Progressive

Intervista Sunpocrisy (Matteo Bonera)

Di Vladimir Sajin - 14 Aprile 2018 - 10:00
Intervista Sunpocrisy (Matteo Bonera)

Dopo aver recuperato l’interessantissimo debutto “Samaroid Dioramas” dei bresciani Sunpocrisy (qui la nostra recensione), il nostro Vladimir Sajin ha approfondito l’argomento intervistando Matteo Bonera, mastermind della band. Eccovi il resoconto di una piacevolissima chiacchierata, un vero e proprio viaggio tra musica, filosofia, formule matematiche e arte.

Buona lettura!

 

Intervista a cura di Vladimir Sajin

 

Ciao Matteo, sono Vladimir di TrueMetal.it, ti do il benvenuto e parto subito con la prima domanda: iniziamo riassumendo il percorso creativo dei Sunpocrisy. Con il primo EP “Atman” avete raccolto brani composti negli anni precedenti, uniti però da uno stile unico e ben distinto, già il successivo “Samaroid Dioramas” è un album che vive di vita propria, seguito dall’altrettanto ottimo e concettuale “Eyegasm,Hallelujah”. Ci racconti il filo conduttore che lega il vostro percorso creativo?

Ciao Vladimir! L’EP “Atman” ha rappresentato il punto di partenza del nostro percorso artistico e in qualche misura le influenze musicali dei singoli nel precedente periodo, prima di quell’esperienza avevamo composto insieme soltanto due brani. “Samaroid|Dioramas” è stato un salto quantico e “Eyegasm, Hallelujah!” il figlio prodigio. Credo esistano diversi aspetti nel nostro percorso creativo: quello compositivo, quello musicale, quello legato alla stesura dei testi, quello della costruzione di un mondo narrativo-visuale e infine la dimensione del live. Questi si influenzano inevitabilmente tra loro ma nel loro singolo subiscono l’influenza dei nostri percorsi di crescita personale. È per questo motivo che, per risponderti, individuo nella crescita dell’uomo il filo conduttore che al meglio possa racchiudere l’evoluzione creativa dei Sunpocrisy.

 

Analizziamo meglio il vostro primo album “Samaroid Dioramas”. Dal punto di vista tematico viene raccontata la continua ricerca individuale, è un album molto intimo, spirituale e metafisico, raccontaci di più.

“Samaroid Dioramas” è stato il nostro esperimento: la dimostrazione che quando segui il tuo cuore senza influenze né esperienza il risultato supera decisamente le aspettative. Dal punto di vista tematico questo si ripercuote nella musica e nei testi che gravitano intorno ai concetti di apofenie, serie numeriche e frattali. Lo trovo un album intimo, non nella misura in cui racconti aneddoti personali quanto più come uno specchio capace di riflettere la propria vita e tramite il quale ognuno possa misurare le proprie esperienze.

 


La copertina di “Samaroid Dioramas

 

Musicalmente invece è uno straordinario mix tra meditazione quasi ambient e death melodico, com’è stato accostare due concetti musicali apparentemente molto distanti tra loro?

“Samaroid Dioramas” è un album tanto vario quanto solido: questo aspetto ci ha consentito di crescere sì come musicisti ma soprattutto come orchestranti di tensione. Il disco ti cattura e ti trasporta attraverso le diverse atmosfere sonore; tuttavia conciliare questa commistione tra generi ci ha spesso visti costretti a ri-lavorare gli arrangiamenti delle canzoni. Per esempio ‘Vertex’ era nata come canzone folk; questo mood non avrebbe funzionato nella tracklist ed un mese prima di entrare in studio è stata riarrangiata: un’introduzione ambient-noise a cui si aggiunge un pianoforte per poi trasformarsi e raggiungere la propria vetta esplosiva, diventando a tutti gli effetti una montagna.

 

Veniamo al vostro secondo e ultimo album “Eyegasm,Hallelujah”, è una diretta conseguenza di crescita e continuità, sembra quasi fosse un secondo capitolo di un’unica opera , dobbiamo aspettarci una classica trilogia?

Quando abbiamo cominciato a stendere i testi di “Eyegasm, Hallelujah!” l’idea era proprio quella di creare una trilogia. Avevamo moltissimo materiale; basti pensare che tra i due dischi sono state scartate una dozzina di canzoni circa. Quello che ne è rimasto si è cristallizzato in un disco molto denso e durevole, forse troppo per gli standard odierni. Ad oggi non ho ancora completamente scartato l’idea della trilogia.

 

Musicalmente “Eygasm,Hallelujah” sembrava diviso in due parti: la prima è un proseguimento diretto dell’album precedente, la seconda, invece, sembra andare alla scoperta di nuovi concetti. Come nasce l’idea e la composizione di un album dei Sunpocrisy?

