Alternative Metal

Intervista Jinjer (Tatiana Shmailyuk)

Di Vittorio Cafiero - 4 Settembre 2021 - 17:27
Intervista Jinjer (Tatiana Shmailyuk)

Ciao Tatiana e benvenuta su Truemetal.it. Questa è la primissima volta che la nostra webzine ha il piacere di ospitarti per un’intervista e ne siamo molto felici, specialmente perché sappiamo di avere molti vostri fans tra i nostri lettori e tra i nostri followers. Prima di tutto, vorrei sapere come stai e dove ti trovi…Forse in viaggio oppure a casa in attesa della prossima data?

Ciao a te Vittorio, grazie mille, sto bene, per me è un vero piacere e un onore parlare con voi di TrueMetal.it. Sono a casa, un altro “press day”, tante interviste…Attualmente ci stiamo preparando per i prossimi concerti, a breve avremo il Resurrection Fest in Spagna e subito dopo una data in Italia nel weekend (l’intervista è stata raccolta il 23/08). Sai, stiamo lavorando molto, abbiamo le nuove canzoni da presentare e sono parecchio complicate…

In effetti, stavo dando un’occhiata al vostro calendario concerti e ho notato che le prossime settimane sono decisamente impegnate e avete già annunciato diverse date per il 2022. Possiamo dire che finalmente per voi le cose sono tornate alla normalità dopo lo stop per la pandemia? Nelle ultime settimane avete incontrato particolari difficoltà in termini di autorizzazioni, green pass….? Da quello che so, la data in Italia dovrebbe essere unicamente con posti a sedere…

Ah davvero?…Non ne ero al corrente. Quindi un evento con distanziamento sociale? Vabbé, non è un grande problema per noi, l’anno scorso abbiamo fatto un micro-tour tra Germania e Svizzera con restrizioni, con la gente seduta, quindi non è una novità. Beh, come vedi nulla è davvero tornato alla normalità, niente è sicuro, anche perché ancora molte date e molti tour continuano ad essere cancellati. Dobbiamo fare attenzione e mantenere sempre le dita incrociate che tutto vada bene e sia confermato.

Del resto voi siete assolutamente una live band…anche se siete estremamente attivi dal punto di vista “video”. Ho perso il conto di quanti video avete realizzato, da quando la band è attiva, tra videoclip e live ufficiali. E’ una vostra scelta come band oppure è una strategia perseguita dal management o dalla vostra etichetta?

Devo dire che si tratta decisamente di una nostra decisione. Sai, viviamo in un’era di “realtà virtuale” dove Youtube regna sovrano e questo è il modo in cui possiamo dare una bella spinta alla nostra promozione. E’ non è un segreto che bisogna spingere il più possibile, specialmente in questo periodo in cui i concerti sono al minimo…è un modo per dare qualcosa ai fans, affinché non si dimentichino di noi.

Parlando di video famosi, ho notato che nelle ultime date, non avete suonato “Pisces“, probabilmente il vostro pezzo più conosciuto. E’ stato un caso oppure avete veramente l’intenzione di tenerlo un po’ da parte, anche per spostare l’attenzione dei fans sugli altri pezzi della vostra discografia?

La seconda opzione! Sai, non siamo e non vogliamo diventare una band da una sola canzone…Non vogliamo fare la fine degli Eagles. Diamo sempre il massimo, ci sbattiamo per comporre tante canzoni di qualità, diamo il nostro meglio. Per carità, non mi lamento di aver ottenuto tanta visibilità con “Pisces” e il relativo video. Adoro entrambi, assolutamente, ma abbiamo così tante altri pezzi e tanta altra musica interessante con testi che spaziano su tanti argomenti diversi. Tutti meritano attenzione. Per questo abbiamo messo per il momento Pisces in un cassetto. Non voglio quindi dire che non la suoneremo più, assolutamente, ma abbiamo preso una pausa. Poi con il nuovo disco in uscita abbiamo intenzione di promuovere tanta nuova musica…

A proposito, ho sentito dire che avete intenzione di proporre tutto il nuovo album dal vivo. E’ vero?

