Death

Live Report: Obituary / Exmortus / Krysthla @Alcatraz, Milano 20/03/2018

Di Vittorio Cafiero - 26 Marzo 2018 - 1:01
Live Report: Obituary / Exmortus / Krysthla @Alcatraz, Milano 20/03/2018

L’anticipato equinozio di primavera si festeggia a suon di death metal a Milano quest’anno. I veterani Obituary in tour in Europa salgono sul palco dell’Alcatraz, accompagnati dagli americani Exmortus e dagli esordienti Krysthla dal Regno Unito.

Krysthla

Il gruppo di Northampton (che onestamente non avevamo davvero mai sentito nominare prima di questa occasione) sale sul palco poco dopo le sette, quando l’Alcatraz è ancora semivuoto. La proposta del quintetto britannico è basata su un death-thrash metal moderno e carico di groove. Quadrati e pesanti quanto basta, gli Inglesi ci credono davvero, pur rimanendo all’interno di un perimetro musicale abbastanza standard. Pochi elementi distintivi che possano quindi metterli in risalto rispetto ad altre mille band, i Krysthla sono un’onestissima band che deve ancora crescere e trovare una sua dimensione personale specialmente a livello di songwriting, invero abbastanza ripetitivo. La risposta dei presenti è comunque buona e ospitale. La partecipazione si fa più evidente nella conclusiva “Luminosity”, grazie ad un costante breakdown che, come si sa, dal vivo fa sempre il suo effetto. Rimandati ad un’altra occasione.

Setlist Krythla:

The Minor Mystery Of Death

Depths

Yawm Al Qiyamah

An Ancient Hope

Make Disciples Of The Nations

Luminosity

 

Exmortus

Carichi e di ottimo umore, i californiani Exmortus aggrediscono il palco dell’Alcatraz con entusiasmo ed energia, sfornando una prestazione davvero degna di nota. La presenza scenica è perfetta: aggrappati ai loro strumenti strumenti, sparano il loro death-thrash metal a tinte melodiche (tranne che nel cantato) su un pubblico attento e particolarmente colpito. Diventa subito chiara la certezza di trovarsi davanti a dei musicisti di caratura superiore; specialmente le chitarre di Jadran Gonzalez e Chase Becker vengono sfruttate alla grande e il drumming di Carlos Cruz è perfetto e ricco di personalità. Non per niente si tratta di strumentisti che negli ultimi anni hanno bazzicato il meglio del “nuovo” thrash più significativo a livello globale (Warbringer, Mantic Ritual, Hexen, etc) e l’esperienza è evidente. Immaginate dei Sodom virtuosi dei loro strumenti oppure dei Vektor meno allucinati e improvvisamente illuminati da Yngwie Malmsteen e avrete un’idea della proposta made in Exmortus. La fase solista è praticamente neoclassica e forse un po’ demodé, ma da veder suonare è uno spettacolo nello spettacolo. Le due asce si dividono perfettamente gli infuocati assoli, per canzoni ricchissime di variazioni sul tema e dotate di un rifferama impressionante e “multistrato”. Il cantato è energico, anche se un minimo di variazione aiuterebbe. Jadran Gonzalez si impegna ad intrattenere il pubblico in un simpatico Italiano da esordiente e questo attira non poco le simpatie di un’audience sicuramente soddisfatta. Sul termine dello show, spazio all’intrattenimento puro con i due chitarristi che, chiusi in un originale abbraccio, si scambiano e suonano ognuno la chitarra del’altro dietro la schiena. Assolutamente promossi!

