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Presto Ballet (Kurdt Vanderhoof)

Di Riccardo Angelini - 26 Agosto 2005 - 2:07
Presto Ballet (Kurdt Vanderhoof)

E’ stato per me un onore intervistare uno dei personaggi più genuini e travolgenti della scena hard ‘n’ heavy americani, il leader di Metal Church e Presto Ballet, Kurdt Vanderhoof. Doveroso dunque tributargli un sentito ringraziamento, non solo per la gentile disponibilità con cui ha risposto alle domande, ma anche per lo straordinaria verve che dimostra con ogni parola. Ma lasciamo ora che siano le sue stesse parole a presentare la sua ultima fatica coi neonati Presto Ballet: Peace among the Ruins.

Ciao Kurdt. Dopo il metal tradizionale coi Metal Church e col tuo solo project, ora ti dai al prog rock. Come mai hai scelto questo campo?

Il prog lo ascolto fin da quando ero ragazzo, ed è da un sacco di tempo che mi sarebbe piaciuto fare a mia volta un disco di prog rock, quindi è una cosa che mi gironzolava per la testa da molto. Però la possibilità concreta di fare sul serio qualcosa del genere si è manifestata solo di recente, sai, anche per raggiungere quel livello tecnico che un lavoro di questo tipo richiede

Mi pare che nel mondo musicale odierno, in cui la presenza di elettronica, sintetizzatori e campionamenti è sempre maggiore, i Presto Ballet si pongano in modo volutamente anacronistico e – devo dirlo – questo a me piace. Che cosa ha scatenato quest’esigenza?

Perché è più bello! Non sono un fan del digitale, tutti quegli aggeggi elettronici e quei suoni finiti non mi piacciono, non sono genuini, non sono rock! E’ vero, usarli è più facile, più economico, ma è meglio lasciarli a cose come il pop o l’hip hop, che non mi piacciono per nulla [n.d.r.: risate, anche perché in realtà Kurdt ha usato un’espressione assai meno diplomatica…], dove magari possono coprire anche dei limiti tecnici dei musicisti. Il rock non è perfetto, non è pulito. Il rock è sincero, il rock è feeling!

Quali sono a tuo modo di vedere i maggiori pregi e i maggiori difetti dell’elettronica?

Ah, i vantaggi sono molti, di sicuro! E’ stupefacente quello che puoi fare con un computer, certamente è utilissimo, fornisce un sacco di opportunità, e nella fase di creazione della musica senza dubbio è molto comodo. Ma quanto al prodotto finale, l’elettronica non deve averci niente a che fare, quello che è importante è che il suono sia vero, reale, come lo era negli anni settanta. Nel prog a maggior ragione il feeling è importante, e quindi bisogna che gli strumenti siano suonati dal vero, non attraverso samples e campionamenti.

Beh non posso darti torto, io devo ammettere che non sopporto beats elettronici e drum machine…

Le drum machine sono odiose! Si sente subito che il suono è di plastica, sono assolutamente pessime! L’elettronica rende il suono come preconfezionato, troppo perfetto. E un suono perfetto non è affatto interessante. Quello non è rock, il rock è anche imperfezione, te l’ho detto: il rock è prima di tutto feeling.

Parliamo ora dell’album. Peace Among the Ruins è un album all’antica. Il titolo ha per caso qualcosa a che fare con questo ritorno ai vecchi tempi?

Beh, sinceramente non ci avevo pensato, potrebbe anche essere… [n.d.r: risate] In realtà pensavo a me, alla mia età, e al fatto che sto invecchiando. Anche se con i Metal Church ho avuto un buon successo non sono mai stato davvero famoso: non sono pieno di soldi, con una villa enorme, macchine sportive e tutto il resto. Non sono mai stato una rock star… e il bello è che sono felice così! Mi piace un sacco la mia vita, mi piace un sacco quello che sto facendo e sono molto soddisfatto di quel che ho fatto, non cambierei nulla. E il titolo si riferisce appunto a questo.

Strumenti come l’organo Hammond e il Mellotron sono veri, non riprodotti. Vi pare che la produzione valorizzi bene la differenza rispetto al suono imitato?

Sì, ci abbiamo fatto molta attenzione, tenevamo al fatto che il feeling fosse reale e genuino, e così abbiamo fatto in modo che la differenza fosse chiara. Direi che ci siamo riusciti, o almeno, per me è molto evidente. Poi è chiaro che è una questione di sensibilità, per esempio col fatto che io sono nell’ambiente musicale da molto tempo, ormai ci ho fatto l’orecchio e sono abituato a distinguere tre un Hammond vero e uno finto, magari un altro non è capace. Ma penso che chi se ne intende possa sentire bene la differenza, e apprezzarla.

Qual è la canzone di cui sei più fiero tra quelle del disco, quella che ti pare più rappresentativa del vostro messaggio?

Dunque, direi che Speed of Time sia quella che racchiude meglio il significato dell’album, sia per la musica che ha l’energia che il rock degli anni ’70 mi ha trasmesso, sia per i testi che parlano della visione che ho di me stesso invecchiato e del tempo che passa. E’ lo stesso tema presente anche nella title track, come vedi è un tema che mi ha ispirato parecchio!

