Vario

Wireds (Attilio Coldani)

Di - 20 Marzo 2002 - 22:47
Wireds (Attilio Coldani)

È duro doverlo ammettere ma nella scena classic metal europea moderna, siamo l’unico paese in cui le bands che dimostrano un certo attaccamento alle proprie radici e si presentano con un prodotto cantato in lingua madre sono davvero poche, e quelle poche che riescono a farsi strada fra le mille difficoltà di una scena oramai sovrassatura come quella del nostro paese, scompaiono nel nulla nel giro di qualche annetto inghiottite fra l’ignoranza e la presunzione di chi si crede di essere stato eletto al rango di supremo giudice, emette sentenze senza senso lasciando che la sua arroganza prenda il sopravvento su tutto. I Wireds sono una di quelle poche bands sopravissute all’obblio e, forti dei loro dieci anni di onorata carriera, costellata da tre ottime autoproduzioni e da una serie infinita di esibizioni live, tenta ancora una volta la dura scalata verso la lista di gradimento dei metal kids nostrani con un’album che racchiude in se la forza della coerenza di chi sa che l’importante è averci provato. Beh, sicuramente i nostri non saranno di certo i salvatori della patria, ma l’attitudine e la professionalità che i nostri mettono in tutto quello che fanno, sono sicuro che li porterà molto lontano, l’importante per loro sarà non mollare mai e dimostrare che anche l’iataliano può essere una lingua universale.

Lascio dunque la parola ad Attilio Coldani batterista nonché portavoce del combo meneghino, e……

Ciao Atty, vogliamo iniziare l’intervista con un breve escursus sul passato artistico della tua band?
Ciao a tutti. La band è stata fondata a Lodi  quasi 10 anni fa da Matteo Costa, cantante, che fin da subito concepisce gli Wireds come il mezzo adatto a soddisfare l’esigenza di suonare qualcosa che sia al contempo originale e fedele ad una certa tradizione musicale di matrice rock.  L’attuazione di questo progetto segue poi le tappe obbligatorie per ogni gruppo: difficoltà nel trovare luoghi dove esibirsi e conseguenti concerti a poche lire nei posti più impensabili, diversi cambi di formazione dovuti ad incomprensioni ed incompatibilità tra i componenti, pochi soldi per acquistare la strumentazione… poi la realizzazione delle prime idee su nastro, nel nostro caso con “Mercato Nero” 1996 e “Prigionieri d’Occidente” 1998 fino a “Nello Specchio” 2001.

So ch’è una domanda che vi hanno rivolto in molti, ma come mai avete adottato un monicker anglofono, quando i  testi che proponete sono in lingua madre?
Il nome del gruppo è stato ispirato dalla lettura di una biografia di J. Belushi il cui titolo “WIRED” è stato liberamente tradotto con “CHI TOCCA MUORE”. L’idea è stata quella, senza troppi pensieri, di una parola che potesse già di per sé sprigionare energia poiché, soprattutto dal vivo, è quel tipo di sensazione che cerchiamo di trasmettere. Inoltre il termine “wire” viene tradotto con “filo metallico”, “tirante”  e “to wire “ è “legare con filo metallico”… e se andasse male, diventeremo un consorzio di elettricisti!

Leggendo la vostra bio non mi resta che complimentarmi con voi per la perseveranza con cui portate avanti un certo discorso musicale asservendovi dell’italiano come mezzo per comunicare i vostri pensieri/sentimenti, dunque da dove nasce l’esigenza del cantato in lingua madre?
La scelta è nata, come dicevo, dall’esigenza di proporre musica originale. Ma originalità non intesa come tentativo di differenziarsi a tutti i costi… dovrei, meglio, parlare di autenticità. Infatti, crediamo che quello che renda una musica valida o meno sia solo l’autenticità di chi la compone. Quando in una musica c’è autenticità, questa la puoi toccare, palpare come fosse una cosa fisica perché trasuda da ogni nota, dal ritmo… perché racconta fedelmente chi la scrive. Per il progetto Wireds, quando è nato, l’unico modo che ci è sembrato possibile per essere autentici è stato quello di cantare in italiano. Infatti, la nostra lingua ci ha permesso più di ogni altra di trovare la nostra identità nell’esprimerci. Voglio precisare, però, che la nostra non è una crociata contro chi canta in inglese, anzi non è da escludere che in futuro, possa  risultare stimolante il poter provare ad esprimersi in un altro modo affiancandolo, però, al nostro che porteremo sempre avanti.

