Steve Hackett 23/03/2007 Roma – Stazione Birra
Ancora una volta un concerto di prim’ordine a Stazione Birra. Steve Hackett non tradisce le attese, regalando emozioni e piacevoli sorprese, in particolare per chi, come il sottoscritto, ha la possibilità di ascoltarlo per la prima volta dal vivo.Diciamo subito che il locale era abbastanza affollato ma non strapieno, a differenza di quanto accaduto ad esempio per degli Hot Tuna; sarà stata forse colpa del prezzo del biglietto?(25 euro n.d.r). Gli organizzatori hanno gentilmente posticipato di una mezzora l’inizio del concerto per far sì che gli spettatori rimasti intrappolati nell’ennesimo ingorgo del raccordo anulare potessero raggiungere il locale.
Il concerto è stato diviso in due set: il primo fatto dal solo Hackett con la chitarra acustica,
mentre il secondo con il gruppo a completo.
Steve sale sul palco indossando una maglietta nera, con i capelli lunghi, e senza gli occhiali scuri, quindi un po’ distante dall’iconografia ufficiale. L’impressione che dà è quella di un distinto gentiluomo inglese con il quale si può amichevolmente conversare in un qualche café di Londra.
La prima parte solista ha avuto una durata di circa 45 minuti, nel quale sono stati eseguiti 6 brani, ascoltati con famelica voracità da un pubblico molto preparato.
L’attacco iniziale è immediato e veloce, le prime note scatenano la gioia del pubblico, veramente difficile non emozionarsi. Per capire quale fosse il livello degli ascoltatori presenti basta segnalare il momento, divertente, in cui nell’introdurre un pezzo da ‘Bay of Kings’ l’ex Genesis chiede, in un discreto miscuglio di Italiano e Inglese se tra il pubblico vi sia qualcuno che suona la chitarra.
La risposta è evidente: in sala la percentuale di chitarristi supera di molto quella delle donne… al che Hackett commenta: “….bene allora se vi parlo di ‘Drop D’ voi mi capisci…”
La chiusura del primo set è affidata ad ‘Horizon’ eseguita quasi in maniera inaspettata ma riconosciuta praticamente da tutti alle prime note. Un fremito diffuso l’accoglie, quasi impossibile non pensare che infondo la serata potrebbe finire anche lì: anche un pezzo di due minuti può valere un intero concerto.
Nella seconda parte salgono sul palco John Hackett, il fratello, al flauto e Roger King alle tastiere, per la durata di poco più di un ora e l’esecuzione di 10 brani. L’affiatamento tra i tre è ottimo, e i due musicisti sono molto precisi, anche se ovviamente la differenza di livello tra loro e il leader è fin troppo evidente. Il pezzo con cui attaccano è ‘Jacuzzi’, da lì in poi il concerto scorre via a ritmo serrato, con qualche pausa per introdurre via via i brani successivi, tra cui ricordiamo: un estratto da Foxtrot, ‘Imagining’, realizzato nel supergruppo G.T.R. e ovviamente l’immancabile ‘Ace of Wands’
Non c’è che dire, esecuzione impeccabile e tante belle emozioni, con un Hackett un po’ stanco a fine concerto che non riesce a soddisfare tutte le richieste di autografi da parte dei fan (me compreso… dannazione!); speriamo che riesca a reggere meglio la fatica quando tornerà a suonare coi sui ex colleghi…
Piccole note a margine: posti in piedi sotto il palco, mentre agli altri concerti acustici di solito c’erano le sedie, e visto il contesto e l’età media degli spettatori… sarebbero state gradite. Lievissimo inconveniente audio su un assolo della tastiera che ha generato un sibilo lacerante, durato di un paio di secondi, giusto il tempo utile per bucare un timpano… anche in un impianto perfetto come quello di stazione Birra le distrazioni possono essere pagate care.