Vario

Live Report: Shock’ Metal Fest @ Camporosso (IM) – 16 e 17 Luglio 2022

Di Roberto Castellucci - 19 Agosto 2022 - 8:00
Live Report: Shock’ Metal Fest @ Camporosso (IM) – 16 e 17 Luglio 2022

SHOCK’ METAL FEST 2022

Talvolta nella vita ci affezioniamo a luoghi che possono venire definiti a tutti gli effetti ‘seconde case’. Al di là delle implicazioni tecnico/fiscali, in questa sede mi interessa principalmente il lato emotivo di questa definizione. La mia seconda casa, almeno fino ai 20 anni d’età, è stata la Liguria: in particolare San Bartolomeo al Mare, nella bella cornice del Golfo Dianese, in provincia di Imperia. Avevo la fortuna di poter contare sui miei nonni materni: da buoni piemontesi vi trascorrevano buona parte dell’anno, permettendomi così di passare in riva al mare periodi sensibilmente più lunghi rispetto alle canoniche 2 o 3 settimane di ferie estive. Ebbene, nonostante le numerose zingarate in Liguria nel corso della mia vita, solo in un’occasione, da bambino, ebbi modo di mettere piede a Ventimiglia: da ragazzo non avrei mai immaginato che le rive del Nervia mi avrebbero accolto come ‘reporter’ per TrueMetal.it…figuriamoci poi in occasione di un evento succulento come lo Shock’ Metal Fest! L’unica leggerissima differenza con le zingarate da scapolone del passato sta nella presenza di mia moglie e di mio figlio, che approfittano della situazione per venire a sorvegliarmi trascorrere un piacevole weekend al mare. Nelle ore mattutine sarò un ottimo padre e un marito modello in spiaggia; nel resto del giorno, invece, vestirò i panni del metallaro modello sotto al palco, con tanto di t-shirt piene di mostri e birra costantemente in mano.

16 LUGLIO

La prima giornata a Camporosso, apparentemente, inizia in sordina. La casa vacanze che ho affittato dista meno di una decina di minuti a piedi dal PalaBigauda, luogo rieletto dagli organizzatori per ospitare la seconda edizione dello Shock’ Metal Fest. Lungo la pista ciclabile che conduce all’area mi accorgo di essere, per lo meno in quel momento, l’unico ultraquarantenne in perenne crisi adolescenziale rigorosamente vestito di nero sotto il sole cocente. Vista l’occasione, d’altronde, sono obbligato a presentarmi in uniforme: devo risultare esteticamente convincente e spero in questo modo di nascondere la ventennale panza da birra, dal momento che ho intenzione di comparire in molte foto e il nero, in teoria, sfina. Mi presento all’entrata del PalaBigauda con una buona mezz’ora di anticipo rispetto all’apertura ufficiale dei cancelli, con l’intenzione di presentarmi il prima possibile ai tre organizzatori dello Shock’ Metal Fest.

Vengo subito accolto da Gigi, la cui prima, ottima pensata è quella di offrirmi una birretta…nemmeno il tempo di arrivare a metà bicchiere e mi trovo a girare liberamente per tutta l’area del festival in compagnia degli altri due Boss, Luca e Zac. Parto subito con la sviolinata, peraltro meritatissima: mai mi sarei aspettato di trovare persone così alla mano e disponibili alla guida di una kermesse di questo livello. Persone ben informate mi hanno anticipato che avrei incontrato un solido trio di amici, così affiatati da decidere di intraprendere questa iniziativa per sola passione…è proprio vero che basterebbero tre persone motivate, unite e determinate per cambiare il mondo. Insomma, se non si tratta proprio di cambiare tutto il mondo, per lo meno daranno uno scossone alle abitudini auricolari di che vive nella zona: il PalaBigauda si trova a ridosso del piccolo e grazioso comune di Camporosso…temo che i decibel prodotti dall’imponente impianto di amplificazione terranno alcune fragorose lezioni sulla storia del Metal a tutti i fortunati residenti.

Tris d’assi: da sinistra, Zac, Gigi e Luca

E’ necessario a questo punto spendere due parole per descrivere la bella struttura che ospita il festival: si tratta di un’ampia arena artificiale, interamente lastricata, che dopo più di vent’anni di concerti trascorsi con il fango fino alle ginocchia mi consentirà, anche in caso di pioggia, di godermi la festa con i piedi all’asciutto.

Questa meravigliosa arena viene, per così dire, anticipata da un’area in grado di ospitare tendostrutture, zone dedicate alla cucina e spettacoli che necessitano di uno spazio minore. In occasione dello Shock’ Metal Fest quest’area è stata attrezzata come una sorta di anticamera all’arena destinata ai concerti: grazie a quest’oculata scelta organizzativa chi lo desidera potrà acquistare il merch del festival, consumare cibi e bevande, persino ascoltare buona musica da un piccolo palco attrezzato a mo’ di pedana per DJ senza dover acquistare il biglietto, necessario invece per avvicinarsi al palco principale.

La presenza di quest’area ‘introduttiva’ ha permesso a mia moglie e mio figlio di venire a controllarmi salutarmi, con mia moglie che a quanto pare fatica a riconoscermi perché ‘voi metallari siete tutti uguali, vestiti di nero e con la panza’. E tanti saluti al nero che sfina…mio figlio invece non ha avuto problemi di questo genere: senza nemmeno degnarmi di uno sguardo si è fiondato a giocare a palla col cantante degli Shockin’ Head e si è particolarmente goduto la giocosa compagnia della vulcanica Syria (si scrive così…?). I responsabili della musica diffusa in questa zona erano infatti il batterista e il cantante della band in cui, tra l’altro, milita come chitarrista proprio Zac Vanders, uno dei tre Boss dello Shock’ Metal Fest.

Impegnativo torello con mia moglie, mio figlio e Daniele Sedda, voce degli Shockin’ Head
Grande Syria!

