Vario

Live Report: Brutal Assault 23 08-11/08/2018

Di Davide Sciaky - 26 Settembre 2018 - 13:00
Live Report: Brutal Assault 23 08-11/08/2018

Armored Saint

Il nostro festival si apre con una band leggendaria, gli Armored Saint, che purtroppo suonano abbastanza presto e hanno quindi un tempo limitato a disposizione.
Di conseguenza, nonostante siano in mezzo al tour celebrativo in cui suonano tutto “Symbol of Salvation”, la setlist è ridotta e per questa data il capolavoro è messo da parte; gli americani però non si risparmiano certo per il loro primo concerto di sempre in Repubblica Ceca e danno spazio a quasi tutti i loro album suonando 8 pezzi da 7 dischi diversi.
Se tutta la band è in palla, il cantante John Bush lo è ancora di più: la voce potentissima non cede un secondo e senza mai smettere di cantare si arrampica sulle impalcature del palco per fomentare il pubblico.
Obiettivo riuscito alla perfezione.
Concerto esaltante, ennesima grande conferma della qualità dei losangelini, peccato il poco tempo a disposizione.
 

 

Brujeria

Quello dei Brujeria è probabilmente uno dei concerti più divertenti del festival per la natura stessa caricaturale della band.
La loro esibizione è carica di energia e, se la voce di Juan Brujo lo abbandona con una certa frequenza, gli strumenti suppliscono adeguatamente.
Probabilmente gli spettatori oltranzisti avranno storto il naso davanti a chi si prende così poco sul serio, ma basta un poco di apertura mentale per farsi intrattenere dai messicani.
Cosa si può dire a chi conclude il concerto sulle note di ‘Marijuana’ (una canzone che tesse le lodi della droga sulle note della ‘Macarena’) sventolando dei machete gridando “Donde esta la marijuana por la banda, cabrones?”?

 

Toxic Holocaust

I Toxic Holocaust sono un sinonimo di aggressione sonora, c’è poco da fare.
La loro esibizione procede come un razzo, le canzoni – già veloci in studio – vengono suonate forse il 30% più veloci che nella versione originale mentre il mosh si muove velocissimo.
Gli americani pur essendo solo in tre asfaltano la folla con una potenza incredibile e lasciano che sia la musica a parlare: le interruzioni tra una canzone e l’altra sono brevi, le interazioni con il pubblico scarse, mentre è la musica a farla da padrona.
Fa un po’ strano vedere il frontman, Joel Grind, al basso dopo averlo visto per tanti anni alla chitarra, ma il cantante sembra a proprio agio alle quattro corde e il trio è affiatato e funziona bene con questa formazione.
Unica critica, e rimpianto, è che non abbiano suonato un po’ di più dato che dopo soli 30 minuti lasciano il palco nonostante ci sia ancora un po’ di tempo a loro disposizione.

 

Cannibal Corpse

È ormai buio quando salgono sul palco i Cannibal Corpse, uno degli headliner della prima giornata, che partono subito con ‘Code of the Slashers’, canzone tratta dal loro ultimo album.
La scenografia è minimale, un semplice backdrop con il logo della band, pochi fronzoli e tanta brutalità: dopo tanti anni sulle scene i Corpse sono delle macchine che dal vivo offrono solo certezze e tra l’headbanging inimitabile di Fisher, il martellare della batteria di Mazurkiewicz, i pesantissimi riff di chitarra è difficile restare delusi.
Questa sera la scaletta spazia su tutta la discografia degli americani, dal debutto “Eaten Back to Life”, rappresentato da ‘A Skull Full of Maggots’, fino al recente “Red Before Black” a cui viene dato più spazio con ben quattro canzoni.
Tre di queste vengono suonate subito in apertura, la già nominata ‘Code of the Slashers’, poi seguita da ‘Only One Will Die’ e ‘Red Before Black’, per poi spostarsi su “Torture” con ‘Scourge of Iron’.
Alcune canzoni dopo, ‘A Skull Full of Maggots’ viene dedicata a Bret Hoffman, cantante dei Malevolent Creation recentemente scomparso; segue poi una delle canzoni più note della band, ‘I Cum Blood’, che viene preceduta da una frase di Corpsegrinder ormai standard per i concerti della band, “Se volete fare headbanging cercate di starmi dietro…fallirete, ma ci potete provare comunque”.
Siamo ormai alla fine del concerto ed ecco una sorpresa, Travor Strnad dei The Black Dahlia Murder sale sul palco per cantare ‘Stripped, Raped and Strangled”, anche piuttosto bene bisogna dire; arriva quindi il turno di un altro classico, ‘Hammer Smashed Face’ che conclude il concerto.
Delle certezze, micidiali.

 

Gojira

Arriva il turno dei francesi Gojira, gruppo che alla quinta apparizione al festival ormai è di casa a Jaromer.
Questa sera è dato grande spazio all’ultimo album, “Magma”, disco che la band stava già promuovendo durante l’ultima apparizione al festival, ma che riceve ancora più attenzione questa volta con ben cinque pezzi provenienti dall’album su dodici di scaletta.
Lo show si apre con ‘Only Pain’, un pezzo del sopracitato “Magma” e immediatamente si capisce il tipo di spettacolo che seguirà: dietro ai musicisti su un megaschermo si susseguono spettacolari animazioni, mentre le lo spettacolo di luci illumina il vasto pubblico accorso per lo show.
La scaletta va a coprire tutta la carriera dei francesi, tanto spazio a “Magma” e al capolavoro “From Mars to Sirius”, ma si torna anche a pezzi come ‘Terra Inc.’ da “The Link Alive” e addirittura una rara ‘Love’ dal debutto, “Terra Incognita”.
La grande energia della band, la spettacolare scenografia e le ottime canzoni ci ricordano ancora una volta perché i Gojira sono uno dei migliori gruppi in circolazione.

Paradise Lost

Il nostro primo giorno di festival si conclude con la performance delle leggende del Gothic, Paradise Lost.
Una performance che lascia con sentimenti contrastanti, da una parte una setlist variegata ed interessante, dall’altra suoni non sempre degni e qualche stecca di troppo di Nick Holmes che, però, rimane sempre un frontman abile e coinvolgente.
Il concerto si apre con ‘No Hope in Sight’, canzone di “The Plague Within” che aveva segnato il ritorno degli inglesi a sonorità più estreme e pesanti; si passa poi a ‘Blood and Chaos’ da “Medusa”, l’album più recente della band.
Da quest’album vengono suonate altre due canzoni, ‘From the Gallows’ e ‘The Longest Winter’, lasciando poi ampio spazio a pezzi da tanti album diversi; bella la sorpresa di ‘Mouth’ reintrodotta per alcuni show estivi e precedentemente suonata l’ultima volta nel 2007.
Nel complesso lo show è piacevole, anche se con dei suoni mixati un po’ meglio avrebbe guadagnato parecchio.