Alternative Metal

TrueMetalStories: Katatonia, Dance of Emptiness – Distances of Hearts

Di Andrea Poletti - 16 Settembre 2016 - 0:00
TrueMetalStories: Katatonia, Dance of Emptiness – Distances of Hearts

TrueMetalStories: la rubrica in cui presentiamo band giovani e pronte a sfondare, o band di lungo corso che ancora non hanno ricevuto il successo che meritano.

Catatonia: condizione psicologica che si associa alla mancanta reazione di stimoli nervosi e/o comportamenti iperattivi

GLI ALBORI (1991-1997)

Un duo, un progetto nato all’epoca esclusivamente dalla mente di due persone che doveva rimanere assolutamente in studio; non v’era ne la volontà ne l’interesse di rendere pubblica questa creatura tanto particolare quanto unica. L’amore per il death metal era evidente, chi nasce in Svezia non può non ascoltare almeno una volta nella vita una qualsiasi band death metal, ma crescendo e maturando ci comprende come si possa esprimere la propria personalità attraverso altri lidi sonori. I Katatonia nascono per sfuggire ai cliché Svedesi, sia Jonas Renkse che Anders Nyström avevano ben chiara l’idea di cosa dovesse emergere dalla band; uno compone le linee vocali e la batteria (Jonas) mentre l’altro le musiche che andavano a formare la struttura base di ogni concepimento. Avevano dodici anni entrambi quando le prime composizioni firmate Katatonia presero forma, ma ci volle tempo, bisogna attendere il 1991 per vedere il primo parto ufficiale attraverso mille cambi di line-up e poche certezze. Il demo denominato Jhva Elohim Meth… parte subito male, Jehova viene scritta sbagliata, i ragazzi ammettono che non avevano idea della pronuncia esatta e il pasticcio è servito; alla voci pulite troviamo l’onnipresente Dan Swanö e ora bisogna chiedersi il perchè. Certamente il binomi ai vocalizzi sono sempre stati un quid importante per il gruppo nei primi anni, che ha necessariamente voluto con l’avanzare del tempo togliere ogni forma di growl a causa della impossibilità e/o difficoltà da parte di Lord Seth (Jonas Renske) di sostenere tale complessità canora. Proviamo a pensarci, 1991 il death metal sta spopolando e l’Europa pare invasa da orde di band che seguo la stessa identica direzione sonora senza lasciare traccia, poiché quelli che veramente hanno segnato il decennio saranno molto pochi in proporzione all’esistito. Quale sarebbe stata mai la possibilità dei Katatonia di emergere senza andare in contro ai classici cliché del death Europe? Certamente andare oltre, sovvertire gli standard e proporre una musica che si è definibile quale death ma ha qualcosa in più poteva essere la soluzione. Questo pensiero, diventato man mano realtà, è riscontrabile già dal demo appena citato, a loro prima casa discografica se ne accorge, tanto che nel 1993 esce finalmente il primo vero full length che prenderà il nome di “Dance of December Souls”, l’album viene curato dalla No Fashion Music lasciando percepire in via definitiva l’aurea di malinconia e disperazione che aleggia in ogni brano marchiato Katatonia. Proprio questo primo passo nel vero mondo musicale ha visto i nostri paladini entrare a pieno nel cicrolo oscuro death/doom; come da prassi ovviamente il doppio vocalizzo di Jonas e Dan Swanö (presente sotto il nome di Day DiSyraah) si concentra sull’aumento dell’empatia, della volontà mai nascoste di cancellare e oltrepassare i confini delle tempeste emotive. Il vuoto deve regnare e con esso il freddo. Se però il nostro buon Dan viene reclutato quale guest session all’interno del gruppo arriva in pianta stabile Israphel Wing come bassista, quest’ultimo lo potremo ritrovare nei successivi EP For Funerals to Come…, Saw You Drown e nello split con i Primordial. Qui accade l’impensabile, dopo un breve tour di supporto al disco i nostri decidono di sciogliersi per un anno, ognuno prende la sua strada e dal nulla nascono gli October Tide; dal binomio Renske/Normann arriva “Rain Without End” che segnerà un capitolo più di nicchia ma di estrema qualità compositiva. Arriva il 1996 in un battibaleno e tramite spinta compositiva data dalla nuova creatura Jonas decide di rimettere in piedi la band ufficiale, inserendo lo stesso Normann in line-up, detto fatto e nasce Brave.Murder.Day che diventa un classico nel giro di pochissimo; la cosa che colpisce maggiormente dell’album è la sensazione di addio, un accenno all’allontanamento dei lidi doom death per sperimentare quello che diventerà poi il marchio di fabbrica del gruppo. Anche se l’apporto vocale di Mikael Åkerfeldt per i growl risulta mirato e quanto mai efficace è il complessivo, l’ispirazione e l’atmosfera che si respira grazie ad una serie di perle che andrà a porre l’album quale masterpiece indiscusso nella carriera dei nostri. Da questo punto, questo preciso momento, la band decide di cambiare definitivamente strada, basta agli arrangiamenti tipicamente di scuola death svedese e basta all’aiuto di membri esterni per le voci, dall’8 dicembre 1997, giorno dell’uscita dell’Ep Sounds of Decay (contente canzoni inedite della sessione di Brave.Murder.Day) possiamo definitivamente considerare conclusa la prima parte della storia dei nostri, il futuro d’ora in poi è pregno di tutt’altra atmosfera, le stelle brillano sotto un cielo ancora più nero. Ancora acerbi, agli inizi del 1998, l’Ep Saw You Drown vede la band sperimentare dentro lidi più gotici piuttosto che quelli prettamente death dunque, riflettendoci, possiamo identificare una data precisa nella loro carriera, quel giorno in i Katatonia si schiudono dal bozzolo entro cui erano nati per aprire le ali in via definitiva. 