 …sai qualcuno potrebbe pensare che l’utilizzo della nostra lingua, possa in qualche modo chiudervi le porte di molti mercati discografici, cosa rispondi?
Si, ne siamo consapevoli, anche se speriamo sempre che quando una persona compra un disco vada cercando emozioni pure e quindi sia disposta ad andare fino in fondo nel viverle: anche se questo dovesse comportare tradursi i testi o sforzarsi di ascoltare una volta in più! Vogliamo fortemente credere (perché crediamo nelle persone) che nel 2002 certi pregiudizi siano caduti o comunque stiano per vacillare! Posso risponderti che quello che facciamo ci realizza e sappiamo che sicuramente nella vita ci sono compromessi da osservare: certo, se sono veri compromessi, cioè due parti che si vengono incontro, va bene… se invece il “compromesso” è quello di accettare incondizionatamente delle richieste solo per il successo… in tal caso continueremo a fare ciò che ci rende felici.

Ora vorrei porti una domanda che mi stà molto a cuore, allora il packing che accompagna il cd è molto professionale, ma sia la copertina che la grafica potrebbero trarre in inganno i metal kids più oltranzisti, nel senso che esteticamente l’artwork richiama alla mente i gruppi alternativi dell’ultima ondata tipo Afterhours o Marlene Kuntz, sei d’accordo?
Il progetto grafico è stato realizzato da un nostro amico che è proprietario di un tattoo studio a Lodi. Si è diplomato all’Accademia di  Brera e lo stimiamo come artista: non abbiamo fatto altro che consegnargli i testi delle canzoni! Siamo molto soddisfatti del lavoro che ha svolto e riteniamo che abbia colto perfettamente lo spirito di “Nello Specchio”, anche se probabilmente non riflette la classica iconoclastia metal. Per la somiglianza con certi book di gruppi alternativi come Afterhours etc. ti posso affermare che nessuno di noi possiede cd di queste band e quindi nessuno di noi ha mai sfogliato uno di questi book, ma quello che personalmente ho sentito e visto in tv, mi è piaciuto molto!.

Le vostre liriche esprimono soprattutto sentimenti reali, senza manierismi di sorta, e quella voglia del non sentirsi mai abbattuti e di andare sempre e  comunque avanti.
Sì, è importante questo atteggiamento nei confronti della vita: ti permette di imparare ad accettare e di conseguenza a vivere con la stessa dignità un momento tanto esaltante quanto devastante della tua esistenza e ti fa capire come la felicità sia l’equilibrio tra queste due situazioni costantemente in alternanza.

