Progressive

Queensrÿche: Geoff Tate, il successo di “Empire” ha quasi messo la parola fine sulla band

Di Orso Comellini - 22 Febbraio 2020 - 8:45
Queensrÿche: Geoff Tate, il successo di “Empire” ha quasi messo la parola fine sulla band

In una nuova intervista radiofonica su iRock Radio, Geoff Tate ha raccontato di come il successo di “Empire” (1990) abbia cambiato i membri dei Queensrÿche.

Il successo ha portato la band quasi allo scioglimento, perché ha rivoluzionato gli equilibri interni del gruppo. Abbiamo iniziato a fare tanti soldi e i soldi ti cambiano. Cambiano il modo in cui vedi te stesso e le altre persone, il modo in cui ti aspetti di essere trattato. Scatta un meccanismo bizzarro nella tua testa e il nostro è stato comunque un successo arrivato lentamente. Fin dal nostro primo EP abbiamo iniziato a fare soldi e poi, gradualmente, sempre di più, sempre di più. Fino al botto con “Empire”, che ha generato tutto un altro livello di entrate. Inizi a passare il tempo pensando a come spendere i tuoi soldi. Prima ti limitavi a depositarli in banca, poi ti ritrovi a pensare “sarà la giusta banca per me?”. “Dovrei cercarmene un’altra?”. Nessuno di noi aveva un background degli affari. Piuttosto divertente come ti ritrovi circondato di amiconi quando fai i soldi, per cui ti ritrovi a doverli “estirpare” (ride, ndr). Finisci per dover fronteggiare tutte cose cui non sei abituato, quando l’unica cosa che sei abituato a fare è comporre musica. Ci sono voluti circa 3/4 anni per riunirci di nuovo per comporre nuova musica. C’era chi si preoccupava di comprare aeroplani, chi ville enormi. Eravamo tutti molto distanti. Non ho mai fatto musica per essere famoso. Sono diventato famoso – semi famoso – grazie alla musica. Ma la fama non è mai stata importante per me. Uscito “Empire” ci hanno contattato per realizzare delle action figure, dicendoci che era il livello successivo, che lo dovevamo fare. Per quanto mi riguarda era un insulto. Non dimentichiamoci che tutto ciò avvenne prima che il termine Rockstar avesse un’accezione positiva… Per la mia generazione era un insulto, ci riferivamo a qualcuno privo del talento musicale. Qualcuno falso, che stava lì solo per le telecamere e le ragazze. Tutta quella situazione mi ripugnava, non volevo averci a che fare. Gli altri mi presero per matto, secondo alcuni dovevamo farlo. In pratica la band si separò tra quelli che volevano l’action figure e quelli che non la volevano (ride, ndr).