Vario

The Tangent (Andy Tillison)

Di - 14 Ottobre 2003 - 23:27
The Tangent (Andy Tillison)

L’importanza che credo abbia questa intervista per questo genere di musica penso sia enorme, le parole del tastierista che qui vi presento squarciano la storia del progressive rock e testimoniano la genuina appartenenza di questo artista ad un passato che nonstante il titolo dell’album resterà sempre nei nostri cuori. Per questo motivo ho affidato la traduzione di questa intervista con Andy Tillison a chi conosce molto meglio di me l’inglese.

Translation by Belinda Piovesan from Adelaide

Salve Andy. Prima di tutto vorrei sapere in che modo questo progetto è nato?

Era un periodo difficile. Ho cominciato questo album da solo, doveva essere una cosa mia fare del progressive rock inteso nella maniera più tradizionale rispetto al mio gruppo principale Parallel Or 90 Degrees. In questa occasione qualcuno ha avuto la possibilità di ascoltare i pezzi e Ian Oakley (il webmaster dei Flower Kings qui in Inghilterra) ha spedito una copia a Roine Stolt perché pensava che sarebbe stata una buona idea se Roine avesse partecipato alla stesura dell’album. Con mia grande sorpresa lui ha accettato di suonare e ha consigliato di usare la sua sezione ritmica, Zoltan e Jonas dei Flower Kings. Dopo ha deciso che avremmo dovuto avere qualcuno che suonasse uno strumento a fiato in questo album, ed io ho pensato che sarebbe stata una buona idea se David Jackson avesse contribuito a questa release. Fortunatamente io conoscevo il tastierista dei Van Der Graaf Generator, mi ha dato il suo numero di telefono ed in questo modo è iniziata una collaborazione fra noi due dopodiché ho spedito il tutto in Svezia dove Roine Stolt insieme alla sua sezione ritmica ha aggiunto delle parti, ed ecco l’album!

Cosa intendi con l’espressione The Music That Died Alone?

Molte persone pensano che sia un titolo triste e questo in parte è vero, ma io parlo di diverse cose non solo di musica. Da un punto di vista musicale io parlo del vecchio progressive rock perché era un bel periodo, importante sia per l’Italia che per l’Inghilterra. L’Italia ha prodotto molti dei miei gruppi preferiti come Banco Del Mutuo Soccorso così come la Premiata Forneria Marconi. È triste pensare che le maggiori forme di comunicazione come la radio o i giornali vedessero di cattivo gusto la musica progressiva, non a caso le label di un tempo erano noiose e troppo pretenziose a mio parere. Non sanno cosa dicono certe volte, perché era un periodo davvero creativo e pieno di ribellione e scoperta! È una vergogna che al giorno d’oggi solo poche persone si interessino veramente di questo genere, ascoltando o facendo questa musica. Vedo questa musica come morire da soli senza amici, ma solo con i pochi amici veramente fedeli. Ma non solo in funzione della musica, anche come idea o ideologia, come un movimento di pace e per il disarmo nucleare. Potevamo cambiare il mondo con la musica, ma non è successo! Tutta la nostra nostalgia è stata sostituita dalle cose commerciali come Coca Cola, Britney Spears. Il tempo degli hippy è finito! 

Sono perfettamente d’accordo con te Andy. La copertina di Ed Unitsky è molto carina, ma perché avete scelto questa in particolare considerando il contenuto dell’album?

Roine Stolt ed io abbiamo lavorato bene insieme per quanto riguarda la musica, ma quando è stato il momento di scegliere la copertina dell’album io ne ho disegnata una in particolare ma non piaceva a Roine, allo stesso modo lui ne ha disegnata una e a me non piaceva. Dopo Ed Unitsky è entrato a far parte del progetto e ad entrambi è piaciuto il lavoro da lui proposto. Questo è il primo lavoro che l’artista bielorusso Ed Unitsky produce per la copertina di un album ma noi siamo sicuri che ne vedrete ancora in futuro.

Rhapsodic pianos and mellotrons. Qui le tue tastiere trovano più spazio per esibirsi rispetto agli album che hai registrato con il tuo gruppo principale, Parallel Or Ninety Degrees. Puoi descrivere gli usi particolari che fai delle tue tastiere su questa release?