 Se non sbaglio sei uno dei principali compositori della band, quindi chi meglio di te può farci una lunga panoramica sulle liriche dei brani che compongono “Nello specchio”.
I testi delle canzoni sono scritti da me, ma ci tengo a precisare che è come se li scrivessimo tutti.   Infatti, sono sempre discussi insieme e le idee nascono dal costante confronto e dialogo che abbiamo come persone soprattutto come amici.   Ci raccontiamo tutte le esperienze e le sensazioni che viviamo sia individualmente che tutti in gruppo (es.: una storia vera o semplicemente la lettura di un libro, la visione di un film…), poi da questo scambio nascono parole che finiranno su carta.   I temi che affrontiamo nei testi, si rifanno a tutta quella gamma di sentimenti che abitano l’uomo da sempre: amore, coraggio, odio, indifferenza, cupidigia, desiderio di verità, di conoscenza, solitudine, desolazione, poesia, amicizia…  Sono solo canzoni, specifichiamolo, quindi non hanno nessuna pretesa se non quella di far riflettere un po’ sulla bellezza di tutte queste sensazioni, siano esse angoscianti o magnifiche. Sono un personale spaccato di quello che abbiamo vissuto da attori protagonisti o anche solo come spettatori.     “Maktub (così è scritto)” è liberamente ispirata ad un libro di P. Coelho, “L’alchimista”.  Ci vuole coraggio ed equilibrio per seguire le tappe della vita, ma questo è l’unico modo per capire se il proprio, è un destino scritto per essere cambiato o seguito alla lettera fino alla fine.  Solo con la costanza di saper interpretare ed apprezzare i segnali del destino, ogni uomo che è perennemente in viaggio, trova il tesoro che è nascosto in ogni passo del suo cammino e ironia della sorte, si accorge che questo tesoro è sempre stato dentro di lui.     “Nello Specchio”  è la nostra risposta ad una domanda che prima o poi ogni uomo si pone guardandosi allo specchio: “chi, che cosa sono io?”.  Se vuoi capirlo devi annientare tutto ciò che è convenzione, credenza, simbolo, vangelo… e puoi capire che, come uomo, sei un insieme di limiti così affascinanti che la tua imperfezione possiede la stessa forza e la stessa profondità dell’infinito e questo è ciò che ti fa sopravvivere al mondo.     “Come ieri”  è una canzone baluardo della convinzione che, da sempre, qualcosa di così eterno come la musica possa diventare la voce più potente e libera per urlare al mondo la propria identità e quella di chi non ha voce per urlare la propria.     “La guerra di Aidan”   è un parallelismo tra una storia d’amore (quella di Nadia) e la cronaca di una città in guerra (la immaginaria città chiamata Aidan).  Alla fine in entrambe le storie, l’unica strada possibile è quella del perdono che oggliga a trovare la forza di rimanere limpidi dentro.      “Oro”  racconta quel presentimento, percepito in uno sguardo, che la donna che hai davanti sia un dono del destino che innalza il tuo spirito e ti da la forza di custodire, come fosse oro, ogni attimo che vi appartiene, rendendolo eterno.   “Versus”  sottolinea che l’importanza di manifestare apertamente i propri sentimenti, pur rispettando gli altri, eleva ogni persona al titolo di UOMO. L’indifferenza, invece, è solo una delle peggiori figlie della meschinità… “Identità”   non è una polemica, vuole far notare come lo sfruttamento della tecnologia (es.: internét) sia sintomo di intelligenza. Ma quando si va oltre, dimenticandosi l’importanza del calore di una stretta di mano, del suono di una voce e ci si accontenta di una password od un nickname… si scopre come in questo non ci sia alcuna identità né evoluzione!     “Confine”  sostiene che solo annullando ogni confine interiore, mentre si cammina sul sentiero della notte, si può rinascere ad ogni alba, come uomini migliori

…..mi spieghi quella dedica allo scomparso leader dei Nomadi?
La dedica ad Augusto Daolio deriva da un mio forte amore per la musica dei Nomadi e per la coerenza con cui hanno portato avanti la loro proposta musicale. Infatti penso proprio che la parola più congeniale per definire l’arte di Augusto sia COERENZA… la coerenza con cui ha amato le cose semplici e vere della vita… la coerenza con cui ha agito nel rispetto degli altri… la coerenza con cui ha cantato che ogni cosa, anche la più piccola, deve essere apprezzata perché fa parte di un disegno più grande che ci sfugge… sicuramente per me è stato ed è tutt’ora, senza alcun rapporto di idolatria, un grande esempio come uomo e come artista.

Sicuramente non sarò il primo che ve lo dice, ma trovo una certa somiglianza fra la parte iniziale della vostra title track e “I don’t believe in love” dei Queensryche, non trovi?
Anche noi ci siamo accorti di questa somiglianza con la canzone tratta da “Operation Mindcrime”! Sicuramente i Queensryche sono uno dei gruppi che apprezziamo moltissimo. Speriamo nessuno se la prenda per questo (soprattutto i Queensryche!!!) ma siamo in buona fede e francamente ci siamo accorti dopo averla incisa!!!

Il mio brano preferito è “Versus” credo che possieda un groove eccezionale, tu pensi che ci sia un brano che possa più di ogni altro rappresentare il suono e l’attitudine dei Wireds?
Non pensiamo ci sia una canzone più rappresentativa di altre. Ogni brano riflette un aspetto diverso del gruppo. Speriamo che sommando questi aspetti che emergono, un ascoltatore possa farsi un’idea riguardo a chi siamo, cosa pensiamo, se e come sappiamo suonare.