Setlist Exmortus:

Rising

Immortality Made Flesh

Foe Hammer

For the Horde

Death to Tyrants

Make Haste

Moonlight Sonata (Act 3)

Metal is King

 

Obituary

Poco tempo dopo i Pestilence e i Cannibal Corpse, ecco il ritorno dalle nostre parti di chi il death metal ha contribuito a crearlo. E anche gli Obituary dimostrano che quando qualcosa l’hai non solo vissuta dall’inizio, ma ne sei stato elemento fondatore, non hai bisogno di finzioni o atteggiamenti per continuare a rappresentarla. Maglietta e bermuda, pochissime parole e un DNA che più death metal che non si può. “Redneck Stomp” è il pezzo ideale per aprire le danze e per rappresentare alla perfezione l’approccio al genere della band: uno strumentale basilare, essenziale, pochi power chord in sequenza e una ritmica elementare, ma un groove enorme che carica chi suona e chi assiste. Ed ecco che eslpode “Sentence Day” dall’ultimo omonimo album della band floridiana. Un album tanto valido quanto passato in secondo piano, farcito di pezzi che “tengono” rispetto ai grandi del passato e che merita di essere suonato ed ascoltato. “Chopped In Half” è accolta dal tripudio e si conferma come uno dei classici targati Obituary: una canzone il cui testo consiste in una sola strofa…ma che strofa, pura sofferenza e l’interpretazione di John Tardy è mastodontica. John Tardy, appunto: appesantito, caracollante, ma dannatamente efficace con il suo growl “storico”, uno dei migliori di sempre ancora oggi. E si continua, tra pezzi vecchi (tra cui molti estratti dall’indimenticabile “Cause Of Death”, davvero saccheggiato anche ai danni del trascurato “The End Complete”) e nuovi, che ben si sono inseriti nella setlist. La band è in palla: Trevor Peres è l’apoteosi del chitarrista ritmico death metal; nessun trucco, solo pochi e lenti accordi ribassati dalla sua Stratocaster così atipica nel contesto, eppure così efficace. Donald Tardy, invece, sembra un “redneck” appena sceso dal camion per rifocillarsi nel primo grill in qualche posto sperduto nel sud degli Stati Uniti…stile essenziale anche il suo (uno dei batteristi meno tecnici del “circuito”) eppure rappresenta anche lui lo stile della band al 100%, tanto che sarebbe impensabile pensare a qualcun altro dietro i tamburi degli Obituary. E anche i due nuovi arrivati portano tanto: Terry Butler, grazie al suo curriculum (Death, Massacre, Six Feet Under) innalza le già alte quotazioni da leggenda della band e Kenny Andrews è certamente l’uomo giusto arrivato al momento opportuno per ravvivare il tiro della band dopo qualche anno e qualche album appannati. Il pubblico (variegato per età e sesso) apprezza al massimo e partecipa, in un mosh pit praticamente costante, sostenuto ma sempre corretto e cordiale. Tanti gli episodi di crowd-surfing che la sicurezza deve tenere a bada. La scaletta va avanti veloce, si capisce che si tratta di un classico show death metal conciso e con pochi orpelli e velocemene si arriva alla fine, considerate anche le brevi pause e le praticamente nulle parole tra un pezzo e l’altro. Fa ancora sfaceli “Don’t Care”, con il suo approccio quasi death-punk à la Napalm Death, mentre, per quanto riguarda il bis, fa specie che vengano inseriti ben due pezzi dall’ultimo, omonimo disco. Questo a dimostrazione della sua validità e del fatto che la band ci creda parecchio. Chiude, come di consueto, la storica “Slowly We Rot”, nell’esaltazione generale.

Gli Obituary sembravano un gruppo in fase calante…qualche incidente di percorso, una line-up traballante e qualche album non memorabile avevano allontanato i Nostri dai favori del grande pubblico. Ma possiamo tranquillamente affermare che il concerto dell’Alcatraz abbia dimostrato quanto l’act floridiano sia ancora vivo e vegeto e assolutamente pronto per ri-consolidare il proprio posto di rilievo nel gotha del death metal mondiale. Die hard!!

Setlist Obituary:

Redneck Stomp

Sentence Day

Visions In My Head

Chopped In Half

Turned Inside Out

Find The Arise

A Lesson In Vengeance

Brave

Dying

No

‘Til Death

Don’t Care

—Encore—

Turned To Stone

Straight To Hell

Slowly We Rot

 

Vittorio Cafiero