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Intervista Lacuna Coil (Cristina Scabbia, Andrea Ferro)

Di Davide Sciaky - 4 Ottobre 2019 - 9:00
Intervista Lacuna Coil (Cristina Scabbia, Andrea Ferro)

I Lacuna Coil sono indubbiamente una delle band Metal italiane più conosciute e di successo a livello internazionale.
A vent’anni dal loro debutto i Coil si preparano all’uscita del loro nono album, “Black Anima“, e ne abbiamo approfittato per incontrare i cantanti Cristina Scabbia Andrea Ferro nella loro città, Milano.
I due si sono dimostrati sicuramente affiatati, concludendosi spesso le risposte a vicenda, e loquaci, ed in questa lunga intervista ci hanno permesso uno sguardo approfondito su “Black Anima“, sul recente show per il ventennale, e non solo.

Intervista a cura di Davide Sciaky

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Ciao ragazzi, innanzi tutto, questa è l’ultima tappa del tour promozionale, com’è andata?

Cristina: Va bene, tutto bene, siamo in partenza, dopodomani comincia l’avventura americana, abbiamo già fatto un bel po’ di promozione europea e americana…

Andrea: A luglio in America.

Cristina: …quindi tutto bene.

 

Avete già ricevuto qualche feedback sull’album?

Cristina: Tanti e tutti positivi finora.

Andrea: Sì, anche un po’ stupiti, tra virgolette, nel senso che ovviamente ha un impatto abbastanza forte come disco nostro, però tutti positivi, sicuramente.

 

Comincio con una domanda banale, a cosa si riferisce il titolo, cos’è questa “Black Anima”?

Cristina: Be’, l’idea di utilizzare la parola “Black” nel titolo di un nostro album era già partita qualche anno fa, perché per quanto semplice è la parola che rappresenta di più il nostro stile di vita, il nostro gusto, l’oscurità della musica che preferiamo.
Non volevamo che fosse solamente “Black”, stavamo cercando qualcosa che suonasse bene, che rappresentasse il disco, che fosse interessante, e tra le varie parole che sono venute fuori “Anima” è stata la parola che ci è piaciuta di più e ci piaceva anche questa dualità dell’inglese e italiano, una cosa che avevamo già utilizzato prima.
Anche perché gli stranieri non sanno cosa voglia dire “Anima” ed è anche bello instillare un po’ di curiosità negli altri, sentirsi dire, “Anima! Cosa vuol dire Anima?”.

Andrea: Sì, poi appunto noi abbiamo sempre un po’ fatto questa cosa di combinare parole “Coma-lies”, “Karma-code”, lo stesso Lacuna Coil anche, è un po’ un gioco che ci piace, ci appartiene.

Cristina: Comunque “Anima Nera” era un titolo molto interessante per rappresentare l’atmosfera presente in questo nuovo disco.

 

L’album è piuttosto duro, più duro di “Delirium” anche grazie ad un uso piuttosto massiccio di scream da parte di Andrea. È stata la direzione in cui si sono sviluppate le canzoni in maniera naturale, per così dire, o vi siete approcciati al songwriting con la precisa idea di fare qualcosa di più duro?

Andrea: No, di solito seguiamo, soprattutto Marco, il nostro bassista, che è il maggior compositore della musica segue un po’ quello che gli viene, non è che sta troppo a pensare.
Poi ovvio che all’interno di un disco cerchi di dare un equilibrio avendo anche altri tipi di canzone, però diciamo che la direzione la segue istintivamente.
Però è chiaro che avendo provato con “Delirium” a portare canzoni più pesanti come ‘House of Shame’ o ‘Blood, Tears, Dust’, e avendo riscontrato un grosso successo con quelle, ci siamo sentiti anche un po’ più liberi di andare in una direzione un po’ più inaspettata senza dire, “Chissà cosa pensa la gente”.
Comunque abbiamo visto che nel 2019 non è che nessuno si spaventa per una doppia cassa o un growl in una canzone di un gruppo anche un po’ più conosciuto, no?

