Nelle loro mani, quel giro armonico, sembrava tutta un’altra cosa.

Nel periodo che registravamo e ci interessavamo della copertina e della produzione viaggiavamo molto; spesso andavamo a Milano e in quei giorni respiravamo una bell’aria: quasi da persone famose, qualcuno, sul treno, ci chiese anche l’autografo… senza ancora sapere chi fossimo. Peccato aver mollato proprio sul più bello! Il loro nuovo cantante era antipaticissimo ma, per le sue ottime doti, andò a sommare la sua capacità compositiva a quella già notevole di Braccesi-Ricciardelli (bassista e chitarrista); in più suonava le tastiere ed aveva una voce quasi alla Halford.

La loro pigrizia la posso sintetizzare con questo episodio: mi giurarono di aver terminato di comporre il testo inglese della prima song del disco… ed ora lo posso anche dire a distanza di tanti anni. Giunse il giorno di andare in studio e registrammo una canzone… con parole, per metà, pseudo-English; una figura veramente meschina… mi arrabbiai tanto che mi stavano uscendo le orbite dagli occhi e mi sentirono urlare persino fuori dallo studio (insonorizzato). Meno male che non in molti si sono accorti del pasticcio lirico! In ogni modo, al di là di questo errore scusabile visto i tempi, “ Outlast The Game ” rimane un grande disco che se fosse stato inciso con qualche pista in più e con più calma sarebbe risultato perfetto.

Un aneddoto di quando il vinile vide la luce fu questo: ci recammo subito all’ARCI, affinché ci dessero la possibilità di suonare da qualche parte, feste dell’Unità e simili. Ci portammo dietro il disco come garanzia e quando ci trovammo di fronte a “Mr. Casini (*) , the ARCI’s sub-assistant promoter man”, questi lo guardò incredulo ed estrasse il disco dalla cover cercando di piegarlo con le mani, volendo constatare che fosse vero, cioè di autentico vinile. Ve lo prometto, mancava poco che lo schiacciasse sotto i denti, come si fa quando si vuole vedere se una moneta è d’oro! Tanto… avevamo capito che non ci acchiappava un tubo, il promoter… e anche che non ci avrebbe fatto mai suonare. Scoppiammo a ridere in coro, come fanno quelli delle “Iene” in Tv, ci riprendemmo il disco e ce ne andammo! Maledetto imbroglione, maledetti incompetenti, lui e tutti gli altri… Ne avrei tanti ancora di aneddoti sulla rovina della musica in Italia, ma finisco qui che è troppo lungo!

(* Nota. Casini era il vero nome dell’addetto alla “promozione e spettacolo” di quell’organizzazione e lo ricordo ancora perfettamente).

Maxx Bell, il cantante (che era di Parma) tornò dalle sue parti; lo riconobbi una sera al Maurizio Costanzo Show, nel 1990, aveva compilato un dizionario su offese e improperi. Jey Key (John Kennedy?), il bassista, lo intravidi per caso una decina di anni fa, mentre lavorava nel fondo di un ufficio, lungo, buio e polveroso (lui però non se ne accorse ed io andavo di fretta). Che pena, vedere un vero talento della composizione ridotto a fare le fotocopie. Chissà quanti eroi del metallo italico sono finiti così. Ragazzi… bisogna fare qualcosa. Soprattutto… non mollare!


Nella foto: Rollerball – Outlast the Game

Benché intenditore di HM italiano, puoi elencarmi cinque dischi degli anni ‘80 a tuo giudizio fondamentali?

Cinque sono troppo pochi per descrivere un’era, comunque ci provo lo stesso. Naturalmente “Hardware” dei Krokus ; “Strong Arm Of The Law” dei Saxon ; “This Means War” dei Tank ; “Shock Tactics” dei Samson, e “Stakk Attakk” dei Wrathchild . Davvero 5 albums non sono sufficienti: incredibile, per me, aver dovuto eliminare “Ace Of Spades” dei Motorhead , “Forged In Fire” degli Anvil o addirittura “The Number of The Beast” degli I.M . e tanti altri! Ho lasciato fuori gli Iron perché seguivo Bruce Bruce dai Samson, band che ritengo molto più innovativa di quella di Steve Harris & co. Come è noto, il chitarrista Paul Samson, oltre ad aver perso un grande cantante, è deceduto qualche anno fa, situazione che ha cancellato, definitivamente, la possibilità di rivedere insieme quel formidabile quartetto che ci ha regalato composizioni immense. Fa bene ricordare che insieme ai due suonavano oltre a Chris Aylmer , eccellente bassista, nientemeno che Thunderstick , uno dei batteristi più completi che il Metal (e non solo) abbia mai annoverato fra le sue fila… poi per me lui non era nemmeno un batterista ma molto di più!

