Vario

Marco Castelli

Di Marcello Catozzi - 27 Aprile 2014 - 0:01
Marco Castelli

Per chi non lo conoscesse, il nostro “bass hero” (la definizione è presa in prestito da una rivista specializzata giapponese) vanta una lunga carriera come strumentista, ma anche come compositore, arrangiatore, produttore. Ha lavorato con molti artisti italiani e stranieri appartenenti al panorama musicale, cimentandosi in svariati generi (hard rock, jazz, blues, metal, fusion), realizzando tre album come solista, collaborando in numerose altre produzioni discografiche e partecipando a diverse trasmissioni televisive nazionali nonché a parecchie importanti manifestazioni di portata mondiale (Heineken Jammin’ Festival, Wacken Open Air, Gods of Metal, Monsters of Rock ecc.).
Attualmente Marco Castelli è impegnato con i Riff-Raff e con The Rocker, contestualmente ad altre attività in studio, live clinic e didattiche.
Fatte queste doverose premesse introduttive, possiamo dare il via alla nostra intervista.

Intervista a cura di Marcello Catozzi

Ciao Marco, benvenuto su Truemetal. Raccontaci, innanzitutto, quando e come è nato il tuo amore per lo strumento che suoni.

Ciao e grazie a Truemetal, per me è un vero piacere esserci. E’ nato tutto così: avevo 6 anni e cominciai a suonare la chitarra quando il mio papà Elio Castelli, batterista, mi regalò un doppio tape del live “Made in Japan” dei Deep Purple, che imparai a memoria seguendo con la chitarra i brani per ore e ore. Qualche anno dopo mi imbattei nei primi lavori degli Iron  Maiden e, ascoltando quei dischi, il suono del basso di Steve Harris (sempre così presente, variegato e potente) ed il suo “playing” mi fecero esclamare: “Caspita, un giorno sarò anch’io un bassista!!!” e quel giorno arrivò all’età di 13 anni quando, fatalmente, nella band di mio fratello, il bassista si infortunò e al volo lo sostituii per un concerto. Pertanto sarò sempre grato a Mr. Steve Harris che mi ha ispirato verso lo strumento del basso elettrico.

Di solito ti esibisci con un classico basso a 4 corde, ma sappiamo che sei specializzato anche nell’uso di bassi a 5 o 6 corde, nonché di bassi fretless (senza tasti). Qual è la tipologia strumentale che prediligi?

Bene, io penso che il BASSO sia il 4 corde, con il quale puoi farci tutto senza troppe menate. Non nascondo però la mia attrazione e di conseguenza l’approfondimento dello studio di bassi a 5/6 corde per l’espansione dei loro registri gravi e alti (adatti a determinate tipologie di tecniche bassistiche), per le loro sonorità e poi, facendo il musicista di professione, devo dire che spesso il Blow è richiesto ed indispensabile. Mi ritengo un bassista fretless al pari del fretted.

Domanda originale, che trae ispirazione da una recente esibizione di Axel Rudi Pell. Se nella band in cui suoni, improvvisamente, venisse chiamato un “Changez la femme!” nel senso che i musicisti sono tenuti a scambiarsi gli strumenti fra loro, quale strumento vorresti suonare?

Quando è uscito il disco dei “BOOM” (etichetta MetalMaster) durante il tour suonavo le parti di tastiere e basso, che avevo registrato nel disco, anche contemporaneamente (cori inclusi!!!). Per un “Changez la femme!”, oggi sicuramente imbraccerei la chitarra e mi sparerei dei soli da paura!

Ah ah! Ok, never say never! Tornando al tuo strumento principale, c’è stato un bassista al quale ti sei ispirato nella tua attività?

Jaco Pastorius.

Mi aspettavo questa risposta. E quali sono i bassisti della scena attuale che suscitano la tua ammirazione?

Marcus Miller, Les Claypool, Billy Sheehan…

Se dovessi fare una scelta tra uno stile essenziale, ruvido, scarno, di pura ritmica (tipo Cliff Williams) e uno più tecnico e virtuoso (alla Marcel Jacobs, per intenderci), per quale esprimeresti la tua preferenza?

