Steve Harris: un pò di vita e di curiosità

Di - 30 Settembre 2003 - 20:11
Steve Harris: un pò di vita e di curiosità

Ecco una piccola biografia mista a varie riflessioni su Steve Harris gentilmente inviataci da un nostro affezionato lettore per la curiosità di tutti i Maiden maniaci.

A cura di Francesco Messer

Bassista ?

Compositore ?

Imprenditore ?

Calciatore ?
In due parole, Steve Harris.

Steve Harris è stato sicuramente tra i bassisti più famosi dell’a storia dell’Heavy Metal, pioniere della NWOBHM, ha contribuito, insieme ad altri grandi musicisti delle numerose band concorrenti, a portare il “british metal” a nuovi fasti, contribuendo in maniera sostanziale ad una fetta importante della storia di questa musica.

Se nell’alto dei cieli hanno deciso di distribuire il genio sulla Terra come un contadino distribuisce i suoi semi, uno di essi è sicuramente caduto nel sobborgo di Leytonstone, minuscola appendice dell’East End londinese, ed ha iniziato a germogliare il 12 marzo 1956.

Quello che tutti i fan dei Maiden potrebbero, a ragione, considerare come loro zio adottivo, nacque in un periodo di ripresa generale del Regno Unito, uscito appena vincitore dal conflitto mondiale contro la potenza teutonica. Tra i tanti interessi che coltivava, bisogna sicuramente annoverare la passione per il calcio e per il West Ham United, squadra per cui ha sempre fatto un tifo indiavolato fin da bambino, e che non ha mai mancato di ringraziare nei credits degli album dei Maiden, arrivando persino a farsi fotografare insieme alla band e insieme alla squadra, in tenuta da gioco, sul campo di casa ( chi di voi possiede Virtual XI avrà certamente notato che tale foto compare al centro dell’ultima pagina del booklet del disco…).

Un’altra chicca in questo senso ? Un poster pubblicato da una nota rivista metal italiana mostra il nostro “zio” con indosso una maglia da gioco ufficiale personalizzata, sulla quale campeggia la scritta “Brave New World Tour”…una maglia che forse gli avrà fatto compagnia per tutte le date programmate.

Chi lo conosce più da vicino ( quindi…chissà, forse qualche altro componente della band…) afferma che il nostro esegue dei calci di punizione veramente insidiosi, e che questa sua peculiarità sportiva avrebbe potuto far comodo al West Ham di quest’anno, tristemente retrocesso in seconda divisione nonostante i servigi del nostro Paolo Di Canio…

Per qualche insolita ragione, ispirato da artisti come Geddy Lee o Andy Fraser, a tredici anni decise di imparare a suonare il basso, e iniziò inevitabilmente ad avere problemi con le dita, proprio mentre i suoi capelli prendevano la direzione del suolo. In quegli anni, a ridosso del 1970-1971, in tutta Londra impazzava il blues, e la scelta di far parte di un gruppo rock già in quell’epoca pone il signor Harris come un personaggio dalle idee fortemente decise e concise, anche se si tratta di andare contro l’uso comune. Dopo una breve militanza nei Gypsy’s Kiss, periodo al quale risale un brano come “Drifter” ( track numero 11 di Killers, composta nel 1972 e pubblicata nel 1981…), il nostro zio realizzò quella che era sempre stata una sua ambizione; formare, cioè, un gruppo di stampo hard rock composto da amici, dei quali ci si potesse fidare, coi quali ci si potesse divertire suonando e giocando a calcio: le persone giuste, insomma, con le quali bere anche una birra, come nella miglior tradizione inglese che nasceva proprio in quegli anni.

Il nome IRON MAIDEN vi dice niente ?

Era il 1975, e gli anni seguenti furono fondamentali per dare vita a quello che noi, oggi, abbiamo la possibilità di ammirare in tutta la sua grandezza uno dei gruppi Heavy Metal più importanti degli anni 80, con buona pace di chi tra voi non lo sopporta.

Non era così semplice, allora, chiudersi in uno studio di registrazione, poiché era molto costoso, ma al nostro le idee non mancavano affatto: ne è un esempio il demo autoprodotto “The Soundhouse Tapes”, che reca in calce la data del 1979.

Pensate che i Maiden non abbiano mai dovuto fare i conti con le mode musicali ?

E’ qui che vi sbagliate: nel 1977 la EMI si presentò a Steve con un contratto da firmare…unica clausola era quella di doversi tagliare i capelli e mettersi a suonare punk in maniera schietta e diretta, punk che in quegli anni andava alla grande.

Rifiutò dunque la EMI, adducendo come motivo in allegato il fatto che c’erano voluti cinque anni per farsi crescere i capelli a tal guisa, e non aveva la minima intenzione di rovinare tutto per un contratto. F – – K !

