Report Gods of Metal 2004 di Matteo ”Truzzkiller” Bovio
I Naglfar si comportano decisamente bene. Purtroppo per loro il tempo è pochissimo e i suoni a dir poco scandalosi. Impossibile sentire il rullante, cosa che appiattisce non di poco alcune parti, e, peggio ancora visto il genere, volumi di chitarra infimi. Due volte vanno a parare su Vittra, e in entrambi i casi mi ci vuole un minuto buono per capire di quale canzone si tratti… Nonostante questo il gruppo suona e cerca una risposta dal pubblico, che arriva, anche se un po’ spenta. Il gruppo ci mette passione e supera l’ostacolo dettato anche dall’essere piuttosto fuori dal proprio contesto ideale. I suoni e il tempo concesso loro non mi permettono di raccontare granchè dell’esecuzione, comunque un grande applauso per come hanno affrontato la situazione è più che dovuto.
Spettacolari i Sodom, allo stesso tempo una garanzia e una sorpresa. Totalmente indifferenti, almeno sul palco, al “gentile” trattamento riservatogli (per la posizione in scaletta, per i minuti a loro concessi, per non aver potuto suonare con la propria strumentazione, per i suoni…), aprono con una travolgente “Remember The Fallen”. Difficile capire se si divertano più loro o chi sta sotto il palco: la loro dimostrazione di passione è sicuramente uno degli elementi più coinvolgenti. “Outbreak Of Evil”, grande classicone, viene consumato quasi subito in scaletta, con un inizio cadenzato e schiacciasassi che lascia poi spazio ai tempi da pogo.
Ma il culmine dello show è sull’immancabile e semplicissima “The Saw Is The Law”, suonata in una versione fedele all’originale ma leggermente velocizzata. Il gruppo, ovviamente, affronta le canzoni senza sbavature, e la formazione a 3 rende la semplicità il punto di forza dello show. Show che vede altri episodi memorabili, come “Napalm In The Morning” e “Stalinhagel”, in cui il pubblico non manca certo di dimostrare il proprio apprezzamento.
Scandalosa la posizione all’interno della bill assegnata a questa vera e propria leggenda (vi dico solo che suonavano quando ancora stavo digerendo il pranzo…). Nonostante questo i Sodom hanno dimostrato di tenere un palco alla grande e di saper coinvolgere il pubblico non solo da professionisti, di più… Dopo questa esibizione la mia ammirazione si è spostata ancora di più verso qualcosa che assomiglia a devozione.
Spendo due righe anche per WASP e Twisted Sister, due gruppi che conosco poco e che trattano generi ben al di là della mia competenza. Ma il grande spettacolo offerto merita quantomeno qualche parola.
I primi hanno dimostrato un carisma e una capacità esecutiva impeccabili. Bella anche la scelta della scaletta: evidentemente consapevoli di trovarsi ad un festival abbastanza eterogeneo, hanno proposto tutti i brani più famosi della loro discografia. Ovviamente tutti a cantare su “Animal (Fuck Like A Beast)” e “I Wanna Be Somebody”: il merito non è solo della notorietà dei pezzi, ma anche del carisma del frontman, un vero animale da palco.
E chi poteva dargli del filo da torcere in quanto a carisma se non Dee? Non esagero nel dire che i Twisted Sister sono stati il gruppo mediamente più apprezzato della manifestazione. Incredibile il coinvolgimento del pubblico, tanto che alla conclusiva “I Wanna Rock” tutto il pubblico (e sottolineo il tutto) è in piedi. Memorabile anche “We’re Not Gonna Take It”, con un coro quasi da stadio sul ritornello e tutta la gente a saltare, ballare, divertirsi e più in generale fare casino…
I Testament si rivelano ancora delle vere e proprie macchine da guerra, instancabili thrashers in grado di superare tutti gli ostacoli della pessima organizzazione di questa edizione. L’apertura ovviamente è affidata a “D.N.R.”, il cui attacco viene smorzato grazie a chi dietro al mixer si è dimenticato di alzare i volumi dell’impianto… Superata questa prima difficoltà lo show prosegue con un Chuck sempre più in forma e sempre più arrabbiato, e Bostaph dietro le pelli che dà letteralmente spettacolo. Quel che esce con “Alone In The Dark” è indescrivibile a parole: tra poghi e cori la gente tra le prime file sembra letteralmente impazzita. E così è anche con il classico “Practice What You Preach”, suonato in una versione di inedita violenza.
Questa volta dal recente The Gathering sono solo 3 gli episodi proposti: oltre alla già citata apertura tocca un po’ inaspettatamente a “Three Days In Darkness” e, ovviamente, a “True Believer” il compito di muovere le teste della gente in un arrabbiatissimo headbanging. Ma il pubblico dimostra di aver voglia anche dei vecchi Testament, e non si tira indietro davanti a classici come “Low”, “Over The Wall” (stupenda) o “Dog Faced Gods”.
Superata l’ora di spettacolo, quando l’adrenalina lanciata in circolo dalla loro esecuzione mi aveva fatto dimenticare certe incazzature, tocca a “Disciples Of The Watch” chiudere lo show, ed ecco che si raggiunge il culmine: il tempo a disposizione è scaduto, dunque al gruppo, a metà canzone, viene abbassato a zero il volume dell’impianto. I Testament per un po’ proseguono; segue lo scatto di rabbia di Chuck che lancia il microfono in mezzo al pubblico, e poi la ripresa davanti alla meritatissima ovazione che il pubblico gli dedica, sia in risposta alla cafonaggine di chi si è azzardato a fare una cosa simile sia per ringraziare dello show offerto. Da notare che lo stesso lavoro era stato fatto in mattinata agli Stormlord. Anche per loro impianto abbassato prima della fine della canzone e nessuna possibilità di salutare il pubblico.