Beh, ci stiamo pensando. E’ decisamente possibile. E’ una cosa che non abbiamo mai fatto prima d’ora. Pensiamo che possa essere una cosa positiva. Oltretutto sta diventando difficile scegliere quali pezzi suonare dal nuovo album. Li amiamo davvero tutti. Sì, potremmo farlo…Vedremo. Molto dipenderà anche dalla reazione del pubblico.

E sempre a proposito di video-hits e reazione dei fans: cosa mi dici dei cosiddetti “reaction videos”? Ce ne sono così tanti dedicati a voi e anche a te come cantante? Ti piacciono o iniziano a stancarti?

No, non mi stanno stancando. Ogni tanto ci capito sopra su Youtube…la gente ha del tempo libero ed è grande che trovino inspirazione nella nostra musica. Ricordo che due anni fa a New York Metalsucks mi ha ripreso, registrando appunto la mia reazione alle loro reazioni, c’è ancora il video su Youtube. Ho quindi avuto la possibilità di ascoltare pareri interessanti. Spero che continuino a farlo, onestamente. E poi alla fine è un bel modo di occupare il tempo, non trovi?

Certamente. Passiamo adesso al nuovo album appunto, “Wallflower”, a brevissimo in uscita. Devi essere molto eccitata all’idea…Quali sono le tue sensazioni, siete fiduciosi sulla sua riuscita?

Sì, naturalmente siamo molto eccitati e aspettiamo con impazienza il giorno dell’uscita fin dall’ultimo giorno di registrazione, a Maggio. Il feedback sulle prime canzoni che abbiamo rilasciato è incredibile ed è ciò che ci dà motivazione e che ci infonde fiducia. Abbiamo quindi buone sensazioni. Oltretutto abbiamo filmato un altro video per la title track che ci sembra davvero buono.

Ho avuto l’opportunità di ascoltare il promo in anteprima e devo dire che ho trovato l’album decisamente maturo e coeso a livello di songwriting: non una vera e propria evoluzione in termini di suono o stile, è Jinjer al 100%, ma sicuramente una crescita in termini di consistenza. E’ solido, pesante…sei d’accordo con me?

Sì, sono d’accordo. Direi che siamo cresciuti, un po’ almeno…tutto è capitato in modo naturale. Da sottolineare il fatto che la maggior parte delle canzoni del nuovo album sono state scritte dal nostro batterista Vladislav, che appunto non è solo un batterista ma ha anche competenze in quanto a composizione e suona anche la chitarra, ha molte cose da dire in quanto a musica. Poi sai, nel momento in cui una band smette di crescere, smette anche di vivere. Abbiamo semplicemente cercato di sviluppare le nostre abilità il più possibile…

Suppongo che i vostri album precedenti siano stati composti in modo abbastanza frenetico, considerando la vostra agenda concerti, quindi tra un tour e l’altro o addirittura magari anche in viaggio. Per “Wallflower” questo è cambiato, magari proprio a causa della pandemia? 

Questa volta è andato tutto in modo diverso, chiaramente. Abbiamo finalmente avuto tutto il tempo disponibile per comporre, arrangiare, registrare, pensare e ripensare a tutte le soluzioni possibili per ogni pezzo, lavorare sull’artwork. Per una volta abbiamo avuto la possibilità di lavorare da musicisti e non come facevamo prima, tra viaggi e tour. Davvero abbiamo avuto del tempo prezioso da spendere nella realizzazione del disco e ne sono davvero grata. Specialmente gli strumentisti nella band. Poi, vabbè, io sono una procrastinatrice nata, per cui ho iniziato comunque a scrivere i testi all’ultimo momento, praticamente poco prima di entrare in studio per registrare. Ma alla fine sono fatta così, è diventata praticamente un’abitudine ridurmi all’ultimo minuto. E poi lavoro meglio sotto stress.

E cosa puoi dirci dei testi?

Riguardano diversi argomenti, ad esempio “Sleep Of The Righteous” parla della cosiddetta paralisi del sonno (disturbo del sonno caratterizzato, al momento del risveglio o poco prima dell’addormentamento, da una temporanea incapacità di muoversi e parlare ndr) che provoca una vera e propria sensazione di panico in colui che ne è colpito, è una cosa davvero orribile. “Wallflower” parla delle persone introverse e che hanno problemi a socializzare e che riescono a ricaricarsi e a rilassarsi solo quando sono da sole a casa. Quindi non si tratta di un concept album, anche se effettivamente un filo conduttore c’è ed è il lato psicologico dell’essere umano, le sue debolezze, le sue paure.

