Live Report: Aerosmith a Milano

Di Giacomo Cerutti - 7 Luglio 2014 - 18:40
Live Report: Aerosmith a Milano

 

AEROSMITH + ALTER BRIDGE + EXTREME + WALKING PAPERS + THE TREATMENT

Milano@Arena Fiere Rho – Mercoledì 25 giugno 2014

 

Live report a cura di Giacomo Cerutti, con la collaborazione di Fabio Vellata.
Foto a cura di Michele Aldeghi.

 

In quest’estate ricca di concerti con band che hanno segnato la storia del rock, non potevano mancare al corollario gli stravaganti AEROSMITH. Dopo l’ultima apparizione all’Heineken Jammin’ Festival del 2010, il quintetto di Boston torna nella nostra penisola per l’unica imperdibile data del “Let Rock Rule World Tour 2014”, promuovendo la loro quindicesima fatica “Music From Another Dimension” uscita due anni fa.
Le condizioni climatiche sono tiranne, sull’Arena Fiera di Rho si abbatte il diluvio per tutta la mattina, probabilmente i temerari in coda dalla sera prima si aspettavano l’arrivo di Noè con tanto di arca. Passata la pioggia dall’asfalto si alza una temibile afa e quando il cielo si scopre, il sole picchia come un cuneo sulle migliaia di persone che si riversano in coda. Scatta l’ora X, non appena aprono i cancelli inizia l’estenuante corsa chilometrica per accaparrarsi i posti migliori, sia alla transenna che delimita il pit, sia al suo interno dato che è stata allestita anche la pedana centrale.

Questo evento si può considerare come un mini festival, dato che ad accompagnare gli Aerosmith ci sono la bellezza di quattro band.

 

L’apertura del sipario spetta ai THE TREATMENT, band hard rock britannica nata nel 2008 a Cambridge, forte della pubblicazione del secondo album “Running With The Dogs” uscito quest’anno. Quando entrano in scena è pomeriggio inoltrato, nell’arena in fase di riempimento c’è già parecchia gente, l’accoglienza è calorosa e la band esordisce con “Drink, F**k, Fight”, dando una scossa di hard rock genuino. Riff incalzanti ed assolo frizzanti si susseguono pezzo dopo pezzo ad opera di Jake Pattinson e Tagore Grey, accompagnati dalle vivaci linee di basso di Rick Newman, e dallo scalpitante Dhani Mansworth alla batteria, infine il vocalist Matt Jones coinvolge il pubblico con voce graffiante e grande carisma. In passato abbiamo avuto il piacere di vederli aprire lo show di Alice Cooper e Steel Panther: hanno sempre dato prova di saper tenere degnamente il palco.
Anche oggi questi giovani ragazzi hanno superato la prova con un live energico, dinamico e divertente, che i presenti ripagano con sonori applausi.
Sicuramente un buon aperitivo rock che precede un buffet coi fiocchi.

Setlist:

01. Drink, F**k, Fight
02. The Outlaw
03. Emergency
04. I Bleed Rock+Roll
05. Shake the Mountain

Vedi il Photo Report completo dei The Treatment!
 

La parola passa ai WALKING PAPERS, ennesimo progetto dell’ex gunner Duff McKagan fondato a Seattle nel 2012, con all’attivo l’omonimo debut album uscito lo stesso anno. Nonostante la maggior parte della gente ancora non li conosca, quando salgono sul palco il calore non manca: alla vista di Mr. McKagan l’audience si accende. I suoi compagni di squadra sono Jeff Angell e Benjamin Anderson (rispettivamente cantante/chitarrista e tastierista dei Missionary Position), e Barrett Martin (batterista degli Screaming Trees). Partendo con “Climber” animano la folla che va aumentando, il genere proposto è un blues-rock di stampo classico: Jeff Angell ha una voce pulita e orecchiabile, la sezione ritmica varia a seconda dei pezzi – dall’incalzante al soft – ed è affiancata dalle note di Duff, oltre ad essere colorata dalle melodie apportate da Benjamin Anderson e dai battiti di Barrett. Inizialmente nel complesso la band ha un bel tiro, ma col procedere dello show risulta monotona, tanto da raccogliere solo una minima parte dei consensi.
Logicamente la maggior parte dei cori sono per Duff, che sapendo di essere il personaggio della situazione, suona sorridente e baldanzoso, girando per i 150 metri di palco.
A giudicare dalla reazione del pubblico, questo progetto risalta grazie al talento dei singoli componenti piuttosto che per le canzoni in sé: Jeff è sicuramente un ottimo frontman, ha una forte interazione e non si limita a far applaudire a tempo, ma svaria un po’ ovunque, (addirittura entrando nel pit) mentre Benjamin dimostra di essere un pianista straordinario.

