Heavy Speed

Intervista Redshark (Philip Graves)

Di Stefano Ricetti - 10 Maggio 2022 - 9:06
Intervista Redshark (Philip Graves)

Cronaca della chiacchierata con Philip Graves, ascia e fondatore degli speed metaller spagnoli Redshark, autori del recente “Digital Race” (qui recensione).

Buona lettura.

Steven Rich

 

 

Quali le origini della band, Philip?

 L’attività è iniziata nel 2012 da me, come one member band. Successivamente si sono uniti Mark Striker (batteria) e Javi Bono (chitarra). Io mi occupavo di cantare e delle parti di basso, con quella formazione a tre abbiamo suonato per un po’ dal vivo e inciso qualche demo. Nel 2019 è avvenuta la svolta: sono tornato al mio primo vero amore (la chitarra) e hanno fatto il loro ingresso negli Redshark Pau Correas alla voce e Chris Carrest al basso. Con questa line-up abbiamo realizzato il nostro Ep “Evil Realm”, che ha ottenuto dei feedback lusinghieri e aperto per gli Exciter qui a Barcellona. Poi è scoppiata la pandemia che ci ha portato a scrivere molti pezzi e successivamente pubblicare il nuovo album “Digital Race”.

Quali furono le vostre maggiori influenze agli inizi del vostro percorso?

Sin da subito avevamo le idee chiare: volevamo suonare Speed Metal nel solco di Razor, Exciter, Acid e Running Wild. Poi piano piano abbiamo corretto il tiro, ampliando il nostro spettro musicale, raggiungendo un buon mix fra i nostri idoli degli inizi, elencati prima, e altre influenze provenienti principalmente dagli States. Infatti, al momento, il nostro suono richiama inequivocabilmente lo US Power Metal di Metal Church, Savatage e Vicious Rumors.

 

Philip Graves

 

Da dove saltò fuori il nome Redshark?

Eravamo alla ricerca sia di un moniker che di una mascotte che ci potesse rappresentare. Lo squalo è veloce e possente e il rosso è il colore del sangue. Ci è sembrata una buona idea per il nome di una band heavy metal.

Come mai cantate in inglese e non in spagnolo?

Fondamentalmente perché le nostre band di riferimento si esprimono in lingua inglese. Non riusciamo ad immaginare i nostri pezzi interpretati in spagnolo. L’heavy metal è nato ed è prosperato con il cantato in inglese, è una cosa connaturata al genere. E’ un tutt’uno. Non riesco ad immaginarmi, ad esempio, interpretazioni di Flamenco in inglese. Lo stesso accade per l’HM. Ciò non toglie che fra i miei gruppi preferiti vi siano band spagnole che cantano in lingua madre. Noi comunque non lo facciamo.

A proposito di cantato, il vostro frontman Paul Lanerk non scherza a livello di ugola…

He is a killer as hell. Great vocalist, better person. [cit.] 

 

 

 

Forniscimi la tua definizione dei vostri lavori, sinora.

Rain of Destruction     EP   2016      – L’idea, poi finita male, di pensare di realizzare un buon prodotto utilizzando la nostra strumentazione a disposizione in quel momento. Un’occasione mancata. Un peccato perché alcuni brani con una produzione e un suono decente sarebbero degni di nota.

Evil Realm    EP   2019      – Il nostro primo lavoro con Pau alla voce. Migliore produzione, migliori suoni e migliori canzoni rispetto al debutto. Siamo fieri di questo Ep.

Digital Race Full-length   2022       – Pensavamo di aver dato fondo alla nostra creatività con l’Ep “Evil Realm”, ma ci sbagliavamo. “Digital Race” è un gran lavoro, secondo noi.

 

Redshark, Evil Realm, Ep, 2019

 

In che termini è la vostra collaborazione con la Listenable Records?

Ti posso solo dire questo: abbiamo raggiunto l’accordo per tre album con loro, incluso “Digital Race”.

Qual’è il significato della copertina di Digital Race?

Lo squalo Redshark che uccide le persone robotizzate. Siamo ormai totalmente dipendenti dalla digitalizzazione, dai computer, da internet e dai telefonini. Questo ha creato una società anestetizzata, che non pensa più. Noi scriviamo musica (anche) per invertire questo trend, la storia comunque continuerà nel nostro prossimo album che avrà, come questo, una copertina a tema.

 

 Redshark, Digital Race, album, 2022

 

La tua definizione delle seguenti band.

Muro – “Speed Metal a tope, la banda más dura, el grupo más duro, se llama, Muro!” [cit.]. Questa è la spettacolare definizione dei Muro, che condivido appieno! Conosco il bassista Julito e l’ex chitarrista Patillas, ho visto i Muro quattro volte dal vivo. Una band che spacca!

Obus – Mai amati più di tanto. Visiti alive una sola volta e mi è bastato. Hanno il mio rispetto, comunque, in quanto gruppo storico della scena spagnola.

Avalanch – Una delle migliori Power Metal band del mio Paese.

Mandragora Negra – Mai sentiti, mi spiace.

Heroes del Silencio – Fra i miei preferiti, in Spagna. Ci hanno anche influenzato, in certi frangenti, amo il loro suono. Quattro album all’attivo, dei capolavori.

Tierra Santa – Grande band, senza dubbio, ma non li conosco approfonditamente.

Mago De Oz – Non mi piacciono, mi spiace. Grandi musicisti, comunque.

Baron Rojo – La storia! La band heavy metal più famosa di Spagna. Li ho visti dal vivo durante il loro reunion tour. Peccato che il loro cammino sia finito così male.

 

 

Conosci band italiane?