Insomma, la kermesse di Camporosso offre momenti di svago, assistenza e servizio di baby sitter anche a familiari e congiunti…che si può volere di più dalla vita? Che so, magari qualcuno potrebbe pensare di organizzare un matrimonio nella cornice dello Shock’ Metal Fest…e anche qui ci siamo quasi arrivati! Non sono certamente passati inosservati due ragazzi incravattati che si godevano una birra all’ombra del tendone: uno di loro si sarebbe sposato di lì a 20 minuti, e già me lo immagino tra 20 anni a raccontare con orgoglio che la sua ultima birra da scapolo se l’è scolata allo Shock’ Metal Fest!

A destra il condannato lo sposo

Il fatto che i miei familiari abbiano trovato spazio per divertirsi e rilassarsi è stato un valore aggiunto non da poco, ma d’altronde la sensazione di ‘stare in famiglia’ è tangibile. Una buona parte dello Staff è composta infatti dai familiari degli organizzatori, oltre che da amici di vecchia data come il buon Graziano, simpatico chiacchierone addetto alla spillatura della birra nonché tatuatissimo batterista. E’ stato un piacere ascoltare i suoi mille aneddoti e parlare con lui di musica, almeno fino al momento in cui, poco prima del concerto dei Death Angel nel secondo giorno, è passata una canzone dei Metal Church…mannaggia a me, ha subito beccato in pieno la mia pressoché nulla preparazione su questa storica band chiedendomi di chi fosse il brano! Prometto che recupererò la lacuna e farò bene i compiti, ascoltando a ripetizione i loro primi tre dischi…proprio in questo momento, mentre scrivo queste parole, in sottofondo sto facendo girare “The Dark” del 1986: non male, effettivamente…

Corso accelerato di ‘corna Metal’ tenuto da Graziano
Prova superata!

I miei vagabondaggi nell’area del festival mi hanno permesso di intrattenermi con alcuni dei musicisti presenti e tanti addetti ai lavori, tra cui ricordo con piacere la fotografa ufficiale dell’evento, Giulia Russello di Sanremo, e il suo collega Matteo Revelli…un ragazzone diciannovenne, alto più o meno 4 metri, che temevo avrebbe potuto travolgere senza rendersene conto Ted Aguilar dei Death Angel in un attimo di distrazione. Nella foto è praticamente seduto per non farci sentire come delle formiche al suo cospetto…Potrete ammirare alcune delle fotografie di Giulia andando avanti nella lettura di questo articolo, e nel caso la voleste contattare potete farlo anche cliccando qui. La cordiale fotografa, che ringrazio per la grande disponibilità, risponderà dalla casella e-mail info@giuliarussello.it a tutti gli interessati che volessero visionare le immagini realizzate allo Shock’ Metal Fest…ed eventualmente, perché no, acquistarne qualcuna. Cliccando sui nomi di Giulia e Matteo scritti poc’anzi potrete connettervi alle loro pagine Facebook; se preferite Instagram, invece, eccovi serviti: @giuliarussello e @studiofotograficogrsanremo. La ragazza, che spero fosse consapevole di trovarsi in mezzo ad una gabbia di matti, è stata persino coinvolta in un siparietto tra Zac Vanders e il simpatico cantante/chitarrista dei Venus Mountains, Stefano Pezzotti: il buon Zac, forse accortosi di qualche sguardo acchiappesco lanciato dal musicista bresciano alla volta di Giulia, non ha perso l’occasione per rimproverare bonariamente una così disdicevole condotta. Allo Shock’ Metal Fest trova spazio pure una certa galanteria, che vi aspettavate? P.S. per il frontman dei Venus Mountains: i contatti di Giulia sono utilizzabili esclusivamente per questioni di natura professionale, mi raccomando…

Matteo (praticamente seduto a terra), Giulia e il sottoscritto

Arriva il momento dell’apertura ufficiale dei cancelli: il pubblico può accomodarsi nell’arena vera e propria da cui, in teoria, potrebbe anche non allontanarsi più, vista la cospicua presenza di banchi del merch e di altri spillatori di birra strategicamente sistemati nella parte più alta dell’anfiteatro. Un altro buon motivo per non allontanarsi dall’arena è la presenza di una DJ di tutto rispetto…il compito di scaldare gli animi dei presenti, in questa seconda edizione dello Shock’ Metal Fest, viene affidato per entrambe le giornate a Nyva Zarbano. La mattatrice del programma radiofonico Rebelhot, in onda da Lunedì a Venerdì dalle 10:00 alle 12:00 su Rock‘n’Roll Radio, riesce con disinvoltura a mantenere alta la temperatura prima, durante e dopo i vari concerti a colpi di Rolling Stones, AC/DC, Motörhead, Mötley Crüe e compagnia bella. Tra l’altro, chiacchierando con uno dei tre Boss, l’ottimo Luca, vengo a scoprire che l’appartamento che ho affittato, e che ha ospitato i Rhapsody Of Fire in occasione del primo Shock’ Metal Fest nel 2019, avrebbe dovuto ospitare proprio Nyva. La proprietaria della casa vacanze mi ha confermato che l’organizzazione del festival le aveva chiesto disponibilità per questi giorni, ma purtroppo la casa era già stata prenotata…da me. Cara Nyva, se hai conosciuto il bellissimo paese di Dolceacqua sappi che la responsabilità è mia!

Nyva e Bob

VENUS MOUNTAINS

Le danze si aprono ufficialmente con i bresciani Venus Mountains. Il peperino cantante/chitarrista, scherzando sul fatto che ci troviamo a un tiro di schioppo dalla Francia, presenta la band e dichiara la provenienza geografica dei musicisti: ‘siamo francesi’, sostiene, ‘dalla Francia…corta!’. Mi par d’intuire fin da subito come Bacco sia una delle due principali divinità adorate dalla band…ma d’altronde cosa ci si può aspettare da un manipolo di musicisti nati tra le splendide colline che ornano, per l’appunto, il territorio della Franciacorta? Sul tabacco non mi pronuncio, ma per quanto riguarda l’altra divinità, Venere, mi sa che i Venus Mountains la sanno piuttosto lunga…e mica lo dico io: tra una canzone e l’altra, infatti, il cantante non perde occasione per ricordarci come da giovani i quattro rockers rimorchiassero parecchio. Sarà vero? Di sicuro il nome della band, con quel delicato riferimento alle alture di Venere, lascia poco spazio all’immaginazione…ai posteri il compito di scoprire la verità, anche perché prossimamente TrueMetal ospiterà una bella intervista ai Venus Mountains! In questa sede ci ‘accontenteremo’ di parlare della trascinante musica proposta dal gruppo; il quartetto propone un Rock’n’Roll coinvolgente, allegro e, per dirla in modo estremamente tecnico, festaiolo: non a caso i due chitarristi si presentano sul palco con tanto di fontane di fuochi artificiali installate sulle palette dei loro strumenti, in un tripudio di scintille capace di sbloccare automaticamente il ricordo della chitarra ‘motorizzata’ di Rudolf Schenker degli Scorpions. I Venus Mountains si divertono e fanno divertire i presenti, proponendo brani estratti dai loro albumInto The Jail Without The Cage” del 2013 e l’ultimo “Black Snake” del 2018, infilando nella scaletta anche un paio di azzeccatissime cover. In piena tradizione motorheadiana i Nostri propongono “Blue Suede Shoes” di Elvis, mentre con grande sorpresa di chi non conosce la loro produzione la band aggiunge una rocchettara versione di “Venus”, grande classico delle Bananarama, già presentato nel 2018 ai fans come brano di chiusura di “Black Snake”. Proprio dal loro ultimo album i ragazzi pescano in chiusura del concerto il bel brano “Down To The Rainbow” dedicandolo a San Lemmy Kilmister, ricordandoci così che di lì a poco salirà sul palco Phil Campbell. Un po’ Mötley Crüe, un po’ The Cult, un po’ Zakk Wylde, un po’ Skid Row…se non li conoscete fatevi un regalo: chiedete ai Venus Mountains di accompagnarvi in un bel giro turistico sui monti di Venere, sono sicuro che non rimarrete delusi! Ascoltateli su Spotify cliccando qui, altrimenti godeteveli su YouTube iscrivendovi al loro canale. Guardate quanto sono belli:

Venus Mountains by night

M.O.T.H. – Men On The Hill

Questa edizione dello Shock’ Metal Fest avrebbe anche dovuto ospitare i nizzardi M.O.T.H., come si può ben vedere nella locandina dell’evento. Purtroppo, per ragioni che dopo due anni di pandemia ben conosciamo, non hanno potuto varcare il confine italo/francese per proporci la loro musica in bilico tra Foo Fighters, Queens Of The Stone Age e Kyuss. Mi sembra giusto dare anche a loro un piccolo spazio, pubblicando un collegamento ai loro lavori e sperando di poterli al più presto vedere dal vivo. Godetevi il loro canale YouTube cliccando qui.

 

Mentre si attende la conquista del palco da parte dei Roommates, che ringrazio per la disponibilità a far due chiacchere e a spostarsi sotto il Sole a picco per scattarsi una foto con me, c’è tempo per un altro paio di birrette. Mi rendo conto che un intruso si aggira intorno agli spillatori…si tratta di Boggio, il chitarrista dei Carcharodon, la cui presenza in realtà è prevista per il giorno seguente. Approfitto dell’occasione per obbligarlo a fare un brindisi e scattare una foto ricordo, ma mi accorgo che il suo sguardo è rapito da qualcosa. Vengo infatti a sapere che la testata Marshall di Boggio è sul palco con tanto di logo dei Carcharodon appiccicato sopra: verrà gentilmente prestata a Phil Campbell And The Bastard Sons…giustamente il chitarrista controlla che la sua apparecchiatura venga usata come si deve. Va bene Phil Campbell, va bene aver partecipato concretamente allo spettacolo di una leggenda del Metal, ma si tratta pur sempre di una testata Marshall!

E il pensiero di Bodge vola alla testata…

 

Circondato dai Roommates

ROOMMATES

Ora si gioca in casa: dopo la convincente esibizione dei bresciani Venus Mountains tocca ad una band ligure, i Roommates, occupare il palco. Averli incontrati prima dell’apertura dei cancelli non solo mi ha permesso di brindare con loro, ma anche di acquisire un sacco di informazioni interessanti che verranno approfondite in una futura intervista. Nati come trio, nel 2014 reclutano l’attuale batterista nonché ex-Sadist Alessio Spallarossa e producono nel 2017 il loro primo album, “Fake”, al quale fa seguito nel 2020 l’ultimo “Roots”. Il percorso stilistico della band, come avrò modo di sentire durante l’esibizione allo Shock’ Metal Fest, nel corso degli anni si è evoluto in modo particolare. In “Fake” ascoltiamo brani a pochi passi dal Blues e dal Southern Rock, talvolta sedotti da sonorità leggermente più aspre; con “Roots”, forse complici le tematiche affrontate (i Sette Peccati Capitali, l’Inferno di Dante,…), forse complici le larghe spalle del batterista, la musica dei Roommates cede maggiormente all’attrazione della ‘galassia’ Hard‘n’Heavy, andando a scomodare persino qualche puntatina in territori Funky. Forse è proprio questo costante equilibrio tra i vari generi del Rock ad attirare maggiormente la mia attenzione: i ragazzi passano con disinvoltura da brani danzerecci come “Pride” a canzoni ricche di intuizioni Prog come “The Contract”, istigando pure un po’ di sano scapoccio iniziando la scaletta con “Acedia” e proseguendo con l’arrabbiata “Second One”, brano giustamente dedicato all’Ira. C’è spazio anche per una cover dei Franz Ferdinand, “Love Illumination”, e per un paio di brani estratti da “Fake: “Black Man Guardian” e “Blow Away”, traccia con cui i ragazzi chiudono il concerto di Camporosso. Ben sapendo di trovarsi sul palco dello Shock’ Metal Fest i Roommates scelgono principalmente canzoni in grado di indirizzare la scaletta verso lidi adeguati al contesto, rendendo così la loro esibizione maggiormente adatta ad introdurre Phil Campbell e famiglia. D’altronde, pur non suonando esclusivamente Hard’n’Heavy, i Nostri dimostrano di non esserne assolutamente digiuni: andate a sentirvi il loro album di cover, “Room 120”, in cui propongono la loro versione di grandi classici di Motörhead, Foo Fighters, Black Sabbath e The Cult insieme a brani di Creedence Clearwater Revival, Pink Floyd, Neil Young eccetera eccetera…basterebbe questa piccola raccolta di cover per inquadrare tutte le suggestioni sonore che i Roommates diffondono dal palco di Camporosso. Questo continuo volgere lo sguardo verso il lato siderurgico del Rock garantisce inoltre una bella iniezione di energia per il pubblico, in un proficuo scambio di emozioni che vede protagonista soprattutto…il batterista. Notoriamente relegati nelle retrovie, i batteristi solitamente hanno poche possibilità per sovrastare le varie strumentazioni. Tutti tranne l’indisciplinato Alessio Spallarossa: si alza spesso per suonare in piedi, la sua testa è perennemente impegnata in un instancabile headbanging…impossibile da fotografare per il mio povero smartphone ma bello da vedere, soprattutto mentre prende a mazzate i piatti a colpi di doppia bacchetta! Insomma, un’altra convincente esibizione sul palco del PalaBigauda per una band sicuramente da tenere d’occhio…rimanete sintonizzati perché andremo a ‘disturbare’ i Roommates nel prossimo futuro! Nel frattempo, se siete curiosi, andate a rintracciarli online: cliccando qui vi collegate alla pagina Spotify, mentre a questo indirizzo trovate il loro canale YouTube.

PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS…

…From Motörhead, recita una delle locandine dello Shock’ Metal Fest accanto al nome del chitarrista. Devo essere sincero: i due dischi finora pubblicati da Phil Campbell e figli sono gradevoli, ci mancherebbe altro. Ho apprezzato in modo particolare il primo, “The Age Of Absurdity” del 2018, ma le aspettative mie e di molti dei presenti sono ovviamente ben altre: poter ascoltare dal vivo i brani storici dei Motörhead grazie alla chitarra di uno dei più famosi e apprezzati musicisti che ne hanno fatto parte. Non a caso infatti abbondano tra il pubblico magliette, tatuaggi e stendardi raffiguranti il notissimo e immortale monicker della band di Lemmy, lasciando ben pochi dubbi su ciò che il pubblico è venuto a godersi.

Fans dei Motörhead ne abbiamo?

Fortunatamente, però, Phil Campbell And The Bastard Sons ci tengono a dimostrare di non essere soltanto una cover band dei Motörhead. Assistiti alla grande dagli ottimi suoni, regolati ad arte da un service di alto livello, fin dalle prime battute i Nostri mostrano di aver voglia di spaccare tutto, tanto per usare un’espressione tecnica e professionale. Le prime due canzoni, pescate dal loro repertorio originale, scaldano l’audience a dovere in previsione della prima canzone dei Motörhead. Phil Campbell, in una delle rare volte in cui si avvicina al microfono per parlare con il pubblico, chiede semplicemente ‘Are you ready for a Motörhead song?’ (siete pronti per una canzone dei Motörhead?) Il pubblico caccia all’unisono un urlo che credo abbia fatto tremare il ponte dell’autostrada poco distante: ‘YEEEEAAHHHH!’. ‘Of course you are’ (certo che lo siete) è la reazione di Campbell a questa dimostrazione di potenza…e iniziano le note dell’intramontabile “Iron Fist”, title track del disco che per primo mi convertì al credo dei Motörhead più di 20 anni fa. Joel Peters, carismatico cantante subentrato al precedente Neil Starr, pur non possedendo l’ugola abrasiva di Lemmy riesce comunque a ‘tenere botta’ con il suo timbro sincero e pulito, certamente più adatto a brani di produzione propria come “We’re The Bastards”…ma non facciamo troppo i difficili e pensiamo a divertirci! Il pubblico, che ha già iniziato a ballare e a dimenarsi con i primi brani, inizia a pogare con “Iron Fist” dimostrando di gradire parecchio le versioni dei classici dei Motörhead riproposte al PalaBigauda: il momento amarcord continua con “Born To Raise Hell” e la band, notando il profondo coinvolgimento dell’uditorio, torna ai suoi brani originali con “Get On Your Knees“, brano estratto da “The Age Of Absurdity”. I ritornelli della canzone sembrano adatti ad un classico momento di call and response tra musicisti e pubblico: prova superata! La gente, che fino a “Get On Your Knees” ha ballato e pogato mantenendo un accettabile livello di autocontrollo, scatena improvvisamente l’Inferno quando dal palco, quasi a tradimento, parte il giro iniziale di basso di “Ace Of Spades”. Tre dei professionali ragazzi della security presenti sotto al palco, fino a quel momento piuttosto tranquilli, in un attimo si trovano impegnati a tenere salde le transenne…figuriamoci se gli scalmanati fossero di più! Il delirio prosegue con mazzate del calibro di “Ringleader”, maestosa traccia posta in apertura di “The Age Of Absurdity”, ma purtroppo mi devo tenere a debita distanza dalla furia del pogo, avendo da poco subito un’operazione chirurgica…noto però con piacere che i due Boss Zac e Luca si sono gettati nel mezzo, giusto in tempo per applaudire Phil Campbell And The Bastard Sons mentre si avviano verso la chiusura dello show proponendo “Bomber” e “Killed By Death”. Considerando l’età di molti dei presenti immagino che parecchi, me compreso, abbiano avuto la fortuna di vedere dal vivo i Motörhead almeno una volta; tutti coloro che, per età o per sfortuna, non hanno avuto questo privilegio possono comunque ritenersi soddisfatti: l’esibizione di Phil Campbell e figli è stata comunque ottima e abbondante. Peccato per un Phil Campbell non molto partecipe: ci sarebbe piaciuto vederlo muovere e sentirlo parlare più spesso, ma se non ricordo male già nei concerti di una ventina di anni fa non brillava certo per essere un animale da palcoscenico…il ruolo di mattatore, in questo caso, è stato affidato con ottimi risultati al cantante. E ora una bella galleria di ricordi:

©Giulia Russello
©Giulia Russello
©Giulia Russello

 

Si vede la testata dei Carcharodon?