Con “Two Tickets and a Room” termina una discreta performance che purtroppo non ha raggiunto le aspettative sperate.

Setlist:

01. Climber
02. Rumble
03. Leave Me in the Dark
04. Red Envelopes
05. Red and White
06. Your Secret’s Safe with Me
07. Unforgiven
08. Capital T
09. Two Tickets and a Room

 

Vedi il Photo Report completo dei Walking Papers!
 

 

Durante il cambio palco, l’arena sempre più popolata si prepara a dare il benvenuto a un altro pezzo di storia, si tratta dei favolosi EXTREME che non mettevano piede in Italia dal Rock Of Ages del 2008.

Appena giunto on stage, il gruppo viene acclamato a gran voce: senza indugi lo show inizia con “Decadence Dance” richiamando l’entusiasmo generale.
I nostri sono in gran forma, grintosi e dinamici. Sembra che sul palco si sentano sempre a proprio agio: Nuno Bettencourt sprigiona una quantità di riff ed assolo impressionante, seguito a ruota dal rombante Pat Badger al basso. Kevin Figueiredo entrato in pianta stabile dal 2007, non perde un colpo dietro alle pelli.
Ovviamente il personaggio più in risalto è Gary Cherone, grandissimo frontman ed energico vocalist che cattura l’audience con voce impeccabile, riuscendo a far entrare immediatamente nel vivo il concerto.
Tutto il repertorio è molto apprezzato, la maggior parte dei pezzi è tratta dal celebre disco “Pornograffiti”, tuttavia l’apoteosi avviene quando Gary e Nuno rimangono soli sul palco per eseguire in versione acustica la romantica “More Than Words”, quasi interamente cantata dalla folla già molto estesa.
Gary si improvvisa direttore d’orchestra: una scena toccante cui è possibile assistere in ben poche occasioni. Infine Nuno si esalta con “Flight of the Wounded Bumblebee” introducendo “Get the Funk Out” per un finale scoppiettante.

È la prima volta che vediamo gli Extreme e ne siamo rimasti veramente colpiti: grande tenuta di palco, brani eseguiti perfettamente e forte capacità di coinvolgimento. Insomma tutto ciò che serve per un live di ottima qualità.
Ci permettiamo una parentesi personale: per quanto gli Alter Bridge stiano riscuotendo sempre più successo, non pare giusto l’aver fatto suonare gli Extreme prima di loro, data la loro importanza storica, ma pure per coerenza, considerato che gli Alter bridge sono l’unica band non glam-rock della giornata.

Speriamo non passino troppi anni primo di poter rivedere i mitici Extreme in azione dal vivo.

Setlist:

01. Decadence Dance
02. Kid Ego
03. It (‘s a Monster)
04. Am I Ever Gonna Change
05. Play with Me
06. More Than Words (acoustic)
07. Cupid’s Dead
08. Hole Hearted
09. Flight of the Wounded Bumblebee
10. Get the Funk Out

 

Vedi il Photo Report completo degli Extreme!

