Report: Evolution Fest ’06 – Sabato 15 luglio

Di Redazione - 26 Luglio 2006 - 3:03
Report: Evolution Fest ’06 – Sabato 15 luglio

Seconda giornata dell’Evolution ’06: i nomi dei gruppi decollano e il pubblico cresce a vista d’occhio…

Sabato 15 luglio

 

Arthemis e Nightmare (Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

Genesi della giornata di sabato all’insegna del metallo più classico e melodico con gli Arthemis, band veneta che ha il compito di svegliare un pubblico ancora indifferente e sonnolento – compito che per la verità non adempie in manierà brillante – e i Nightmare, vera e propria chicca per i nostalgici più anacronistici. La band di Grenoble esiste dal 1979 e propone un heavy/speed vecchio stampo, onesto ma non troppo travolgente. Infatti l’appeal del combo francese riesce a fare breccia soltanto nei cuori dei nostalgici arrivati al campo sportivo di Toscolano Maderno già dalle prime ore della mattinata. Gli altri restano abbastanza impassibili all’esibizione della band, preferendo visitare gli stand o guadagnarsi un posto sulle tribune in cerca di una fetta di ombra…


Eldritch
(Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

Nella schiera dei vincitori dell’Evolution ’06 compaiono anche i nostrani Eldritch, una band che da anni macina metallo tricolore in giro per il mondo spesso senza ottenere i risultati meritati. Il combo fiorentino è compatto e convinto, si muove con disinvoltura tra i pezzi più classici del passato e quelli degli ultimi lavori e non sfigura affatto, per grinta e determinazione, di fronte alle blasonate band straniere. Tutto lo show è di alto livello, il pubblico se ne accorge e nonostante un sole che martella senza tregua sulle teste dei convenuti non ha remore nel sostenere la band toscana per tutto il minutaggio a disposizione. L’aspetto più bello dello show è però la passione e la determinazione con cui gli Eldritch aggrediscono il palco, convinti più che mai a passare un’oretta da ricordare: insomma, a divertirsi e a divertire. Una lezione per molti.

Korpiklaani (Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

Avevo avuto la gioia di vedere i Korpiklaani headliner del Ragnarok festival in Germania pochi mesi fa e aspettavo con grande ansia di potermeli gustare di nuovo, curioso di vedere se quello show spettacolare era stato un caso o se questa band avesse davvero un devastante carisma live. Apertura ormai rodata con Journey Man e Happy Little Boozer: le alte velocità e le melodie festaiole scatenano chi già si trova sotto il palco e attirano numerosi gruppetti di curiosi. Con Vakirauta, Korpiklaani e compagnia il nuovo Tales Along This Road offre diversi brani alla causa, ma non mancano tutte le hit dei due album precedenti: Wooden Pints e la strumentale Pellonpekko dal debut Spirit of the Forest e le varie Cottages and Saunas, Kaedet Siipinae e la velocissima accoppiata finale Beer Beer / Hunting Song da Voice of Wilderness. Alla fine dello show tutto il pubblico è coinvolto come raramente è stato durante tutto il festival, e sorprendentemente la band di Jarvela e soci riesce a scatenare più putiferio dei più blasonati cugini Finntroll. Tra i migliori, senza dubbio alcun: un fiume in piena.


Haggard

(Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

Il folk metal non finisce coi Korpiklaani, no signori. L’Evolution non ha ignorato questo nuovo filone e ha chiamato alla sua corte anche quello che è un combo a metà tra un gruppo metal e un ensemble di musica antica: gli Haggard. Tedeschi, gli Haggard sono figli di quel movimento folk che in Germania spopola da anni, mischiando rock e metal alle melodie mitteleuropee a base di archi, oboe e lunghi fraseggi acustici. Il loro show è la trasposizione di questa attitudine, e risulta piuttosto suggestivo tra passaggi prettamente metallici e lunghi inserti classici. Il tutto fatto con cognizione di causa tanto che, anche da chi non è vicinissimo a certe sonorità riesce comunque ad apprezzare lo spettacolo. Al resto pensa Asis Nasseri, frontman del combo tedesco, che si guadagna le simpatie dei locali parlando un discreto italiano. Piacevoli ma mai veramente travolgenti.

