Report: Overkill e Mortal Sin – 10/03/08, Milano
Inossidabili. Overkill è una band dalla tempra d’acciaio che il tempo non può scalfire, nonostante quasi trent’anni (!) di carriera e una vagonata di dischi all’attivo; ma se in studio sono emersi sporadici cedimenti, peraltro fisiologici se considerati in una discografia di assoluto splendore, dal vivo i Nostri non hanno mai perso occasione per dare credito all’inno che, più d’ogni altro, ne celebra lo spirito:
We’re gonna walk all over you
‘Cause we are the wreckin’ – wreckin’ crew!
Il programma della serata prevede, oltre agli headliner (impegnati nel tour di supporto a Immortalis), i tedeschi Drone e, sorpresa gradita per ogni thrasher d’ordinanza, i veterani Mortal Sin, tornati recentemente in pista con An Absence Of Faith. I primi sono protagonisti di un’esibizione piuttosto anonima, in cui il thrash moderno del gruppo non trova (prevedibilmente) estimatori tra il pubblico; i mezzi tecnici non mancano, né la presenza scenica, ma al termine del set è difficile ricordare uno spunto originale. Si comincia a fare sul serio con i Mortal Sin (da Sydney), che imbastiscono uno show in cui i tuffi nel passato rappresentano il piatto forte: da brividi l’accoppiata finale I Am Immortal – Mayhemic Destruction, con le prime file a scaldare i motori in attesa dell’attrazione principale. Buona prestazione per Mat Maurer (il solo superstite, assieme al bassista Andy Eftichiou, della line-up originale) e il duo Nathan Shae – Mick Sultana, chitarristi affidabili e rodati.
Chi ha già avuto la fortuna di vederli all’opera, sa che Bobby “Blitz” e soci non risparmiano nulla in termini di intensità e sudore profuso; per tutti gli altri, ogni concerto degli Overkill è un’occasione d’oro per ripassare le basi di un concetto spesso travisato: thrash metal. Si parte in quarta con Devils In The Mist (opener nonché potenziale apice dell’ultimo nato Immortalis), ma è sulle note di Hello From The Gutter e Rotten To The Core che il gioco si fa duro… e i duri cominciano a giocare! L’Alcatraz si trasforma in una bolgia (certo nei limiti di un’affluenza non straordinaria – è lunedì e sono appena passati i Megadeth), fomentata a più riprese da una scaletta ben ripartita tra vecchie glorie e materiale più recente: si passa così da Skull And Bones (altro estratto da Immortalis, decisamente più efficace dal vivo) alla tremenda mazzata di Hammerhead, per un salto temporale che supera i vent’anni. Supportata da suoni potenti e nitidi (micidiale il riff di Skullkrusher), la band non allenta la morsa per tutto il corso dello show, con il solito D.D. Verni a bastonare veemente le corde del suo basso; ma è l’esibizione nel suo complesso che, per solidità e affiatamento, rimarrà impressa a lungo quale termine di paragone per gli appuntamenti futuri. Inutile spingersi oltre nella cronaca dei brani proposti: ovunque si peschi è un classico a far da padrone, sia questo Thanx For Nothin’, Wrecking Crew (terremotante) o la lungamente invocata Elimination. Chiusura affidata al manifesto Fuck You, non prima che una corale Old School rinfreschi, per l’ennesima volta, radici e intenzioni del gruppo.
Semplicemente imprescindibili.
Federico Mahmoud