Live Report: Dimmu Borgir a Treviso e Roma
Pregustavamo una serata speciale ed in parte lo è stata. Almeno per quanto riguarda la data di Teviso a cui ho personalmente assistito. E speciale lo è stata, almeno in parte. La delusione di non aver potuto sentire, come da proclami, “Enthrone Darkness Triumphant” per intero, visto il taglio di tre pezzi dalla scaletta, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Spettacolo comunque degno del nome Dimmu Borgir che ha comunque soddisfatto il pubblico presente. Buona lettura!
Per la data di Treviso, report a cura di Filippo “Ov Fire” Blasetti, foto di Peluso Daniele.
Come spesso a molti di noi accade, prima o poi, qualcosa che reputavamo non compatibile con noi stessi – o difficilmente comprensibile – si rivela una sorpresa, che nel frangente di cui fa parte, risulta a conti fatti, cambiarci la vita. Questo è quanto è successo ieri al sottoscritto che, tra tutti i concerti visti e rivisti nella sua seppur giovane esistenza, i Dimmu Borgir non li aveva mai visti dal vivo. Un po’ intimorito e stranito dall’ammontare di trucco, catene, pelle ed eye-liner presenti fuori dal New Age già alle 20.00, sono entrato curioso, e pronto ad una nuova esperienza.
Arrivati largamente in anticipo, in quel sempre amichevole nido che è il “New Age” (che ringraziamo per la professionalità e la grande propensione al problem-solving dello Staff), abbiamo dovuto aspettare fino alle 22.00 per veder arrivare sul palco i Dimmu Borgir, mentre il caldo umido saliva a livelli quasi insopportabili, in realtà nulla di diverso dal clima che ci si aspetta di trovare al cospetto dei cancelli dell’inferno.
Si apre il sipario, davanti ad un locale pieno, ma non traboccante di fedeli, con l’ingresso in ordine di Daray, Brat, Cyrus, e di Erkekjetter, seguiti da un Galder da subito in grande spolvero ed immediatamente in sintonia con il pubblico, ed infine Shagrath, la cui apparizione è stata accompagnata da un’ovazione da pelle d’oca. Non che per gli altri componenti il pubblico si sia risparmiato siamo chiari ma, semplicemente, per Shagrath, il risultato è stato disumano. Come già si sapeva, la prima parte del concerto è stato incentrato sull’esecuzione di “Enthrone Darkness Triumphant”, cosa estremamente gradita a tutto il pubblico trattandosi, a detta dei più, come uno dei lavori più completi e rappresentativi della compagine nordica.
Nell’ambiente abbiamo disquisito a lungo sul piglio che questa sequela di concerti in Italia avrebbe avuto, essendo indicata come un “An Evening with Dimmu Borgir”, etichetta che richiama alla mente concerti molto intimi, spesso acustici, ed anche un po’ snob, ma che facevano della vicinanza col pubblico, la componente più importante.
Tra tutte le altre ipotesi, a mio parere, quest’ultima, non perché fosse la mia, è stata confermata. La prima cosa che mi è saltata agli occhi è stata la totale devozione del gruppo nei confronti del pubblico, che veniva istigato a scatenarsi in tutti i modi possibili, mentre per quanto riguarda i suoni, mi hanno preso in faccia come un pugno, caricando anche me, e lasciandomi di stucco per la pulizia d’esecuzione da parte di ognuno dei musicisti.
I Dimmu Borgir (e ci mancherebbe altro) parevano indemoniati sul palco del New Age, in interazione continua con il pubblico, eccezion fatta per Cyrus, che ha lasciato la sua posizione (anche se non la sua espressione facciale) solo durante le ultime tre canzoni del concerto. Il pubblico aveva bisogno di sentire il gruppo vicino, e i Dimmu Borgir non si sono fatti pregare, salvo l’eccezione di cui sopra; coinvolgono, caricano, e le loro atmosfere cupe, sinistre e rabbiose fanno del pubblico stesso, un branco inneggiante e grato. Alcuni di loro, io per primo, restano addirittura stupiti, dalla potenza incontenibile della loro musica, che è in tutto e per tutto una colonna sonora per alcuni degli stati d’animo che alcune persone hanno perfino paura di guardare.
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Se fossi un fantomatico “Dr. Metal” prescriverei un Live dei Dimmu Borgir ad una buona parte di quelle persone che reprimono i loro sentimenti di rabbia e paura, e che non riescono ad esprimerli o sfogarli in nessun modo. Questo sarebbe un modo perfetto per dar loro sfogo ed esaurirli nel potere della musica. Shagrath durante tutto il concerto si è posto come un “fratello maggiore” per i fan, alternando la rabbia delle linee vocali in scream e growl durante le canzoni, alla sua naturale voce calma, calda, e con tono quasi bonario, senza dubbio amichevole, nei momenti di intermezzo tra i brani, durante gran parte delle interazioni con il pubblico, grato per questo intimo trattamento da un gruppo che ha sfatto del mistico e sovrannaturale, e quindi virtualmente etereo e distaccato, il suo marchio di fabbrica, sia per liriche che per le atmosfere evocate. Resta il fatto, che nelle tracce “clean”, la differenza col passato si fa sentire, e tanto, e la voce di ICS Vortex, manca come la schiuma sulla birra.
