Report: Evolution Fest ’06 – Venerdì 14 luglio

Di Redazione - 25 Luglio 2006 - 17:10
Report: Evolution Fest ’06 – Venerdì 14 luglio

Da diversi anni giro festival metal in tutta Europa, ma mai, e dico MAI, mi è capitato di trovare uno staff di organizzatori e responsabili di una cortesia e disponibilità lontanamente paragonabili a quelle trovate all’Evolution. Voglio aprire questo report con un sentito ringraziamento a nome mio e di tutto lo staff di TrueMetal impegnato in questa trasferta bresciana ai ragazzi dell’Evolution. Complimenti sinceri, davvero.

La location è davvero suggestiva ed è praticamente l’ideale per un festival estivo: le montagne si  ergono dietro il palco mentre a poche decine di metri c’è il lago di Garda, pronto ad accogliere le membra calde e sudate di chi decide di prendersi una pausa dalle band del festival. Toscolano Maderno brulica di campeggi e alberghi, mentre per chi deve fare i conti con il risparmio c’è un’abbondante zona adibita a campeggio pubblico e gratuito proprio in riva al lago. Insomma, di meglio non si potrebbe chiedere.

Tutto è perfetto, ma… Lo so, già altre volte nei report mi è capitato di sfogarmi per la mancata riuscita di una data; non vorrei diventasse un’abitudine ma davvero certe cose non me le spiego, e questa volta, più delle altre, non posso tirarmi indietro da esprimere la mia amarezza: abbiamo toccato proprio il fondo. Per una volta che c’è un bill solo ed esclusivamente metal, senza nomi che servano solo ad attirare i 40 euro di qualche bamboccio, per una volta che qualcuno porta in Italia e fa suonare band che altrimenti non calcherebbero mai palchi italiani, per una volta che qualcuno non ignora nessuno dei filoni metallici, offrendo thrash, heavy, power, death, viking, folk, speed e compagnia tutto in un unico festival… il pubblico volta le spalle.

Io non voglio credere che con un bill così, a questi costi e con questo contorno, l’Evolution abbia superato di poco le 5/6.000 unità…

Certo, Toscolano Maderno non è dietro l’angolo per tutti, ma non si tratta comunque di un posto sperduto su un’isola del pacifico… Forse è ora di cominciare a farsi un esame di coscienza. Avanti di questo passo prima o poi ci ritroveremo soltanto con il Gods of Metal. Sia chiaro, Il Gods of Metal è un patrimonio intoccabile dei festival italiani e spero rimanga un punto fisso della stagione estiva… ma è un’altra cosa. L’atmosfera e le band che eventi come l’Evolution possono offrire non sono gli stessi del GoM, nel bene e nel male. E allora perché vogliamo privarci del lato più genuino delle esibizioni dal vivo, continuando a disertarle? Pensate che in Germania la gente vada soltanto a Wacken ignorando la miriade di altri festival più piccoli che si stagliano un posto tra aprile e settembre? Nein. È supportando queste iniziative che si fa crescere il metal a livello nazionale. Boicottandole si ottiene l’effetto contrario, perché chi si sbatte investendo fatica e risorse economiche in questi progetti presto perderà la fiducia.

Parlando con vari standisti, roadie e musicisti nelle nottate alcoliche del post-festival molti hanno ammesso di essersi trovati bene come poche altre volte, di aver trovato un’atmosfera splendida, di essersi divertiti come a una festa tra amici e dulcis in fundo di aver visto suonare quasi tutte band validissime. Gente abituata a lavorare al Wacken, al MetalMania, al Bang Your Head… hanno avuto parole d’oro per questo festival. Hanno ragione: sotto tutti i punti di vista il livello qualitativo dell’Evolution ’06 è stato davvero spaventoso.

Allora cosa c’è che non va? Perché la gente se ne è rimasta a casa? Se servono davvero Iron Maiden e Guns’n’Roses per far muovere di casa il metallaro italiano la situazione è davvero brutta, e come sempre accade, a rimetterci, sarà chi in queste cose butta tutta la sua passione: organizzatori, stampa, band e pubblico. Ci rimettiamo tutti, perché al di là del “ruolo” che ricopriamo alla fine siamo tutti appassionati.

