Symphonic

Intervista Kamelot (Tommy Karevik)

Di Arianna Govoni - 17 Marzo 2023 - 9:54
Intervista Kamelot (Tommy Karevik)

Dove c’è ombra, c’è luce. Questo il motto che, da sempre, lega i Kamelot alle proprie radici e ad un genere musicale, il symphonic metal, sempre più in costante evoluzione. A distanza di 5 anni dalla precedente release, The Shadow Theory, il gruppo capitanato da Thomas Youngblood torna più in forma che mai ed è pronto a presentare il frutto di tutti questi anni lontani dalle scene: “The Awakening”. Un disco che, come avremo modo di raccontarvi nella recensione che ne seguirà, ci presenta una band che omaggia sì le proprie origini ma che, al contempo, ha trovato la giusta formula per re-inventarsi, portando con sé un’aria di innovazione e freschezza. In esclusiva su Truemetal, vi presentiamo un’intervista condotta con il frontman della band, Tommy Karevik!

Ciao Tommy e benvenuto su Truemetal.it! E’ un piacere averti qui stasera. Come stai?

Tutto bene, grazie!

Oggi siamo qui per dar spazio ai Kamelot e al nuovo album della band, “The Awakening”, in uscita il 17 marzo su Napalm Records. Sono passati ben cinque anni dall’ultima release, “The Shadow Theory” e due dal live album/DVD “I Am The Empire”. Forse è il tempo più lungo intercorso tra una release e l’altra. So che il covid ha giocato un ruolo fondamentale per ciò che riguarda la pubblicazione, ma quanto ha effettivamente inciso, l’annesso periodo legato alla pandemia, alla realizzazione e, appunto, alla pubblicazione del disco stesso?

Sì, sai, siamo usciti da un ciclo di tour piuttosto estensivo per la promozione di “The Shadow Theory” e, proprio quando avevamo completato la tranche di show e abbiamo iniziato a comporre, fondamentalmente è arrivato il covid, quindi non ci siamo persi alcuna data. Siamo passati in modo naturale alla scrittura e poi la pandemia ha colpito, come sai… Chi poteva sapere cosa sarebbe successo? Il disco aveva già una sua data di pubblicazione, che è stata spostata una volta e, ancora, un’altra. Non aveva davvero senso pubblicare un album senza poter fare un tour, e così è stato per i primi due anni di covid… Questo è più o meno com’è andata. Dio ci ha dato più tempo per lavorare sull’album e la cosa ha funzionato davvero: ci siamo assicurati di pubblicare il miglior prodotto in assoluto che potessimo fare, potendolo revisionare. Ormai non è una cosa così comune, per le scadenze sempre più strette, ma questa volta, possiamo davvero dire di aver trasposto in musica quella che avevamo in mente. Siamo davvero felici di ogni canzone dell’album nel suo insieme, e non potrei essere più entusiasta di tornare là fuori e suonare!

Questo è il tuo quarto album con i Kamelot. So che hai contributo alla stesura dei testi nella produzione di questo nuovo album. Secondo te, che cosa pensi di aver aggiunto al songwriting della band che è comunque consolidato? Cosa pensi di aver apportato in più rispetto ai dischi precedenti?

Già, sono passati dieci anni, quasi un decennio. Sai, inizialmente la mia volontà era quella di onorare il passato e far sì che la  transizione fosse molto semplice. Ho cantato i vecchi brani cercando di portare qualcosa di nuovo e in ogni disco cercando di inserirci qualcosa in più del mio stile. Penso che questo nuovo album mi offra maggiori possibilità come cantante. Ci metto tutto me stesso per usare stili diversi, diversi tecniche vocali, approcci, ma credo che avendo avuto più tempo a disposizione e avendo registrato le mie parti da solo, questa volta ho potuto fare tutto in maniera migliore. Cercare davvero di interpretare i testi, mettendo la giusta carica di emozione dove serve. Le tempistiche di cui parlavo prima, o meglio il fatto di avere più tempo, mi ha permesso di fare con calma quasi tutto da solo nel mio studio di registrazione… Mi ha permesso di sfoggiare una maggiore versatilità, come ho fatto la prima volta nel mio primo disco con i Kamelot.

Ti chiedevo ciò poiché, ripensando al 2012, anno in cui entrasti nei Kamelot, “Silverthorn” nacque come disco studiato sulla voce di Roy Khan… a quel tempo tu ti eri dovuto adattare, mentre ora hai più libertà di esprimerti.

