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Soilwork (Bjorn ”Speed” Strid)

Di Alberto Fittarelli - 4 Marzo 2005 - 1:10
Soilwork (Bjorn ”Speed” Strid)

Intervista a cura di Alberto “Hellbound” Fittarelli e Paola
Bonizzato

Abbiamo avuto l’occasione di parlare col cantante dei Soilwork, l’imponente
Bjorn “Speed” Strid, per l’uscita del loro nuovo album “Stabbing
the drama”, edito come sempre da Nuclear Blast: un disco forse
interlocutorio ma onesto, e di cui Bjorn si mostra evidentemente fiero. E il
vocalist, nella piacevole chiacchierata organizzata presso un lussuoso albergo
milanese (non c’è niente da fare, la Nuclear i propri artisti li tratta proprio
bene) non perde nemmeno l’occasione di lanciare qualche frecciata alle nuove
mode provenienti dagli USA, dove forse la loro immagine si sta un po’ oscurandoa
favore di gruppi giovanissimi…

Alberto: Bene Bjorn, iniziamo parlando subito del titolo del nuovo album:
abbastanza curioso, che cosa volete intendere con “Stabbing the Drama”?

Credo che si possa intendere tranquillamente come una metafora: vogliamo
attaccare il sistema musicale, c’è un sacco di musica là fuori che viene
“drammatizzata”, si cerca sempre di incanalare tutto in un nuovo
fenomeno, una nuova moda.. noi ce ne stiamo da soli, portiamo avanti quello che
vogliamo esprimere e basta.

A: Riguardo allo stile di questo disco: mi pare che si avvicini abbastanza a
quello di “Figure Number Five”, ma con parti decisamente più dure, un
minore uso delle tastiere… sei d’accordo?

Direi che si tratta di un buon compendio degli album precedenti, se guardiamo
allo stile, ma è la produzione ad essere del tutto differente: è vero che non
ci sono mid-tempos o parti atmosferiche in grande quantità, ma ci sono anche
più tastiere che in passato! Solo che in fase di produzione abbiamo deciso di
mantenerle più sullo sfondo, dando più spazio alle chitarre e alla voce nel
mixaggio. Anzi, credo che ci sia come sempre molta melodia, le solite influenze
“pop”… continuiamo con la nostra linea, insomma.

A: A mio parere due delle migliori canzoni del disco sono sicuramente “Stalemate”
e “Blind Eye Halo”, due pezzi in cui la violenza la fa da padrona e
che vedono anche il tuo stile vocale tornare alla prevalenza del growl e dello
screaming… è una tendenza che volete mantenere anche per il futuro, per caso?

Non lo so, perché direi che anche questi pezzi sono ripresi dal classico
stile del gruppo, dai nostri vecchi album, e le abbiamo inserite perchè
ritenevamo giusto farlo, suonavano molto bene. Sono sicuramente più…come
dire… aggiornate, più sviluppate di quanto poteva essere in precedenza, e
anche le altre canzoni dell’album hanno un feeling diverso ma allo stesso tempo
unito a quanto facevamo prima. Non c’è un motivo particolare per le nostre
scelte, sin dall’inizio dei lavori ci siamo detti “Ok, in questo punto le
vocals vanno così” piuttosto che in un altro modo, guardavamo
semplicemente a quanto si adattassero alla canzone.

Paola: Potresti spiegarmi il significato del titolo “One with the flies”?

“One with the flies”? Beh, si tratta di un testo molto, molto
personale, più intimo di quanto scritto sinora, probabilmente. Riguarda tutte
le responsabilità che ci si sente pesare addosso, quei momenti in cui vedi che,
nel mio caso ovviamente, devi reggere il tuo ruolo in una band, registrare,
comporre, fare tour e ti viene da chiederti “Ma sono in grado di fare tutto
questo?”. Si ricongiunge al tema del “dramma” personale e del
modo di affrontarlo…

A:Parlando delle tue vocals in particolare, quello che si può notare in
questo album è la grande varietà di timbriche che usi: dal growl, allo
screaming, passando per una miriade di effetti e filtri e, ovviamente, le parti
melodiche e pulite. Quanto credi che sia cambiato il tuo modo di approcciarti al
canto coi Soilwork?