Penso che ogni sonorità musicale richieda una tecnica specifica sullo strumento che si suona e un vero professionista debba essere in grado di saper utilizzare varie tecniche senza mai perdere la propria personalità. Riagganciandomi a Cliff Williams, da te citato, sarebbe fuori contesto suonare il muro ritmico degli AC/DC senza l’utilizzo del plettro, perché Cliff ha sviluppato una tecnica di stoppato, che poi è la sua peculiarità maggiore. Non mi piace il basso suonato  a plettro con tecnica chitarristica con “sweep”, “shredding” e quant’altro, perché altrimenti tanto vale suonare una chitarra. In pratica, se devo suonare in modo virtuoso, utilizzo le dita. Ritengo sostanziale l’utilizzo del plettro sul basso se suonato da bassista. Grandissima stima anche per Marcel Jacobs (RIP), un musicista meraviglioso.

Tra le sezioni ritmiche della storia più significative, qual è (o quali sono) quella che meriterebbe una citazione nella Hall of Fame?

Sicuramente in primis Michael Anthony & Alex Van Halen (Van Halen); gli invincibili Geddy Lee & Neil Peart (Rush); gli storici John “The Ox” Entwistle & Keith Moon (The Who); John Bonham & John Paul Jones (Led Zeppelin); Roger Glover & Ian Paice (Deep Purple) e infine Jimmy Bain & Vinnie Appice (Ronnie James Dio), ma la lista potrebbe continuare ancora e ancora…..

Pensando ai diversi generi nei quali ti sei cimentato durante la tua carriera, qual è quello che maggiormente incontra i tuoi gusti musicali?

Il Rock!

A quale, tra queste icone della storia, ti senti più vicino stilisticamente e artisticamente e per quali motivi? Jimmy Bain, Roger Glover, Geezer Butler, Lemmy, Marco Mendoza, Steve Harris, Neil Murray, Rudy Sarzo

Premettendo che per ognuno dei nomi citati nutro profonda ammirazione e stima, dovendo sceglierne uno direi sicuramente Neil Murray e mi permetto di aggiungere Chuck Wright (anche se non è tra i citati) semplicemente perché li sento più vicini al mio playing.

Quanto tempo delle tue giornate dedichi all’allenamento e allo studio?

Più passano gli anni e più il tempo è tiranno. Detto ciò, lo studio dello strumento, che non bisogna abbandonare e sottovalutare mai, mi impegna per almeno 4 ore al giorno. Se poi aggiungiamo la fase compositiva, quella di registrazione, arrangiamenti ed editing vari, repertori da ripassare e/o studiare e l’insegnamento, ci sono delle giornate in cui ti rimane pochissimo tempo da dedicare alla famiglia e alla sfera personale.

Hai proprio ragione: il tempo non è mai abbastanza… E a tal proposito, visto che sei un musicista eclettico, che tipo di musica ascolti nel tuo tempo libero?

Prevalentemente ascolto musica classica perché, a mio avviso, è scritto tutto lì e le cose nuove le scopro nel passato. Musica strumentale in generale, perché ritengo che la musica sia già di per sé un linguaggio universale con un ampio vocabolario. E quel filone di “Guitar Heroes” e grandi virtuosi dello strumento, usciti a cavallo degli anni ’80 e ’90 (Malmsteen, McAlpine, Satriani, Vinnie Moore etc etc…). Perché la musica non è mai un’isola, la musica è il mare!

La tua immagine rende perfettamente l’idea, direi. Parlando ora di “sogni nel cassetto”, con quale artista ti piacerebbe collaborare?

Yngwie J. Malmsteen e Steve Vai.

E a proposito di isola, cosa risponderesti alla classica domanda sui 5 dischi da portarti su un’isola deserta?

