Live Report: Freedom Call + Dragonhammer + Infinita Symphonia a Calenzano (FI)

Di Luca Montini - 1 Maggio 2014 - 10:00
Live Report: Freedom Call + Dragonhammer + Infinita Symphonia a Calenzano (FI)

“Nel mezzo del cammin di nostra vita,
in terra fiorentina dovrai recarti
non temer lo treno o l’aspra salita:
ivi ti aspetta l’happy metal party!”

 

Giungo in quel di Firenze con le parole del Sommo Poeta ancora fortemente impresse nella mia mente, e giunto lì mi ravvedo di fare l’ormai tradizionale visita alle meraviglie della capitale del Granducato di Toscana. Purtroppo non trovo Dante a casa, che a quanto pare se ne sta beato a Ravenna, in terra non molto lontana da dove sto io. Purtroppo però non trovo neppure Chris Bay tra Santa Croce, Ponte Vecchio, Palazzo della Signoria e la cattedrale di Santa Maria del Fiore; mi giunge infatti voce che il concerto si farà a Calenzano, in un comune poco distante dalle mura della città di Lorenzo il Magnifico, Niccolò Machiavelli e Margherita Hack.
Prendo quella che per i romani era l’antica via Cassia, in direzione nord-ovest. Curiosamente qui diverse frazioni e comuni prendono il nome dalla distanza in miglia romane dall’antica Florentia: Terzolle (e Le Tre Pietre), Quarto, Quinto, Sesto Fiorentino e Settimello. Vengo poi accolto dal Comellini redazionale per una piacevole cena toscana. Poco distante dal luogo del convivio quasi dantesco, tra Prato ed il già citato Sesto, si trova il comune di Calenzano. Qui ha sede il Cycle Club, sede designata dell’happy metal party!

 

Arrivo qualche istante dopo l’incipit dello show degli Infinita Symphonia. Il talento dei ragazzi romani, giovanissimi, è notevole. Avevo già avuto modo di apprezzarli in sede di recensione per l’ultimo lavoro, nonché secondo disco della band: “Infinita Symphonia”. Sul palco si fa notare in prima battuta il grande talento del batterista Ivan Daniele, vera macchina da guerra al servizio del power metal nostrano. La voce di Luca Micioni è quella, dal timbro dickinsoniano, che si ascolta con grande piacere da studio. Anche Gianmarco Ricasoli (chitarra) e Alberto De Felice (basso) danno prova di personalità e notevoli doti tecniche: questa band ha davvero potenzialità! Peccato che, come spesso accade, il pubblico sia ancora poco e freddo, giunto sul posto principalmente per i tedeschi Freedom Call. Senza contare che le due band di apertura, romane, si sono esibite già al Crossroads di Roma il giorno precedente.
I nostri riescono comunque a migliorare la situazione anche con qualche battuta ed un carisma tutto laziale. Certo che alcuni accorgimenti come gli occhiali da sole del buon Luca, per quanto facciano stile, non aiutano il contatto visivo col pubblico… basti pensare alla lezione di Steve Harris che col suo sguardo furioso ed il basso puntato verso il pubblico quasi ingravida le signorine in prima fila.
La proposta musicale in scaletta spazia tra brani del debut e dell’ultimo album, dal dittico “If I Could Go Back” / “The Last Breath” alla “Fly” che sul disco vanta il feat. di Michael Kiske, così come nella “Here There’s No Why” in studio dell’album precedente, anche questa eseguita al Cycle, era presente anche la voce di Fabio Lione. Speriamo che nel prossimo futuro la band riesca a farsi largo e guadagnare tutto il pubblico che merita.
 

 

Altra band proveniente dalla Capitale, i Dragonhammer hanno accompagnato i Freedom Call in giro per l’Europa promuovendo così la loro musica oltre confine. La data di Firenze è l’ultima di questo felice (happy per forza!) sodalizo, ed il gruppo cerca di concludere con stile il tour in quel di Calenzano.
Il risultato è decisamente coinvolgente: nonostante i quasi dieci anni di silenzio prima della release dell’ultimo “The X Experiment” (2013) ed i cambi in line-up, la band sul palco si dimostra molto professionale, matura ed affiatata, con tutta la grinta e la rabbia di chi mette tutto l’impegno e profonde da anni tutta l’energia nella propria passione. Il genere proposto è pura epicità, con semplici riff dall’impatto immediato, doppia cassa quadrata alternata a momenti più melodici, il tutto supportato dalle tastiere. Il frontman Max Aguzzi riesce nell’intento di coinvolgere un pubblico già più caldo e malleabile (nonché preparato sui pezzi), fino al botta e risposta tra palco e platea durante la titletrack “The X Experiment”.
Molto efficace dal vivo anche “Seek in the Ice”, con i suoi cambi di tempo, dal riffing serrato che ti costringe all’headbanging fino al ritornello epico e cadenzato. Momento di picco, ovviamente il “Domina, araldo!” cantato in italiano che precede la chiusura. Non sono mancati anche momenti di pogo nelle prime file. Nonostante la setlist sia principalmente attinta dall’ultimo disco, c’è spazio anche per qualche brano dal passato “Time For Explanation” (2004): “You Must Die” e “Fear of a Child”, e dal debut “The Blood of the Dragon” (2001) il brano che porta il nome della band: “Dragonhammer”.
La band lascia un pubblico ormai carico con “The Last Solution”, brano che, se non altro per il titolo, merita di concludere l’esibizione.
Grande rispetto per le band italiane di apertura, a dimostrazione che non è necessario fuggire all’estero per ascoltare del power metal di qualità!