Sì, nel mio primo disco i testi non erano ancora stati scritti dalla band. E’ stato fatto tutto assieme a me. Io e gli altri ragazzi, anche se principalmente sono stato io, ci siamo occupati degli arrangiamenti vocali, delle linee di voce e dei testi. La differenza principale è che allora la band stava cambiando cantante e non volevo essere giudicato male dalle persone. Non volevo che pensassero cose del tipo: “Che cos’è questo? È materiale totalmente diverso!”. Mi ci è voluto molto tempo ed energia per adattarmi. La gente crede che io all’epoca avessi già familiarità con la musica dei Kamelot. Invece avevo ascoltato alcuni brani, ma non avevo ancora tutta quella familiarità. Ho dovuto fare delle ricerche, ascoltare musica, vedere i movimenti, capire i testi e cercare di fare qualcosa di simile. Per me è stata un’esperienza molto formativa. Un’enorme esperienza! Sono partito da lì e sono cresciuto insieme alla band, in questi ultimi dieci anni. Un processo lungo e istintivo, com’è nel mio modo di esprimermi artisticamente. Tutti aspetti che hanno contribuito all’evoluzione che ci ha portato al nuovo album!

La band, che possiamo definire storica in quanto nata nei primi anni ’90, ha attraversato diverse fasi musicali,  dove ha approcciato diversi stili, passando dai primi album con un sound più Heavy alla Crimson Glory con Mark Vanderbilt alla voce ad uno stile più classico power metal con Roy Khan che ha fatto da apripista al sound dei Kamelot attuali. Dopo tanti anni visto l’enorme successo crescente, qual è il vostro segreto nel sapervi reinventare ad ogni nuova release e risultare freschi anche alle nuove generazioni?

In questo nuovo album abbiamo voluto riportare alcuni di quegli inni melodici, quei ritornelli enormi e quelle bellissime melodie del passato, cercando di farle suonare con quell’energia live delle chitarre che spingono schiette il sound! Come se la nostra musica indossasse una specie di abito gotico nel 2023. Abbiamo tenuto tantissimi concerti e credo che, oramai, la band abbia un’ottima intesa e sappia ciò che ci piace suonare dal vivo, ciò che la gente ama sentire e cantare insieme a noi… Abbiamo provato ogni brano cercando di incorporare quegli elementi. Tuttavia il mio pensiero è che una band non debba mai badare troppo, a ragione o a torto, a cercare di compiacere le persone. Devi rimanere fedele a ciò che ti dice il tuo cuore, a ciò che sei come musicista, a ciò che ti piace e, se tutto va bene, quello che ci metti finisce per compiacere i gusti delle persone. Non funziona mai bene se cerchi di studiare troppo a tavolino le cose. Tutto suonerà piatto. Credo che certi ragionamenti vadano messi da parte in favore delle emozioni se vuoi far sì che anche alla gente piaccia ciò che fai: devi seguire il tuo istinto quando componi musica! Ecco perché questo album suona così diverso, si è evoluto perché chi fa parte della band ha avuto una personale evoluzione nel tempo.

“The Awakening” è stato anticipato già da due singoli, “One More Flag In The Ground” e “Opus Of The Night”. Cosa mi puoi dire in merito ai feedback dei brani? Quale è stato l’impatto, o comunque, la risposta da parte del pubblico?

Il riscontro è stato fantastico! La prima traccia è una canzone “da radio”, se vogliamo metterla così… E’ il brano che ha richiesto più tempo nella scrittura, benché ormai sappiamo come scrivere questo genere di brani melodici e avventurosi. È quel genere di canzone che può adattarsi bene in radio, ma è difficile da fare perché non puoi metterci di tutto: devi togliere gli strati e carpirne la vera essenza. Devi rimanere fedele al marchio di fabbrica originale dei Kamelot, il che non è facile! C’è voluto molto tempo affinché ci rendessimo conto di ciò che andava fatto, ma ne sono molto orgoglioso! Il secondo pezzo, “Opus Of The Night”, è la prosecuzione di “Ghost Opera”, un brano che ora ha già 15 o 16 anni! È l’epilogo di una storia tragica che non era mai stata risolta. Questa era l’intenzione del pezzo, dal mettere insieme le prime annotazioni su carta sino a renderlo ciò che poi è diventato, poiché era esattamente come l’ho immaginato. Ho sottoposto l’idea ai ragazzi e l’hanno trovata grandiosa, ha avuto una bella accoglienza. Ovviamente la gente ha colto i riferimenti a “Ghost Opera”, hanno davvero scavato a fondo e sono molto contento della ricezione dei primi due brani!