Spettacolo finito, primo giorno allo Shock’ Metal Fest andato. Le orecchie fischiano, come è giusto che sia, e inizio pian piano a dirigermi verso casa dopo essermi scolato l’ultima birretta della buonanotte…pronti per il secondo giorno?

17 LUGLIO 

Suonano per caso gli Shockin’ Head oggi?

Il Sole di questa Domenica si mostra velato da nuvole sottili e sembra volerci lasciare un po’ in pace, andando curiosamente controcorrente rispetto al bill. La giornata infatti virerà su sonorità più dure e sia la musica proposta nell’area ristoro che la scaletta introduttiva di Nyva seguono la medesima linea: System of a Down, Pantera a più riprese, Megadeth e via discorrendo. Purtroppo perdo maldestramente il soundcheck dei Death Angel a causa di necessità inderogabili…se ancora non lo si è capito, ricordatevi che allo Shock’ Metal Fest si beve bene e molto! Riesco comunque ad arrivare in tempo per andare a importunare Ted Aguilar nei pressi del banco del merch dei Death Angel, strappandogli un saluto e una foto in cui, nonostante il Sole coperto, si ostina a voler tenere gli occhiali da sole: a detta sua, lo rendono più bello. Alle Lettrici il compito di confermare quest’ipotesi, anche se io, se fossi nei loro panni, preferirei di gran lunga avvicinare i Carcharodon: poco dopo l’incontro con Ted Aguilar li trovo intenti a preparare il banco del loro merch. In modo assolutamente non invasivo mi metto a raccogliere indiscrezioni e scopro che si stanno preparando a far uscire un nuovo album il 21 ottobre…giusto in tempo per una bella intervista che potrete leggere nei prossimi mesi! Anche gli Shockin’Head, nel frattempo, provvedono a mettere a posto gli ultimi dettagli sonori prima dell’apertura ufficiale dei cancelli; il breve momento di tranquillità dopo il soundcheck permette a tutti di cazzeggiare ancora qualche minuto prima che inizino le danze, pertanto mi dedico a un’attività che anno dopo anno sta assumendo i contorni di un rito: scattare selfie degni dei migliori influencer in compagnia di Pixo, cantante e bassista dei Carcharodon. Ne faremo uno di quei video in time lapse in cui potremo mostrare lo sfascio progressivo a cui, anno dopo anno, sottoporremo i nostri possenti fisici; purtroppo, sia per ragioni di età che di stress, dubito che il buon Pixo riuscirà mai a raggiungere il mio livello…tempo di scolarmi un altro paio di birrette e, tra una facezia e l’altra, ecco che arriviamo alla prima distruttiva esibizione della giornata: i Pogora stanno per entrare in scena!

Con Ted Aguilar

 

Con i Carcharodon…la prossima volta mi metto vicino al batterista, almeno siamo alla stessa altezza

 

Soundcheck per il Boss Zac

 

Selfie con Pixo – 2019
Selfie con Pixo – 2022 (in netto miglioramento)

POGORA

Non conoscevo assolutamente la musica né il monicker dei Pogora prima della diffusione delle notizie riguardanti lo Shock’ Metal Fest. In questi casi mi trovo sempre di fronte a un bivio: ascolto la loro produzione prima di vederli live o resisto stoicamente per non rovinarmi la sorpresa? Ho optato per la seconda scelta…che botta, ragazzi! Se si dovesse assegnare un ipotetico ‘Premio per la band più incazzata del PalaBigauda’ voterei quasi di sicuro per loro. L’impatto del gruppo, nativo di Ventimiglia come gli Shockin’ Head, è a dir poco distruttivo: i Pogora fanno esplodere sul palco un Groove Thrash pesante come un macigno e velocissimo, senza resistere alla tentazione di lasciare un piede, pardon, uno zoccolo in pieno territorio Death. Sarà che anche loro giocano in casa, d’altronde Ventimiglia è a 5 minuti di macchina da Camporosso, ma sembra che questi ragazzi non vedessero l’ora di sfogare gli ultimi anni di privazioni e clausure proprio nel loro luogo d’origine, regalando al pubblico una manifestazione di furia cieca e assassina che non riesce a lasciare indifferenti. Nyva, poco prima dell’inizio del loro concerto, chiede ai Pogora se siano presenti sui social: il cantante precisa che li troviamo principalmente al bar…e anche sui social. Mi collego a questo discorso e alla presenza dei Pogora online approfittando di una parola usata poco fa: impatto. La scelta di questa parola non è casuale: l’unica pubblicazione della band di cui ho trovato traccia online è un EP che si intitola, per l’appunto, “Impact”, uscito nel 2016 e acquistabile dalla pagina Bandcamp dei Pogora. L’EP comprende tre canzoni e permette a tutti gli interessati di saggiare con mano la violenza sonora espressa dai ventimigliesi, che sul palco del PalaBigauda riescono in qualche modo a rendere le loro canzoni ancora più estreme rispetto alle versioni da studio. Basti pensare a mazzate come “Earthquake” o “Under The Smell Of Chaos”, entrambe presenti in “Impact”: nella pagina Facebook dei Pogora è possibile godersi un paio di video amatoriali registrati proprio allo Shock’ Metal Fest, grazie ai quali sono state immortalate le imperdibili versioni live di questi due dirompenti brani. Mi è spiaciuto non riuscire a incrociare i Pogora in un momento di tranquillità, in modo da scambiarci qualche parola e prendere accordi per futuri contatti come ho fatto con i membri di altre bands, ma voglio sperare che ci saranno tante altre occasioni. Bravi, arrabbiatissimi, meritevoli, in una parola: devastanti. Non fateveli scappare quando suonano vicino a casa vostra…se proprio non dovessero passare dalle vostre parti, approfittate dei due collegamenti scritti in rosso qualche riga fa in modo da rintracciarli online. E ora…avanti i prossimi!