 Che generi di reazioni ha scatenato l’uscita del vostro album?
Finora si può dire positive. Dopo 10 anni di attività siamo, comunque ed umilmente, un gruppo emergente e quindi speriamo di poter con questo lavoro allargare il nostro raggio d’azione. Comunque chi già ci conosceva ci ha fatto notare un passo in avanti a livello compositivo, mentre chi non ci aveva mai sentito sembrerebbe essere rimasto ben impressionato da “Nello Specchio” forse anche perché è un progetto coraggioso

Qualcuno vi ha già paragonati agli Strana Officina dell’ep d’esordio, li conoscevi già? Quali sono le band dalle quali traete maggiormente ispirazione?
Abbiamo notato che che ci sono state attribuite molte influenze di gruppi che noi abbiamo scoperto solo dopo averne sentito parlare. Questo ci fa piacere perché significa che, indifferentemente dal modo in cui uno si esprime, nella musica ci sono delle costanti che rimangono indelebili nel tempo e che un musicista, se si sente tale, può trovare dentro di se anche senza imput esterni. Comunque, riguardo alle nostre influenze, cerchiamo di ascoltare di tutto. Nel metal da ciò che “funziona” oggi fino alla musica di venti, trent’anni fa!.
Come procede l’attività live della band? Riuscite ad esibirvi di sovente dalle vostre parti?
Per realizzare “Nello Specchio” abbiamo mollato l’attività dei concerti. Ultimamente notiamo diffidenza da parte dei gestori dei locali nel far suonare un certo tipo di musica: vengono sempre preferite cover band o tribute band che, seppur rispettabilissime, garantiscono sicuramente e con minor “sforzo artistico” una maggior affluenza di pubblico. Questo va a discapito di gruppi che come noi vogliono osare di più.

Quali sono le reazioni del pubblico nell’ascoltare una band di metal classico che canta in italiano? Sono sicuro che chi non vi conosce non se ne accorge subito, vero?
Le reazioni sono strane perché effettivamente, come dici tu Beppe, dal vivo a causa dell’impatto sonoro, è difficile distinguere bene le parole ed il pubblico si limita a seguire la linea melodica. Ascoltando il ns demo parecchia gente ci ha confessato che non credeva che un certo genere potesse tecnicamente essere cantato in italiano! Comunque questa è una domanda diretta per Teo, il cantante, che noi, proprio per questo motivo, prendiamo amichevolmente in giro dicendo che canta in una lingua tutta sua: il TEESE appunto, cioè metà italiano e metà inglese!

 Avete mai incontrato ostacoli nella vostra carriera di musicisti? Quali sono gli obbiettivi che vi prefiggete come band?
Certo tantissimi e gli ostacoli sono quelli di tutte le band. Pensandoci però, direi qualcuno in più per quel che ti raccontavo prima circa la scelta di cantare in italiano…  Come obbiettivi, sicuramente continuare a divertirci e a sentirci fieri di scrivere e suonare la nostra musica; poi se le circostanze dovessero permetterci di vedere quello del musicista come un lavoro sarebbe davvero un sogno! Ora promuoveremo al massimo “Nello Specchio” sperando che possa essere ben accolto e ci permetta di suonare di più.

Musicalmente parlando Milano è una bolgia infernale di bands provenienti da diverse estrazioni musicali, ma quant’è difficile riuscirsi a creare un giro fedele di afecionados?
Milano è grande, tutto è amplificato e come ogni cosa con queste caratteristiche offre tante possibilità. Di contro però, regnano le mode che tendono ad uniformare le proposte musicali dei gruppi. E’ sicuramente difficile senza gli agganci giusti farsi ascoltare e far risuonare il proprio nome e noi non siamo sicuramente un gruppo che segue le moda del momento. Il fatto però che ci sia spazio per tutti ci spinge a migliorarci per trovare il nostro posto: infatti  finora ci siamo esibiti poche volte a Milano e ci piacerebbe poterci suonare di più.

 Ora la solita domanda da un milione di Euro, cosa ne pensi dell’attuale scena metal di casa nostra? E in che maniera si pongono i Weirds all’interno della stessa?
Mi piace tutto il fermento che si è creato attorno ai gruppi  metal italiani anche se penso che non abbiano ancora tutto lo spazio che si meritano. Abbiamo sentito dischi di gruppi veramente validi che nulla hanno da invidiare a produzioni straniere. Per quel che riguarda gli Wireds non sappiamo dirti se apparteniamo o no a questa scena, forse non spetta neppure a noi stabilirlo.

Vuoi fare un saluto ai nostri lettori?
Sicuramente! A tutti coloro che ci hanno sentito e a coloro che, speriamo, ci ascolteranno! Vorremmo inoltre ringraziare te, Beppe, e tutto lo staff di truemetal.it per la passione e la professionalità con cui date spazio a tanti gruppi sconosciuti come noi: questo significa credere nella musica,  che è una delle poche “magie” rimaste all’uomo per sentirsi eterno. Ciao e grazie WIREDS