E’ buffo, perché hai anticipato alcune delle mie prossime domande… Ad ogni modo, sarà prevista anche l’uscita di un terzo singolo? 

Sì, ci sarà un altro video in uscita. Credo che, se tutto andrà bene, dovrebbe uscire durante la nostra prima settimana di tour. Sarà fantastico, poiché si tratterà di un brano che presenterà un altro stile diverso. Sarà bello ed una volta che il video sarà uscito, potremmo iniziare a presentare quelle canzoni dal vivo, il che è fantastico! Mancano qualcosa come sei giorni o poco più…

In questo disco avete due donne in veste di guest e, in passato, avete collaborato con tante voci femminili. Vorrei chiederti: con quale voce femminile vorresti duettare nei prossimi dischi futuri dei Kamelot (con cui non hai mai collaborato)?

Sì, beh wow! Questa è una domanda difficile! Ho lavorato con così tante donne ed erano tutte molto brave (ride, ndr)! Mi piacerebbe collaborare con Adele, sarebbe meraviglioso cantare una ballad con qualcuno come lei. Credo che sarebbe fantastico, chissà…

Apro un attimo una piccola parentesi, avendo menzionato appunto le voci femminili. Vorrei chiederti un piccolissimo feedback su “ I Am the Empire – Live from the 013”. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate durante la registrazione live dell’opera e, soprattutto, cosa ne pensi delle 4 guests femminili (Lauren Hart, Charlotte Wessels, Alissa White-Gluz ed Elize Ryd presenti live in Olanda? Quali sono i ricordi maggiori a cui sei più legato?

È stato bello averle tutte assieme, perché erano tutte ospiti nei nostri ultimi album. È stato forte averle tutte sul palco insieme alla formazione originale. È stato interessante, poiché tutti quanti hanno avuto il tempo di far parte di questa release nella stessa giornata! Ero un po’ scettico e anche un po’ confuso, fondamentalmente non ricordo tantissimo di quella serata (ride, ndr). Ero molto concentrato sul vivermi il momento, ma è stato bello far parte di quella sera! Ricordo in particolare una cosa con la quale abbiamo avuto diversi problemi nel corso della post produzione del live album, ma a parte ciò, è stato piuttosto stressante arrivare alla registrazione del disco con una sola prova alle spalle e pronti a salire sul palco! Sono successe molte cose, abbiamo avuto un’esplosione di crio (sono gli effetti speciali criogenici che utilizzano il gas CO2 compresso in diversi modi per creare un impatto che coinvolge il pubblico per quasi ogni tipo di evento dal vivo) e c’è stato molto rumore. Effetti che hanno poi regalato un enorme grattacapo ai responsabili della post produzione, con tutti quei microfoni in sala, per cercare di capire come sbarazzarsi di tutto quel rumore di sottofondo. Ci ha dato un sacco di problemi (durante l’intervista, Tommy imita l’esplosione degli effetti crio, spiegando che la fuoriuscita degli stessi sul palco creava un ronzio fastidioso ai microfoni)!

Tornando a noi, nel secondo singolo, “Opus Of The Night”, nella didascalia del lyric video pubblicato in rete si menziona una storia di 15 anni fa. Il pubblico, sempre attento ai minimi dettagli, ha fatto alcuni calcoli ed è giunto alla conclusione che proprio 15 anni fa, i Kamelot pubblicarono “Ghost Opera”, disco che sembra avere molti richiami con “The Awakening”, vuoi in alcuni passaggi di “Opus Of The Night”, vuoi per la copertina, il sound, la violinista presente. In che modo si ricollegano i due dischi? C’è effettivamente una connessione o prosecuzione a livello concettuale/tematico?