Cristina: Poi comunque ci divertiva anche di più in sede live fare canzoni più toste, perché comunque c’è un’energia diversa sul palco.
Sì, ci piace ovviamente fare anche le canzoni più lente e d’atmosfera, però quando si suonano quel tipo di canzoni l’atmosfera diventa subito più intima e a volte si tende a chiudersi nella propria sfera, invece a noi piace molto l’energia, piace questo scambio con il pubblico e comunque le canzoni più heavy sono più divertenti.
Quindi abbiamo deciso di andare un po’ controcorrente perché in un momento in cui si tende ad ammorbidirsi abbiamo detto, “No, a noi piace questo”, anche se siamo un po’ “non trendy” in questo momento non ce ne frega proprio niente.

Andrea: Sì, assolutamente, è stata una scelta naturale.

 

Penso che molti apprezzeranno, soprattutto nel mondo “più Metal”.

Andrea: Sì, be’, sicuramente non è una scelta dettata dalle logiche commerciali, ecco [ride] quello no di sicuro.

 

Non avevo i testi col promo, ma ascoltando ‘Save Me’ mi è subito rimasto impresso questo passaggio

And what remains is the shadow of my past
I look in the mirror and I hate what I see
I don’t recognize myself and wonder where all my dreams are gone

Di cosa parla?

Cristina: La canzone in generale è una richiesta d’aiuto, l’abbiamo immaginata come se fosse un qualcosa che non si esprime all’esterno, quindi si realizza il problema e si capisce di aver bisogno di un aiuto dall’esterno ma non si chiede verbalmente.
In quello stacco la realizzazione che comunque qualcosa è andato storto e che quello che è successo prima ci ha plasmato in quello in cui siamo adesso, ma c’è sempre quell’alone di speranza, di uscire dall’oscurità e di risolvere il problema.
Però così ce la siamo immaginata, non è una richiesta verbale, è una richiesta che si vorrebbe fare ma non si ha il coraggio di fare.

Se posso, ha un che di autobiografico o è solo una storia, per così dire?

Cristina: Credo che tutte le nostre canzoni abbiamo comunque qualcosa di autobiografico perché la nostra ispirazione viene dalla vita vera, non abbiamo mai creato storie fantastiche perché non è il nostro genere e ci verrebbe difficile esprimerci, sia attraverso le nostre parole ma anche a cantare sul palco cose che non sentiamo, che non abbiamo vissuto.
Penso che sia comunque una cosa comune a molti, sentirsi in difficoltà e a volte non avere il coraggio di parlare dei propri problemi con gli altri, soprattutto adesso che si tende a nascondere le parti più scomode della vita, quindi tutto vogliono apparire felici, perfetti, ricchi, insomma perfetti da social media.

 

La copertina rappresenta un serpente che mangia un uomo e ricalca fedelmente il biscione simbolo di Milano. Vuole essere un omaggio alla vostra città?

Cristina: Un drago in realtà…

Andrea: Sì, è una rielaborazione del simbolo…

Cristina: …l’ispirazione viene da quello, poi in realtà è un drago con un angelo in bocca.

Andrea: Che poi in realtà il simbolo degli Sforza Visconti non è un serpente che mangia un bambino, ma è un serpente che dà la vita al bambino, nella spiegazione degli autori.
Nel nostro caso è un drago che fronteggia…

Cristina: Che combatte con un angelo.

Andrea: Che lo combatte, avvolto intorno al nostro simbolo e circondato dai tre serpenti che sarebbero – nell’accezione di Marco che ha disegnato lo sketch del simbolo – io, Marco e Cristina che siamo un po’ il nucleo dei Lacuna Coil, quelli che sono dall’inizio ad oggi ancora nella parte compositiva, diciamo, della band.

Cristina: Poi si vede il simbolo dietro, il simbolo dei Lacuna Coil, sul quale è avvoltolato questo drago.

 

Parlando di Milano, l’anno scorso avete fatto uno show speciale per il vostro ventesimo anniversario a Londra. Come mai non qui, a casa vostra?

Cristina: Be’, abbiamo scelto Londra per diverse ragioni.
Innanzitutto perché era probabilmente la città più comoda da raggiungere da tutte le parti del mondo: noi abbiamo la fortuna di lavorare ovunque, abbiamo una fanbase fortissima nel mondo [ride], quindi Londra, vista la facilità di raggiungimento, era veramente la città più adatta.
Forse la ragione principale era perché ci siamo avvalsi dell’aiuto di un circo inglese, quindi ovviamente sarebbe stato molto più semplice per loro spostarsi e portare tutta la loro attrezzatura.
Principalmente per queste due ragioni, a Milano sarebbe stato più difficile per i voli, ovviamente spostare una compagnia inglese a Milano, più l’attrezzatura e i costumi sarebbe stato…

Andrea: Più costoso.