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

 

La quiete prima della tempesta: il campo sportivo di Toscolano Maderno il venerdì mattina prima dell’apertura dei cancelli…

Venerdì 14 luglio

 

Cadaveric Crematorium (Stefano Risso)

Non poteva esserci un inizio migliore per questa edizione dell’Evolution Festival per tutti gli amanti dell’estremo come me. A dare il benvenuto ai pochi accorsi davanti al palco ci pensano i bresciani Cadaveric Crematorium, con la loro devastante miscela di brutal e grindcore sparata alla massima velocità, estremamente varia e coinvolgente. Forti di un buonissimo album come Serial Grinder, i nostri sembrano a proprio agio sul palco, presentando una serie di brani che colpiscono forte e chiaro gli spettatori, unendo nella propria esibizione una soddisfacente tecnica e una decisa presenza scenica, su cui spicca la prestazione maiuscola del singer Dr, molto versatile ed efficace in tutte le sue linee vocali, dal growl ultragutturale allo scream più acido. Insomma una band che conferma in sede live le ottime potenzialità espresse in studio di registrazione, che a mio avviso avrebbe meritato maggiore supporto numerico da parte dei metalkid presenti nella giornata di venerdì, la maggior parte ancora fuori dall’arena. I nostri avranno comunque modo di rifarsi, andando a rappresentare il metallo italiano al Wacken Open Air, vincendo meritatamente il concorso con le altre band presenti. Spettacolare la cover dei Guns’ di Don’t Cry presentata a fine concerto. Grandi!

Urto (Alessandro ‘Zac’ Zaccarini)

La sfida per rappresentare l’Italia al Metal Battle di Wacken vede come secondi protagonisti gli Urto. La band uscirà sconfitta dalla contesa ma non deve assolutamente piangersi addosso, primo perché ha ceduto il passo a una band – i Cadaveric Crematorium – che hanno davvero fatto faville, secondo perché arrivare in finale ed esibirsi sugli stessi legni che andranno ad accogliere Saxon e compagnia non è assolutamente cosa da poco. Il loro thrash risente delle influenze dello speed americano e non riesce a graffiare quanto la proposta dei “rivali” che li hanno preceduti, ma resta comunque per loro un’esibizione che, salvo alcuni momenti di debolezza, risulta più che apprezzabile. Per una band che ha alle proprie spalle soltanto un demo non c’è nulla di cui lamentarsi. I Cadaveric Crematorium hanno maggiore esperienza live alle spalle, e gli Urto hanno sicuramente pagato anche questa differenza di bagaglio live.

 

Methedras (Stefano Risso)

Tocca quindi ai milanesi Methedras proseguire la prima giornata del festival, sfoderando una prestazione tutta sostanza, in cui il thrash metal -con alcune influenze death- dei nostri non ha mancato di soddisfare i presenti o quanto meno il sottoscritto. Una proposta musicale che certo non brilla per innovazione (e di cui certo non gli si può attribuire una colpa) ma che si fa apprezzare per l’immediatezza e il vigore con cui il quintetto meneghino si prodiga in brani ritmicamente accattivanti, trascinanti, precisi e diretti. La band ce la mette tutta per coinvolgere il pubblico, presentando anche brani dall’ultimo disco The Worst Within ed esibendosi in alcune cover dei Testament, probabilmente i principali mentori dei Methedras. Il ricordo ancora vivo del concerto di Chuck Billy, Alex Skolnick e compagni, tenuto al Gods appena passato, non rende giustizia ai nostri che comunque, a mente fredda, sono riusciti almeno a far rivivere quelle emozioni. Una band con delle buone potenzialità che ha dato dimostrazione di sapere bene il fatto suo.

 

The Famili (Stefano Risso)

Dopo una breve pausa si presentano sul palco i The Famili, creatura nata dalle ceneri dei Sadist e che racchiude in sè ben tre componenti su quattro della formazione che si esibirà domenica. Ma dimentichiamoci per un attimo dei Sadist e andiamo a vertere unicamente sui The Famili, formazione arrivata gia al secondo disco con il recentissimo Neonoir. Sulla loro esibizione a mio avviso c’è ben poco da obiettare, sia dal punto di vista prettamente esecutivo sia dal  punto di vista scenico. I nostri sono musicisti esperti con un notevole bagaglio tecnico alle spalle, su cui inevitabilmente spiccano le figure di Tommy, alla chitarra e tastiere (impressionanti alcuni suoi passaggi) e dell’imponente Trevor, il cui travestimento (in linea con il nuovo concept su cui si basa il nuovo disco) non mette in secondo piano una prestazione vocale molto efficace. Musicalmente ci troviamo dinnanzi ad una proposta eterogenea e personale, in cui le pulsioni thrash moderne e contaminate, variamente intricate e condite da un sapiente uso di effetti elettronici/tastieristici, spicca per potenza e precisione. Uno show di tutto rispetto che si conclude con una sinistra Chop  Chop Man. Ottimo antipasto per quello che sarà l’atteso evento di domenica.

 

Macbeth (Stefano Risso)

Arriva quindi il turno dei milanesi MacBeth, quintetto dedito ad un robusto gothic in cui fanno bella evidenza i passaggi vocali dei due cantanti Andreas e Morena, il primo con graffianti growls, la seconda con la classica voce eterea, che a mio avviso si lascia più apprezzare nella versione in studio. Purtroppo la prestazione della frontwoman non mi è sembrata sempre in linea con il resto della band, attraversando brevi momenti in cui la sua voce risultava poco incisiva. Una prestazione tutto sommato buona, che non deve aver certamente deluso i sostenitori davanti al palco, in cui i brani dell’ultimo Malae Artes sono stati eseguiti fedelmente. Una gustosa anticipazione per tutti gli amanti del gothic, in attesa delle giornate di sabato e domenica.

Dark Lunacy (Stefano Risso)

Quando finalmente la canicola insopportabile della giornata comincia a ad affievolirsi, salgono sul palco i Dark Lunacy, accolti molto calorosamente da tutti gli spettatori presenti. Innanzitutto bisogna segnalare la presenza di due nuovi membri della formazione parmense, che vanno a riempire i vuoti lasciati recentemente da Baijkal (batteria) e Imer (basso). Non ho avuto l’occasione di vedere i nostri nella formazione originale, ma debbo dire che i nuovi innesti si sono comportati egregiamente senza minare la buona riuscita dell’esibizione dei nostri. Il recente The Diarist è ancora ben impresso nelle orecchie di tutti i sostenitori, di cui vengono proposti alcuni brani, con una prestazione da parte dei Dark Lunacy in comunione con la musica suonata; ovvero un misto di rabbia e malinconia, uno show che racchiude perfettamente le due anime del gruppo, andando a creare, anche grazie all’uso sapienze di archi e frangenti melodici molto toccanti, una sensazione di completo abbandono da parte dei presenti, avvolgendoli in quelle misteriose ed evocative atmosfere che hanno contraddistinto tutta la produzione della band dagli inizi sino ad oggi. Promossi a pieni voti.

 

Labyrinth (Stefano Ricetti)

Penultimi nel bill dell’Evolution di venerdì, i Labyrinth si esibiscono al tramonto, fra suggestivi chiaroscuri e gli ultimi raggi di sole che fanno capolino attraverso gli squarci delle montagne a ridosso di Toscolano Maderno. La formazione non si discute: Rob Tyrant rimane uno dei migliori singer – e fra i più simpatici, va detto! – del panorama HM tricolore e gli altri elementi sono ormai pienamente rodati. La loro prova, giustamente alternata fra brani vecchi e oggetti più recenti, denota quanto ormai sembra essere una regola in casa Labyrinth dal vivo: le cose più datate provocano del sano headbanging e brividi lungo la schiena – vedasi Lady Lost in Time -, mentre il materiale più recente stenta a decollare, evidentemente manca del necessario mordente per scuotere a sufficienza l’audience. Maestri nella comunicazione con il pubblico, i Nostri hanno fornito una prestazione con luci e ombre, esattamente in sintonia con il panorama che li circondava. Il suono, poi, non ha sicuramente dato loro una mano ed è un vero peccato. Chiusura come da copione con Moonlight, anch’essa interpretata in maniera non memorabile. Alla prossima Rob!