LA FASE DI MATURAZIONE (1998-2003)

27 Aprile 1998, arriva sul mercato Discourages ones finalmente tutto il lavoro svolto nelle retrovie dal gruppo prende forma e consistenza. Il logo cambia, la band si serve di Mikael Åkerfeldt per la produzione dei vocalizzi, collaboratore si ma in retrovia, e il gioco è fatto. Con quest’album ed il successivo Tonight’s Decision (possiamo vederli difatti come fratelli omozigoti) la strada è spianta e la differenza tra passato e presente è un solco netto che non ha nessuna volontà di fare un ben che minimo passo indietro. La volontà del cambiamento è visualizzatile anche attraverso la firma del contratto con la Peaceville Records, che segna l’ingresso in una label di qualità e rinomata nel circuito metal; anche Jonas decide di lasciarsi il passato da batterista alle spalle per concentrarsi in via definitiva sui vocalizzi, diventando il frontman ufficiale e inserendo sempre prezzemolo Dan per le pelli solamente guest da studio. Accade anche che a “causa” dei successi riscontrati uscita dopo uscita da parte del gruppo vi è una seria necessità di creare una formazione stabile a tutti gli effetti, per la prima volta dalla loro nascita la band comprende oltre ai due fondatori ufficiali Mattias Norrman (fratello del Normann già presente in formazione) quale bassista e Daniel Liljekvist come nuovo batterista ufficiale. Questa line-up rimarrà immutata sino al 2009, un intero decennio dove i nostri non cambieranno mai un componente andando a forgiare uscita dopo uscita quello che ancora oggi è il sound classico del gruppo, riconoscibile in mezzo a centinaia e che diventato trademark di qualità. Ora capire cosa risieda dietro queste due difficoltose ma importanti release è un mistero, rimane il fatto che il gruppo si trova a dover affrontare molteplici difficoltà dentro e fuori, basti pensare che invece dei canonici due mesi per Tonight’s Decision ne servirono sette, e la riuscita del disco non è delle più eccellenti, infatti pur considerando la carriera dei Katatonia piena di successi, questo quarto capitolo è uno quei dischi che non viene visto nella carriera dei nostri quale fondamentale. Come succede spesso però, dopo il tramonto v’è sempre un giorno nuovo che ci aspetta; complicazioni, difficoltà e problemi monetari non abbattano l’istinto della band che arriva al traguardo del fatidico quinto album ufficiale con ulteriori novità in quello che è la loro evoluzione sonora. Last Fair Deal Gone Down è la sintesi della carriera sino a quel momento ed è la prima vera vera registrazione con la formazione a cinque componenti del gruppo; un album magistrale che non vede cali di tensione e non porta altro che un ulteriore step, una serie di canzoni che rimarranno così scolpite nei cuori dei fans a tal punto che dopo molti anni un DVD live sarà a memoria dello splendido lavoro(Last.Fair.Deal.Gone.Night). Otto mesi di lavorazione per un risultato eccellente che li porterà in giro per tutta Europa e negli Stati Uniti a supporto degli Opeth; il sodalizio tra le due band non è certamente cosa nuova, un gemellaggi così forte che ad alcuni concerti lo stesso Jonas dovette sostituire Åkerfeldt per problemi alle corde vocali, se questa non è fiducia non capiamo proprio cosa sia. Se non consideriamo l’Ep Tonight’s Music, di per sé non imprescindibile, i Katatonia si ritrovano nel 2002 dopo una serie lunghissima i tour per dare vita al famoso sesto album che segnerà in maniera ancora più considerevole il loro status di “New Big Thing” nel metal globale.