Come diceva Galileo, di nessuna cosa di Dio può essere offuscata la natura, e ciò vale anche per Steve: il suo genio musicale venne a galla, indipendentemente dalle mode e senza vincoli umilianti; passò poco tempo e la EMI si rifece viva, convinta di voler annoverare nella propria squadra anche il più famoso gruppo metal underground di Londra, uno dei pochi gruppi metal ( insieme ai cugini/rivali Saxon, senza menzionare i già pionieri ed affermati Judas Priest ) per cui valeva la pena di pagare il biglietto del Ruskin Arms, uno dei locali più fumosi ( e famosi ) in assoluto della City.

Detto-fatto: nell’anno di Nostro Signore 1980, vede la luce il primo disco, al quale fu dato come nome lo stesso del gruppo, un po’ per autoriconoscenza, un po’ per autopromozione, un album dal quale provengono i più noti cavalli di battaglia della Vergine di Ferro.

Soltanto per farsi un’idea di cosa significhi il lavoro che fece Steve in quegli anni, che poi sarà in egual misura lo stesso degli anni successivi, va detto che prese parte alla composizione di 8 delle nove tracce presenti sul disco ( ad eccezione di “Charlotte The Harlot”, nata dai pensieri dell’inseparabile Dave Murray ), prese accordi per i 96 concerti live in collaborazione con Judas Priest e Kiss, e inoltre suonò il basso in tutte quelle serate, pianificando, tra una pausa e l’altra, i progetti per la pubblicazione dell’album successivo, che avvenne l’anno dopo.

Quanto abbia inciso nostro zio, a livello compositivo, nel songwriting dei Maiden, beh, potete vederlo da soli…diciamo un buon 75%, e il resto lo lasciamo a Bruce Dickinson e company.

Sorvolando sulle annate d’oro dei Maiden, nelle quali erano programmati intorno a 150 concerti in media all’anno ( con le storiche puntate al Monsters Of Rock –Castle Donnington 1992, al Gods Of Metal 2000, al Rock In Rio 2002 e al recentissimo Heineken Jammin’ Festival del giugno 2003, soltanto per citare i loro concerti più affollati o più recenti…), veniamo all’immagine odierna di nostro zio.

Quando Bruce Dickinson lasciò la band, nel 1993, il ritorno d’immagine della Vergine di Ferro subì inevitabilmente delle pesanti conseguenze. Dopo la pubblicazione dei tre dischi live di quell’anno, molti fans si erano rassegnati a non poter più ammirare i vecchi Maiden, e intorno alla scelta del nuovo cantante si creò curiosità da un lato e diffidenza dall’altro.

Dopo una serie di lunghissimi successi negli anni 80 che tutti noi conosciamo, e dopo un certo declino della band negli anni 90 culminato nell’abbandono di Dickinson, Steve Harris riesce comunque a dare un grande contributo alle nuove uscite della band creando un disco , X Factor dal punto di vista del songwriting è molto maturo.
A posteriori, otto anni dopo la pubblicazione di “The X Factor” e sei anni dopo quella di “Virtual XI”, il giudizio che si da sulla scelta di Blaze Bayley è generalmente negativo: a tutti voi che ancora la pensate in questi termini, c’è bisogno di dire che la voce di Blaze non è quella di Bruce, e che ancora una volta Steve Harris è riuscito ad adattare una voce ad un sound e viceversa..

Prestando attenzione a quelle note non bisogna seguire il testo e rimpiangere che a cantarlo non sia Bruce Bruce, ma apprezzare gli accordi e rispettare la voce di Blaze quale nuovo cantante dei Maiden. Le persone non sono tutte uguali, e non per questo bisogna disprezzare loro stesse o il lavoro che fanno: in quei due dischi, che a titolo personale ritengo molto molto profondi e ricchi di spunti spirituali che è insolito scorgere in una band heavy metal, hanno luogo accordi e frasi spesso alte, serie e in parte mistiche, che impegnano in complessi pensieri un ascoltatore attento, in possesso di apprezzabili facoltà intellettive e di un prezioso cuore.

Vi consiglio tuttavia di andarveli a riscoprire quei dischi (in primis X Factor), cercando di seguire il loro filo e capire cosa vogliono esprimere: nel Fattore X ogni frase ha un valore da trasmetterci e ogni accordo è in grado di arricchire interiormente il nostro animo grazie a tematiche che tendevano molto più a riflessioni esistenziali.

Tutto ciò conferma il fatto che Steve non sia solo un bassista aggressivo ( come è giusto che debba essere, in parte, un metallaro ), ma un attento conoscitore della letteratura europea ( il brano “Sign Of The Cross”, ad esempio, sembra si ispiri al romanzo “Il Nome Della Rosa” di Umberto Eco ) e delle proprie origini ( avete letto con attenzione il testo di “The Clansman” ? ), nonché musicista di grande spessore, poiché la scelta di una voce potente e baritonale come quella di Blaze è, a mio modesto parere, azzeccata per accordarsi con il sound degli album di cui sopra…

Non sempre la gente ha apprezzato il comportamento o le scelte di Steve, ma lui ha ugualmente proseguito per la sua strada, anche quando aveva il dissenso di metà dei suoi fans.

