Folk - Viking

Live Report: Heilung + Eivør + Lili Refrain @Alcatraz, Milano – 09/12/2022

Di Davide Sciaky - 11 Dicembre 2022 - 17:56
Live Report: Heilung + Eivør + Lili Refrain @Alcatraz, Milano – 09/12/2022

Heilung + Eivør + Liili Refrain
@Alcatraz, Milano – 09/12/2022

Qui puoi vedere le nostre foto del concerto.

Un primo album autopubblicato nel 2015, il primo concerto nel 2017 e dopo pochissimo il contratto con la Season of Mist. Nell’arco di pochi anni la loro musica si affaccia anche su altri media e trova spazio nella colonna sonora di serie tv e videogiochi.
Quella degli Heilung è una storia di un successo assolutamente imprevedibile dato che il gruppo tedesco-danese suona una musica apparentemente di nicchia, che fino a qualche anno fa si sarebbe detta quanto di più lontano possibile dal grande successo di pubblico.
Invece in un tempo brevissimo la band ha conquistato i cuori di tantissimi e così il primo concerto italiano degli Heilung attrae un pubblico tanto vasto quanto eccitato all’idea di poter finalmente vedere questo gruppo. A riprova di ciò troviamo una coda spropositata all’ingresso dell’Alcatraz di Milano dove incontriamo anche diverse persone con travestimenti e trucchi facciali che non sarebbero fuori luogo sul palco a fianco a musicisti di questa sera.

Ad aprire il concerto abbiamo l’italiana Lili Refrain che, dopo aver accompagnato il tour in mezza Europa, finalmente sbarca in madrepatria dove probabilmente si trova davanti il pubblico più grande mai visto da lei in Italia. Se probabilmente non tanti la conoscono prima di questa sera, come rimarca anche lei dal palco, fa piacere vedere un pubblico già molto abbondante e soprattutto molto recettivo alla sua musica.
La musicista è da sola sullo stage ma questo non è un limite e, anzi, le permette di mostrare al meglio il suo pieno controllo della strumentazione. Grazie ad una loop station, Lili Refrain suona uno strumento alla volta andando a costruire una muraglia di suono che sembra venire da una band di ben più persone. Percussioni, synth, chitarre e campanelle sono tra gli strumenti che creano suggestioni ipnotiche che meravigliano il pubblico che risponde applaudendo con grande calore tra una canzone e l’altra.
Quando Lili prende il microfono si vede la grande emozione che prova nel ringraziare il pubblico e non può che far piacere vedere un’artista così genuinamente entusiasta di trovarsi sul palco e ricevere il meritato apprezzamento del pubblico di casa.

A seguire troviamo Eivør, al secolo Eivør Pálsdóttir, una musicista che non necessita di troppe introduzioni dato che in 20 anni di carriera ha collezionato non pochi riconoscimenti e ha prodotto tantissima musica di grande qualità.
Se Eivør si è spesso avventurata in territori più Pop rispetto ai suoi colleghi sul palco questa sera, la cantante faroese per l’occasione attinge dalle canzoni più Folk del suo catalogo andando a suonare uno show che non stona affatto accanto agli altri gruppi e che anzi si vede che da subito conquista il pubblico.
La cantante è accompagnata sul palco da solo un altro musicista che suona diversi strumenti sullo sfondo, ma tutti gli sguardi sono rivolti verso di lei che canta, suona la chitarra e le percussioni, e che con pochissimo sforzo catalizza tutta l’attenzione del pubblico. La sua voce è delicata ma diventa potente all’occorrenza e in alcuni momenti, quando Eivør fa profondi respiri ritmati che quasi trascendono in throat singing, si trasforma in percussione a dimostrazione di grande abilità vocale e controllo del proprio strumento.
La cantante si rivolge poco al pubblico, ma quando lo fa dimostra sempre grande dolcezza, sembra quasi sorpresa di essere su quel palco a ricevere fragranti applausi, e in un momento rivela che “è da tanto tempo che sognava di suonare in Italia”. Il tempo a disposizione purtroppo non è tanto, ma Eivør riesce rapidamente ad ammaliare tutti i presenti conquistando sicuramente qualche nuovo fan.