LA CONSACRAZIONE (2003 – 2009)

Non ci sono molte cose da aggiungere a ciò che non si conosce in merito a Viva Emptiness, un album che per molti è definibile quale perfetto, pieno di ogni sentimento ed emozione umana pura, un disco vero e mai fine a se stesso. Questo sesto album è il marchio di fabbrica che ancora oggi, 2016, in molti vedono quale mai surclassato (i gusti sono gusti e guai a disquisire) ma una cosa è definibile quale vera e insindacabile: Viva Emptiness una volta che entra a far parte del tuo quotidiano, diventa una droga in salsa musicale. La base concettuale su cui regge l’intera registrazione è la solitudine, il senso di vuoto, la depressione e l’illegalità che aleggia nel quieto vivere; per entrare a piedi pari dentro tali sonorità bisogna comprendere anche come lo spostamento musicale verso lidi ancora più tendenti al rock alternativo, con tangenziali deviazioni verso il doom, riesce ad esplorare ancora più di prima la parte primitiva e recondita del gruppo. Per la prima volta i Katatonia entrano a far parte delle chart internazionali rock oriented, inoltre nella sola Finlandia entrano direttamente alla posizione 17 delle chart nazionali; certamente non guardiamo ad un genere che vive di consensi tramite le vendite, ma qualche segnale della crescita della loro popolarità era evidente già all’epoca. Cosa accade in questo periodo post Viva Emptiness? Tour a parte il gruppo rilascia due compilation denominate Brave Yesterday Days (con all’interno i demo e gli ep vecchi) e The Black Session (B-sides e cover registrate negli anni dal gruppo) che possiamo definire tralasciatili, giusto per collezionisti dato che i tre anni che passano per la composizione di ciò che diventerà Great Cold Distance sono fondamentali alla stratificazione di questo nuovo corso musicale. Cosa accade ad un gruppo subito dopo un album di successo? Che quello successivo vende ancora di più, vende ancora di più se ci aggiungiamo che per molti è considerato meglio del precedente, il migliore sino a quel momento della loro discografia esclusi i primi anni death-oriented. Sei mesi di registrazione, che hanno fato slittare l’uscita dell’album di quattro mesi per la maniacale voglia di rendere tutto perfetto. Il disco di per sé porta i nostri in territori non così distanti da Viva Emptiness delineando a sua volta ancora di più il fatto che metal a parte, oggi i Katatonia sono una band che viaggia verso lidi a cui nessuno riesce ad arrivare. Great Cold Distance si posiziona subito al numero 8 delle chart svedesi, un fenomeno dunque in crescita che vede il proprio lavoro confermarsi grazie alla conferma di avere tra le mani il disco con i maggiori ricavi monetari della loro carriera. Oramai la stabilità del gruppo è solida e senza alcuna lacuna, ci si conosce a memoria e la machina viaggia a gonfie vele senza stop, sino a quando arriva il problema di come provare a surclassare un dico così perfetto che nemmeno i nostri riescono a trovare il bandolo della matassa, non ha difetti. Questo pensiero direttamente e indirettamente si manifesta con forza nel 2008, dopo lunghi tour quando la band decide di programmare le registrazioni dell’ottavo album ufficiale.