Ehhh…questa domanda ricorre spesso…chi dice 5 , chi 10 ma a me non basterebbero nemmeno più di 100, però tralasciando la musica classica che ho già citato e pensandomi su un’isola deserta, mi pomperei e delizierei con:
1 “On stage” (Rainbow)
2 “Siesta” (M. Davis-M. Miller)
3 “Rising force” (Yngwie J. Malmsteen)
4 “Made in Japan” (Deep Purple)
5 “Van Halen” (Van Halen ’78)

Qual è il concerto al quale hai assistito con maggior entusiasmo negli ultimi anni?

Steve Vai all’ Alcatraz di Milano circa un anno fa…una performance davvero geniale da parte di tutta la band, elettrizzante!

E qual è il tour che ricordi con maggior affetto?

Sicuramente il primo tour con i “Wisdom” perché avevo soltanto 19 anni e mi sembrava tutto così magico: viaggiare di continuo attraverso vari Stati, vedere tante persone e backliner che lavorano per te, suonare di spalla ad artisti di fama internazionale come Glenn Huges ecc…e a quell’età ti sembra davvero di toccare il cielo con un dito!

Avendo toureggiato spesso al di fuori dei confini nazionali ed essendoti anche esibito su moltissimi palchi del nostro cosiddetto “Belpaese”, sorge spontaneo chiederti quali differenze hai riscontrato fra le due situazioni (pubblico, organizzazione, ecc.)?

Nel corso degli anni, tra tour e concerti, ne ho viste di cotte e di crude e si potrebbe aprire un capitolo a sé ma, dato che non mi piace generalizzare o parlare per luoghi comuni, la mia idea è che si trova il bello e il brutto dappertutto (ciò vale sia per l’organizzazione che per il pubblico). Però posso aggiungere che per cultura, senza citare città o Paesi, esistono delle realtà molto meglio organizzate con più esperienza nel settore. Paradossalmente, laddove si trovano delle lacune a livello organizzativo è possibile trovare anche grande calore umano e un riscontro di pubblico eccezionale.

Come vedi il futuro prossimo, allorché andranno in pensione i cosiddetti Mostri Sacri, che hanno scritto la Storia del Rock? Pensiamo agli AC-DC, ai Saxon, ai Motorhead, ai Whitesnake e via dicendo… Cosa, o meglio: chi resterà a difendere la bandiera del Rock?

Un futuro veramente incerto. Difenderà la bandiera del Rock chi avrà qualcosa di nuovo da dire, seppure ciò risulti molto difficile. Al momento vedo soltanto i MUSE all’altezza del compito e, comunque, ritengo che le grandi band che hai citato influiranno fortemente su tutto ciò che di nuovo potrà arrivare.

Segnalami una o più band – tra le cosiddette “nuove leve” – da tenere in considerazione nel panorama Hard Rock / Heavy Metal attuale

Trovo che il progetto che hanno costruito i “The Winery Dogs” (Kotzen, Sheehan e Portnoy) sia una situazione proprio ben riuscita e a quanto pare l’album ha avuto anche un buon riscontro a livello di vendite mondiale.

Una domanda un po’ provocatoria: ritieni anche tu che l’Hard Rock e il Metal stiano segnando il passo, dopo i fasti degli scorsi decenni?

Sicuramente mi trovi d’accordo. Il meglio è stato dato negli anni ’70, poi è stata una discesa fino ai primi anni ’90. A mio giudizio una delle cause di questo declino, è stato l’avvento di quelle sonorità “stolen”, “grunge”, tutte quelle chitarre droppate e quelle “voci catacombali” che personalmente mi fanno soltanto ridere…..non me ne vogliano i seguaci e le band del genere ma per me “..fate proprio della ‘musica’ di merda”.

In un momento di crisi come quello attuale (locali che chiudono, budget e cachet che si assottigliano ecc.), come se la passa oggi un musicista che vive essenzialmente di musica?

Effettivamente il momento non è dei migliori, concordo. La crisi è globale e mi auguro che finisca quanto prima. Ho però imparato che nella vita bisogna tener testa alle difficoltà e credere fortemente in tutto ciò che si fa….

Come vedi questa situazione tutt’altro che allegra, in prospettiva?