Questa era l’intenzione, fino alla fine! Personalmente, amo il brano “Ghost Opera”, penso che sia un pezzo ben congeniato e mi piace davvero la sua atmosfera. Ho iniziato ad abbozzare la demo per la canzone nel mio studio e volevo creare qualcosa che richiamasse “Ghost Opera”, perché avevo un’idea di proseguire la storia, in quanto si tratta di una storia piuttosto tragica. Sarebbe stato interessante risolvere la storia, in quanto la musica dei Kamelot da sempre tratta di come trovare la luce in fondo al tunnel. Si concentra sulla speranza: laddove c’è buio, c’è sempre la luce. Credo che questo ci distingua da un sacco di altre band e dal genere stesso… questa era l’idea, che poi è diventata una vera prosecuzione anche a livello vocale. Ho voluto “sposare” il vecchio stile dei Kamelot trasformandolo in qualcosa di nuovo, onorando il passato e combinandolo con qualcosa di innovativo. La storia narra della Primadonna dell’opera, la quale non ha mai avuto il successo sperato, poiché in “Ghost Opera” finisce per essere aggredita mentre si reca alla prima in teatro. Ora è diventata anziana, soffre di demenza e non ricorda nulla, ma non appena sente la musica, abbandona il proprio posto e legge lo spartito. Recupera i propri ricordi e torna a vivere ed è così che realizza nuovamente il suo sogno. Questa è all’incirca la storia del brano ed è una perfetta prosecuzione 15 anni più tardi…

Tornando indietro nel tempo, a “Ghost Opera”, che cosa ti ha ispirato di questo album nella sua stesura dei testi per la sua prosecuzione?

Ho usato gli stessi elementi. A parte questo, siamo tornati a quel periodo e abbiamo cercato di onorarlo realizzando una nuova versione del brano. In questo nuovo disco ci sono molti rimandi ai primi album della band, ma ci sono anche brani come “One More Flag In The Ground”, che è uno schiaffo in faccia e che presenta un nuovo sound per i Kamelot, pur cercando di onorare il nostro trademark. Cosa che è davvero difficile da realizzare!

Volevo chiederti qualcosa in merito al primo singolo pubblicato, dal momento in cui “One More Flag In The Ground” tratta temi come la malattia, sul combattere le proprie battaglie. A parer mio, anche se credo di poter condividere questo pensiero con tutti, ho sempre pensato e detto che la musica è una specie di terapia per l’anima. Sono sempre stata convinta che la musica abbia questo potere di guarigione, è una sorta di terapia, di cura! Pensi che “One More Flag In The Ground”, che tratta appunto queste tematiche, possa portare anche un messaggio positivo a coloro che soffrono?

Sì, questo era l’intero significato, l’intenzione era fornire questa specie di conforto grazie alla musica, ma abbiamo visto che, specialmente durante il periodo legato al covid, un sacco di persone hanno sofferto a livello mentale, poiché costrette a non poter viaggiare, a non uscire, a non essere libere. Credo che questa sia stata la scintilla, vedere quanta gente ha sofferto più che mai, sia a livello mentale che fisico. Questo brano era un incoraggiamento alle persone per invogliarle a combattere e seguire la battaglia, combattere le proprie paure, che fossero mentali o fisiche o entrambe! È certamente un brano combattivo e alla gente sembra essere piaciuto molto!

Visto che ho menzionato Roy, che cosa ne pensi del suo ritorno con i Conception?

Non ho ascoltato molto, ma credo che sia straordinario! Roy è un grandissimo cantante, non lo conosco così bene ma gli ho parlato una volta e mi è sembrato una persona molto carina, molto empatica. È un artista nel suo regno. Gli auguro tutto il meglio, credo che sia una persona veramente talentuosa e spero che possa continuare a fare tutto ciò che vuole nella musica, gli auguro davvero il meglio!

Pensi che potrà mai esserci l’occasione di fare qualcosa insieme a Roy? Magari qualcosa di particolare in occasione di qualche anniversario degli album della band, come ad esempio “ the Black Halo”, o, appunto, “Ghost Opera” o, perché no,  fare una reunion tipo quella che fecero gli Helloween con Pumpkins United?

Non ne abbiamo parlato, se devo essere sincero. Non posso parlare a nome degli altri membri della band, ma se fosse per me mi starebbe bene! Non ne abbiamo parlato, non siamo quel genere di gruppo che si guarda indietro, cerchiamo di spingerci in avanti, ma laddove dovesse accadere, sarei felice di farlo, anche se credo che tutto dipenda da ciò che vuole Roy, da ciò che si sente. E’ lui quello che, in definitiva, aveva abbandonato il gruppo e non il contrario!