Grazie, o a causa, delle sensazioni selvagge evocate dentro di me dai “Nera Fortezza”, sono rimasto quasi infastidito da coloro che, pur di poter immortalare i loro idoli (pratica squisitamente legata al culto dell’immagine che personalmente diniego) si sono persi la possibilità di un’immersione anima e corpo nell’ottima esecuzione di quello che senza dubbio è un genere molto intimo e molto emozionale, in cambio di un’icona materiale ed evanescente come solo una foto col cellulare può essere. Per quanto riguarda le note tecniche, forse il caldo e l’umido oltre la soglia di sicurezza, o più probabilmente qualche errore di bilanciamento ed orientamento tra spie e microfoni, hanno creato in più di qualche occasione, fastidiosi fischi di feedback dal microfono di Shagrath.
Inoltre una delle due tastiere di Brat, aveva un volume talmente inferiore rispetto al resto del gruppo, che in certi momenti la loro atmosfera è venuta a mancare totalmente, travisando parti intere di alcuni brani. Ciononostante, questa carenza non può essere considerata sostanziale nel complesso, ma sempre per dovere, da portare all’attenzione.
Una piccola chicca: dando uno sguardo alla strumentazione on stage, ho notato due microfoni panoramici in fronte palco, ma rivolti verso il pubblico. Che sia il presagio di un’edizione Live di “Enthrone Darkness Triumphant”? Aspettiamo curiosi.
Come nota personale, voglio brevemente descrivere una situazione un po’ insolita che ho avuto davanti agli occhi nella seconda parte del concerto, e che voglio esporre per far riflettere, come ho riflettuto io, tutte quelle persone, che magari non conoscono, o non comprendono questo genere di musica, e si riducono a definirlo “rumore” o “una schifezza inascoltabile”, per ricordare loro che non tutta la musica è per tutti, e se una cosa non piace, questo non significa che sia brutta in maniera oggettiva. Quella che per alcuni è inascoltabile, per qualcuno sarà la cosa migliore al mondo, e bisogna sempre tenerne conto.
In ogni caso, tra tutte le borchie, la pelle, gli anfibi, eye-liner presenti al New Age, davanti a me ho notato una coppia giovane, vestita come si suol dire “casual”, quindi con maglietta-jeans-scarpe da ginnastica, non necessariamente nero, e con simbolismi vari a tappezzare il tutto, nessun eccesso apparente, che ha passato tutta la seconda metà del concerto, e presumibilmente anche la prima, abbracciati, mano nella mano. Se qualcuno avesse potuto mettere “mute”, si sarebbe potuto sovrapporre la scena ad un concerto dei Coldplay, ma non avendo questa possibilità, ed essendo invece il concerto dei Dimmu Borgir, vi lascio (sempre rivolto alle persone di cui sopra) con un semplice, anche se dai risvolti di cui si potrebbe disquisire per notti intere: “meditate”. Potere della Musica
Essendo il palco molto piccolo, non c’è stato spazio per le classiche scenografie visive e pirotecniche, ma la resa è stata comunque buona. Infatti pareva di vedere i due chitarristi come fossero due gemelli guardiani, entrambi rasati, alti uguali, e truccati nello stesso modo, che al fianco di Shagarath, dai lineamenti ed atteggiamenti degni di un negromante, dirigevano gli altri tre componenti nella composizione di quel muro magico di suono poderoso, tanto è stato apprezzato dai presenti.
Il ringraziamento prima dell’esecuzione dell’ultimo pezzo, ha il sapore di un “arrivederci” ed è stato affettuoso, e tutti l’hanno sentito. Sinceramente, spero di esserci la prossima volta. Ed è un consiglio anche per voi.
In conclusione voglio lasciarvi con un’immagine che per noi è valsa tutto il concerto.
Alla fine dell’ultimo minuto, dell’ultima canzone, Shagrath, Galder, Erkekjetter Silenoz, e si, anche Cyrus, erano protesi al massimo verso il pubblico, corna al cielo, ed il pubblco senza farselo dire due volte, ha risposto, ed in un’atmosfera mistica, si è raggiunto il culmine catartico di tutto il concerto. Fatalità (o forse no??!!!) erano le 00.00. Brividi.
Per la data di Roma, report e foto a cura di Francesco Sorricaro.
11 giugno 2012. È la data del primo concerto romano della fortezza oscura: i Dimmu Borgir esordiscono all’Orion Live Club di Ciampino per la loro personalissima An Evening with….