 

Tristania (Mirco ‘Oas’ Aserio)

Quando il sole è ancora cocente, ecco salire sul palco i norvegesi Tristania. Nonostante un genere inadatto all’orario e a un festival estivo il pubblico sembra abbastanza coinvolto, anche perchè sul palco si libra la figura di Vibeke Stene. La prestazione è più che buona, anche se penalizzata da un audio non proprio all’altezza. La voce di Vibeke si sente a fatica ma il pubblico sembra non accorgersene, più intento a mirarne la forma estetiche piuttosto che le doti canore. I brani suonati vengono pescati qua e là da tutta la discografia della band: si inizia alla grande con Angellore, tratta dal primo disco, pezzo seguito subito dalla splendida Angina. Non mancano ovviamente pezzi dall’ultimo Libre e The Wretched, mentre a sorpresa viene eseguito un pezzo inedito tratto dall’imminente full-lenght in uscita. Una bella prestazione, anche se con suoni migliori e una location più adatta alla proposta musicale della band (ad esempio all’interno di in un locale) i tristania avrebbero reso sicuramente di più.

 

Destruction (Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

Un concerto dei Destruction è sempre una sicurezza. Garanzia ancora maggiore se si tratta di un’apparizione a un festival, perché in quel caso tutto è ancora più condensato. Ciò che ne esce è infatti un concentrato di thrash metal ad altissime velocità e dall’impatto letale. Il trittico di apertura recita Soul Collector – Nailed to the Cross – Mad Butcher e subito i Destruction non fanno prigionieri: o dentro il thrash metal più serrato, o fuori. I brani che hanno il compito di continuare l’assalto sono della stessa caratura e ripercorrono in lungo e in largo gli episodi migliori della discografia di Schmier e soci. La filosofia del trittico tedesco è quella da me tanto amata del “poche chiacchere e tanta musica”, così, una dietro l’altra, a Toscolano Maderno fanno la loro apparizione vecchie glorie e mazzate del nuovo millennio di casa Destruction, tra una Thrash ‘til Death, una the Defiance Will Remains, una Course the Gods e una Mad Butcher Strikes Back che tuonano la forma strepitosa di questa triade germanica. Uno show che senza troppi complimenti si va a posizionare tra i migliori dell’intero festival. La solita macchina da guerra: devastanti.

 

Nile (Stefano Risso)

Chiamati a sostituire gli Annihilator, i Nile portano a questo Evolution Festival un po’ di reale estremismo sonoro e di brutalità (altrimenti carente per tutta la durate dei tre giorni) riconfermandosi la consueta macchina schiacciasassi di sempre. Il death metal più oltranzista è a mio avviso è poco adatto ad essere rappresentato all’aria aperta e nel contesto di un festival, vuoi per la necessità di creare la giusta atmosfera di fronte ai musicisti, vuoi per l’inevitabile dispersione della violenza scaricata dagli amplificatori. Ma non lamentiamoci anche quando non è necessario, in quanto Sanders e soci non si curano di nulla e si prodigano nella stessa scaletta (qui accorciata) che hanno presentato nella data milanese del settembre 2005. Suoni un po’ confusi a parte (via via migliorati) i Nile estrapolano i brani prevalentemente dagli ultimi due album; quindi si esordisce con la terrificante coppia The Blessed Dead ed Execration Text (da In Their Darkened Shrines), seguita dalle altrettanti distruttive Cast Down the Heretic -ancora una volta lascia a bocca aperta la lunga parte strumentale del pezzo- e Sacrifice Unto Sebek. La consueta tecnica e coesione mostruosa da parte di tutti i componenti prosegue con l’affascinante User-Maat-Re, l’evocativa Sarcophagus, e la teatrale Annihilation Of The Wicked. Chiude il tutto una superba Black Seeds Of Vengeance, ponendo il sigillo ad una prestazione di livello, seguita da un buon numero di sostenitori. I Nile in un concerto singolo sono un’altra cosa, ma senza andare a cercare il pelo nell’uovo, non si può non rimanere ancora soddisfatti.