La tua analisi è corretta ed in effetti la struttura è il risultato di quanto scritto nella risposta precedente. Le prime canzoni sono molto in linea con il predecessore e, anche anagraficamente, più vecchie. Per entrambi i dischi abbiamo cercato di tracciare un percorso da seguire, capendo come le diverse canzoni potessero funzionare emotivamente nel racconto della storia. Siamo andati sempre a colpo sicuro ma ti confido un segreto: l’attuale tracklist di “Eyegasm, Hallelujah!” è stata modificata in fase di registrazione: le due ultime canzoni ‘Hallelujah!’ e ‘Festive Garments’ avrebbero dovuto essere invertite originariamente, con quest’ultima a chiudere il disco attraverso una lunga cavalcata finale e chitarre gemelle.

 


La copertina di “Eyegasm, Hallelujah!

 

Come mai avete scelto l’uso del growl? Cosa pensi di questo modo d’espressione lirica, relativamente moderno?

Penso che la scelta sia ricaduta su questa tecnica principalmente per le nostre influenze musicali. Jonathan ha una voce fantastica e l’espressività che riesce a conferire agli urlati è fenomenale. Le parti più aggressive della nostra musica non sarebbero niente senza la timbrica del suo growl e la perfetta scansione delle metriche non risulta mai banale. Nell’ultimo disco Jonathan ha sperimentato molto rispetto a “Samaroid|Dioramas” provando a creare diverse modulazioni e note per meglio sposarsi con la chiave della canzone. Un risultato di cui siamo particolarmente orgogliosi è la parte glitch di ‘Gravis Vociferatur’ dove l’urlato diventa terribilmente sofferto, sovrapponendosi ad un arpeggio malinconico.
 

Tornando alle liriche e alle tematiche affrontate. Nei vostri testi, spaziate tra filosofia, le religioni e le scienze, dall’Induismo a Fibonacci, passando per Trismegisto padre dell’ermetismo. Il vostro intento espressivo è quello di dare delle risposte o cercare delle domande? Insomma, secondo te è più importante una giusta domanda o un risposta esatta?

L’intento espressivo dei Sunpocrisy non credo sia da ricercare nella capacità di fornire una domanda o una risposta; lo vedo piuttosto come un mezzo divulgativo per i nostri pensieri, le nostre scoperte. Domande e risposte sono estremamente personali e la loro esattezza è ancora più soggettiva. Credo invece fermamente che partendo da una buona dose di consapevolezza si debba provare a evolversi verso la volontà, e a questa far seguire l’azione.
 

Date molto spazio anche all’aspetto visivo nelle vostre opere, sia nelle copertine che nei live. Quanta importanza hanno per voi le rimanenti forme d’arte? Ci sono anche progetti non prettamente musicali per il futuro?

L’aspetto visuale è intrinseco al nostro modo di esprimerci tanto che non definirei i Sunpocrisy come un progetto prettamente musicale. Personalmente sto riscoprendo molto la scrittura, ti lascio un pezzo da cui è stato tratto il testo e parte del concept di “Eyegasm, Hallelujah!”

 

L’ipotenusa

La vita è piena di grazia ad ogni istante essa ci dona un principio, ad ogni secondo siamo investiti dalla domanda “chi sono?”, ma non siamo noi a porla e questa è la ragione per cui non troviamo il principio. Di nulla siamo così fermamente persuasi quanto di esser svegli, imprigionati invece tra rombi onirici da noi stessi intessuti. Ci ingannavamo solfeggiando spartiti dei flauti generatrici, spelucchiando i ricami dei polsi dei re e connettendo la semiotica dell’alfa e l’omega. Scalavamo il monte della conoscenza per sfiorare a mala pena il cielo del vuoto, dove affonda le radici l’albero della ricerca. Renditi padrone del respiro e del battito cardiaco e non sarai altro che fachiro della vita, l’azione dei sensi così ti determina, generando miseria. Sappi morire, fai cessare l’esistenza e permutati in sinestesia. Conoscevi la quinta dimensione solo attraverso la sua sezione, ora hai varcato il confine dove non vi è più luogo dove andare, nulla da chiedere, da sperare, da temere. Vedrai gli enti guardarti nell’atto di scagliarsi contro di te ma procedi, quando sarai pronto non sarà necessario aprirti la porta: non esisterà più alcun confine, alcuna divisoria. Trasformati in distacco e sarai padrone delle distanze, dividiti in frazioni e sarai padrone dell’oscillazione. “Sono astro che vibra con voi e splende dall’abisso” I raggi solari faranno convergenza su di te, tu ne sarai il centro. Sarai centro e circonferenza e il quadrato dei tuoi cateti sarà infinitamente più di ampio di quello dell’ipotenusa.

