Live Report: Judas Priest @ Assago Summer Arena (MI) 23/06/2015
Judas Priest + Five Fingers Death Punch
23/06/2015 @Assago Summer Arena (MI)
Dopo tre anni di assenza, i Judas Priest tornano in Italia per dimostrare ai loro fan che, oltre a essere uno dei gruppi che ha fatto la storia dell’heavy metal, sono ancora una solida certezza. Ad accompagnare i nostri Defenders of the faith in questa serata di puro e sano metallo, ci sono gli americani Five Fingers Death Punch, fautori di un sound decisamente più moderno, e a volte ostico per orecchie che rifiutano di prestare attenzione a qualcosa di diverso. Location scelta per l’occasione è l’Assago Summer Arena di Milano, che visti i circa 3000 spettatori, lascia spazio vitale più che sufficiente per tutti.
La partenza del combo americano è decisamente aggressiva con “Under and Over It”, riff taglienti e drumming forsennato, oltre all’esecuzione vocale sporca e graffiante proposta da Ivan Moody, fanno la gioia dei fan più giovani travolti dal groove della band, lasciando tiepida la restante fascia di pubblico. Ma non per questo i 5FDP si danno per vinti, anzi aumentano i giri del motore e tra gag divertenti, incitazioni al pubblico e chitarre con luci a led verdi, conquistano consensi a ogni brano. Su “Burn MF”, Moody fa salire sul palco un ragazzino e lo incita a cantare con lui e chiedendo a fine brano un applauso per quello che è visto come la nuova generazione di metallari. A questo punto la missione dei nostri è riuscita a pieno e il coinvolgimento del pubblico è massimo, tra salti, corna al cielo e headbanging devastante, questi cinque ragazzi americani lasciano decisamente il segno. A chiudere la loro porzione di show un’emozionante “The Bleeding”,che ha visto Moody cantare sceso dal palco, condividendo abbracci, strette di mano e qualche selfie con i presenti in prima fila, come si fa con amici di lunga data. Tenacia, grinta e personalità sono le armi vincenti e convincenti di questa band, e che merita tutti gli applausi che il pubblico ha voluto tributargli.
Tracklist
01. Under and Over It
02. Hard to See
03. Lift Me Up
04. Bad Company (Bad Company cover)
05. Burn MF
06. Coming Down
07. Never Enough
08. Here to Die
Encore:
09. The Bleeding
10. The House of the Rising Sun
Non c’è tempo da perdere, sul palco si lavora freneticamente, dietro a un telo nero sul quale compare la scritta Judas Priest, per approntare il palco, e non appena le note di “War Pigs” dei Black Sabbath fendono l’aria, al pubblico non resta che aspettare pochi minuti prima che il telo cada e riveli la presenza degli alfieri del metal made in England. La partenza è affidata a “Dragonaut”, brano di apertura dell’ultimo lavoro Redeemers Of Soul, che permette a un Rob Halford, ricoperto di borchie e pelle da capo a piedi, di scaldare la voce, e di mostrare a tutti come sia in splendida forma sulla successiva “Metal Gods” e in “Victim of Changes”, dove gli acuti raggiungono livelli che alla sua età sembrerebbero impensabili, ma che al buon Rob vengono facili come bere il classico bicchiere d’acqua. Eccezionale anche la prestazione di Richie Faulkner, che oltre ad avere un fantastico tocco di chitarra, si agita sul palco come un ossesso incitando i presenti in tutti i modi, rispetto ai più compassati Ian Hill e Glenn Tipton, che pensano a eseguire i loro compiti con precisione. A questo punto, la scaletta vede alternarsi brani nuovi come “Halls of Valhalla”, a quelli più famosi come “Love Bites”, primo dei due brani estratti da Defenders of the faith, di cui da poco è ricorso il trentennale. Nota di merito alla scenografia costituita prevalentemente da mega schermi sui quali, a seconda del brano suonato vengono proiettate o le copertine dei dischi, o scene riguardanti i testi delle canzoni, come ad esempio disegni ispirati ai vichinghi o scene tratte dal Nosferatu di Murnau, per quanto riguarda i brani precedenti. Su “Beyond the Realm of Death”, l’estasi dei presenti è totale, ma è solo un assaggio di quello che Halford e compagni hanno in serbo per chiudere la prima parte di spettacolo, “Jawbreaker”, “Breaking the Law” e infine “Hell Bent for Leather”, cantata con tanto di moto sul palco, puntano dritto al cuore dei presenti che non possono fare a meno di cantare a squarciagola. Dopo una breve pausa, le note di “The Helion” cui fa seguito “Eletric Eye”, riporta i Judas sul palco, e la cosa più incredibile è che Halford sembra essere fresco come una rosa, fantastico!
Qualche vocalizzo con il pubblico, giusto per tenersi in caldo, e via con “You’ve Got Another Thing Comin’”, che oltre a mettere in mostra ancora una volta un superlativo Rob Halford, mette in luce la tecnica e la bravura di Faulkner alle 6-corde, che per alcuni versi ricorda Randy Rhoads, oltre a confermarsi elemento fondamentale per la band. Tocca a Scott Trevis, infine, chiedere al pubblico che canzone vorrebbero sentire e la risposta è unanime: tutte le energie rimaste sono riversate su “Painkiller”, Halford non ha incertezze e sforna acuti da far sanguinare le orecchie dei presenti, inossidabile. Con “Living After Midnight” i Judas salutano e ringraziano il loro pubblico, che soddisfatto ricambia con cori e applausi, un pubblico consapevole che i Judas Priest sono una solida realtà, e sono qui per restare.
Tracklist
01. Dragonaut
02. Metal Gods
03. Devil’s Child
04. Victim of Changes
05. Halls of Valhalla
06. Love Bites
07. March of the Damned
08. Turbo Lover
09. Redeemer of Souls
10. Beyond the Realms of Death
11. Jawbreaker
12. Breaking the Law
13. Hell Bent for Leather
Encore:
14. The Hellion
15. Electric Eye
16. You’ve Got Another Thing Comin’
17. Painkiller
18. Living After Midnight