Cristina: …molto, molto, molto più dispendioso.

Andrea: Anche l’azienda che ha filmato per il DVD era di Londra, quindi era tutto logisticamente più semplice…

Cristina: Comodo.

Andrea: …farlo là. Comunque, Londra per noi è sempre stato, al di fuori di Milano, un po’ lo show di casa, in Europa, a parte Milano che ovviamente è casa nel senso vero [ride].
Però è sempre stato lo show forse più bello al di fuori di Milano come sensazione.

Cristina: Poi questo concerto era stato organizzato come sorta di data zero di una sorta di franchising, chiamiamolo così, perché l’idea iniziale era, “Ok, facciamo questo show, vediamo come va, e poi magari col tempo proponiamo lo stesso show, a livello di importanza e di scenografia, in altri posti nel mondo”.
L’abbiamo fatto in maniera infinitamente più ridotta in America, proponendo comunque la scaletta perché continuavano a chiedercelo, ma ovviamente era impossibile spostare gli artisti e riproporre lo stesso show. Magari in futuro faremo un altro “1/19” con un aspetto diverso.

Andrea: Sì, la teoria dell’idea, che ovviamente bisogna vedere se riusciremo a mettere in pratica, è quella di usare uno show speciale, in una location speciale in giro per l’Europa o nel mondo, dove suonare comunque sempre dei pezzi inediti, pezzi vecchi o mai fatti, cioè portare cose che nel tour normale non fai, quindi canzoni in versione diversa come abbiamo fatto a Londra con le versioni piano/voce, piuttosto che canzoni mai suonate prima, o pezzi vecchi riarrangiati e farlo ogni volta in un posto diverso.
Chiaramente tra questo, tra la teoria e farlo [ride] ci vorrà tempo perché bisogna vedere quanto durerà il ciclo di questo disco.

Cristina: Anche perché richiede una preparazione incredibile, io non avrei mai pensato che la preparazione di tutto questo show durasse così tanto.
È durata mesi perché devi curare tanti di quei particolari, e oltretutto noi non avevamo mai fatto un show con altri elementi sul palco insieme a noi, quindi comunque anche il fatto di condividere uno spazio con degli artisti che non solo occupano il palco, ma occupano anche il soffitto [ride] e sono intorno a te che sparano fuochi non è stato comunque facile, devi pensare ad un sacco di cose al di là del tuo show e delle tue canzoni, al di là del cantare e suonare.
La preparazione ha richiesto veramente mesi, trovare la location, trovare un posto che potesse accogliere fuochi, attrezzi appesi al soffitto…

Andrea: Tutti i permessi per appendere la gente, la sicurezza, un sacco di roba burocratica…

Cristina: Poi abbiamo cambiato locale perché i biglietti stavano andando molto bene quindi volevano ingrandire il locale per poter permettere a più gente di arrivare. È stato molto stressante, ci siamo trovati a fare lo show completo due volte nello stesso giorno, il giorno dello show, perché dovevamo anche provare la parte della presa DVD quindi i cameramen e i registi dovevano sapere esattamente dov’eravamo.
Mi ricordo che quando è finito c’è stato proprio un momento liberatorio in cui mi sono sentita vent’anni più giovane, perché il peso dalle spalle…

Andrea: Tutti ci chiedono, “Ma com’è stato? Ti sei emozionato alla fine?”, no, ci sentivamo come se…finalmente è finito! [Ride] Perché è stato un processo di sei mesi tra tutto e alla fine è stato proprio liberatorio finire.

Cristina: Quasi di incredulità perché con tutte le cose che abbiamo fatto ci aspettavamo che qualcosa andasse storto [ride] invece per fortuna è andato tutto bene.

Andrea: Un bel 95% è andato liscio.

A livello di spettacolo, negli ultimi anni avete adottato trucchi e costumi di scena più elaborati che mai, per voi, costumi che possono ricordare qualcosa di Slipknot, Wes Borland dei Limp Bizkit ecc. come mai questa scelta oggi?

Cristina: Guarda, per me il trucco, stage outfit sono cose che sono sempre state presenti ben prima dei gruppi ed artisti che hai nominato tu, Alice Cooper

Andrea: I Kiss.

