Vario

Non piaccio a nessuno

Di Dwight Fry -
Non piaccio a nessuno

Allora, la storia è questa: sul finire degli anni ’60 Frank Zappa ha già due figli, Dweezil e Moon Unit. Per tenere a bada quelle pesti, lui e sua moglie assumono una governante.
La baby-sitter dei bimbi è bella e giovane, nel tempo libero fa la groupie e si chiama Christine. Di lei si è invaghito un musicista sfigato, certo Vincent, cantante di un gruppo di sfigati suoi pari.
Un giorno Christine ne parla a Zappa, che ha da poco inaugurato due etichette discografiche, e nel descriverli dice:
Non piacciono a nessuno.
Zappa rimane folgorato.
Proprio a nessuno?, chiede lui.
A nessuno, conferma Christine.

In effetti è vero. Quel gruppo di scappati di casa è in giro da un po’, la band ha già cambiato tre volte il nome. C’è una costante, tuttavia: con qualunque nome si presentino, non piacciono a nessuno. Quando ancora si facevano chiamare Spiders, dopo un concerto in Arizona, furono costretti a rifugiarsi presso la sede della Guardia Nazionale perché il pubblico voleva riempirli di botte. Erano troppo strambi e provocatori per non attirare le ire di qualche bravo sudista devoto alle tre “C”: casa, chiesa e country. Proprio da questo episodio nacque una canzone, ‘Nobody likes me‘ (tradotto alla lettera: Non piaccio a nessuno) che poi avrebbero registrato col terzo nome della band.
E dopo il provino (tragicomico, nelle dinamiche) che Vincent e compari tennero presso l’abitazione di Zappa, non è che il vecchio Frank rimase particolarmente impressionato da loro. Però quei cinque erano abbastanza stravaganti da poter attirare l’attenzione del pubblico, in fondo avevano già condiviso il palco con Hendrix e Pink Floyd. Quindi vai con un contratto per due album.
È da questo punto in poi che ha inizio la carriera della zia per antonomasia dello shock rock: Alice Cooper.

Ho voluto citare l’episodio di Zappa perché, spesso anche solo a livello concettuale, tutta la carriera di Alice Cooper è attraversata da questo amore per i pezzi strambi o addirittura “zappiani”, più in generale per la musica priva di confini. Il suo approccio alla scrittura risulta infatti tra i più eterogenei in campo hard rock. Forse il più eterogeneo in assoluto. Perché certo, tutti conoscono ‘School’s out’ o ‘Poison’ ma Alice ha pubblicato anche pezzi che col rock duro non c’entrano nulla.
Dunque, se nello speciale precedente ho voluto citare i brani metal di Coop, stavolta desidero elencare quelli meno heavy e più eccentrici, percorrendo passo passo la sua carriera.
Dieci pezzi, come l’altra volta. Iniziamo appunto da quella ‘Nobody likes me‘ che la band scrisse dopo aver rischiato di farsi gonfiare come un canotto dal pubblico inferocito.

 

1968.
La versione da studio di ‘Nobody likes me‘ non la trovate in qualche album ufficiale ma è presente nella raccolta “The life and crimes of Alice Cooper”. Brano assurdo, in pratica un incrocio tra un valzer e i tipici pezzi del folk russo, ma in salsa rock. Non fosse stata scritta quasi dieci anni prima, la si potrebbe definire una versione caricaturale di ‘Bohemian Rhapsody’, sia per il testo che per i controcanti. Non ci credete? Potete ascoltarla qui:
https://www.youtube.com/watch?v=WRoIusBouuI

1972.
Nel famosissimo album “School’s Out” c’è un capolavoro nascosto, è un pezzo jazz e si intitola ‘Blue Turk‘.
Alice Cooper che si dà al jazz? Ma sì, vi dico. Ascoltate che roba:
https://www.youtube.com/watch?v=QgzoYzZiI7w

1973.
Un altro pezzo jazz si trova nell’album “Muscle of love” e s’intitola ‘Crazy little child‘. Note succulente di pianoforte, un pigro trombone (suonato non si sa da chi) che spunta ovunque, la voce di Alice che ci racconta nascita, ascesa e morte di un criminale. Frasi semplici e geniali: “well, daddy-o was rich, mama was a bitch, living wasn’t easy in between”.
https://www.youtube.com/watch?v=lSQDD6Ka2lk

1975.
Altro album noto a tutti i cultori dello shock rock: “Welcome to my nightmare”. Tra i vari pezzi nessuno cita mai ‘Some folks‘: forse perché è un pezzo che inizia come fosse la nuova sigla de “La famiglia Addams” e si sviluppa poi come un pezzo di cabaret alla Liza Minnelli? Ma in fondo non c’è nulla di cui stupirsi, considerando che il protagonista dell’horror musical più noto di sempre, Frank-N-Furter del “Rocky Horror Picture Show”, è stato plasmato sulle fattezze di Alice Cooper.
https://www.youtube.com/watch?v=43wfzWcsz_k