Quali sono secondo te i dischi imprescindibili della NWOIHM degli anni ’80?

Il monumentale ed omonimo album di esordio dei VANEXA , assolutamente, il primo LP autenticamente HM in Italia; oltre ai debutti dei SABOTAGE e dei ROLLERBALL; confermo che le opere d’esordio, di questi tre gruppi, erano fondamentali e giustificate in pieno perché potevano definirsi innovative e rappresentative degli anni in cui venivano composte ed eseguite: cioè queste band erano figlie del loro tempo; mentre per VANADIUM , in particolare fino al loro 3º “Game Over” e per i DARK LORD (l’omonimo 12″), i loro lavori sono da considerare fondamentali per ragioni storiche poiché, benché buoni e tecnicamente ben fatti i dischi risentivano troppo dell’influsso della decade precedente. Buonissima, imperdibile ed a tratti molto originale, era anche la compilation curata da Beppe Riva: ” HM Eruption ” che dà una panoramica ampia del fenomeno di quegli anni (benché io non avessi influito minimamente nelle scelte di Beppe, notai che dei 10 gruppi presenti nella raccolta, solo 3 non avevano partecipato al festival di Certaldo). Ti faccio presente, inoltre che, poiché esisteva, a fianco di quello toscano, anche un HM Underground lombardo, ecco la sorpresa: estremamente imprescindibili e personalissime sono due band milanesi che incisero nei primissimi ‘80, precedendo anche i Vanadium. Si tratta dei 45″: dei NEW AGE di Cataldo Prantera (che riuscivano a cantare, già da allora, in italiano senza far storcere la bocca a nessuno), e i BLOODY SKIZZ , autentici figli dell’epoca. Senza dubbio 2 gruppi antesignani e campioni della NWOIHM. È un consiglio, per tutti, il riascoltare il loro materiale. Io posseggo i loro primi eccellenti 45″ ma immagino che, se c’è stata, la loro produzione doveva essere tutta eccezionale. Mi dispiace solo che non riuscii a rintracciarli per Certaldo… forse erano già disciolti. Il full length degli SHINING BLADE (“Touch The Night”), certamente è un fondamentale, ma si sa che quel disco è pressoché introvabile.


Nella foto: Bloody Skizz

Secondo te, se fossero state date le stesse opportunità delle quali hanno beneficiato Lacuna Coil e Rhapsody, quali band nostrane degli anni ottanta avrebbero potuto raggiungere il meritato successo internazionale?

Iron Mould (gruppo Glam eccezionale che, come tu sai, con pentimento postumo, tenni fuori dal festival di Certaldo) – Rollerball Raff – Bloody Skizz – Vanexa – Shining Blade – e, sicuramente , la Strana Officina , se non avesse subito tante perdite. Se vogliamo essere pignoli, potremmo dire che almeno due di questi avevano le carte in regola per sfondare in tutto il mondo, cosa che avrebbe prodotto, già d’allora, un effetto trascinamento per altre band italiane. Purtroppo, per le già descritte carenze del nostro apparato discografico e dei nostri Media (ed un po’ anche per poca fortuna), quell’effetto non c’è stato… almeno immediatamente. È innegabile, però, che i gruppi che oggi beneficiano di un certo successo hanno avuto la strada spianata da quel movimento. Il Metallo Italico è un fenomeno tutto sudore e sangue di appassionati che, ripeto, ci sono e sono anche numerosissimi – L’Italia (*) è uno dei Paesi che più gruppi HM ha sfornato al mondo, in tutta la sua storia, secondi solo alla Germania e di poco prima della Francia ma nettamente avanti alla Spagna! – frenati da un mondo di: ricchi, incompetenti, nazionalisti e pseudo-colti.

(* Nota. Fonti abbastanza attendibili danno questi dati: Germania 2500 band circa; Italia 1600 circa, Francia 1500 circa; Spagna 500 circa. Eppure gli italiani sono quelli che minor riconoscimento hanno ottenuto!).

Hai trasmesso per parecchi anni programmi heavy metal in diverse radio (Controradio, Radio Centofiori e Antenna 3, tutte a Firenze) spesso, se non erro, con lo pseudonimo di Pierrot le Mokò. Pensieri e sensazioni a riguardo.