 

 

Siamo giunti al pre-headliner della giornata.
Dopo la partecipazione al Rock In Idro a Bologna, gli ALTER BRIDGE stanno per entrare in scena. Dalla platea si sollevano frequenti cori d’incitamento: quando compare, il quartetto di Orlando viene accolto con entusiasmo.
Il frontman Myles Kennedy pare addirittura stupito da tanta euforia.
Un saluto con sorriso smagliante e via con “Addicted to Pain”, brano tratto dall’ultimo lavoro “Fortress”, uscito l’anno scorso.

Purtroppo l’entusiasmo iniziale è destinato a sparire: i primi 3-4 pezzi sono rovinati da vari problemi tecnici. Le chitarre che “grattano”, fischi dalle spie e fruscii dal microfono, sono un menù di contorno tutt’altro che gradito.
Dopo varie peripezie la situazione si stabilizza e lo spettacolo può procedere serenamente: dal nuovo album “Fortress” vengono estratti solo tre pezzi per poi dare spazio ai classici come “Metalingus”, “Isolation” e altri.
Tra i componenti c’è sempre una forte sinergia che porta alla massima resa  in sede live. Mark Tremonti viaggia come un treno sulla sei corde macinando riff ed assolo, Brian Marshall rimane concentrato sui giri di basso, mentre Scott Phillips pesta su piatti e pelli come un forsennato.
Senza dubbio Myles è il “bello della diretta”: grande prestazione vocale ed accompagnamento alla chitarra, uniti ad forte interazione col pubblico che, dal canto suo, ha sorvolato i problemi iniziali, offrendo sempre grande supporto.

Con “Rise Today” termina uno show di grande impatto, corredato da concitati applausi, Myles e soci hanno segnato un altro traguardo sul suolo italico, portando a termine con successo il compito di aprire al tanto atteso headliner.
Dobbiamo però constatare che nonostante gli Alter Bridge piacciano ad un vasto target, i consensi sono giunti per lo più dalla nuova generazione: l’alternative metal, in effetti, non rientra molto nei gusti dei rockettari old school.

Setlist:

01. Addicted to Pain
02. Come to Life
03. Before Tomorrow Comes
04. Cry of Achilles
05. Ghost of Days Gone By
06. Fortress
07. Metalingus
08. Blackbird
09. Isolation
10. Rise Today

 


 

Vedi il Photo Report completo degli Alter Bridge!

 

 

Dopo questo ricco buffet di antipasti, eccoci al piatto forte della serata.
L’attesa è molto più lunga del previsto, ma possiamo anticipare che il ritardo sarà perdonato.
L’arena per quanto capiente è davvero colma: abbiamo raggiunto le 40.000 presenze che, dalla prima fila all’ultima, sono in trepidante attesa dei loro idoli.
I consueti cori riecheggiano copiosi: improvvisamente le luci si spengono e si accende il megaschermo, i cori si trasformano in urla, parte l’intro  – accompagnata da immagini – che termina con un’esplosione e l’omonimo logo. Dalla pedana centrale si alza una colonna di fumo cui seguono interminabili attimi di silenzio.
Magicamente dalla nebbia appaiono Steven Tyler e Joe Perry: è sufficiente un piccolo “Oh yeah!” proiettato in primo piano per far esplodere i fan in un boato. Irrompendo con “Mama Kin” gli ‘Smith incendiano l’arena.

L’atmosfera si surriscalda di suoni, luci, colori e di un’immensa energia scaturita dalle cinque icone che, nonostante l’avanzare degli anni ed una carriera quarantennale sulle spalle, tengono il ritmo ancora alla grande.
Vengono così subito sventagliate grandi hit come “Eat the Rich” e “Love in an Elevator”: il repertorio è un sali e scendi dei più grandi successi in cui vengono riportate alla luce pietre miliari quali “No More No More”, “Rats in the Cellar” e “Same Old Song and Dance”.
Per gli Aerosmith i segni dell’età sono evidenti, ma come resa scenica il tempo sembra essersi fermato a trent’anni fa: Brad Whitford alla chitarra suona con passione innata mentre i capelli bianchi risplendono alla luce dei riflettori; Tom Hamilton è sempre pimpante con i suoi giri di basso che riempiono il sound dei brani, entrandoti in corpo al punto da far vibrare lo stomaco. Alla batteria il portentoso Joey Kramer suona con una potenza tale da far impallidire i più giovani.