UN NUOVO INIZIO (2010 – oggi)

Night Is The New Day subisce molteplici ritardi, anche lo studio di registrazione è stato spostato per ben due volte come programmazione perché la band non si sentiva soddisfatta del materiale composto, lo trovavano “non all’altezza del precedente”; se a tutti i malumori del gruppo ci aggiungiamo le pressioni da parte della stampa, dei fans e della casa discografica la frittata è servita. Ascoltando bene il nuovo parto musicale si percepisce fortemente questo bipolarismo che cavalca prepotente in ogni canzone, momenti di calma e armonia si alternano sfacciati a sfuriate aggressive e molto vicine a quelli che erano i Katatonia di un tempo. Possiamo vedere NITND come l’album sotto certi aspetti più progressivo, dove le influenze di Porcupine Tree e ultimi Opeth emergono lateralmente senza mai sconfinare nell’eccessività. Un album oscuro, intimo e a tratti sulfureo si delinea all’orizzonte, tanto che la critica vede questa release come la prima di quello che ipoteticamente sarebbe stato il loro ennesimo ammorbidimento sonoro. Così non fu ma prima di andare a capire il perché bisogna concentrarsi su un evento che sconvolgerà la struttura del gruppo; entrambi i fratelli Normann decidono di lasciare la band poco dopo la sessione di registrazione del disco a causa dell’insostenibilità della loro vita tra troppi tour e stili musicali. Tra un divorzio e un tour, l’unica uscita di nota è l’Ep The Longest Year che vede al suo interno quattro brani, di cui solo uno nuovo chiamato “Sold Heart” e mai rilasciato in precedenza; nulla di sconvolgente ma rimane il fatto che un altro tassello per i collezionisti si va ad infilare in casa Katatonia. Arriviamo così al 30 gennaio 2012, i nostri prodi eroi tornano in studio di registrazione con la “nuova line-up” che vede Per Ericsson alla chitarra e Niklas Sandin al basso come linfa vitale per il gruppo; oramai si sa, quando qualche nuovo membro entra in qualcosa nel suono del gruppo cambia, qualche piccola novità viene inclusa all’interno del suono e così sarà. Dead End King è in nono album ufficiale che prende ufficialmente vita il 27 Agosto 2012 e le contraddizioni iniziano a sorvolare gli umori dei fans di vecchia data. Chiariamoci bene, questo nuovo parto non è uscito male, ha delle canzoni splendide e raffinate, così come veri e propri inni alla disperazione forti e intransigenti, ma soffre di una grave pecca per molti: l’essere prevedibile. Opinioni discordanti che vedono molti chiedersi cosa abbia la band in mente per il prossimo futuro, non serve molto tempo per capirlo, poiché una versione completamente acustica dell’ultimo nato rinominato per l’occasione Dethroned & Uncrowned esce sul mercato attraverso una craccolta di crowd funding che supera ogni aspettativa, il 190% della cifra richiesta viene racimolato anche grazie alle Pledge Music e quello che pareva un azzardo alla lunga dimostra nuovamente quanti assi hanno questi Svedesi. Data l’occasione la band riparte per un nuovo tour che andrà a rivisitare i vecchi e nuovi brani sotto l’aspetto prettamente acustico, dove il culmine dell’intera prestazione è stata fornita il 16 marzo 2014 alla Union Chapel di Londra, da quel evento viene estratto l’ultimo live album ad oggi. Sanctitude (uscitonel 2015) vede la band riservarsi un posto d’onore in un luogo quanto meno sacro, che così come le canzoni proposte riserva quell’aurea di misticismo e ritualità non sempre consone ad una band “metal e/o rock” ma il risultato è fenomenale. Ogni favola ha una conclusione e nel 2014 i Katatonia si trovano di fronte all’ennesimo cambio di formazione, il tour che va a creare Sanctitude vede Bruce Soord (Pineapple Thief) alla chitarra e JP Asplund alle percussioni per sostituire lo storico batterista Liljekvist  che dopo ben 13 anni di servizio saluta e va a rifugiarsi in casa In Mourning. Qui, quei dubbi che in molti all’epoca avevano in mente sull’ammorbidimento del suono tornano in vita, visto questo nuovo capitolo, ma di mezzo riprendono forma i Bloodbath (“chi?” diranno alcuni, ma come si suol dire una parola è troppo e due sono poche) e attraverso delle interviste per l’uscita di Grand Morbid Funeal, viene confermata la volontà di riprendere quei suoni vecchi e più arcigni del gruppo, persi oramai lungo la strada. Nessuno ci crederà mai sino alla primavera del 2016. Piccolo passo indietro, durante il tour di  Dethroned & Uncrowned la band rilascia un Ep, Kocytean, che pur uscendo dalle fasi di registrazione di Dead End King, contiene al suo interno alcune delle tracce più belle mai rilasciate negli ultimi anni dal gruppo, quali non si dicono per par condicio; tanto apprezzato che viene dato come sold-out poco dopo l’uscita sul mercato nell’aprile del 2014 nel periodo in cui questo periodo. Un anno e oltre di silenzi prima di annunciare la nuova formazione e dar vita a quello che ad oggi è il nuovo ed ultimo nato “The Fall of Hearts”, Daniel Moilanen viene annunciato come batterista ufficiale del gruppo e Roger Öjersson come secondo chitarrista. La storia potremmo concluderla qua, il decimo album è troppo fresco per poter ancora comprendere quale sia o sarà l’impatto sulla storia del gruppo, certamente uno sguardo al passato a livello compositivo è lapalissiano, figlio di una ritrovata sinergia tra i componenti che ha portato a magistrali composizioni con probabili futuri classici. Così, come in un vecchio film muto ci salutiamo bruscamente. 