Molto l’ho già detto, qui aggiungo: gioie e dolori! Nonostante, a Controradio , fossi uno dei membri storici, i miei colleghi, pur provenendo musicalmente dalle stesse origini, non mi perdonarono mai di non essermi voluto piegare alla New Wave. A Radio Centofiori si era in pieno periodo “CLASH” e meglio non parlarne. Una precisazione Steven: “Pierrot le Mokò” non era un mio pseudonimo, bensì l’affettuoso nickname di un mio amico, a cui devo molto per il mio perfezionamento musicale, era la mia cattiva coscienza dell’HM. Spesso lo portavo con me in radio e con lui, benché improvvisate, uscirono fuori fra le mie migliori trasmissioni di sempre. Famoso rimase, il nostro modo scanzonato e scoppiettante di presentare la musica, come il nostro corale, letteralmente urlato a squarciagola, sulla reprise della canzone dei GOLDEN EARRING : “Raaaadaaaar Loooooove!!!!!”. Talmente andavamo all’unisono che tu hai pensato dal mio racconto privato, che si trattasse della stessa persona. No, era il mio migliore amico di tante battaglie, un grande esperto, forse il mio alter-ego, ma non ero io!

A proposito di sensazioni ‘on the air’, ascolta questa. Una volta con un ventilatore rumorosissimo feci uno special sui Saxon , simulando di trasmettere da un vecchio Spitfire, “At 20.000 Feets” di altezza e memorabile fu l’attacco in cui dissi che mi sarei lanciato in picchiata verticale verso il suolo, da lì per raggiungere l’Inferno per poi risalire (era il pretesto per agganciare il brano successivo, che avevo introdotto con un: “ To Hell… And Back Again ”)… mentre le folate dello starnazzante ventilatore davano proprio l’impressione, sulle note dell’omonimo brano dei Saxon, di riprendere quota, dopo la caduta. Alcuni ascoltatori mi hanno ricordato, dopo anni, le sensazioni che gli procurai con quello ed altri programmi.

“Radio Thunder” fu un mio ciclo di trasmissioni dalle frequenze di radio Antenna 3-Toscana e quello fu anche il periodo della raccolta dei frutti e degli addii: Certaldo; il disco dei Rollerball; e la soddisfazione di vedere che la mia “personale militia di HM fan” era divenuta numerosissima; una volta ne contai più di cinquanta alle porte dello studio, che aspettavano di conoscermi… che casino! E stata quella situazione a farmi ritenere che i programmi radio ebbero in quegli anni, quantomeno, lo stesso peso del festival. Vorrei aggiungere che se Beppe Riva fu la mente intellettuale che risvegliò gli animi dei Kid di quegli anni io, certamente, fui il braccio che circondò le sue parole di contenuti. Se me lo consenti ti dirò anche che io mi sono sentito come… la colonna sonora di un movimento.

Da una radio si può influenzare un ambiente: i messaggi possono avere un potere fortissimo sulle masse, soprattutto se composte da giovani inesperti. Mai avuto problemi in questo senso? Immagino ti sia posto questi interrogativi più e più volte…

In generale contesto qualsiasi associazione tra il satanismo e l’HM (il che risulta abbastanza duro, visto il massiccio spiegamento di simbologie presenti in tutta l’iconografia del genere da noi sostenuto). Della mia esperienza negativa, di uno psicolabile – o di un ragazzo un po’ maldestro, se vogliamo – ti ho già spiegato prima. Qui aggiungo solo che credo che ci sia un fraintendimento, alla base di certe convinzioni. Oggi molti ragazzi, ai concerti, espongono la mano tricorne come un identificativo con la musica da loro ascoltata, pensando di associarla al satanismo. Se partiamo, invece dal presupposto che il fenomeno è nato, nei suoi albori, da quel sentirsi socialmente derelitti e reietti, di tutto il popolo Metal, capiamo che “ l’ultima razza al mondo di maledetti” non ha niente a che vedere con Belzebub, o Satanass. Molto più ha a che vedere, invece, con i meravigliosi poeti francesi, che cantavano dei dimenticati fiori del male della società (prendendo a pretesto il demonio solo per esprimere certi concetti per contrasto). Essere maledetti, allora, può anche essere esaltante se inteso nel senso da me tratteggiato.