I padroni di casa però sono sempre loro, il “capo” con il fedele braccio destro, Steven Tyler e Joe Perry, che per quasi tutti i pezzi duettano in cima alla pedana.
Joe ricorda molto Keith Richards per il look e le movenze: i suoi riff ed assolo sono il suo biglietto da visita. Infine Steven è un concentrato di pura adrenalina, sprizza energia e carisma in ogni dove, oltre ad un notevole sex appeal che alza il livello ormonale del pubblico femminile. È come un serpente incantatore da cui sfocia una voce che trafigge l’aria ed ammalia.
Pezzo dopo pezzo l’immensa folla pende dalle sue labbra,  l’euforia cresce a dismisura con l’arena che balla sulle note di una strepitosa “Rag Doll” e canta in coro la commovente “I Don’t Want to Miss a Thing”.
Ogni pezzo è un trionfo a prescindere: da “Music From Another Dimension” vengono estratte solo “Oh Yeah” e “Freedom Fighter”, unico brano cantato da Joe, accompagnato dalla proiezione di un video che lo riprende mentre suona in Piazza Duomo. Comico il momento in cui un passante gli fa la carità, mentre scatta l’invidia generale nel vedere che incontra i fan presenti alle riprese.

Sul finale viene eseguita pure la celebre “Come Together” dei The Beatles, per poi ribaltare la platea con la scalmanata “Dude (Looks Like a Lady)”, seguita da “Walk This Way”.
La band si ritira accompagnata dai fan che acclama a gran voce. Ed è il caso di dire “la quiete dopo la tempesta”: infatti dopo un intero show di rock puro, gli Aerosmith tengono in serbo per l’encore due immancabili perle. Sulla pedana viene sistemato un pianoforte a coda bianco: il pubblico ha già intuito e inizia ad inneggiare , finché Steven rientra avvolto da una bandiera italiana con la loro effige, si siede ed intona “Angel”, mentre sullo schermo come ringraziamento appare la scritta “MILAN” in tricolore.

 

Vedi il Maxi-Photo Report degli Aerosmith!

Dopo il ritornello è la volta dell’attesissima “Dream On”. La band rientra sul palco mentre Joe, comparso poco dopo, si staglia sul pianoforte
Sul finale tuttavia, la scena è tutta per il grande frontman che viene avvolto da colonne di fumo durante l’acuto finale. È poi la volta di Tom, che in una perfetta sinergia di gruppo s’impadronisce della pedana per introdurre con un assolo “Sweet Emotion”: mr.Tyler fa capolino con del trucco fluorescente in viso e da il là al gran finale, in cui Joe Perry, in preda al delirio, si toglie il gilet per frustare la chitarra prima dell’ennesimo solo, sul quale non poteva mancare un’altra esplosione di fumogeni con lancio di coriandoli.

È veramente difficile trovare gli aggettivi giusti per descrivere un concerto di tale portata: ogni secondo vissuto è stato strepitoso ed emozionante.
I bostoniani sono una band che sin dalla nascita  – nel 1970 – fa cantare, saltare e ballare un oceano di persone tenute saldamente in pugno dal proprio leader.

Ecco questo è un concerto degli Aerosmith!

Setlist:

01. Mama Kin
02. Eat the Rich
03. Love in an Elevator
04. Oh Yeah
05. Cryin’
06. Livin’ on the Edge
07. Last Child
08. Rag Doll
09. Freedom Fighter (Lead Vocals by Joe Perry)
10. Same Old Song and Dance
11. Rats in the Cellar
12. I Don’t Want to Miss a Thing
13. No More No More
14. Come Together (The Beatles cover)
15. Dude (Looks Like a Lady)
16. Walk This Way

Encore:

17. Dream On (with Angel snippet)
18. Sweet Emotion