Penso di avere sviluppato le mie vocals in un modo molto ampio, per le mie
possibilità, arrivando a livelli che prima mi spaventava abbastanza dover
raggiungere: su “Stabbing the drama” abbiamo appunto lasciato molto
spazio agli strumenti, chitarre e anche tastiere, e per le vocals ho applicato
in discreta quantità effetti come la “radio voice”, quella voce in
background che si sente spesso. Ti posso dire che quando entro in studio
improvviso più o meno quello che posso mettere sui singoli pezzi, a seconda di
come le parti si adattino alla musica, appunto… sperimento, elaboro, cercando
proprio di usare la voce in così tanti modi.

A: La questione del batterista per i Soilwork: su questo disco avete avuto
Dirk degli Scarve come ospite, possiamo dire che sia definitivamente nella
line-up o è ancora una cosa da definire?

E’ stato soprattutto il nostro session drummer per diversi tour che abbiamo
fatto, in Europa e in Australia per esempio. Ci siamo sicuramente trovati molto
bene con lui, ha lavorato alla grande e credo che attualmente sia uno dei numeri
uno della scena… ci siamo rivolti ancor a lui per la registrazione dell’album,
quindi, e su pezzi come Weapon of Vanity credo che abbia dato il meglio di sé!
Ma vedremo poi come definire la situazione, ora abbiamo diverse cose da
esaminare.

A: Per “Figure Number Five” avete girato diversi videoclip, in uno
dei quali apparivano anche come ospiti gli In Flames, cui rendevate il favore
apparendo in uno dei loro clip. State già preparando qualche video anche per il
nuovo disco?

E’ già pronto! L’abbiamo girato a Stoccolma appena prima di Natale…

A: Sì? Per che canzone?

Per “Stabbing the drama”: non è il solito video da metal
estremo col gruppo impegnato a suonare la canzone su di un palco, si tratta di
qualcosa che esprime grande energia e movimento, molto intenso. Ci sono io in
mezzo a delle automobili che bruciano, con esplosioni ed effetti vari… è
davvero bello e intenso, una soluzione nuova per questo tipo di musica, credo,
proprio perché non volevamo le solite cose.

P: Cosa mi puoi dire del periodo che avete passato con la Listenable? C’è
qualcosa in particolare che ti piace ricordare?

Ci sono molte cose splendide di quel periodo, è quello con cui abbiamo
iniziato. Direi che la cosa che sicuramente resta più impressa sia il tour
giapponese a supporto del primo album, “Steelbath Suicide”: voglio
dire, a quante band capita di andare in tour in Giappone dopo solo un disco? La
cosa ci ha resi davvero orgogliosi.

A: Proprio del Giappone volevo chiederti: ma come ti spieghi il fatto che
un gruppo come i Soilwork, ma anche molti altri provenienti dall’Europa e attivi
nel melodic death, vada così forte da quelle parti?

Guarda, il metal in Giappone ha un grande successo. Ma non è così
suddiviso in categorie come accade in Europa o in America: là la gente può
ascoltare tranquillamente sia Bon Jovi che i Marduk! A loro non importa
realmente, quello che sicuramente amano sono le grandi melodie, per i giapponesi
sono davvero importanti, quindi probabilmente con questo tipo di band trovano
sia la violenza che le melodie che cercano…

P: Cambiando decisamente argomento, ultimamente molti gruppi anche
scandinavi si sono segnalati per la loro partecipazione a eventi di beneficenza
in favore delle vittime dello Tsunami asiatico dello scorso dicembre: pensate di
aderire anche voi a un’iniziativa di questo tipo?