In conclusione, voglio dire, che i mezzi d’informazione dovrebbero sforzarsi a cercare di far capire certe cose al loro pubblico; e in quel caso ci starei anch’io ai concerti ad esporre la mano tricorne. Vedo spesso, invece, che molti sguazzano nel fenomeno, quasi fomentando il male…. in un mondo che ne è già pieno. Personalmente io mi batterò in ogni sede per cercare di contrastare certi messaggi, perché il terreno dell’ambiguità non mi si addice. Sono sicuro che la nostra musica ha ben altri e positivi significati da portare avanti e che l’ambiguità potrebbe risultare… pericolosa. Sta nell’intelligenza e nella creatività di chi gestisce trovare, con metodi e parole adatte, il sistema per farlo capire ai Kid di oggi. So, col mio condannare, di essere duro e di percorrere una strada difficile… ma io non temo niente e nessuno e proseguo dritto senza guardarmi indietro!

Hai avuto altri contatti con i media al di fuori dell’HM?

Si, e sono contento che tu me lo chieda perché, se ciò può servire a nobilitare il nostro mondo, visto all’esterno è percepito tutto come un’accozzaglia di ignoranti, inquadrati con disprezzo nell’accezione deleteria del termine: “metallaro!”, allora ci tengo a dire che, per via di alcuni miei scritti extramusicali, raccolti in un libro di racconti, ho avuto modo di frequentare varie radio e televisioni, fra le quali Rai e Mediaset. Tra l’altro, quella mia prima divulgazione (dal titolo “ I Mercenari ”) avvenne al Maurizio Costanzo Show. Ho avuto modo di scrivere anche su alcune riviste: in particolare, la trattazione di racconti che avevano l’aspetto della novella di fantasia; quando erano, in realtà, episodi di vita reale estrapolati dalle pagine di cronaca nera di alcuni giornali, dai quali partiva un’indagine alla ricerca della verità ma come se si trattasse di un “Gothic’s Tale” di una “Série Noire”.

In generale, parla del contributo che secondo te hai dato alla musica da quando te ne interessi.

Spero di essere stato abbastanza esaustivo con il racconto di parte della mia vita. Mi piacerebbe essere ricordato come quello che aveva indicato vie nuove e nuovi sistemi, guardando sempre le cose da un lato diverso, per avere una visuale prospettica precisa e completa dei fenomeni e, soprattutto, quello che ha dato calore, tanto calore, a più persone possibili. E se qualcuno, un giorno, me lo vorrà riconoscere… anche un po’ di luce!

Per finire: errori, rimpianti e delusioni insieme a gioie e soddisfazioni.

Errori: un’infinità; rimpianti: nessuno; gioie e soddisfazioni… tutti i miei errori!

Penso di aver combattuto con valore e correttamente e di aver fatto stare tanta gente, fisicamente o mentalmente, bene insieme e vicini: qualcuno si è anche perso, ma in molti si sono ritrovati. Per esempio Steven Rich era ancora uno studente quando, nel lontano 1983, venne a conoscenza, forse dalla rivista cartacea Rockerilla , che un tale HFR, stava organizzando il 1º festival HM italiano. I cieli della Toscana stavano bruciando e Steven voleva correre… ma l’ultimo anno delle scuole, dopo le quali sarebbe stato finalmente libero, lo fermarono. Era difficile per lui starsene seduto ad un tavolo a preparare la maturità, mentre HFR, da Firenze, aveva chiamato tutti a raccolta per il “ Rock in a hard place HM Fest ”. Non è vero Rich? Insomma, i lettori di TM, avranno capito che Steven and Henry erano due che prima correvano paralleli, senza mai essersi visti e poi hanno finito per incontrarsi (però, data la stima reciproca, non è detto che, dopo questa intervista, non ci siano altre X, e poi: altre = ; e, poi, ancora X; =; e così via), del resto, solo li divideva una, seppur grandissima, Verde Vallata!

Vado a bermi una birra, Steven, che si è fatto sera. Torno tra le mie ricerche e la mia (nostra) musica che amo alla follia. Saluto tutti i tuoi lettori ‘hards and nuts’ ai quali ricordo che le vite umane parallele (=), spesso, sono più vicine di quel che si crede: per questo anche se a qualcuno di loro dovesse capitare di non incontrarlo più, pensi che HFR è proprio lì accanto ancora a spippolare… nessuno è riuscito e nessuno riuscirà a fermarlo. Mai .

Truemetal hail! and God bless ya all!

Grazie

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

P.S.: si ringrazia l’amico Marcello Dubla di Verorock per le foto di Certaldo