DISCOGRAFIA UFFICIALE

Dance of December Souls (1993)

Brave Murder Day (1996)

Discouraged Ones (1998)

Tonight’s Decision (1999)

Last Fair Deal Gone Down (2001)

Viva Emptiness (2003)

The Great Cold Distance (2006)

Night Is the New Day (2009)

Dead End Kings (2012)

The Fall of Hearts (2016)

ARTE & VOLATILI

Come spesso accade, molte band cercano di scegliere un logo, una mascotte, una tonalità che vada a contraddistinguere ogni loro uscita, anche i titoli degli album spesso e volentieri tendono a concatenarsi tra loro. I Katatonia dal canto loro hanno sempre avuto un’aurea di mistero su questo soggetto sino a quando, prestando particolare attenzione si riesce a comprendere il legami con gli uccelli, non una specie determinata, ma i volatili nel senso più generale del termine sono l’ago della bilancia per tracciare un filo rosso tra le differenti uscite. Ogni disco ufficiale, vede al suo interno dei richiami al volo, agli uccelli e alla spinta verso la libertà che riescono a segnare attraverso il volo facendosi invidiare. I Katatonia sono un uccello libero dagli schemi, senza una fissa dimora che ad ogni uscita ha fatto del suo destino una via senza uscita. Pensiamo a Brave.Murder.Day, Viva Emptiness, Dead End King e l’ultimo nato, ogni passo fondamentale è chiaramente visualizzatile con delle ali al suo fianco (morte o vive poco importa); anche dove sembra loro ci sono, basti pensare a Night is the New Day e le ali dietro la madonna; non un volatile ma sempre di istinto di volo si parla. Impossibile con questo argomento non citare la stretta collaborazione con uno dei maggiori artisti internazionali, quel Travis Smith che cura ogni loro uscita da Discouraged Ones ad oggi; l’unione che lega l’artista al gruppo è indissolubile, non può esistere uno senza l’altro e per ogni nuovo album, sai che un tuffo nel cuore ti riempirà il vuoto che gli umani lasciano indissolubilmente.

ENDING THEMES

Come mai è stato scelto di raccontare fatti e misfatti di un gruppo oramai famoso e a livelli di notorietà pressoché invidiabili? Perché sostanzialmente, eccetto qualche breve momento, i Katatonia hanno da sempre subito una costante evoluzione da parte della musica stessa, loro non guidano le scelte musicali che vengono a prendere forma sugli album ma viceversa. Un istinto profondo che parte da dentro e a differenza di ogni altro gruppo riesce sempre a rimanere fedele a se stesso mutando costantemente. I Katatonia probabilmente possono anche essere visti quali semi sconosciuti in proporzione a ciò che hanno effettivamente realizzato, potrebbero ambire a palcoscenici più ampi e a una popolarità di altra caratura; l’essere fedeli è una virtù di pochi e che se ne dica l’istinto per la scena metal, quella scena che li ha cresciuti, rimane più vivo che mai ad ogni loro esibizione. Possono piacere o meno, i gusti non si discutono, ma obiettivamente rimarranno sempre artefici di canzoni che in pochi riescono a concepire, piccole perle grezze che a qualcuno non vorranno dire nulla, ad altri hanno realmente salvato la vita. Applausi

P.S.  Una scelta bene mirata, quella di non citare nessuna canzone specifica, non citare passaggi di testi e senza giudicare in modalità recensione gli album è sintomo di rispetto verso ogni creazione; si è preferito raccontare delle linee compositore dei album, di alcuni retroscena, dei malumori e delle gioie senza mai andare nello specifico, perché la musica tocca corde che non sono mai le medesime entro ogni cuore.

Dedicato, a Jonas per avermi raccolto dagli abissi, pur non sapendolo.