 

Dark Tranquillity (Stefano Risso)

Giusto il tempo di riprendersi e gli svedesi fanno la loro presenza sul palco, acclamati da una folla molto calorosa e partecipe. E’ incredibile come l’affetto e il trasporto della gente non diminuisca di intensità ogni qual volta i Dark Tranquillity calchino il suolo italico, evento ormai diventato una sorta di abitudine per i nostri. Quindi anche in quel di Toscolano gli svedesi ricambiano l’affetto ricevuto con una prestazione degna dell’importanza e del blasone guadagnati sul campo, prodigandosi come al solito in una scaletta che abbraccia un po’ tutta la discografia, riservando sempre molta importanza a coinvolgere il pubblico e a rendere la prestazione assolutamente trascinante e precisa. Un cocktail di potenza, melodia, espressività, tecnica ed esperienza che non possono non colpire nuovamente anche chi, come me, non è proprio un sostenitore abituale dei Dark Tranquillity. Sembrerà forse superfluo sottolinearlo, ma anche in questa occasione il bel frontman Mikael Stanne ha dato sfoggio di essere un vero e proprio trascinatore di folle, esibendosi in tutte le espressioni e movenze tipiche del suo repertorio e non mancando di scendere dal palco e cantare anche qualche verso a stretto contatto con i fan. Un concerto fra i migliori dell’intero festival impreziosito dall’esecuzione di un nuovo brano, Blid At Heart, presente sul prossimo disco della band. Insomma una garanzia.

 

Within Temptation (Mirco ‘Oas’ Aserio)

Finalmente i Within Tempation, dopo anni di attività, hanno l’occasione e il tempo adeguato per suonare in terra italica. Il gruppo olandese capitanato dalla bellissima Sharon Den Adel viene da un disco “The silent force” che ha spaccato fan e critica in due e l’attesa su di loro è molta. Attesa che verrà ripagata con un’ottima prestazione di tutto il gruppo, ma in particolare di Sharon, capace di sfoggiare una prestazione vocale davvero incredibile.
I pezzi eseguiti vengono quasi tutti estratti dall’ultimo album che dimostra tutto il suo valore anche in sede live. Immancabili le solite perle da Mother Earth, quali la title track, Ice Queen e una Deceiver of Fools proposta in apertura. Purtroppo però nemmeno un accenno viene riservato a Enter, primo lavoro della band. I Within Temptation hanno dimostrato di valere la posizione che occupavano nel bill con prova di altissimo livello, e non è forse azzardato dire che la resa live della band superi le prove su disco. Aspetterò impazientemente una futura data italiana, finalmente da headliner, come meritano.

 

Cradle of Filth (Stefano Risso)

E arriva il turno degli headliner della giornata di sabato. Senza ombra di dubbio la formazione inglese ha avuto il merito di far accorrere parecchi sostenitori, che sin dal primo mattino si aggiravano per gli stand con tutto il corollario di vestiario e trucco tipico dello stile della band. Mettendo da parte il folklore (permettetemelo, di cattivo gusto) dei fan di Dani e compagni passiamo a quello che più conta, lo show tenutosi in tarda serata dai nostri. Si fanno attendere a lungo i Cradle Of Filth, ma quando si presentano sul palco li accoglie un vero e proprio boato subito sovrastato dai potentissimi suoni che fuoriescono dagli ampli, non precisissimi e ben definiti, ma decisamente meglio di come mi aspettavo (sapete le voci riguardo la resa live dei Cradle Of Filth non sono troppo edificanti…). Musicisti decisamente preparati -su tutti il batterista Adrian Erlandsson, praticamente perfetto – una scaletta ampia tanto da soddisfare tutti i fan con pezzi che vertevano sia sui nuovi lavori sia su quelli più datati, e un impianto scenico di luci ed effetti vari molto buono danno vita ad un concerto dignitosissimo, se non fosse per la prestazione insufficiente di Dani Filth. Tralasciando i suoi atteggiamenti da star, che poco interessano ai fini di questo report, devo segnalare che il frontman non si è comportato bene per tutta la durata dell’esibizione, iniziando alla grande (riuscendo a stupire anche chi non è suo fan come il sottoscritto e non solo) dando prova di saper cambiare regime vocale con una facilità disarmante, e proseguendo via via sempre meno bene, sino a concludere gli ultimi frangenti del concerto in maniera approssimativa, non riuscendo più a seguire il resto della band e limitandosi a emettere una serie stucchevole di urletti e grugniti senza più scandire due versi di fila. Senza contare i soliti reiterati incitamenti durante ogni pausa tra un brano e l’altro; oltre dieci anni di attività e l’unica cosa che Dani ha imparato è dire “Make some fucking noise!!” Anche da questo punto di vista Dani non ne esce molto bene, a mio avviso. Un bel concerto finché tutto (o meglio Lui) ha tenuto. Restano i dubbi sulla loro scelta come headliner, ma sarebbe un discorso troppo lungo che in questa sede non avrebbe importanza. Alla fine i fan saranno usciti sicuramente soddisfatti, i detrattori non avranno di certo cambiato idea, come da copione.