1976.
I’m the coolest‘, da “Alice Coper goes to hell”. Musica jazz cantata da Satana? Tutto è possibile, quando si tratta di Alice Cooper. Tra quelli citati, è in assoluto il pezzo più zappiano (sentite il ritornello). Diabolicamente sensuale:
https://www.youtube.com/watch?v=ZJIZrSMllEQ

1981.
Il peggior album di Alice, per me e molti altri, è “Special Forces”. Il paradosso è che non ebbe la decenza di inserire l’unica cosa realmente buona che aveva scritto in quel periodo, una canzone dal titolo chilometrico: ‘Look At You Over There Ripping the Sawdust From My Teddy Bear‘. Potete recuperarla nel cofanetto cui accennavo prima, “The life and crimes of Alice Cooper”.
Questa canzone non saprei nemmeno definirla. Certo non è hard rock. È… strana. Jazz senza essere jazz:
https://www.youtube.com/watch?v=c0wKMPn4TVM

1996.
Passano gli anni, Alice prima sbanda (i cosiddetti “album del blackout”), poi si riprende indossando i vestiti da metallaro nel biennio 1986-1987, quelli da glamster nel periodo 1989-1991. Infine decide di vestire i panni di Erode. Proprio lui, notoriamente cristiano. L’avete visto di recente, forse, nello spettacolo teatrale tratto da “Jesus Christ Superstar” ma in realtà la sua cover di ‘King Herod‘ risale al 1996.
Incrocio tra musical e cabaret, ancora una volta. Straordinario. Assolutamente straordinario:
https://www.youtube.com/watch?v=Z6NSVrXQfvc

 

2005.
Passano altri anni. Alice si diverte a interpretare il ruolo del Savonarola del metal (2000-2001) ma dopo l’11 Settembre si stanca. Non chiude la trilogia industrialoide e torna allo shock rock. Pubblica prima “The eyes of Alice Cooper” e poi “Dirty diamonds”. In quest’ultimo album inserisce un pezzo che pare ideato da Quentin Tarantino e John Waters: ‘The Saga of Jesse Jane‘. Un po’ country, un po’ western, sa di pallottole schivate e sfide sotto al sole di mezzogiorno. Sentire Alice che canta come un consumato crooner, manco fosse Johnny Cash, è un’esperienza da compiere:
https://www.youtube.com/watch?v=d6ji-5M3P84

2011.
Last Man on Earth‘, quinta canzone dell’album “Welcome 2 my nightmare”. Alice stava (e sta) tornando alle origini, c’è poco da fare. Questo pezzo ricorda Tom Waits, dice più di qualcuno. Adoro Tom Waits, ma come avete potuto constatare il nostro Alice, canzoni così, le scriveva già a inizio anni Settanta. Questo pezzo è cooperiano, punto. Ed è bellissimo.
https://www.youtube.com/watch?v=0IHI3cuzBVs

2017.
Arriviamo al presente. L’ultimo lavoro del nostro s’intitola “Paranormal” ed è talmente anni ’70 da spingerci a credere che Alice Cooper nasconda una DeLorean nel garage. All’interno dell'(ottimo) album c’è un pezzo che s’intitola ‘Holy water‘: ha la carica del rock ‘n’ roll, ok, ma in definitiva è uno swing elettrico e veloce. Ti fa venire voglia di affogare nell’acqua santa il primo blackster che ti passa davanti, mentre lui urla frasi al contrario e spruzza gelato al pistacchio dalla bocca:
https://www.youtube.com/watch?v=mlBlzqXCemY

 

Volendo, avrei potuto citare altri pezzi particolari come ‘Man with the golden gun‘, ‘Alma Mater‘, ‘Inmates (We are all crazy)‘, ‘Gutter Cat vs. The Jets‘ , il funky di ‘Fresh blood‘, il blues di ‘Six hours‘ o razziare i primi due, psichedelici album dell’Alice Cooper Band, ma non volevo appesantire troppo la narrazione.
Di sicuro l’elenco che avete appena terminato di leggere si amplierà in futuro perché Alice sta lavorando a un nuovo album, dalle sonorità inedite. Qualcosa che non ha mai fatto prima, sostiene nelle interviste, e che conterrà (cito) “una certa quantità di rhythm and blues, dosi di Motown, chitarre e attitudine”.

Io penso che uno come Alice, arrivato a 71 anni dopo aver conosciuto o rischiato pestaggi, censure, divorzi, periodi di crisi dovuti alle sue dipendenze (cocaina e alcol, perlopiù), uno che ha ottenuto parole di elogio da gente come Groucho Marx, Dalì e Warhol… che ha condiviso il palco a diciannove anni con Hendrix e brownies alla cannabis con Syd Barrett… che ha venduto milioni di album e ancora oggi canta come se non ci fosse un domani… che in studio riesce a realizzare cose buonissime e fresche… può fare davvero ciò che vuole. Il tempo passa per tutti e finché c’è, finché ci siamo, è meglio goderselo appieno il nostro Alice, qualunque sia la forma musicale che desidera conferire alla sua Arte.

Tanto lo sappiamo: tra decapitazioni, impiccagioni e iniezioni letali, Alice Cooper cade sul palco tutte le volte, ma sempre in piedi.
Anche senza testa, sì.
Dwight Fry