Ovviamente anche nel mio gruppo le tastiere sono altrettanto importanti, ma in questo caso la musica che siamo riusciti a scrivere mi ha permesso di dare diverso stile e diverse forme al mio strumento, ho avuto la possibilità di avventurarmi in strade impervie e contorte. Sono riuscito ad allontanarmi dall’utilizzo dalle tastiere come primo tramite verso la sistemazione degli arrangiamenti. Per questo album ho avuto l’opportunità di divertirmi a diventare pazzo per queste tastiere. Qualche volta puoi andare più lontano ma noi non ci siamo allontanati troppo per nostra scelta, il lavoro doveva essere abbastanza folle ma non troppo.

Tra musica e liriche, tu sei l’autore principale della musica racchiusa in questo disco. Faccio a te la stessa domanda che ho fatto ad Hans dei Kaipa, in che modo hai organizzato il tuo materiale con Roine Stolt?

Noi abbiamo parlato molto al telefono e via email, abbiamo avuto la possibilità di incontrarci quando il mio gruppo doveva suonare prima dei Flower Kings in alcune serata che abbiamo fatto insieme, grazie alle nuove tecnologie siamo stati in grado di superare i primi ostacoli sul da farsi. È stata un’esperienza che mi ha insegnato moltissimo perché c’è stato uno scambio intenso di opinioni e pareri fra me e Roine Stolt, siamo due persone che vengono da uno sfondo musicale molto diverso.

Stolt alla voce ed ovviamente alla chitarra, Zoltan e Jonas per una eccellente sezione ritmica. Come ci si sente dopo aver lavorato con gran parte dei Flower Kings?

Assolutamente onorato. I Flower Kings hanno costituito una delle mie influenze maggiori perché per tanto tempo ho cercato qualcosa nella musica progressiva che fino a quel momento non avevo trovato. Sono solito dire che come nel 1969 Neil Armstrong è andato sulla Luna, un paio di anni dopo gli Yes hanno iniziato a pubblicare dischi come Close To The Edge, Tales From Topographic Oceans e Relayer. Un giorno gli uomini non andranno più sulla Luna, si stancheranno ma continueranno a farlo ottenendo lo stesso risultato prendendo in mano dischi come quelli che ho appena citato. Così quando ho ascoltato per la prima volta questi Flower Kings per me ancora sconosciuti sono tornato sulla Luna, tutto qui sono grandi! Sono musicisti incredibili, sono amici grandiosi con cui sono entusiasta di suonare, in particolare mi riferisco a Jonas, lui sarà presente nel nuovo album dei Parallel Or 90 Degrees.

David Jackson, ex van Der Graaf Generator, è protagonista della suite The Canterbury Sequence. Flauto e sax rendono questo album ancora più atmosferico di quanto avrei potuto pensare, puoi parlarci del suo contributo alla composizione?

Credimi, suonare con David Jackson è stato veramente incredibile. Quando ero ancora un ragazzino avevo una foto di David Jackson, l’unico musicista di cui tengo ancora una foto in casa perché lui è stato l’unico ad andare sempre controcorrente, ed è per questo che per me rappresenta uno dei protagonisti del progressive rock anni settanta senza neanche considerare il famoso gruppo con cui ha suonato. Ha sempre fatto tutto in maniera diversa: ha un sax ma non ha mai suonato jazz con questo strumento, lo usa piuttosto quasi come una chitarra offrendo un suono a volte distorto e graffiante, penso sia un genio. Ho sempre adorato qualsiasi lavoro e qualsiasi musicista facesse parte dei Van Der Graaf Generator per questo è stato quasi un sogno diventato realtà vedere David Jackson entrare dalla porta di casa mia. Così adesso riguardo quella foto sul muro, penso che ho registrato un album con lui e che ha dormito due notti a casa mia, non riesco più a credere che si tratti di un mio progetto perché è qualcosa che supera ogni aspettativa, è un ulteriore passo avanti di questo genere di musica nel 2003 che allo stesso tempo ci ha suggerito il nome adatto a questo progetto: avevamo bisogno di una figura che desse l’idea di sfiorare qualcosa di enorme, parte della storia della musica rock senza fermare il proprio cammino. Un sogno diventato realtà, proprio così!

Grazie Andy, spero che Kaipa e The Tangent portino un vento di ispirazione settantiana al progressive rock dei giorni nostri. Con questo vi ringrazio ancora e vi saluto, arrivederci!

Grazie a te Andrea, mi ha fatto molto piacere incontrarti per questa intervista. Passa un felice inverno!

Andrea’Onirica’Perdichizzi