Naturalmente! Bulldozer, Death SS e Rhapsody Of Fire fra gli storici. Fra le nuove leve Stonewall e Vulture’s Vengeance. I miei preferiti sono comunque gli Skanners.

Come ve la passate, in Spagna, riguardo le riviste cartacee di settore?

Male, i giovani ma in generale un po’ tutti i metallari non leggono più materiale cartaceo. Il futuro è nei portali internet, non si scappa da lì. Una chance la mantengono le fanzine, a livello di formato fisico, non le riviste ufficiali.

Mentre a livello di seguito, come stanno le cose?

Ci tengo a sottolineare che abbiamo grandi band, prima di tutto. Negli anni Ottanta l’attenzione era monopolizzata da Barón Rojo, Muro, Zeus, Banzai e Legion. Oggi dettano legge Witchtower, Iron Curtain, Streamer, Raptor, Raptore, Crimson Storm, Löanshark, War Dogs, Chantrice. A livello estremo invece Graveyard, Estertor, Körgull the Exterminator. Poi è il solito discorso, come immagino da voi in Italia, mediamente il pubblico tende a seguire quelli che mediaticamente sono più supportati…

Esiste un ricambio generazionale fra i metallari, in Spagna?

Qualche giovane si appassiona all’heavy tradizionale anche se la maggioranza è attirata dal Modern Metal. Li capisco, è un problema di identificazione. Gente come Judas Priest e Iron Maiden viaggia fra i sessanta e i  settant’anni e più. Uno spiraglio in termini classici lo hanno aperto i gruppi della nuova ondata di Metallo tradizionale, ma il seguito è quello che è.

Come ti prefiguri la situazione a livello heavy metal fra dieci anni?

Le sonorità tradizionali non moriranno mai, resteranno però ad appannaggio di un numero di persone inferiore rispetto a oggi. Una cosa molto più underground, insomma. L’HM subirà lo stesso processo che ha accompagnato nel tempo il Rock’NRoll anni Cinquanta e il Jazz che, infatti, non sono mai del tutto scomparsi ma si sono ricavati degli spazi di nicchia inscalfibili.

 

 

Carrellata di band. Tuoi pensieri e parole, Philip.

Saxon – La band con la migliore carriera della storia dell’heavy metal. Dal vivo li ho visti sei o sette volte.

Liege Lord – “Master Control” è un capolavoro di US Power Metal. Li amo, cercherò di vederli dal vivo appena sarà possibile.

Exciter – Una fra le nostre maggiori influenze. Abbiamo suonato insieme nel 2019, was a killer experience [cit].

Death SS – L’Italian cult band per antonomasia, mi piacciono parecchio.

Rhapsody Of Fire – Non sono un loro fan, li ho comunque visti dal vivo una volta.

Annihilator – Una delle band più speciali, fra le storiche. Posseggono ancora un gran tiro , dal vivo. Amo la loro discografia.

Razor – Quando suonavo il basso e cantavo mi cimentavo sulla loro “Take This Torch”.

Death Angel – Non mi fanno impazzire ma riconosco che “The Ultra-Violence” sia un capolavoro del thrash.

Abattoir – Due album, due pietre miliari.

Savage Grace – Una fra le band più sottovalutate della storia, a mio parere di molto superiori ad altri super osannati.

Celtic Frost – Fra I miei favoriti di sempre. Un gruppo in grado in un solo album di suonare quattro generi, alla grande. “To Mega Therion” è tanto Death quanto Black, Thrash e Doom.

 

Come prosegue l’attività dell’altra tua band, gli Inverted Cross?

Yeah! Abbiamo da poco fatto uscire lo split “Tümba” contenente dei nuovi pezzi e al momento stiamo lavorando sull’album di debutto. Stay tuned…

Prossime mosse in casa Redshark?

La speranza è quella di suonare dal vivo il più possibile. Il problema è che in questo momento è ripartita a pieno regime la macchina dei concerti e non c’è più un buco libero! Bisogna recuperare tutte le varie kermesse messe in stand by dal periodo pandemico e chi era stato confermato fa di tutto per poter essere presente. Qua in Spagna si sta susseguendo un concerto dietro l’altro e la gente è obbligata a scegliere, scarificando questo o quel concerto. Come Redshark fra la fine di quest’anno e l’inizio del 2023 abbiamo in animo di cominciare a comporre per il successore di “Digital Race”.

Sarete fra quelli che si esibiranno al Leyendas del Rock Festival in agosto?

No! Ci piacerebbe, ovviamente, ma non abbiamo ricevuto nessuna offerta dagli organizzatori oppure, più semplicemente, non siamo stati capaci di proporci come si doveva a loro.

Quale la maggiore soddisfazione e quale invece la maggiore delusione patita dai Redshark sinora?

La più grande soddisfazione è aver pubblicato “Digital Race”, che va di pari passo all’essere in salute poter suonare da anni. I Redshark sono come una grande famiglia ed è incredibile che sia così. Siamo invece rimasi parecchio delusi dal comportamento di altre band con le quali abbiamo condiviso il palco che si atteggiavano a rockstar. Così come tutti quelli che durante la pandemia hanno goduto del nostro supporto incondizionato  a vari livelli e che ora che siamo ripartiti non ci filano  più nemmeno do striscio.

Chiudi l’intervista a tu o piacere, Philip, spazio a disposizione.

Prima di tutto un grazie a te e a Truemetal per la possibilità dell’intervista, per noi è molto importante in termini di supporto alla nostra band. Spero che tutti i vostri lettori apprezzino il nostro nuovo album “Digital Race”. STAY HEAVY!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti