Live Report: Metaldays 2014 a Tolmin (Slo) – Part I

Di Daniele Peluso - 28 Agosto 2014 - 0:20
Live Report: Metaldays 2014 a Tolmin (Slo) – Part I

METALDAYS FESTIVAL 2014
TOLMIN (SLO)
20-26 LUGLIO 2014

PARTE I – 20 LUGLIO

Live Report a cura di:
Antonio Saracino, Daniele Balestrieri, Francesco Gabaglio, Nicola Furlan

Photo Report a cura di:
Daniele Peluso

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PROLOGO
a cura di Daniele ‘Fenrir’ Balestrieri

Il rito dei festival estivi europei ha ormai ingranato a pieni giri e nonostante crisi, allarmi terroristici, catastrofi naturali e decisioni di management più o meno oculate, registra un’affluenza e un entusiasmo sempre maggiore da Portogallo a Polonia, da Grecia a Islanda.
E come un orologio svizzero, anche quest’anno la vallata di Tolmin ha avuto il piacere di ospitare una autentica invasione di metalhead, scesi da ogni dove per triplicare la modesta popolazione locale di 3.500 abitanti e mettere sotto assedio i numerosi bar, supermercati e spazi coperti opportunamente “metallizzati” dagli ormai ben preparati tolminiani.
Come accade anche a Wacken infatti, anche l’area di Sotocje si converte da “comune John Wayne” a super-resort metal dove ogni bar diffonde Slayer e Carcass a ogni minuto della giornata, ogni ristorante diventa “metal fucking grill” e ogni supermercato sostituisce mele, pere e pagnotte integrali con pellet di birra locale a perdita d’occhio, dominati da Lasko e Union.
Ormai il rituale è conclamato e il tutto si svolge senza il minimo stupore da parte dei locali – con gran soddisfazione di ristoratori ed esercenti.
Dopo l’ondata di criminalità e di stupri di due anni fa, l’organizzazione ha cambiato volto e ha confermato la sua più che adeguata professionalità, con controlli (più o meno) fitti, delimitazione h24 di tutte le zone del festival e accoglienza degli astanti più che soddisfacente.


[La vista della Valle di Tolmino]

Per chi ancora non avesse ben chiara l’ubicazione del festival, l’area del campeggio si snoda lungo la valle compresa tra i due fiumi Tolminka e Soca, quest’ultimo direttamente accessibile e gestito in un suo tratto dall’organizzazione del festival.
Le due spiagge ciottolose a uso e consumo degli astanti, soprannominate comunemente “spiaggia principale” e “spiaggia del cimitero”, sono in genere un vero toccasana per i pomeriggi infuocati della valle, che l’anno scorso toccarono i 40 gradi: l’acqua del Soca non è più calda di 12 gradi ed è ottima per rinvigorire corpo e spirito (e raffreddare le birre) prima del tour de force serale di musica, cibo fritto e rifritto e birra generalmente a buon mercato.
L’accesso al fiume è garantito da diversi portali costantemente sotto controllo e animato da musica, rappresentazioni e attività collaterali di rafting, canoeing e paddling.
La stessa area del campeggio è protetta da passaggi controllati, sia in zona riservata agli artisti/stampa e sia in zona comune.


[La spiaggetta vicino al letto del fiume Isonzo]

Tutte le aree sono punteggiate da bagni chimici (le cosiddette “torrette”) che anche quest’anno sono state ben controllate e svuotate dall’organizzazione, anche se qualche chiavistello in più sarebbe stato gradito.
Il clima quest’anno è stato generoso in fatto di fresco, anche se le nubi sono risultate fin troppo gravide di pioggia: non è passato giorno senza che piovesse di pomeriggio, e il cielo si è mantenuto cupo, l’aria satura di umidità e la temperatura decisamente gradevole, specie se comparata con quella dell’anno passato.
Nessun grande allagamento nonostante la pioggia a tratti insistente e il fango ha creato relativamente poche difficoltà, risultando quasi sempre altamente viscoso e turgido al tocco.
Gli stage ancora una volta sono due: quello principale e il famigerato “second stage” relegato in una piccola radura e separato dal main stage da una fila di negozi e bancarelle che le vecchie volpi del Metalcamp/Metaldays avranno certamente riconosciuto dagli anni passati.
Il sound è chiaramente il punto focale del festival e quest’anno entrambi gli stage si sono più o meno difesi, anche se non è stato facile: personalmente ho trovato il secondo stage a tratti eccellente, mentre il primo stage mancava di bilanciamento e soprattutto di volume, difetto che si è palesato all’arrivo dei Megadeth, quando finalmente qualcuno ha girato per bene la manopola e il suono è diventato potente, avvolgente e degno di feroci headbanging.