Cristina: …i Kiss, è una cosa che è già stata usata.
Comunque, la musica è una rappresentazione artistica, quindi noi la colleghiamo anche al teatro, all’uso dei costumi e del make-up che c’è sempre stato nel teatro. Quindi secondo me è un ciclo continuo in cui tu assorbi le cose che ti piacciono, le rielabori e le rendi personali.
Noi non usiamo maschere ma abbiamo iniziato ad usare questo make-up che per noi è una sorta di war paint che ci prepara psicologicamente allo show, che ci permette di prendere quell’ora di preparazione prima dello show per entrare nel mood dello spettacolo.
La parte visiva per noi è importantissima perché, è vero che tu stai proponendo la tua musica e quella è la cosa più importante che ha la priorità assoluta, però è anche vero che non sono venuti davanti a te sul palco con le loro cuffiette e si stanno ascoltando un CD per conto loro, ma stanno sentendo te che stai suonando, e te che stai proponendo uno spettacolo visivo.
Quindi per noi è sempre stato molto importante curare anche questa parte dello spettacolo, perché non toglie nulle e, anzi, aggiunge tantissimo.

Andrea: Poi in realtà noi, a parte il trucco che è una cosa più recente, ma le uniformi, diciamo, le abbiamo un po’ sempre usate, se vai a vedere le foto di “Comalies”, di “Unleashed Memories”, avevamo già quei vestiti da prete…

Cristina: I vestiti da prete infatti risalgono ad un sacco di tempo fa.

Andrea: …li abbiamo ripresi adesso perché abbiamo festeggiato i 20 anni, quindi abbiamo detto che l’outfit più iconico che abbiamo avuto era quello quindi l’abbiamo ripreso in una versione moderna.

Cristina: Infatti mi è venuto da ridere quando hanno detto, “Ah, i vesti da prete, li avete presi da…”, gli ho detto, “Guarda che noi ce li avevamo già nel 2002” [ride].

Andrea: [Ride] Anzi, nel tour di “Unleashed Memories” prima l’avevamo già usati, quindi nel 2001 avevamo già i vestiti da prete.

Cristina: Quindi alla fine è un ciclo che si ripropone.

Andrea: Ma poi non è che abbiamo inventato niente, anche noi abbiamo preso l’ispirazione per quei vestiti da un film horror che si chiamava “Dark City” dove c’erano questi alieni che erano mischiati alla gente e quando si riunivano erano tutti pelati, con questo vestito che era una sorta di tunica da prete nera.
Quindi noi l’ispirazione l’abbiamo presa da un film horror vecchio, quindi è tutto un riciclo di idee nell’arte.

 

A volte si sente dire che l’Italia non è un paese Metal ed effettivamente, anche voi che siete indubbiamente la band Metal italiana più famosa al mondo, in Italia avete a volte trovato un po’ di opposizione da quelli potremmo definire “metallari integralisti” e avete probabilmente più seguito fuori, in particolare negli Stati Uniti, che qui. Cosa ne pensate di quest’affermazione, che l’Italia è poco Metal?

Cristina: Io non credo che l’Italia sia poco Metal nel senso che comunque la scena c’è.
Ovviamente la musica Metal non va molto spesso nelle classifiche, e la percezione della musica Metal non è ai vertici in Italia.
Purtroppo secondo me c’è una sorta di auto-castrazione della scena Metal, nel senso che invece di cercare di capire che supportare i gruppi che pian piano ce la stanno facendo, nel nostro caso, per esempio, i Fleshgod Apocalypse che grazie al cielo si stanno facendo strada, e anche altri che insomma stanno andando bene, invece di capire che supportando la scena si permette di aprire porte ad altre band che aiuteranno questa scena a crescere, si tende a criticare le band come se togliessero posto a qualcun altro, come se il fatto di aver fatto qualcosa di buono nella scena Metal all’estero sia una colpa.
Questo è brutto perché io vedo in altri territori, ad esempio la Scandinavia, c’è un supporto incredibile verso le band, indipendentemente dal genere, indipendentemente dal fatto di amare queste band o no, si tratta di, cavolo, questa band è di casa mia e stanno spaccando il culo all’estero.
Invece in Italia non c’è questa mentalità, si tende a criticare per cercare di trovare…si tende a cercare di schiacciare una band il più possibile invece di gradire il fatto che…

Andrea: Questo comunque nella comunità strettamente, come hai detto tu, quella cerchia Metal.
In realtà noi in Italia quando suoniamo troviamo un sacco di gente che non sono strettamente metallari che ascoltano solo Metal…

Cristina: No, no, ma lui parlava proprio dell’opposizione…

Andrea: Però non sono tutti così, voglio dire.

