Iron Maiden: live-report Praga 28 maggio 2005
C’era grande attesa per il ritorno on stage della Vergine di Ferro, da sempre capace di smuovere masse oceaniche di fan in giro per il Mondo, specie se l’occasione è quella di assistere a una data dell’Eddie Rips Up The World Tour in programma per l’estate. Praga è la tappa scelta per inaugurare in grande stile la tournée, una cinquantina di date a supporto del fortunato DVD The Early Days – Part I: ad attendere gli Iron Maiden circa 15000 fan radunati alla T-Mobile Arena della capitale ceca, per una serata a base di classici e sorprese dai primi quattro album della band.
Alle 20:30, dopo un sound-check tirato un po’ troppo per le lunghe, le luci si spengono e il boato della folla accoglie la maestosa Ides Of March, opener del mai troppo lodato Killers. Complice una trama di luci ruotanti e multicolori tipicamente retrò e un palco allestito con tanto di pedane sopraelevate, gigantografie di Eddie e varie chicche descritte più avanti si ha davvero la sensazione di essere catapultati indietro nel tempo, per la gioia di chi – come il sottoscritto – non ha potuto vivere di persona gli anni d’oro.
Terminata l’intro, suggestivi giochi pirotecnici introducono la spettacolare Murders In The Rue Morgue, prendendo di sorpresa chi già si aspettava la comparsa di Steve Harris per il celebre giro di basso di Wrathchild: tralasciando qualche problema alla batteria di Nicko McBrain, che per l’occasione ha testato una ciclopica Premier serigrafata ad hoc, il pezzo scorre con grande potenza, esaltando le corde vocali di un ispiratissimo Bruce Dickinson, che si rivelerà l’assoluto protagonista del concerto. Another Life è la prima chicca inserita in scaletta, secondo estratto da Killers dopo oltre vent’anni di ‘inattività’: da premiare, ancora una volta, la capacità dei nostri di ricreare con grande facilità le sonorità tipiche degli esordi, ancora pregne di reminescenze settantiane e, allo stesso tempo, sporcate da certe incursioni punk che si esauriranno nel giro del bienno 80/81. Una vera sorpresa.
Quando la copertina del mitico Iron Maiden si sostituisce a quella di Killers nel gigantesco pannello posto dietro al drum-kit, la tensione sale vertiginosamente tra la folla assiepata dietro le transenne: parlando di platter di tale portata, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si comincia con Prowler, in un’insolita quanto riuscita versione a tre chitarre: il trio Murray–Smith–Gers (per l’occasione abbigliati a dovere, in pieno spirito denim & leather!) distribuisce fendenti di grande potenza, supportati da una sezione ritmica che non ha certo bisogno di presentazioni. Da brivido il prosieguo affidato a The Trooper, con tanto di Bruce Dickinson con costume da ufficiale e bandiera inglese sventolata al cielo: una degna cornice per un super-classico che fa cantare a squarciagola l’intero palazzetto.
Si torna agli albori con un’intensa Remember Tomorrow, impreziosita da un’interpretazione profonda e toccante da parte di Dickinson. Vale davvero la pena spendere due parole in più per la prestazione sopra le righe del minuto vocalist, che ha incantato sotto tutti i punti di vista: instancabile, al solito, per quanto riguarda la presenza scenica (abiti assurdi compresi!) e con una voce da applausi, come non si sentiva da anni; un grande traguardo, specie se si considera che l’ex-Samson ha dovuto confrontarsi prevalentemente con pezzi cantati originariamente dal suo predecessore, Paul Di’Anno – ben 10/17.
Aumentano i giri con un’altra hit senza tempo, quella Run To The Hills che in molti – Nicko McBrain incluso – davano per grande ma giustificata assente dalla scaletta del tour. Su questa canzone si è scritto di tutto e di più, meglio concentrarsi allora sulla successiva Charlotte The Harlot, altra grande sorpresa confezionata dal sestetto britannico: Dickinson si diverte a giocare con il pubblico, già pronto per 22 Acacia Avenue, salvo poi lasciare a Dave Murray (in grande spolvero) il compito di introdurre la sua canzone; il risultato è un altro centro per la Vergine di Ferro, che dimostra di non dimenticare il proprio passato concedendo ampio spazio a composizioni altrimenti ignorate dalle recenti setlist.
Dopo un’overdose a base dei primi due album, la palla passa al bellissimo Piece Of Mind, da cui sono riproposte in sequenza Revelations, Where Eagles Dare e Die With Your Boots On, un trittico che difficilmente lascerà immobile qualsiasi appassionato dei Maiden. C’è curiosità in particolare per l’opener del platter datato 1983, richiesta a gran voce per l’occasione: l’esito, manco a dirlo, è assolutamente positivo, con grande giustizia per lo squisito lavoro di batteria che si sviluppa lungo i sei minuti di durata. Dopo tre gemme di questo calibro, solo un brano come Phantom Of The Opera – che non esiterei a definire il primo grande capolavoro targato Iron Maiden – può permettersi di mantenere un livello qualitativo così elevato: tutta la band suona con grinta e precisione, anche se (meritatamente) i riflettori sono puntati su Steve Harris, impegnato in alcuni dei passaggi più belli del suo repertorio. Una grande emozione.
Lo show prosegue verso la fine infilando un cavallo di battaglia dietro l’altro, da The Number Of The Beast (con improbabili diavolette sexy armate di forcone e biancheria intima sparse per il palco) all’imperiosa Hallowed Be Thy Name, passando per Iron Maiden, song-manifesto del combo britannico. I nostri salutano e fingono di andarsene, ma la foga del pubblico li richiama dopo qualche minuto per tre encore d’eccezione: prima l’anthemica Running Free (un pezzo che non dovrebbe mai mancare), poi la sorpresa chiamata Drifter e chiusura in pompa magna con Sactuary, come vuole la tradizione. Dopo 1 h e 45 minuti i Maiden salutano e ringraziano, visibilmente soddisfatti: il pubblico – sottoscritto incluso – impiegherà qualche ora in più per riprendersi.
Spettacolare: solo così potrei definire ciò che i miei occhi hanno visto in quel di Praga pochi giorni or sono. Scenografie azzeccate, grande presenza scenica e soprattutto grande musica. C’è chi si è lamentato per qualche assenza pesante (Killers, tanto per fare un nome) o per la durata inferiore alle due ore del concerto, ma in questi casi si tratta solo di voler cercare il pelo nell’uovo. Se queste sono le premesse, al nostrano Gods Of Metal ci sarà davvero da divertirsi: MaidenFans siete avvisati!
Setlist:
Ides Of March (tape-intro) / Murders In The Rue Morgue / Another Life / Prowler / The Trooper / Remember Tomorrow / Run To The Hills / Charlotte The Harlot / Revelations / Where Eagles Dare / Die With Your Boots On / Phantom Of The Opera / The Number Of The Beast / Hallowed Be Thy Name / Iron Maiden / Running Free / Drifter / Sanctuary