Fino a pochi anni fa eravate descritti come la “next big thing“, ora si può dire che le promesse sono state mantenute e che, nonostante la “pausa Covid”, vi siete confermati come una delle band più interessanti in circolazione. Sentite adesso pressione dalla situazione o la passione per la musica ha comunque la prevalenza? Per voi è diventato un lavoro, oppure si tratta ancora di qualcosa che vi diverte e, al contempo, vi permette di mantenervi?

Domanda difficile! Naturalmente è diventato un lavoro, ad esempio io adesso sto parlando con te ed è parte del mio lavoro. Però contemporaneamente ci dà anche un sacco di gioia. E’ un lavoro comunque duro e nonostante il “successo” le cose non sono diventate facilissime per noi. Più successo significa più problemi e più responsabilità. Però io al momento non vedo me stessa fare altro, come ad esempio un lavoro di ufficio. La cosa migliore è quindi lavorare duro e apprezzare quello che si fa. E’ vero, certe volte divento isterica e avrei voglia di mollare tutto, ma è anche perché di natura sono abbastanza pigra. Ma alla fine niente deve essere dato per scontato. E poi, altro elemento: il mondo della musica è molto effimero, nonostante ciò non sarebbe facile mettere in pausa questo “giocattolo” che abbiamo creato. Come dicono, “resta umile e….stronzo!” (risate ndr).

Essere una metal band ucraina è stato probabilmente difficile agli inizi, in termini di visibilità principalmente. Possiamo dire invece che adesso sta diventando un valore aggiunto per voi, dandovi una sorta di “tocco esotico” e permettendovi di distinguervi dalla massa?

Esotico? Beh, non ho mai sentito nessuno definire l’Ucraina “esotica” (risate). Sì forse è andata così, ogni tanto ironicamente “speculiamo” sulle nostre origini e giochiamo a fare quelli che vengono da lontano, che devono faticare e attraversare tante frontiere….Ma una cosa è sicura: essere Ucraini e in particolar modo Ucraini dell’Est ci ha sicuramente formati in quanto a personalità. In che modo? L’abitudine al lavoro duro, il desiderio di cambiare le cose, cambiare un futuro che si delinea non troppo luminoso per i giovani che vengono dalla nostra zona. Il nostro background ci spinge a desiderare di venirne fuori e la stessa situazione di guerra che attanaglia il nostro Paese ci spinge a cercare una vita migliore. Abbiamo perso tutto, le persone hanno perso il loro lavoro, è dura fare musica. Non è disperazione, è voglia di emergere: se non hai niente, non puoi raggiungere niente.

Tatiana, avete sostanzialmente girato il mondo in tour. Ma cosa ricordate delle vostre esperienze in Italia?

Mi ricordo la primissima volta che abbiamo suonato in Italia. Eravamo una band piccolissima, forse nel 2014, nessuno ci conosceva. Era Pasqua, c’erano pochissimi spettatori oltretutto a causa della festività. Ci osservavano, nessuna reazione. Eravamo un po’ imbarazzati…Poi ci hanno detto che è abbastanza normale da voi. Le band sconosciute vengono osservate con attenzione in silenzio, non c’è entusiasmo immediato. Ma poi una volta che si riesce a fare breccia e ad avere un certo successo le cose cambiano e la passione sale alle stelle. Quello che ci è poi effettivamente successo con voi, siete così passionali in fin dei conti (ricordiamo l’ultima data sold-out ai Magazzini Generali nel 2020 ndr) .

Ok, il tempo a disposizione è terminato! E’ tutto per questa volta. C’è un messaggio che vuoi lasciare ai nostri lettori?

Sì certo, molto volentieri. Innanzitutto voglio ancora una volta invitare tutti all’ascolto di “Wallflower”, il gran giorno è alle porte e siamo davvero ansiosi di presentarvi la nostra creazione e non vediamo l’ora di suonare dal vivo nuovamente per voi! Vi aspettiamo!