Avremmo dovuto partecipare a un festival svedese di beneficenza per
questo motivo, ma purtroppo attualmente è davvero difficile organizzare
un evento di questo tipo perchè il nostro chitarrista, Peter, si è appena
sposato ed è in luna di miele negli Stati Uniti… è un peccato da quel punto
di vista, queste iniziative ovviamente non possono che essere positive.

A: Saprai bene, ovviamente, dell’omicidio di Dimebag Darrel, avvenuto
durante un concerto dei suoi Damageplan negli States: pensi che la questione
della sicurezza ai concerti, negli USA ma non solo, possa essere un vero
problema, sia per i musicisti che per il pubblico?

Non credo che il problema sia il mantenere la sicurezza ai concerti, penso
invece che il vero problema siano le armi: quello che intendo è che una cosa
del genere poteva accadere ovunque! Poteva succedere qui a Milano, in Svezia,
dappertutto. Ma quella era una situazione limite, il responsabile di quella
strage era un marine, aveva una situazione psicologica instabile, da lavaggio
del cervello. Quello che è sbagliato è il modo in cui un sacco di gente
percepisce un messaggio da parte della musica, la prendono così seriamente: è
solo musica, appunto! Ovviamente spero che la sicurezza venga migliorata, negli
States come altrove, ma essere spaventati non serve comunque a nulla; e la
faccenda per come viene presa dai media va esaminata bene, lasciando che il
metal vada avanti così come è sempre andato. Quello che è successo non ha
niente a che vedere con la musica, ma solo con il possesso irresponsabile delle
armi e col pericolo che comporta.

A: Gli USA stanno riscoprendo tra l’altro recentemente il metal tramite
questa “nuova” corrente, o trend che dir si voglia, che è il
cosiddetto metalcore, capitanato da quei Killswitch Engage di cui Sven (tastierista
della band, che in quel momento stava facendo un’altra intervista, ndr)
vedo
che porta una t-shirt. Credi che quella possa essere una strada significativa
anche per i Soilwork?

I Killswitch Engage sono una band che mi piace molto, sono influenzati sì
dal melodic death di stampo svedese ma in un modo molto personale, non imitano
spudoratamente altri gruppi: ma sai come funziona, stanno uscendo una marea di
gruppi che seguono l’idea creata da qualcun altro e ce ne sono davvero parecchi
che fanno schifo… voglio dire: prendono pari pari il proprio sound da quello
svedese, come potremmo noi essere influenzati da quella roba? Al massimo è il
contrario! Hahaha… i Killswitch sono stati i precursori, i primi a unire certi
stili, poi si crea tutta la serie di “followers”.

A: Ora vorrei farti una domanda sulla tua partecipazione all’ultimo album
degli italiani Disarmonia Mundi: ci sarà un seguito per te con loro o si è
trattato solo di un singolo episodio?

Ah, dobbiamo registrare fra non molto delle nuove parti vocali, per il
prossimo album. Mi sono trovato molto bene con loro,posso dire di considerarli
degli ottimi amici ormai, e anche musicalmente prendono il meglio del suono
svedese, aggiungendoci però un mood epico tipicamente “italiano”…
buona musica davvero.

A: Ok, chiudiamo con una domanda che interesserà a tutti i vostri fans:
avete progetti di tour in seguito alla pubblicazione dell’album?

Attualmente abbiamo un tour pronto per la primavera negli USA, con
Hypocrisy, Dark Tranquillity e Mnemic a supportarci. Per quanto riguarda
l’Europa credo che saremo in giro verso Novembre, o comunque dopo l’estate.

A: E per quanto riguarda i festival estivi?

Mmm, al momento non saprei perchè in effetti è abbastanza tardi per
fissare delle apparizioni a quei festival, dobbiamo vedere (la band è stata poi
confermata al Graspop e al Waldrock in Belgio, nonchè al Furyfest in Francia,
ndr).