CARCHARODON

Ci sono certe occasioni in cui sul palco ci sono soltanto tre persone…che piantano su un casino come se fossero in dodici. Feci questa riflessione per la prima volta nel 2019, quando ebbi l’occasione di vedere i Carcharodon dal vivo in Piemonte, poco prima che sullo stesso palco salissero gli Eyehategod. Lo show del trio ligure viene introdotto dalle consuete precisazioni sui profumi emessi dalle loro più importanti e sacre parti del corpo, giusto per far capire a tutti i presenti che i Carcharodon non vanno mai presi troppo sul serio…per chi ancora non conoscesse la musica dei Nostri prendo in prestito le parole di Pixo Antenna usate per descriverla: ‘i Carcharodon sono veloci e pesanti come un branco di mammut al galoppo’. Ecco servita con semplicità una perfetta spiegazione del loro stile musicale, spesso definito con una parola azzeccatissima: tupadoom. I  Carcharodon facevano un gran chiasso in Piemonte e fortunatamente non hanno smesso di farne, anzi: ormai in me si è fatta strada la certezza che i gruppi liguri, quando suonano in casa, spingano sull’acceleratore a più non posso…e meno male! La scaletta dei Carcharodon è particolarmente feroce e concede grande spazio all’ultimo album in studio “Bukkraken”, uscito nel 2018 e abbellito da uno dei titoli più belli del mondo. Fanno bella mostra di loro “Bile Dealer”, “Weed & Brown Sound”, la furiosissima “Zebra Coat Cobra Head” e ovviamente “Bukkraken”, title track di un album con uno dei più bei titoli al mondo…ah sì, questo l’ho già scritto, ma che vi posso dire? Chiunque se ne sia uscito con “Bukkraken” quando i Carcharodon cercavano un buon titolo per il loro disco è semplicemente un Genio…ma torniamo a noi. Oltre a una rapida incursione nella tracklist di “Pizza Commando”, split con i Southern Drinkstruction del 2014 da cui vengono estratte “The Hornet And The Hunter” e “Champagne And Caviar”, i tre alassini ci deliziano con un’anticipazione dal nuovo disco. Per introdurre il nuovissimo brano, “Frozen Piss Knife”, si parla del fatto che a Ventimiglia si ‘beve col becco’: spero che in futuro qualcuno potrà spiegarmi gli eventuali tripli o quadrupli sensi nascosti in quest’espressione…il brano ha qualcosa che rimanda ai Motörhead, per la gioia di tutti i presenti che ormai non sanno più se correre come dei pazzi o scapocciare ogni volta in cui i Carcharodon passano dalle sfuriate in up-tempo ai loro caratteristici ritmi pachidermici. Il calderone musicale in cui il pubblico viene gettato senza pietà e l’indiscussa originalità della proposta dei Carcharodon aiutano la temperatura di Camporosso a salire ancora di qualche grado, permettendo così alla successiva band di salire sul palco di fronte ad un pubblico già ben rodato. Mentre ammirate le fotografie con la band provate a collegarvi alle loro pagine, come al solito cliccando sulle parole rosse qui di seguito: trovate i Carcharodon su Spotify, YouTubeFacebook.

 

SHOCKIN’ HEAD

Il Boss Zac Vanders finalmente tra di noi! Anche Zac e i suoi compari giocano in casa e il calore del pubblico presente lascia intuire come gli Shockin’ Head qui siano una specie di istituzione. Conoscevo già il loro blend di Hard Rock, Groove, Thrash, Heavy e chi più ne ha più ne metta, ma in questa sede, esattamente come per i gruppi precedenti, l’originale impasto sonoro della band sembra potenziato rispetto alle pur scatenate sonorità immortalate nel loro disco del 2019, “XX Miles”. Il primo e finora unico album degli Shockin’ Head, che potete ascoltare su Spotify cliccando qui, viene ben rappresentato da “Trip In The Hell”, “Blame Game”, dalla title track…e dalla caratteristica “Ejaaa”, cantata interamente in dialetto sardo dal cantante Daniele Sedda. Le doti del cantante sono indiscutibili: le registrazioni in studio ci consegnano una voce capace di passare con disinvoltura da uno stile quasi lirico a un arrabbiatissimo scream, ma a quanto pare alcuni piccoli problemi di voce hanno obbligato la sua potente ugola a mantenere per quasi tutta l’esibizione un costante scream. Questo sorprendente adattamento dimostra senza dubbio come il cantante potrebbe dare un gran contributo in campo Black Metal…e anche nel tradizionale canto a tenore sardo, di cui ci offre un piccolo esempio a metà dell’esibizione! Il gruppo ventimigliese approfitta dell’occasione per presentare all’uditorio “Apocalypto” e “Inferno”, brani pronti per essere inclusi in un prossimo album in cui confluirà anche la rocciosa “17een Black”, ultimo singolo degli Shockin’ Head dato alle stampe nel 2020 e qui proposto in apertura del concerto. Il pubblico mostra un sincero gradimento verso i brani della band, sia quelli vecchi che quelli nuovi, trasmettendo la sua forza a Zac Vanders che, al di là di tutte le complicazioni causate dall’organizzazione del festival e dalle mille richieste particolari dei big, riesce a garantire una grande presenza scenica e un’ottima prestazione dietro alle sei corde. Il fatto che il Boss si senta come a casa sua si nota da alcuni piccoli particolari, come ad esempio una plateale invasione di campo nel centro dell’arena, area fino a quel momento riservata unicamente al pubblico. Non di sola aggressività e bagni di folla è fatto un concerto degli Shockin’ Head…non manca infatti un classico ‘momento da accendino acceso’ che permette alla band di riposarsi un attimo e a noi di ammirare un duetto voce/chitarra con i due protagonisti comodamente seduti sul palco. Come vedremo anche durante i concerti degli ultimi due gruppi, la giornata al PalaBigauda ci sta offrendo una serie ininterrotta di grandi spettacoli: la professionalità e la bravura degli Shockin’ Head non fa che aggiungere un ulteriore tassello alla godibilità della festa. Ora, prima di procedere verso la successiva band, oltre alle mie fotografie andate a vedervi le belle immagini del concerto sulla pagina Facebook del gruppo, capaci di testimoniare la coinvolgente performance del gruppo ventimigliese che arriva al termine dopo l’esecuzione della canzone “XX Miles”. Il Sole, già di per sé deboluccio, inizia a calare oltre le colline della Val Nervia e poco per volta l’oscurità si impadronisce di Camporosso…quale miglior coreografia per l’arrivo dei Necrodeath?