[Il Main Stage del Metaldays]

L’anno scorso l’organizzazione fu ferocemente criticata per la mancanza di rubinetti di acqua potabile a uso e consumo del pubblico e di scarsa varietà per quanto riguarda cibo e vettovaglie. Le lamentele sono state parzialmente ascoltate e acqua potabile era facilmente raggiungibile sia in zona campeggio e sia in area concerti, mentre un intero dipartimento del “Mercator”, la prima catena di supermercati sloveni, è stato allestito all’interno dell’area campeggi, con assortimenti specifici per il Metaldays: griglie monouso, fazzoletti, poncho, cibi di ogni tipo e soprattutto un mare di birra e superalcolici.
Non si sono registrati incidenti degni di nota e il popolo metallico ancora una volta si è dimostrato rispettoso sia dell’ambiente (poca spazzatura in giro) e sia del prossimo.
Il sistema di pagamento ha visto ancora una volta l’avvento della carta prepagata, celebrata novità introdotta l’anno scorso che sicuramente tornerà anche in futuro. I bicchieri, come in altri festival europei, avevano il valore di 1€, il quale veniva ri-accreditato sulla carta prepagata previa restituzione del vuoto nei diversi punti di raccolta dispersi per il metal market.
La gestione della spazzatura ricicla il modello di wacken e vede la consegna di due sacchi neri previo deposito di 10€, sempre restituito una volta consegnati i sacchi pieni al termine del concerto.
Qualche intoppo, come il rifiuto della riconsegna della valuta rimanente nelle carte prepagate l’ultima sera del festival per via di “mancanza di contante” (fastidiosamente ritardata al giorno successivo) oppure l’improvviso abbandono di una band nel mezzo di un concerto, non ha comunque impedito al festival di riaffermarsi ancora una volta come uno dei più affascinanti, sia a livello di location e sia di line-up, dell’intero panorama musicale europeo.

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1° GIORNATA – 21 LUGLIO 2014

MAIN STAGE

Magica e distesa la prestazione dei francesci Alcest, band autrice di una sorta di etereo metal-shoegaze e che, per l’occasione, propone una scaletta per metà improntata sugli splendidi brani dell’ultimo loro disco uscito quest’anno, “Shelter” (Wings, Delivrance ed Opale eseguiti magicamente). La loro musica così evocativa e raffinata si sposa magnificamente al tramonto dai colori accesi dalla pioggia appena caduta. Una visione di tiepidi colori si integra perfettamente all’arte concepita da Neige e compagni. Uno spettacolo straordinario. Un’esibizione indimenticabile.


[Neige, frontman dei francesi Alcest]

Palpabile l’attesa per l’arrivo on-stage di una delle band più significative dell’intero panorama metal mondiale: gli Opeth. Ci si aspettava una scaletta con massiccia presenza di brani del passato dato che il nuovo atteso full-length, “Pale Communion”, uscirà nei negozi a partire da fine agosto di quest’anno. Nessuna anticipazione live infatti. Il gruppo pesca un po’ dappertutto e, in successione, suona The Devil’s Orchard, Heir Apparent, White Cluster, Demon of the Fall, Hope Leaves, Atonement, Deliverance, The Lines in My Hand per chiudere in grandissima con l’immancabile classico Blackwater Park. Nel mezzo, come da copione, i soliti simpatici ed ironici siparietti con il pubblico. Particolarmente apprezzato quello su Dave Mustaine che, causa un ‘tentato saluto’ nei camerini di un concerto di mesi prima, ha tirato due bei cazzotti in pancia al buon Mikael Åkerfeldt. Per il resto: prestazione magistrale. Gli Opeth si candidano ad una delle band più grandiose di questo Metaldays 2014.


[Martin Mendez, Opeth]

Cosa piuttosto strana per un MetalDays, i Grave suonano al main stage. Considerati uno dei quattro cavalieri del death svedese anni 90, i Grave sono riconoscibilissimi dal suono tagliente delle chitarre. Le canzoni però si somigliano tutte un po’ troppo e nonostante la velocità e i suoni decenti risultano un po’ monotone.  Tra il repertorio suonato spiccano soprattutto le vecchie glorie Into the Grave, In Love e A Morbid Way to Die.

Children of Bodom: finalmente all’ora perfetta per i veri headliner della serata, tra qualche scroscio di pioggia e momenti di secco irrompono Laiho e soci di fronte al primo vero pienone del festival – braccia in alto fino ai bordi scoscesi dell’arena e tanta voglia di headbangare dopo la pioggia del pomeriggio. E l’headbanging inizia senza troppe intro ricamate con la thrashosa Needled 24/7 – l’atmosfera si riscalda velocemente con una fenomenale doppietta di Bodom Beach Terror e poco dopo la sorella Hate Crew Deathroll. Alexi Laiho è come al solito, tronfio del suo usuale distacco emozionale, in forma perfetta e trascina il pubblico in un concerto tra i più belli e certamente più riusciti dell’intero festival. Unico fastidio è stata la disparità di qualità del suono tra diversi punti dell’arena – verso i lati l’acustica era pressochè perfetta, mentre verso il centro gli alti della batteria (piatti, crash…) tendevano a prendere il sopravvento… e man mano che si procedeva verso il palco, il volume diminuiva vistosamente, segno che le casse erano purtroppo sparate troppo verso i lati.
Ciononostante, il concerto è proseguito con l’atomica title track di “Are you dead yet?”, capace di attivare i più giovani non proprio avvezzi alle tracce dei primi tempi, seguita da una Hate Me! e una doppietta “Bodom After Midnight” e la conclusiva “In Your Face” che veramente ha spiattellato “in your face” tutta l’affilata brutalità del combo finlandese. Come al solito Laiho ha voluto la perfezione e la perfezione ha raggiunto: nulla da obiettare, long live i figli di Bodom!