Parlando di tour, recentemente i Kamelot hanno suonato con i Turilli/Lione’s Rhapsody. Visto che hai avuto modo di condividere il palco con Fabio Lione, vorrei chiederti un aneddoto in merito al periodo legato all’abbandono di Roy Khan. Se non ricordo male, sia tu che Lione eravate in lizza per diventare un papabile sostituto di Roy stesso e, alla fine, mai scelta fu più azzeccata poiché la band scelse te, senza nulla togliere a Fabio che, a sua volta, si tolse una bella soddisfazione quando entrò negli Angra…

All’epoca ero uno dei coristi di quel tour, fondamentalmente io e Fabio abbiamo condiviso le stesse camere negli hotel, è davvero una brava persona, lo adoro. È un grandissimo cantante, può cantare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, ma apparentemente ciò che la band voleva era qualcosa di diverso, qualcosa che risultasse più fresco. Io so che cosa mi ha permesso di ottenere il lavoro, è stata la scrittura della demo per il brano “Song For Jolie”. So che tutti i cantanti che erano in lizza avevano mandato il loro brano, avevano scritto le melodie ed inciso il pezzo, questo però è ciò che mi ha permesso di avere il lavoro. È stato un periodo molto lungo, sono successe tante cose ma è finita nel modo in cui doveva finire e di questo ne sono immensamente grato!

Sai, l’ultima data dei Kamelot è avvenuta a luglio 2019, quindi diversi anni fa. So che il 12 marzo inizierete la prima leg del tour europeo, è prevista una seconda leg con una data anche qui in Italia?

Devo dirti che non lo so, ma spero veramente che accada presto, perché mi piace davvero suonare in Italia. Credo che certamente arriveranno dei concerti nel nostro paese, dal momento in cui abbiamo una bella forza laggiù, persone che vengono a tutti i nostri show e cantano così forte, per cui lo spero davvero! Non posso promettertelo, perché è tutto in lavorazione, tutto ciò che riguarda la promozione del disco è assurda e ora siamo focalizzati su questo nuovo tour, ma certamente nella seconda leg verremo in Italia.

C’è in programma, durante il tour, di fare dei pezzi di Ghost Opera che si uniscono come trama a questo nuovo album?

Tutto può cambiare, ma non abbiamo alcuna correlazione al momento, vedremo! Ci saranno comunque persone che lo chiederanno, ma al momento stiamo riscontrando problemi nella scelta dei brani che vogliamo proporre in un set live. È difficile quando si pubblica un nuovo album perché sai che suonerai nuovi pezzi e questo porta a tagliare fuori quelli vecchi. È difficile, è il lavoro più difficile per noi cercare di capire quali pezzi non proporre.

A distanza di 11 anni dal tuo ingresso nella band, ti saresti mai immaginato tutto questo? Di raggiungere tutti questi traguardi?

No, non credo proprio! È stato folle entrare a far parte di una realtà come i Kamelot. Puoi spingerti oltre quanto vuoi, ma scopri sempre nuovi territori; è interessante! La parte più bella per me è che ora non sono più considerato il nuovo arrivato; Alex Landerburg, il nostro batterista, è diventato “l’ultimo arrivato” (ride, ndr). La cosa più interessante per me è vedere il progresso e il viaggio che la band ha fatto nell’ultimo decennio. Abbiamo guadagnato un sacco di fan… Recentemente abbiamo suonato in Sud America e uno dei brani più folli che la gente canta insieme a noi è “Insomnia”, che è uno dei pezzi più nuovi nella storia della band, eppure molte persone la cantano! Anche per me si tratta di un brano difficile da eseguire, ma è bello vedere l’evoluzione di una band, diventare qualcosa che ancora oggi è importante e fresca!

Ti ringrazio per essere stato così gentile e disponibile. In attesa di rivedere a breve i Kamelot in Italia, ti invito a concludere questa nostra chiacchierata rivolgendo un saluto ai lettori di Truemetal.

Fan italiani, se tutto dovesse andare come previsto, verremo nel vostro paese il prossimo anno, faremo una grande festa insieme e forse mangeremo pure della pasta… beh, per me non proprio la vera pasta, poiché sono celiaco, per cui ci faremo un bel piatto di fasta senza glutine insieme!