Report: Ancient 19/02 all’Easy Rider Club di Catania
Per l’heavy metal siciliano il 2005 si apre con il concerto dei norvegesi Ancient, alfieri del black metal melodico, che giungono all’Easy Rider Club di Catania per la loro unica tappa italiana. La scelta della band, da parte degli organizzatori della Nihil Productions, che ringraziamo per la serata, ha fatto storcere il naso ad alcuni: lecita, naturalmente, la libertà di dissenso, ma è anche vero che in Sicilia non ci possiamo permettere di criticare i gruppi, non essendo la nostra situazione musicale paragonabile a quella di regioni come Lombardia, Veneto o Lazio, dove i concerti abbondano.
Critiche lecite, dicevamo, ma constatiamo con una certa soddisfazione che, se alcuni puristi del black metal disertano la data, si avvicinano alcuni devoti di settori più leggeri, come il power: invitiamo, comunque, i fans a non fossilizzarsi su queste divisioni, bensì a mantenere unito il movimento heavy metal, dato che, a lavorare contro di noi, bastano ed avanzano i settori che nulla hanno a che vedere con il vero metal, già per il solo fatto di essere stati creati a tavolino da MTV.
L’entrata è limitata a chi si è prenotato, per via della capienza del locale, i cui gestori sono degni di encomio per la disponibilità e per la migliorata efficienza nel velocizzare le operazioni di ingresso: l’esperienza paga!
Poco dopo le 22 aprono i Nails of Faith, black metal melodico da Catania, che trascinano la platea per oltre mezz’ora con un discreto set di canzoni, tra cui riconosciamo, grazie anche alla buona acustica, “Queen of Winter, Throned” dei Cradle of Filth: i vampiri inglesi sono certamente un punto di riferimento, a volte ingombrante, per i catanesi, che comunque mantengono una propria personalità, e possiedono una buona presenza scenica, avvalorata da un efficace face painting. Il cantante, in particolare, si destreggia tra screaming, growling e clean vocals, senza demeritare in nessuno dei tre stili vocali.
Intorno alle 23 tocca agli attesissimi Inchiuvatu da Agrigento, accompagnati da una registrazione di voci suadenti che ricordano le sirene cantate da Omero. Naturalmente, l’Ulisse della situazione è il leader e cantante Agghiastru, che inizia lo show impalando un bambolotto. I brani, in dialetto siciliano, corrono l’uno dietro l’altro, alcuni piuttosto brevi: la definizione “black melodico” sta un po’ stretta alla band, dato che gli inserti melodici sono prevalentemente legati alla tradizione folkloristica – popolare siciliana. Tra le canzoni, ricordiamo “Inchiuvatu”, “Cunsumu”, tratta dall’ultimo album, le più antiche “Viogna” e “Ave Matri”, che scatenano un pogo feroce, la nuova “Maleficu”. Si passa a “Dannazioni” dei Maleficu Santificatu, progetto death metal di Agghiastru, quindi “Luciferu Re”. Nel finale il cantante – chitarrista ci regala un momento da sogno con il flauto, dedicandolo alla Sicilia, terra “odiata ed amata”, confermandosi valido polistrumentista e guadagnandosi le ovazioni dei presenti (“Sei un poeta!”); l’istrionico leader dialoga e scherza col pubblico, uscendo di scena dopo un’ora e un quarto, con il bis di “Ave Matri”, anche se la gente reclama a gran voce “Addisìu”.
Quasi all’una appaiono sul palco gli Ancient, nient’affatto leggeri, a nostro parere, semmai padroni degli strumenti, cosa che, purtroppo, spesso non avviene con le formazioni di black metal puro: a nostro avviso, il più dotato tecnicamente è il longilineo bassista Dhilorz, che spesso invita l’auditorio a scatenarsi, ed ogni volta ottiene una risposta esplosiva. Dopo un’intro tipica del black melodico, si passa ad “Envision the Beast”; i brani sono lunghi, intervallati da momenti atmosferici, come “Night Visit”, title track del nuovo album. Segue la storica “Eerily Howling Winds”, applauditissima, quindi “Cosmic Exile”, con dei validi fraseggi di chitarra. Si tocca la poesia con “Audrina, My Sweet”: vediamo i musicisti immobili con le spalle rivolte al pubblico, mentre echeggiano voci recitate in rima, come di creature di boschi nebbiosi. Ricordiamo poi “Homage to Pan”, apocalittica, con tutti gli strumenti tesi all’unisono in un finale deflagrante. Si sente il vento norvegese negli intermezzi atmosferici, ma anche nel gelo della voce di Aphazel, che arriva tagliente come una lastra di ghiaccio in pieno volto. Durante l’ultima canzone il cantante ringrazia il pubblico (“You have been great”), promettendo di ritornare, senza concedere alcun bis: i circa 300 presenti si dirigono lentamente all’uscita, come ipnotizzati dall’avvolgente melodia di chiusura, intorno alle due. A conclusione, facciamo presente che la band ha citato, in almeno due brani, parti di “Rhyme of the Ancient Mariner” degli Iron Maiden e “Children of the Grave” dei Black Sabbath; inoltre, il cantante si è spesso atteggiato con smorfie che ricordavano molto Gene Simmons dei Kiss. E’ il nostro cervello ad essere irreparabilmente schiavo dei fantasmi del passato, o è la formazione norvegese ad ispirarsi alle leggende dell’hard rock e dell’heavy metal? Probabilmente sono vere entrambe le ipotesi, ma è giusto che i ragazzi più giovani imparino ad apprezzare la storia da cui tutti noi proveniamo, anziché gettarsi a capofitto esclusivamente in realtà musicali che, benché al passo coi tempi, sono prive di calore ed emozioni, quando addirittura, in molti casi, sono indegne di chiamarsi “metal”. Chi non conosce il proprio passato è un uomo senza alcun futuro!
Giuliano Latina