Death SS (Stefano Ricetti)

Steve Sylvester e i suoi Death SS per suonare all’Evolution hanno rinunciato a essere headliner all’ Headbanger Open Air, festival tedesco che cadeva nello stesso giorno e, vedendo l’affluenza del pubblico italiano, mi chiedo se sia stata una scelta felice… Evidentemente manco uno scenario da favola come l’area di Toscolano Maderno (organizzazione “alla tedesca”, lago a venti metri dalla location, verde e spazi a gogò, stand numerosi e spesso interessantissimi, montagne vere all’orizzonte ma soprattutto solamente 10 Euro di biglietto d’entrata), bastano per richiamare una folla degna di una rassegna del genere. Non ultimo i Death SS come headliner, non il primo pinco palla… Mi domando davvero cosa possa mancare… bah! E’ vero, venerdì era un giorno lavorativo, ma è anche vero che i Death SS iniziavano a suonare alle 22,30 quindi lasciavano tutto il tempo necessario per raggiungere l’Evolution dalle principali città nell’arco di cento chilometri da Toscolano. Indipendentemente da queste amare conclusioni, i fiorentini hanno dimostrato come sempre di avere un “tiro” fenomenale dalle assi di un palco, degno di una band che esiste dal 1977 e che da sempre rimane una delle punte di diamante dell’HM italico. Le bordate (memorabili) si susseguono senza remissione: Give’Em Hell, Let the Sabbath Begin, Der Golem, Terror, Where Have you Gone, High Tech Jesus, Transylvania, S.i.a.g.f.o.m. e molte altre. Steve, come suo costume, non concede nulla al pubblico: mai un ammiccamento, mai una presentazione di un brano, niente sorrisi o soltanto un “grazie” ai presenti. I Death SS da sempre significano HM diretto senza redenzione (di ottima fattura per giunta) e molta, molta teatralità. Uno spettacolo discutibile e provocatorio nei contenuti – qui subentrano le convinzioni di ognuno, quindi rimane un territorio di personalissima interpretazione – ma inattaccabile sul profilo della professionalità, a partire della performer Dhalila, dal fisico giunonico, simpatica e molto naturale in tutte le occasioni. Non entro volutamente nei particolari: i Death SS vanno prima di tutto visti dal vivo, qualsiasi trasposizione successiva non rende MAI giustizia alle loro prestazioni. Il concerto si chiude anzitempo con Heavy Demons, fra il tripudio dei presenti e il basso distrutto da parte di Glenn Strange, che ne getta i pezzi alle prime file. Sono state tagliate, da parte dell’organizzazione, una miriade di effetti scenici aggiuntivi: le luci che dovevano illuminare la statua dell’angelo in centro al palco, razzi e diffusori di fumo vari, ammennicoli horror e così via. Il potenziale scenografico allestito dai Death SS ne è risultato mutilato, seppur rimanendo di alto livello con quanto potuto utilizzare. La cosa peggiore dal punto di vista emotivo è  stata però l’eliminazione dalla scaletta del brano The 7th Seal, inizialmente pensato per chiudere lo show, per motivi di tempo (dieci minuti in più del previsto) anche se questi tagli di solito sono obbligati per questioni burocratiche o di ordine pubblico. Peccato! Nonostante tutto, comunque, come scrivevo prima, i Death SS hanno picchiato duro e violento, per la gioia dei fan convenuti, rispondendo con il sudore e la musica a tutte le avversità.