NECRODEATH

Al brano strumentale “Dead Silence” del musicista noto come Alx Beats è affidato il compito di introdurre lo show dei nostrani Necrodeath. Le luci si affievoliscono mentre la spettrale melodia che fuoriesce dalle casse permette ai presenti di prepararsi ad accogliere il gruppo. Sfrutterò le parole di Flegias pronunciate a inizio concerto, chiare e concise: ‘stasera sarà un fottutissimo Inferno!’…e come dargli torto? Il Blackened Thrash della band è maligno, veloce e devastante, con un effetto sul pubblico pari a quello di un impietoso rullo compressore. Flegias, o Marçelo Santos se preferiamo adottare lo pseudonimo lynchiano con cui il cantante/batterista è conosciuto dai fans dei Cadaveria, indossa una canottiera dei Marduk, lasciando bene intendere quale sia il lato estremo del Metal da cui i Necrodeath prendono maggior ispirazione…o forse, sarebbe meglio dire ‘quale sia il lato estremo che maggiormente hanno contribuito a creare’! Ormai lo sanno anche i sassi, ma se Phil Anselmo ha definito i NecrodeathBlack Metal before Black Metal’ un motivo ci sarà. Al PalaBigauda, di sicuro, non abbiamo dubbi a riguardo: il gruppo distribuisce una legnata dietro l’altra, proponendo brani maestosi come “The Whore of Salem”, estratto dal recente “The Age Of Dead Christ”, per poi risalire fino alle origini di “Fragments Of Insanity” con l’aggressivo classico “Choose Your Death”. Il pubblico presente, a onor del vero non tantissimo, ci mette tutto il cuore possibile, controbilanciando il ridotto numero degli astanti con una viva partecipazione: una piccola mandria di scalmanati scatena furiosi circle pits da far impallidire una qualsiasi sessione di cardio fitness e si butta in rischiosissimi tentativi di crowd surfing, scambiandosi per tutta la durata dello show generose dosi di reciproca e amichevole violenza. C’è spazio anche per canzoni leggermente più moderate come “The Triumph Of Pain”, nuovamente da “The Age Of Dead Christ”, ma nonostante questo i membri del gruppo decidono di seguire in tutto e per tutto l’esempio degli scalmanati di cui sopra, muovendosi continuamente e risultando estremamente difficili da fotografare. Persino nel momento in cui il chitarrista Pier Gonella si ferma per un paio di secondi mi è impossibile fotografarne il volto da vicino, tra un continuo headbanging e un assolo con i denti di hendrixiana memoria…le gesta del chitarrista mandando ulteriormente in visibilio tutti i presenti, compreso un bimbo che, dalla sua posizione favorevole in groppa alle spalle del papà, si gode lo spettacolo con gli occhi perfettamente a livello del palco. Le acrobazie di Pier Gonella non sono le uniche azioni a far concentrare lo sguardo dei presenti sulle asce: a metà concerto circa sale sul palco nientemeno che il chitarrista Claudio Bonavita, membro fondatore dei Necrodeath, trasformando per breve tempo il gruppo in un quintetto. La comparsa del quinto elemento fa da preludio al massacro di “The Creature”, prima canzone dello storico “Mater Of All Evil” e tuttora una delle mie canzoni preferite di sempre. La collaborazione live con Mister Claudio termina e la band passa a “The Master Of Mayhem”, ennesimo brano estratto da “The Age Of Dead Christ” dedicato agli ottimi organizzatori e al pubblico presente e visibilmente pogante. Non sarebbe poi un sano concerto dei Necrodeath se non si andasse a scomodare l’epocale primo disco, il mitico “Into The Macabre“: nel momento in cui parte “Mater Tenebrarum” l’uditorio, ormai in visibilio, non può far altro che dimenarsi per l’ultima volta, incurante di sprecare parte delle energie gelosamente conservate per i Death Angel. E capirai che sforzo, basta un’ennesima birretta e le energie sono presto ritrovate…

I Necrodeath hanno abbandonato il palco e basta una sola occhiata al monicker dei Death Angel calare dietro alla batteria, stampato su di un enorme lenzuolo nero, per sentirsi rincuorati e dimenticare temporaneamente successi ed insuccessi. Mi trovo davanti a uno degli spillatori di birra in compagnia di Zac Vanders: incrociando il suo sguardo mentre seguiamo lo spiegamento del lenzuolone leggo nei suoi occhi esattamente questo tipo di emozione, impossibile da cancellare persino quando osserviamo un PalaBigauda non gremito come potrebbe e dovrebbe essere…nonostante tutto si deve guardare avanti, e almeno per un’altra abbondante oretta ci si può permettere di sospendere ogni tipo di giudizio.