Se al lettore dovesse interessare l’argomento lo invito ad approfondire su: matteobonera.myportfolio.com/words

 

Come collochi la vostro proposta nell’odierno panorama musicale? Mirate ad un pubblico ben preciso?

No. I Sunpocrisy, mutatis mutandis, esisterebbero anche senza il panorama musicale in cui siamo soliti esprimere la nostra dimensione live. Siamo noi il nostro pubblico.

 


Il video multimediale di “I. Eyegasm”, canzone tratta da “Eyegasm, Hallelujah!”

 

Attualmente, in questo periodo storico, come definiresti la situazione musicale italiana e globale? Ovvio che ogni epoca ha i suoi eroi, protagonisti e quant’altro. Viviamo in un’epoca d’oro o c’è una decadenza generale, oppure è più un periodo di mezzo, transitorio in un certo senso?

Definirei la situazione musicale estremamente prolifica. Tutto ciò che sta in mezzo a delle pietre miliari è transitorio e come tale trovi oro e decadenza esclusivamente dalla tua capacità di fermarti e stupirti ancora. Certo, i palati sono sempre più fini ma sono gli stessi che poi cucinano le pietanze. La situazione italiana è certamente frammentata ma nonostante personalmente possa adorare la musica brutta, non sono veramente in grado di condividerne il sostegno popolare.

 

In linea di massima si può affermare che negli anni Sessanta ci si ispirava al Jazz negli anni Ottanta al Rock, oggi a cosa ci ispiriamo? Oppure si cerca di creare qualcosa di completamente nuovo e inedito?

Non mi permetterei di sputare sentenze su cosa sia giusto fare: se la musica è espressione, allora che sia sinonimo di Libertà.
 

Nel vostro caso invece, traete ispirazioni musicali da qualche interprete o gruppo in particolare? Quali sono le vostre preferenze musicali?

La nostra estrazione ci vede militanti in modi diversi delle sonorità più recenti del metal; una militanza che come tale ci ha logorati e costretti a cercare fonti di ispirazione verso altri lidi. Nella ricerca di appigli sicuri è più facile certamente guardare al passato; per “Eyegasm, Hallelujah!” le fonti d’ispirazione più influenti sono da ricercare nel progressive, nello space rock e nel dream pop.
 

La ricerca musicale e concettuale che dimostrate con ogni vostro lavoro è a dir poco esemplare e meravigliosa, a mio avviso. Ecco, è normale, secondo te, che tutto questo resti confinato in una nicchia? La poca diffusione e accessibilità preserva l’arte in qualche modo?

Non sono io a dover stabilire quanto sia normale il relegare una certa forma d’arte in una nicchia. Sono qui a parlare della mia musica, sarebbe ipocrita anelare ad una sua preservazione. Vedo invece voi promotori come attori con un ruolo fondamentale per far arrivare questa ricerca musicale e concettuale alle persone.

 


I Sunpocrisy
 

Dal punto di vista produttivo dimostrate sempre livelli molto alti, oltre al duro lavoro e alla ricerca della perfezione, c’è qualche altro espediente?

L’unico vero espediente che consiglio sono due paia di orecchie: un paio attaccato alla testa di Riccardo Pasini dello Studio 73, nostro fonico da studio e l’altro quello appartenente a Paolo Ferrari, nostro fonico dei live.
 

Sono passati più di due anni dalla pubblicazione di “Eygasm,Hallelujah” c’è già all’orizzonte un nuovo album targato Sunpocrisy?

Al momento stiamo lavorando ad alcuni pezzi, siamo molto contenti del risultato e non vediamo l’ora di portarli dal vivo. Abbiamo anche degli altri progetti in cantiere ma al momento la linea dell’orizzonte rimane bene ancorata a metà dello sguardo.
 

L’anno scorso il vostro tastierista Stefano Gritti ha lasciato la band, ci puoi dire qualcosa di più al riguardo? Verrà sostituito da un nuovo membro?
Lo scorso anno abbiamo cambiato anche batterista e siamo reduci dal nostro primo live con Alessandro di Vito, un batterista incredibile e una persona speciale che non vediamo l’ora di spremere sui pezzi nuovi! L’abbandono di Stefano, dovuto a motivi personali e con il quale siamo tuttora in ottimi rapporti, non è seguito invece da alcuna sostituzione.

 

Matteo, siamo giunti alla fine. Ringraziandoti per questa intervista, lascio a te le ultime parole con un messaggio e un saluto di rito ai lettori di TrueMetal.it

Ringrazio per lo spazio concesso e il tempo dedicato dagli ascoltatori e dai lettori.

 

Vladimir Sajin