[Alexi Laiho dei Children of Bodom]

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SECOND STAGE

Il second stage del Metaldays si annuncia, come già accaduto la scorsa edizione, un vero forziere di gioielli, sia riaguardo le band che ci suonano, sia riguardo il brillante parco suoni che l’impianto concede. Il solito buio che lo abbraccio è, infine, la cornice ideale per gustare una sana dose di musica estrema. Come accaduto per i maltesi Beheaded. Il quintetto è stato autore di una prova meritevole di Lode. Il frontman Frank Calleja è un vero animale da palco con un’abilità innata nel confronto con il pubblico, sempre tenuto al limite del furibondo e capace di stage diving costanti e ingestibili. Monumentale l’esibizione su ‘Elapsed in the Vortex of Extinction’ e su ‘Suffer in Silence’. Gran bella figura davvero!

“Jeg elsker dette landet og skal synge om mann og natur” – esordisce così V’gandr rigorosamente in cotta di maglia come vuole la tradizione pre-post Yrsinia Pestis mentre sullo sfondo si illuminano scene primordiali di lupi che fuggono e intagli vichinghi presi dall’ultimo album: runa degli Helheim sempre ben in vista. Batteria potente e suoni – come classico del second stage – davvero ottimi e avvolgenti. Come tipico delle band di mezzo, il pubblico nelle prime file segue con attenzione e trasporto mentre le file alle spalle seguono con distacco e salutaria partecipazione. Security sempre in modalità riposo, stante la mancanza di stagediving e di astanti particolarmente scalmanati. La serata si presenta nuvolosa ma asciutta, perfetto teatro per la “doomosa” Maðr e la sempiterna Nattravnens Tokt. La serata continua senza particolari scossoni: senza cercare orpelli come flauti, violini o arpe, la band rimane fedele al proprio sound black metal, non senza brevi discostamenti più allegri e folk. Per concludere in bellezza, la band celebra il decimo anniversario della morte di Quorthon indossando tuniche di lana pesante e suonando la marziale Home of Once Brave, probabilmente uno dei momenti più indimenticabil dell’intero festival per i pagan metaller imperituri, il tutto condito con una gigantografia di Hammerheart alle spalle del batterista.


[Gli Helheim omaggiano la memoria di Bathory]

Grande attesa per gli Aborted, anche qui il second stage scoppia di gente riversatici per vedere la band belga.  Gli Aborted propongono un riuscitissimo  e tecnicissimo mix tra death metal e grind, che si manifesta soprattutto nelle vocals. Chitarre e batteria precisissimi lasciano veramente un’ottima impressione di una band che sembra in piena forma. Rallentamenti a la Immolation e Morbid Angel lasciano improvvisamente spazio ad accelerazioni grindcore, marchio di fabbrica della band. Tutto generosamente condito con tecnicismi e assoli velocissimi.

Band quantomeno peculiare questa Turning Golem, con cantante/chitarrista dai capelli fino alle ginocchia e un sound eclettico. La band si presenta non solo con il proprio funereo repertorio di canzoni, ma anche con una serie di attori e performer che inscenano numerosi intermezzi recitati con uno stile a cavallo tra l’horror e il thriller/goth. Uomini in maschera, donne legate con nastro isolante e scene di sottomissione a un passo dal bdsm proiettano questa superband norvegese decisamente teatrale tra nomi di tutto rispetto. Particolarmente intrigante “Lost Among Liars” che ha rubato la scena con la sua estrema solennità, mentre il resto della band suona voltata di spalle. Non mancano anche stacchi divertenti come un accenno di “Countdown to Extinction”, quasi a voler invitare i Megadeth a suonare, o una donna che recita una poesia raccontata anche durante il festival cinematografico di Sandnes in Norvegia. Il cantante, in conclusione del concerto, ha inoltre specificato che questa sarebbe stata l’ultima volta che suonava con un seguito simile di attori.

Tocca ora ai newyorchesi Immolation, quest’anno forti di un concept album di sfumatura distopica. A farla da padroni sono ovviamente il chitarrista Rob Vigna e il cantante Ross Dolan che con quel suo growl inconfondibile esprimono al massimo la cattiveria (non c’è altra parola per descriverli) delle proprie canzoni. La voce disumana di Dolan imprime il suo sengo a canzoni come Swarm of Terror, Into Everlasting Fire, le nuova Indoctrinate, God Complex e A Specatcle of Lies. La violenza sonora della band è innegabile, come dimostra un second stage gremito di gente. Anche stavolta come per i Suffocation, le descrizioni-intro del cantante sono molto apprezzate da tutti.

…a domani per la seconda parte del report!!!