Setlist
01. Intro
02. The End of the World
03. Seek in the Ice
04. You Must Die
05. Believe
06. Fear of a Child
07. The X Experiment
08. Dragonhammer
09. The Last Solution

 

Senza indugi e con grande umiltà la band si presenta al pubblico e provvede autonomamente a predisporre il palco ed effettuare un interminabile sound check: il signor Chris Bay si dimostra particolarmente puntiglioso durante questa fase. Molto curioso vederlo all’opera con guanti antinfortunistici ed in maniera tanto maniacale… essì, son proprio tedeschi!
Anche il pubblico nel frattempo è ancora aumentato e riempie una buona metà del locale… temevo peggio.
La band esce dal palco ultimate le operazioni, si innalzano nell’aere le note di un medley ed ecco l’inizio dello show. Ciak 2: la band si riprende il palco con il singolo “Union of the Strong”, primo estratto dall’ultimo album. Il pubblico reagisce alla grande per supportare i propri beniamini, e da qui in avanti dimostrerà una notevole conoscenza anche dei brani dell’ultimo album “Beyond”, ennesimo segno della sua effettiva ottima riuscita. Le due chitarre, targate Bay e Rettkowitz, sovente si lanciano in incursioni fin sopra il pubblico delle prime file, mentre il figliol prodigo Ilker Ersin al basso, col suo capello liscio-Pantene e vestito tutto punto stile Joey DeMaio, accompagna dalle retrovie. Ma l’idolo del pubblico è il nuovo entrato Ramy Ali alla batteria, col suo lunghissimo pizzetto rosso Ferrari, che malcela una certa ricrescita non ancora dipinta.
L’esecuzione è impeccabile, penalizza forse la presenza di due sole casse poste ai lati del palco all’altezza delle prime file del pubblico (e nessuna dietro/sopra il palco), rendendo de facto molto difficile l’ascolto delle frequenze più alte proprio laddove il pubblico è più caldo e frenetico, ivi compresa la voce. Poco più indietro, considerata anche la buona acustica del Cycle, il problema diviene irrilevante.
La scaletta con grande tranquillità attinge a vecchi e nuovi lavori e l’happy-cità della serata permane costante per tutta la durata dello show; tra interventi simpatici del buon Chris, qualche parola in italiano, qualche battuta sul caldo percepito sul palco (come in Finlandia… una sauna!), sul sudore nettamente percepibile quando si sollevano le mani al cielo o sul fatto che Chris arriva sempre troppo presto sul tempo, chiaramente solo durante solo di “Farewell” e non in qualcos’altro… if you know what I mean.
Purtroppo i suoni di tastiera, ove previsti, sono campionati – eccezion fatta per la complessa e meravigliosa titletrack “Beyond”, in cui Chris Bay si siede alla tastiera tra un ritornello e l’altro intonando la strofa accompagnata dal piano.
Niente intermezzi reggae o ska per questo tour (peccato, mi sarebbe piaciuto almeno per un pezzo), e dopo “Freedom Call” viene il momento di levare le tende. Il pubblico chiama di nuovo i propri beniamini sul palco sulle note di “Warriors”, un po’ come accade con la “Valhalla” dei Blind Guardian. Qualcuno però grida “Paladin”, mostrandosi più previdente (obeh, o forse aveva letto la scaletta… maledetto cheater!): il pezzo è notevole anche da studio ed è particolarmente apprezzato dal pubblico… per fortuna arriva anche la tanto invocata “Warriors” da “Eternity” (2002), mentre l’esibizione termina con “Land of Light”, pezzo di chiusura del penultimo disco…
… con grande onestà, in conclusione, la band non dimentica di ringraziare il locale e l’organizzazione, con un plauso particolare anche ai propri colleghi che li hanno accompagnati durante le due serate italiane, accommiatandosi anche con grande rispetto dai fratelli Dragonhammer con i quali la band ha condiviso questa parte europea del tour.

La luce dell’happy metal era alfine discesa su di noi… e quindi uscimmo a riveder le stelle!

Setlist
01. Union of the Strong
02. We are One
03. Age of he Phoenix
04. Hero Nation
05. Tears of Taragon
06. Farewell
07. Beyond
08. The Quest
09. Warriors of Light
10. Heart of a Warrior
11. Power & Glory
12. Come on Home
13. Tears of Babylon
14. Freedom Call

Encore

15. Paladin
16. Warriors
17- Land of Light

Live report a cura di Luca “Montsteen” Montini