Cristina: …quelli che si oppongono a volte non sono neanche contro la tua musica, dà fastidio perché qualcuno di questi pensa che il tuo successo sia la causa del loro insuccesso, e questa cosa è sbagliatissima.
È sbagliatissima, perché ognuno dovrebbe guardare il suo, dovrebbe sempre cercare di fare il meglio possibile, ed il tuo insuccesso non è a causa del successo di qualcun altro. Tu puoi benissimo raggiungere lo stesso successo, ma sicuramente non essendo invidioso di qualcun altro, quello è proprio il punto di partenza più sbagliato che ci possa essere.

Andrea: E comunque secondo me anche in Italia le cose cambiano perché anche noi lo vediamo suonando un discreto numero di concerti in Italia, vediamo che comunque c’è tanta gente che se ne frega di questi preconcetti.
Alla fine, ogni nostro disco che esce in Italia va sempre meglio, sia come vendite che come classifiche eccetera, quindi è una cosa anche un po’ di una certa generazione, vedo che i più giovani non si fanno tutti questi problemi, come è normale che sia.

 

Concludiamo con una domanda più leggera: suonando al vostro livello incontrate un sacco di altri musicisti importanti. Vi capita mai di essere, come si dice in inglese, “starstruck“, abbagliati da una celebrità?

Cristina: Be’, adesso starstruck è difficile, nel senso che comunque abbiamo avuto la fortuna di incontrare personaggioni della scena, da Lemmy, agli Iron Maiden, ai Metallica, a Rob Zombie, quindi adesso è difficile incontrare qualcuno che sia, diciamo, di quel livello tale da provocarci appunto questo starstruck.
Io spesso sono solo felice di incontrare dei musicisti che volevo incontrare, ad esempio ultimamente ho avuto modo di incontrare i Jinjer che ho apprezzato musicalmente, ho iniziato a mandarci messaggi con Tatiana [Shmaylyuk, la cantante N.D.R.], e si è creato questo desiderio di conoscerci perché ci siamo trovate subito e adesso è così facile mettersi in contatto con un personaggio, quindi sono stata molto felice di incontrarla di persona.
Però è difficile adesso avere quella sensazione di “Ommioddio!” [ride].
Forse l’ultima volta che ci è successo veramente è stato quando abbiamo incontrato Nicholas Cage [ride].

E Johnny Depp l’anno scorso al Graspop?

Andrea: Con Johnny Depp è stato molto veloce.

Cristina: Sai, lì non è stato essere starstruck, è stato “Cavolo, Johnny Depp!”, cioè non è stata l’emozione che dici “Ommioddio!”, perché lì è stato più strano, perché comunque ti vedi passare Johnny Depp e dici, “Oddio esiste veramente!” [ride].

Tra l’altro ero anch’io nel backstage quel giorno e speravo di beccarlo ma niente.

Andrea: Io l’ho visto, ma era veramente circondato di gente, mi è scocciato anche andare a rompergli le scatole.

Cristina: Tra l’altro è stato carinissimo, stava andando via e quando ha visto che avevo il telefono in mano è tornato indietro m’ha detto “Vuoi fare una foto?”, “Sì, certo!”, è stato molto, molto carino, grazie Johnny Depp!

L’unico altro che ho visto con i bodyguard è stato Dave Mustaine e mi sono detto, meglio lasciarlo stare.

Cristina: [Ride]

Andrea: Sì, poi lui è un personaggio che devi prendere un po’ con le molle [ride].

 

Vi lascio questo spazio finale per un saluto ai lettori di TrueMetal.it

Cristina: Be’, torneremo in tour presto con gli Eluveitie, quindi a novembre/dicembre, nella fattispecie per le date italiane novembre, faremo quattro date, Bari, Bologna, Roma e Trezzo…

Andrea: Milano.

Cristina: …Milano, speriamo che “Black Anima” vi piaccia.

Andrea: Veniteci a trovare live così ci conosciamo [ride].