Puntualmente, alle 22 precise l’atmosfera si incupisce, il chiacchiericcio tra una birra e l’altra muta in un boato ed una breve intro si trasforma in men che non si dica nell’incedere maestoso di Mourning Palace. Questa è la serata in cui i Dimmu Borgir suonano per intero il capolavoro del 1997 che li ha consacrati, quell’Enthrone Darkness Triumphant che li ha resi alfieri incontrastati del black metal sinfonico europeo. Date le circostanze, si aspettava un pubblico ancora più numeroso, ma tant’è che i comunque tanti fan accorsi da tutto il centro e sud Italia si sono fatti sentire eccome, dall’inizio alla fine dello show.
Silenoz,Galder e Shagrath, di contro, donano ai loro fan acclamanti una prova maiuscola. Gli undici brani di Enthrone vengono eseguiti in un unico respiro, senza quasi un attimo di pausa, con una solidità ed una perfezione nel sound che sembra a tratti migliorare anche il loro lavoro su disco. Le vette più alte? In Death’s Embrace ha il merito di far partire la tempesta nel pit, mentre la doppietta Tormentor of Christian Soul ed Entrance raggiunge picchi atmosferici di livello superiore. La band è viva e tronfia nei suoi costumi horrorifici e nel consueto facepaint. I due chitarristi, ormai gemellati dal …ehm… taglio di capelli, suonano sul velluto, si divertono, si incrociano, e lanciano plettri a profusione verso le mani protese del pit che non smettono mai di incitare con smorfie ed urla barbariche. In realtà Galder và anche oltre, quando inonda le prime file (tra l’altro vicinissime al palco questa sera) con spruzzi d’acqua dalle fauci, ma nella trance dello show, è sembrato importare a pochi.
Una menzione per i turnisti? Gerlioz, Cyrus e Daray hanno fatto il loro mestiere nel migliore dei modi, cercando anche, chi più e chi meno, di lasciarsi coinvolgere emotivamente dall’esibizione, nonostante l’evidente ruolo da comprimari della scena. Il batterista polacco ex-Vader, in particolare, è sembrato quello più integrato, anche alla luce dello spazio dedicatogli per il solo (non originalissimo, basato esclusivamente sulla velocità di esecuzione) che riapre ufficialmente la seconda parte della serata.
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Shagrath è il degno maestro di cerimonie. Dotato sempre di un buon carisma, non ha smesso di cercare la risposta dell’audience, pur già innamorata artisticamente di lui e della sua band, ergendosi sui monitor e sporgendo l’asta del microfono sulle loro teste per farli cantare. Vocalmente in forma, non ha patito il passaggio tra vecchio materiale ed i brani più recenti che sono andati ad infarcire la seconda metà della setlist, a cominciare da Vredesbyrd, da Death Cult Armageddon, che ha riaperto degnamente le danze.
Istruttiva questa occasione per chi osservava i Dimmu Borgir sprovvisto del velo del fanatismo, perché ha spiattellato brutalmente in faccia la mutazione che hanno avuto i norvegesi nel giro di vent’anni. Possono piacere di più i vecchi lavori anni ’90 o i successivi, fatto sta che la differenza è notevole. La ricerca delle orchestrazioni più elaborate, udibile anche questa sera in brani come Kings of the Carnival Creation o The Serpentine Offering, ha forgiato l’etichetta del brand Dimmu Borgir così amato dai fan di ultima generazione, ma ha perso quel gusto primordiale di una volta, checché ne dica Shagrath che invece proprio all’Orion dichiara di ritrovarlo nell’ottima, ma comunque estemporanea Puritania.
A parte tutto, anche in questa seconda parte, i Dimmu Borgir offrono una ottima prova, riuscendo anche a piazzare ben tre brani dall’ultimo Abrahadabra, tra i quali spiccano le anthemiche Ritualist e Dimmu Borgir, praticamente obbligatorie da intonare in coro sotto la direzione del frontman.
L’intimità data dalle ristrette dimensioni del palco e dalla vicinanza del pubblico ha reso magica e d’altri tempi l’atmosfera di questa serata, e chissà che non c’entrino le tre rune che facevano da scenografia, in pieno stile Abrahadabra. Fatto sta che i Dimmu Borgir hanno fatto le cose davvero per bene, presentandosi alla città eterna con ben due ore corpose di show e, a giudicare dalla risposta del pubblico dell’Orion, scommettiamo che non ci metteranno così tanto tempo a tornare la prossima volta!
Setlist
Mourning Palace
Spellbound (by The Devil)
In Death’s Embrace
Relinquishment of Spirit and Flesh
The Night Masquerade
Tormentor of Christian Soul
Entrance
Master of Disharmony
Prudence’s Fall
A Succubus in Rapture
Raabjørn Speiler Draugheimens Skodde
Vredesbyrd
Kings of the Carnival Creation
Dimmu Borgir
Ritualist
Gateways
Puritania
The Serpentine Offering
Progenies of the Great Apocalypse
Perfection or Vanity