DEATH ANGEL

Il concerto inizia con un bell’allarme antiaereo, decisamente in tema con le ultime notizie in ambito geopolitico europeo. Chissà come si devono sentire artisti come i Death Angel, nati artisticamente in piena Guerra Fredda, con il Mondo che apparentemente sembra scivolare nuovamente verso una follia che fino a pochi mesi fa sembrava dimenticata per sempre. Tanto vale rispondere con i mezzi di cui i Death Angel dispongono in abbondanza: velocità di esecuzione, precisione tecnica millimetrica, cuore, sudore e polmoni. La band impartisce a tutti una lezione pratica di perfetto e cristallino Thrash Metal, con buona pace di chi ancora considera i Death Angel un combo di secondaria importanza rispetto ad altri mostri sacri presenti in giro per la Nostra penisola in questa caldissima estate 2022. L’ottima scaletta preparata per Camporosso pesca a piene mani dallo storico primo disco “The Ultra Violence“, proponendo un’iniziale tripletta composta dalla title track, “Mistress Of Pain“e “Voracious Souls” per poi arrivare verso la fine dello show ad un’incredibile versione di “Thrashers“. Un altro album che viene chiamato spesso in causa e’ il buon “The Dream Calls For Blood” del 2013, da cui vengono estratte la title track, “Son Of The Morning” e “Caster Of Shame“. La restante discografia dei Nostri, pur essendo rappresentata con minore insistenza, fa comunque bella mostra di sé; il gruppo propone altri storici brani come “Seemingly Endless Time“, prima traccia di “Act III” nonchè prima canzone in assoluto dei Death Angel ascoltata dal sottoscritto, e pezzi più recenti come “The Moth” e “Humanicide“, presi rispettivamente da “The Evil Divide” del 2016 e “Humanicide” del 2019. A proposito del 2019: poco prima dell’esecuzione di “The Dream Calls For Blood” il cantante Mark Osegueda ricorda a tutti che e’ proprio dal 2019 che i Death Angel non vengono in Italia, e che dobbiamo essere orgogliosi di ciò che siamo, visto che la Musica è ciò che ha aiutato noi e gli stessi Death Angel a superare le difficoltà di questo surreale periodo storico. Oltre alle numerose belle parole spese per ringraziare il pubblico e lo staff, il cantante sfoggia una potenza vocale da leccarsi i baffi. Tutti gli altri membri sono delle macchine da guerra, ma la sensazione è che Osegueda potrebbe tirare tutto il carretto tranquillamente da solo: impressionante. Altrettanto impressionante è il corpulento batterista Will Carroll, responsabile di una prestazione eccezionale: si dimena talmente tanto sul suo sgabello da riuscire addirittura a fare headbanging col mento, grazie alla lunga barba sfoggiata con orgoglio. A inizio articolo facevo riferimento ai decibel che temevo si sarebbero imbattuti sull’abitato di Camporosso: si metta agli atti che mia moglie, dall’appartamento che ho affittato, sente letteralmente tremare le finestre a causa del macello prodotto dai Death Angel! Non mancano poi situazioni meno seriose, tra le quali merita ricordarne una: alcuni problemi tecnici a una chitarra, presto risolti, permettono al bassista Damien Sisson di accennare una tarantella per ammazzare il tempo…una tarantella un pochino stentata, a dir la verità, ma il momento viene preso con ilarità dai presenti che possono così recuperare qualche energia. Risolte le questioni tecniche si riparte con “Absence of Light”, pescata da “Relentless Retribution” del 2010 e caratterizzata da un’inizio cadenzato che aiuta i presenti a riprendere il filo dopo la pausa forzata. Dopo l’esecuzione della già citata “Thrashers” e di “Guilty Of Innocence“, presa da da “Frolic Through The Park” del 1988, con grande dispiacere per tutti si giunge all’ultima canzone del weekend, nonchè dello Shock’ Metal Fest. Osegueda ringrazia per la grande energia trasmessa dal pubblico ai Death Angel, promettendo di tornare in Italia il prima possibile, dopodichè partono le note di “Thrown To The Wolves“, primo brano di “The Art Of Dying” del 2004. Il brano sancisce la fine dello spettacolo ma non riesce a chiudere le bocche di tutti i fans estasiati, consci di aver assistito ad una delle migliori esibizioni di questa Estate di concerti ritrovati. Il cantante dei Roommates, presente a poca distanza dal palco e di norma non particolarmente attirato dalle sonorità Metal più estreme, è rimasto talmente colpito dalla bravura dei Death Angel da definirli con un aggettivo estremamente calzante: sembravano dipinti. Tecnica sopraffina e Arte fuse alla perfezione: questo ci garantiscono i Death Angel nel 2022. Bravissimi!

©Giulia Russello
©Giulia Russello

 

Le ultime persone destinate a sostituire i Death Angel sul palco sono gli organizzatori e buona parte dello staff, tutti pronti per salutare un’ultima volta il pubblico che acclama, calorosamente e meritatamente, i responsabili di una festa così ben riuscita. Anche il Sindaco di Camporosso, Davide Gibelli, si mostra all’uditorio per un breve discorso di ringraziamento e per fare i complimenti, ripeto, meritatissimi, al personale e agli organizzatori. E’ stata a tutti gli effetti una festa favolosa, caratterizzata da un’organizzazione al top e dalla presenza di artisti grandiosi, che avrebbe senza dubbio meritato un successo di pubblico maggiore. I presenti sanno di aver preso parte ad un evento unico nel suo genere, ben lontano dai grandi festival europei sovraffollati e infestati da nubi tossiche di polverone nonché dalla successiva, immancabile fanghiglia. Impossibile stare in coda più di 2 minuti davanti agli spillatori di birra o di fronte alle piastre, che hanno comunque arrostito centinaia di abbondanti porzioni di salsiccia e rostelle: tutti coloro che hanno lavorato in questo weekend hanno svolto egregiamente il loro compito, passando dai cuochi alle ragazze addette alle casse, fino ad arrivare ai tecnici del suono che hanno curato alla perfezione la riproduzione della musica proposta dai molti gruppi. Si tratta di un’esperienza da ripetere una, 10, 100 volte, e nessuno dovrà pregarmi per presenziare alla prossima edizione dello Shock’ Metal Fest: tenete d’occhio la pagina Internet della kermesse e se, come mi auguro, si provvederà a organizzare un’edizione 2023, sappiate che mi troverete già pronto davanti ai cancelli!

Largo al Sindaco!