Nella recensione ho definito lo stile dei Presto Ballet come prog-rock, ma le vostre influenze provengono anche, per esempio, da band schiettamente hard rock come i Deep Purple. Quali altri gruppi e realtà musicali ti hanno ispirato durante il songwriting?

Da piccolo quando ho cominciato a suonare la batteria a quattro anni mi piacevano i Beatles, e da lì è cominciata la mia esperienza nel mondo del rock. Dalla metà degli anni ottanta poi tutto è andato peggiorando, almeno per i miei gusti, soprattutto negli Stati Uniti. La musica ha smesso di suonare come prima, il business ha condizionato un sacco di band… il periodo che preferisco è quello che va dal 71 al 78, quando suonavano Deep Purple, Led, Genesis, Black Sabbath e tutti gli altri. E’ stato un periodo davvero incredibile, che personalmente adoro e reputo irripetibile, quando la musica suonava davvero fresca, era piacevole e i musicisti erano veramente capaci di suonare alla grande il proprio strumento. Per me quei giorni non torneranno più.

Che cosa pensi delle band degli anni ’70 che fanno musica ancora oggi, come Rush e Deep Purple?

Guarda, i Rush sono incredibili, io preferisco le cose vecchie ma loro sono stati capaci di cambiare nel tempo mantenendosi sempre ad alti livelli. Ci sono altre band che nel tempo hanno continuato a fare quello che facevano una volta, come i Kansas, ma visto che lo fanno bene e lo fanno solo loro va bene così. E’ chiaro che non possono avere lo stesso impatto, ma se la musica suona bene problemi non ce ne sono.

Pensi che ci siano ancora band valide nella scena prog attuale, nonostante l’uso dilagante dell’elettronica?

Sì, anche se la maggior parte delle nuove band è pessima [n.d.r.: anche qui il termine originale è assai più colorito], sono schifezze commerciali messe insieme tanto per far soldi, ma per fortuna qualche buona band c’è. Mi piacciono molto per esempio i Porcupine Tree, e a dire il vero mi piacciono un sacco anche i Darkness, che mi riportano alla mente il feeling del rock degli anni ottanta. Sanno suonare e la musica è bella, quindi direi che non manca loro nulla.

Stai ascoltando qualche disco in particolare attualmente?

Allora, adesso sto ascoltando molto gli IQ, poi devo dire che mi è piaciuto l’ultimo Porcupine Tree… continuo ad ascoltare anche i Darkness, ma attualmente mi sono messo a scavare negli anni settanta e sto facendo una scorpacciata di vecchi album, ce ne sono davvero un sacco di una qualità pazzesca! Ah, mi è piaciuto molto anche quello dei Kino, molto valido. Devo dire che apprezzo molto la miscela di melodie pop e prog, sono un bel mix.

E, a proposito di dischi, c’è qualche disco in particolare che ha influenzato più di altri la tua carriera di musicista?

Allora, provo a dirti i tre che preferisco ma non è facile… direi gli Yes di Close to the Edge… poi The Who Sings My Generation dei The Who… e per ultimo direi Sabbath Bloody Sabbath.

Ormai sono molti anni che sei nel mondo della musica. Che ricordi hai dei tuoi primi anni da musicista? Quali sono state le maggiori difficoltà quando non eri ancora noto nell’ambiente?

Ah, un momento shockante è stato il tour Metal Church e Metallica: quando salii sul palco mi guardai intorno e… oh mio dio! Quanta gente! Migliaia di persone attorno al palco a sentirci suonare… roba da matti! Anche dopo il primo world tour con i Metal Church… lì mi sono fatto un’idea di che cosa vuol dire lavorare duro, quando sono tornato ero a pezzi! Direi che questi confronti con una realtà più grossa sono stati quelli che mi sono rimasti più impressi.

Come ti sembra mutata la scena in questo tempo? C’è stato un cambiamento in meglio o in peggio?

In peggio! Adesso le case discografiche vogliono solo allargarsi, fare più soldi e trovare la nuova sensazione del momento. Negli U.S.A. poi la situazione è davvero terribile. Non importa che tu faccia buona musica, importa che il video sia bello, che la gente parli di te, il tuo aspetto e tutta una serie di fronzoli che con la musica hanno poco a che fare. E’ uno schifo.

Guardando la tua carriera nei Metal Church e i principi alla base dei Presto Ballet, penso che per te la dimensione live sia molto importante. Che cosa pensi di una band che non faccia live?

Che stupidaggine, non dovrebbero neanche esistere! [n.d.r.: risate]

E, sempre a proposito di live, quando potremo vedervi in Italia?

Dunque, ci sono stati un po’ di problemi con la registrazione dell’album, comunque ora sono stati risolti e dovremmo essere in grado di far partire il tour nei prossimi sei mesi. Quindi direi che fra non molto verremo anche da voi!

Hai qualche progetto particolare per il futuro?

Naturalmente prepareremo un nuovo album con i Presto Ballet, e uno anche con i Metal Church, quindi preparatevi a risentirci!

L’intervista è finita, sei libero di dire al pubblico ciò che vuoi.

Hey, grazie mille a tutti voi che ci seguite! Mi piace il pubblico italiano, ai concerti sa farsi sentire e dà soddisfazione a chi fa rock! Spero di potervi incontrare al più presto! Forza PFM! [detto in italiano! n.d.r.]