Mandò via Paul Di’Anno quando si stancò delle sue esagerazioni comportamentali, diede un implicito aut aut a Bruce Dickinson quando egli tendeva a considerare la propria voce come il solo motivo di successo dei Maiden, e continuava a far lavorare il gruppo come fosse un’industria.

Certo, c’è un contratto con una delle più importanti labels da rispettare, ma umanamente parlando, gli impegni dei Maiden sono sempre stati troppi: sono sembrati per lungo tempo un filone d’oro che il cercatore-Harris ha progettato di sfruttare fino in fondo, conscio del fatto che i suoi compagni di avventura sono probabilmente tra i migliori che avesse mai potuto trovare, e per i quali nutre grande rispetto, perché in fondo ha condiviso con loro 15 anni di carriera ad altissimi livelli, e se in qualcuno di questi c’è stato dell’astio o una pietra di incomprensione, beh, ciò conferma ancora una volta che si è esseri umani, con pregi e difetti.

Tranne lo sfortunato Clive Burr ( che fu con i Maiden fino a “The Number Of The Beast”, 1982 ) e forse l’anonimo Dennis Stratton ( secondo chitarrista apparso esclusivamente nell’album “Iron Maiden”, 1980, al termine del tour del quale lasciò la band per darsi al blues, che era la sua vera passione ), tutti gli altri ex-membri hanno qualcosa da obiettare su Steve, della serie “sputo nel piatto dove ho mangiato”: tra questi si ritiene che ci sia Blaze Bayley, ma vi posso dare notizia di smentita.

La stessa rivista metal italiana che ho citato alcuni righi sopra, in occasione del Gods Of Metal 2002 tenutosi allo stadio Brianteo di Monza , ha effettuato un’ intervista col singer nato a Tamworth. Il giornalista tentava in tutti i modi di fargli pronunciare frasi dai concetti poco rispettosi nei confronti di Steve, ma la cosa andò avanti invano, forse perché Blaze è un gentiluomo, forse perché Blaze non se la sentiva di sputare addosso ad un gruppo e ad un passato che per due anni sono stati anche i suoi, e grazie ai quali ha vissuto momenti di notorietà difficilmente incontrabili altrimenti.

In quelle poche battute, Blaze ringraziò pubblicamente Steve e i Maiden per quello che per lui avevano significato, ma affermò anche che la reunion verificatasi in occasione della composizione di “Brave New World” non era lungi dal potersi considerare come una strategia di mercato: una trovata per vendere più dischi, insomma. Non so quanti di voi ci abbiano mai pensato, ma credete che sia possibile che i Maiden mettano da parte il proprio orgoglio e le incomprensioni con un carattere deciso come quello di Steve, e ci rimangano assieme, suonando solo per far soldi ? ( Cosa ne pensate della partecipazione all’Heineken Jammin’ Festival di Imola di quest’anno ? Hanno scelto una grande platea oppure un nome famoso per farsi pubblicità ? )

Noi siamo al di fuori della band, ma non siamo stupidi, sappiamo che tutto quello che trapela è esattamente e soltanto ciò che loro vogliono che noi sappiamo…volete chiamarla informazione pilotata ?

Mi sembra esagerato, ma comunque qualcosa di questo tipo è possibile, non ne conosco i termini ma so che è possibile.

In ogni caso, non c’è da stupirsi, poiché questo accade in ogni band famosa come lo sono loro, e chi ci rimane male è solo perché pensava ai Maiden come a un paradiso felice, mentre è chiaro che quando alla passione subentra il denaro, la felicità si dilegua. Chiedete a Bruce, credo se ne fosse andato anche per questo…

Steve ha affermato che i Maiden possono tranquillamente incidere altri due o tre album da studio, mentre per i concerti ci sarà sempre meno spazio, d’altronde i componenti sfiorano il mezzo secolo di vita, e nonostante ora siano in sei, non sono ovviamente più in grado di reggere certi ritmi.

Ciò però non deve farvi disperare, significa che l’energia fisica e mentale che veniva impiegata nei tour verrà concentrata in fase compositiva.

Nostro zio avrà quindi più tempo per sviluppare le sue idee, e quello che ne verrà fuori, beh, possiamo già assaggiarlo in questo periodo, con il nuovo album “Dance Of Death”, di cui a fianco è riportata la locandina del tour.

Sono molte le nostre aspettative in merito, a tre anni dalla pubblicazione dell’ultimo album: Nicko McBrain, insolito protagonista di un’intervista, ha ammesso che il nuovo lavoro sarà un blend di sonorità, a cavallo tra “Powerslave” e “Brave New World”, nei credits del quale compare anche lui come compositore di un brano ( precisamente la track numero 7, “New Frontier” ). Cosa ne verrà fuori ?

Speriamo tutto il bene possibile.

Ci sono serie possibilità che il nostro zio faccia di nuovo centro…in fondo lo fa da 20 anni, quindi ne è abituato…

FRANCESCO MESSER “HEARTLORD”

fr.caste@libero.it