Penso che la musica e l’arte siano l’anima delle emozioni…la vita ha i suoi cicli, sono certo che migliorerà.

Incoraggeresti tuo figlio a diventare musicista, se manifestasse questa volontà?

Incoraggerei mio figlio verso qualsiasi attitudine manifestasse; se poi fosse nei confronti della musica, ne sarei oltretutto fiero!

Dopo essere entrato in pianta stabile nei Riff-Raff (AC-DC tribute), sei molto spesso in giro per l’Italia suonando cover e riscuotendo un indubbio successo. Come mai – secondo te – il mercato italiano, pur in presenza della crisi a cui abbiamo accennato, è rimasto comunque piuttosto affamato di tribute band, mentre risulta sempre più difficile affermarsi suonando musica originale?

I Riff Raff/The Rocker sono una grande band di seri professionisti e ottimi musicisti nonché delle stupende persone e, per me, è un vero piacere lavorare con loro. La band è capitanata da Edo Arlenghi che porta avanti questa tribute al pari del progetto originale “The Rocker” da tantissimi anni con la dovuta serietà, e questo è il motivo della longevità e del successo a cui si faceva riferimento.
Questa è una domanda che fa molto riflettere e mi piacerebbe rigirare; in ogni caso la mia idea è che sia una tendenza tipicamente italiana ed è un peccato perché, in questo modo, il pubblico (che farebbe bene a mediare le due cose) sedendosi sull’ascolto di ciò che già conosce ed è stato , penalizza fortemente la creatività e la crescita musicale del panorama Rock/Metal originale. Ciò non accade nel Pop in quanto, talvolta, da parte delle Major e dei Media vengono pompate delle grandi stronzate che il pubblico, lobotomizzato da questi “pseudo” artisti (di breve durata….), infine non riesce più ad apprezzare la musica vera e il Rock ’n’ Roll.

Hai realizzato, come solista, tre dischi dal 2002 al 2007. A quale di questi tuoi figli ti senti più affezionato?

Ogni mio album solista ha una sua storia che mi rappresenta; alla tua domanda risponderei: il primo album ”Basso Continuo” perché è stato il punto d’arrivo ad un sogno che cullavo fin dai miei esordi ed anche perché in quell’album suono tutti gli strumenti eccetto le parti di percussioni. Mentre “XXIX Anima” (Valery-Frontiers Record) rappresenta la mia maturità artistica; ma l’album nel quale ho trovato la vera essenza del mio modo di intendere e fare musica sarà il prossimo album “Beyond”, al quale sto lavorando.

Che ne è, attualmente, della tua band “MC Project”?

La mia band “MC Project” nasce come un quartetto che poi diventa un trio con il quale ho potuto suonare la mia musica. Riallacciandomi alla domanda sul tour al quale sono più affezionato, direi che non c’è nulla di più emozionante e stimolante che suonare a ogni live la musica da te composta in una formula di trio nel quale, ovviamente, ogni componente deve dare il massimo e nel mio modo di interpretare il live do spazio almeno al 50% all’improvvisazione e alla creatività istantanea di ogni singolo musicista (me compreso). “MC Project Band” si muove relativamente al discorso promozionale legato all’uscita dei miei album. Resta sempre un angolo mio che porto avanti in co-attività con gli altri progetti lavorativi, in sintesi è un fuoco sempre acceso.

Ci puoi rivelare quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Viaggiare sulla coda del tempo alla ricerca delle note fantastiche, in pratica: suonare a più non posso!!! PLAY LOUD m/ m/

Come la nostra consuetudine impone, ti lascio l’ultima parola per rivolgere un saluto ai lettori di Truemetal.

Fregatevene dei giudizi e delle invidie altrui, a meno che non siano costruttive per la vostra crescita. Siate sempre voi stessi e suonate ogni singola nota come se fosse l’ultima! STAY ROCK!
Alla fine dell’intervista, un grazie sincero a Marco Castelli per la piacevole chiacchierata, che ci ha fornito più di uno spunto interessante su argomenti che riteniamo degni di attenzione. All in the name of Rock!!!

Marcello Catozzi