Dopo la performance della musicista faroese, il palco viene preparato per gli headliner e vediamo diversi strumenti comparire sul palco dove erano già stati portati dei rami, quasi piccoli alberi, a decorare lo stage.
Quando tutto è pronto un’oscura figura incappucciata compare sul palco a spandere il fumo che esce da un incensiere in mezzo alle acclamazioni dei fan.
Quando arrivano i quasi venti tra musicisti e figuranti degli Heilung le acclamazioni aumentano prima di spegnersi completamente e rimanere in religioso silenzio mentre il rituale ha inizio. Di sottofondo si sentono degli uccellini, le persone sul palco si mettono in cerchio e l’”officiante” inizia la cerimonia pronunciando le parole ripetute prima dai musicisti e poco dopo da tutto il pubblico: “Ricordate che noi tutti siamo fratelli di tutte le genti, degli animali e degli alberi, della pietra e del vento. Noi tutti siamo discendenti della Grande Entità che è sempre stata qui, prima che le persone vivessero e gli dessero un nome, prima che il primo seme germogliasse”.
Brividi.
Già questo primo momento, migliaia di persone in silenzio assoluto davanti al gruppo già sul palco, e poi la ripetizione all’unisono di questa sorta di preghiera, può dare l’idea dell’evento monumentale e commovente che è stato il concerto degli Heilung.
Lo spettacolo, che è tanto concerto quanto performance profondamente fisica, si svolge come un rituale senza interruzioni e muovendosi fluidamente da una canzone all’altra. Sono Maria Franz e Kai Uwe Faust, due dei tre membri principali della band, a fare da sorta di maestri delle cerimonie guidando gli altri musicisti sul palco. Il terzo membro principale, Christopher Juul, posizionato sulla sinistra del palco suona diversi strumenti a partire dal corno con cui apre il primo brano, “In Maidjan”.
Intorno a alla voce di Kai, throat singing gutturale, grezzo e primordiale, e di Maria, eterea ed evocativa, si costruisce un’orchestra ancestrale dove c’è chi suona tamburi, chi strumenti ad arco, chi accompagna il cantato con dei cori.
In un attimo si perde il senso del tempo, si potrebbe essere nel 2022 o nel 1000, il concerto potrebbe essere iniziato da 5 minuti o da ore, gli Heilung ipnotizzano e poco conta all’infuori di quello che succede sul palco. Si avvicendano guerrieri armati di lance e scudi che battono le armi e i piedi per terra a ritmo, sventolano i loro strumenti mentre danzano muovendosi in un caos organizzato, apparentemente casuale ma in realtà con una coordinazione perfetta.
I suoni evocano sensazioni ataviche e primordiali e, quando dal pubblico sentiamo salire degli ululati, con un sorriso pensiamo che quello che sarebbe ridicolo in quasi qualunque altro contesto è la reazione assolutamente comprensibile davanti a questa musica.
Anche se il gruppo ha pubblicato da poco un nuovo album, “Drif”, da questo disco vengono eseguiti solo due brani mentre il grosso della setlist viene dal secondo disco, “Futha”, che viene suonato quasi per intero (sette brani su nove). Forse data la grande attività live degli ultimi mesi la band non ha avuto ancora modo di costruire un nuovo spettacolo includendo più brani nuovi.
Essendo la prima volta che suonano in Italia probabilmente per la maggior parte del pubblico è la prima occasione di vedere gli Heilung, e quindi la scelta di brani interessa poco; l’importante è il risultato complessivo che è niente meno che magico.
Proprio per la fluidità con cui scorre la performance risulta difficile parlare di momenti specifici, tutto lo show è un fluire di sensazioni ancestrali, di momenti che succedono in maniera naturale quelli che li precedono e che anticipano momenti ugualmente memorabili.
Durante la serata le cantanti diventano valchirie e ninfe, i cantanti sono vichinghi e scaldi; a seconda del momento i ruoli cambiano ma l’intensità è sempre enorme.
Sicuramente una delle scenografie che più si distinguono e rimangono impresse è su “Elddansurin” quando un guerriero porta una torcia in fiamme a Kai, poi si inginocchia tenendo lo scudo sulla testa mentre il cantante percuote lo scudo a tempo. Poco dopo sul palco arriva una donna che regge due palchi di cervo in fiamme che include in un’ipnotica danza.
Impossibile non nominare poi l’ultimo brano, “Hamrer Hippyer”, durante il quale tutti i musicisti sul palco apparentemente perdono ogni controllo dando vita ad un rito quasi orgiastico che li vede danzare senza freni sulle note ripetitive e ammalianti del brano.
Quando le persone sul palco si chiudono in cerchio a fanno un inchino il pubblico riconosce la fine del rituale e l’applauso è scrosciante, il giusto riconoscimento per una serata indimenticabile.

Quello degli Heilung è più di un concerto, è un rituale che scatena sensazioni ataviche, ancestrali e che emoziona come poche cose possono fare. Se la loro musica è magia, un loro concerto è svegliarsi da un sogno e scoprire che la magia è reale.