Punk

Recensione libro: Punk, Born to Lose

Di Stefano Ricetti - 5 Maggio 2023 - 12:59
Recensione libro: Punk, Born to Lose

PUNK

BORN TO LOSE

di Antonio Bacciocchi

Pagine 304

18.00 Euro

Formato 14 x 21 cm

EAN 9788836160440

DIARKOS EDITORE

 

 

 

 

In fin dei conti, se “Never Mind The Bollocks” dei Sex Pistols lo avesse cantato David Coverdale, sarebbe stato un disco heavy metal

 

Questa la dichiarazione rilasciata da Peter Brabbs, chitarrista dei Tank nel loro periodo d’oro, quello di Filth Hounds of Hades (1982), Power of the Hunter (1982) e This Means War (1983).

Molto probabilmente sarebbe stata più ficcante e verosimile se lo stesso Brabbs avesse citato Brian Ross piuttosto che John Deverill, al posto di Coverdale, sì fantastico interprete, a quel tempo, ma legato indissolubilmente all’hard rock, non all’heavy metal.

Ma la sostanza del discorso cambia di poco: il Punk, per molti legionari del Metallo (Warfare, Tank, Motorhead e, ma solo in parte, Plasmatics) non era poi così distante dall’HM, basti ricordare anche i concerti condivisi dai Saxon (paladini dell’heavy metal di ieri, ora e sempre) con gli stessi Sex Pistols, come talvolta rimembra Biff, che aggiunge:

Do you agree that punk rock served as an inspiration for the heavy metal movement?

Biff Byford: “I think it did. From quite a few aspects. Fashion, definitely – from the leather jackets and chains and the studs. We adopted that early on – as did a lot of bands. I just think the attitude was, ‘Just play the music.’ I mean, some of it was very fashion-oriented, but some of the punk bands were really great, the Clash. But I think the movement was very short-lived. It was quite an aggressive music, and I think we took that side of it. But I think the Sex Pistols made a mark on the New Wave of British Heavy Metal. Very much like Nirvana did years later – made a mark on how bands played and how they were perceived to be. We stopped playing long, 15-minute jams and we started writing music that was five minutes, sometimes seven minutes. But the punk movement did that – it condensed everything into three or four minutes of craziness. And we quite liked that.” [cit.]

Per questo motivo, pressoché da sempre, non vi è mai stata preclusione alcuna su Truemetal riguardo il fatto di trattare il Punk, a livello di letteratura legata alla musica dura, come nel caso del libro oggetto della recensione, semplicemente intitolato Punk, Born to Lose, a firma Antonio Bacciocchi, Diarkos Editore.

Un tomo di 304 pagine contenente uomini, storie e avventure afferenti uno dei pugni nello stomaco meglio assestati all’establishment, una vera e propria ondata di aria fresca che segnò indelebilmente un’epoca. Oltre ovviamente agli obbligatori Ramones, Damned, Sex Pistols e compagnia sferragliante vengono passati al setaccio i vari sottogeneri e le successive ramificazioni oltre a tantissimi altri gruppi, anche minori, che hanno fornito linfa vitale al movimento Punk. Impagabili, in termini di emozioni elargite, le informazioni di prima mano raccolte dallo tesso Bacciocchi (musicista già membro di Chelsea Hotel, Trash Overdose, Not Moving, Link Quartet, Lilith)  personalmente e a tu per tu con i vari Iggy Pop, Johnny Thunders (New York Dolls, Heartbreakers), Damned, Siouxsie, Lene Lovich, Killing Joke, The Clash, a fornire uno scintillante spaccato di vita vissuta on the road impregnato di aneddotica, che è poi quello che distingue il libro griffato Diarkos da altre pubblicazioni generaliste sulla storia e l’evoluzione del Punk.

Interessante e tagliente come un rasoio a mano libera, di quelli belli affilati con la coramella, l’analisi degli anni Settanta italiani operata dall’autore, seppur breve. Pare davvero di leggere fatti legati a un’era geologica fa quando i Punk milanesi boicottarono nel giugno del 1981 il concerto di Iggy Pop al Rolling Stone di Corso XXII marzo in quanto il biglietto costava più del solito (cinquemila lire contro le abituali tre-quattromila) e poi perché si svolgeva in un luogo per “venduti”, una discoteca…  Doverosa poi l’analisi su realtà nazionali quali Skiantos, Gaznevada e Chrisma ma anche meteore, beninteso dalla genesi diversissima fra loro, quali Incesti, Tampax e Hitler SS.

Scevro da trombonismo, Punk, Born to Lose è un lavoro pane e salame, che racconta com’è andata per davvero, senza impalcature precostituite.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti